Farmaci equivalenti: “Dopo anni, pur garantendo sostenibilità all’SSN e risparmio ai cittadini, il loro uso in Italia è ancora a macchia di leopardo”

Farmaci equivalenti

25 settembre 2020 – I farmaci equivalenti avendo stesso principio attivo, concentrazione, forma farmaceutica, via di somministrazione e indicazioni di un farmaco di marca non più coperto da brevetto (originator), sono dal punto di vista terapeutico, equivalenti al prodotto di marca ma molto più economici, con risparmi che vanno da un minimo del 20% ad oltre il 50%.

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LA GRANDE INNOVAZIONE DELLE CAR-T

innovazione delle car-t

Asiago-Gallio, 17 Settembre 2020 – Durante la settima Summer School di Motore Sanità, le persone in sala e collegate online hanno potuto assistere ad una sessione speciale sulle terapie Car-t come processo di cura e innovazione sostenibile. Le terapie Car-t rappresentano un esempio positivo di partnership pubblico privato per garantire l’accesso alle cure innovative.

Durante il webinar, organizzato grazie al contributo incondizionato di Gilead, molti gli spunti di dibattito interessanti su questo innovativo processo di cura, che è entrato in maniera dirompente nel mondo della sanità, rappresentando per alcuni selezionati pazienti una nuova grande speranza. il webinar è stato seguito su Facebook in maniera costante da più di 500 persone. Questo dimostra l’attualità del tema.

“Le car-t rappresentano una vera sfida, perché ci hanno fatto vedere cose che non avevamo mai visto prima in termini di risposta. È chiaro che rappresentano una grande complessità, perché per la prima volta bisogna avere una partnership ampia fra un’azienda ospedaliera che raccoglie le cellule in un certo modo, dandole poi ad un’azienda farmaceutica che le prepara e le restituisce all’azienda ospedaliera. Si tratta di una complessità mai vista prima.

Si tratta però anche di un’opportunità di ricerca e perché crea dei percorsi che devono essere modificati rispetto a quello che era il precedente modo di pensare ai farmaci. La complessità molte volte si traduce in un’opportunità che aumenterà la possibilità di interagire tra agenzie regolatorie, companies e le aziende ospedaliere. Da queste nuove possibilità tutti i medici e i pazienti si aspettano dei miglioramenti importanti in futuro”, ha dichiarato Mario Boccadoro, Direttore SC Ematologia, AOU Città della Salute e della Scienza Torino

“Le car-t sono un processo di cura innovativo che ha modificato in maniera rilevante la prognosi dei pazienti a cui vengono somministrati questi nuovi farmaci. Car-t è una cellula che viene ingegnerizzata per esprimere dei ricettori in grado di conoscere la malattia e quindi di combattere la malattia stessa. Il processo di ingegnerizzazione viene eseguito in fabbriche del farmaco che principalmente sono dislocate negli Stati Uniti.

Per cui i pazienti subiscono un processo di raccolta delle proprie cellule, che vengono inviate negli Stati Uniti e vengono ricevute come un farmaco. Il farmaco viene poi infuso e seguito negli step successivi. La procedura è molto complessa perché prevede un approccio multidisciplinare. Sostanzialmente il panorama della prognosi di questi pazienti viene spostata da alcuni mesi ad alcuni anni di sopravvivenza molto buoni”, ha detto Marco Ruggeri, Direttore UO Ematologica, Ospedale S. Bortolo di Vicenza, ULSS 8 Berica, durante la sessione “CAR-T COME PROCESSO DI CURA E INNOVAZIONE SOSTENIBILE”

Incontinenza urinaria: curarla con riduzione dei costi complessivi

Incontinenza Urinaria

Vicenza, 16 Settembre 2020 – L’incontinenza urinaria è un problema che affligge circa 5 milioni in Italia e con una prevalenza negli over 70 del 15%. Oltre alla gestione di terapie specifiche ci sono anche i costi legati ad ausili, che nel 2020, secondo recenti stime, sarebbe pari a 320.000.000 solo di spesa pubblica (arrivando a 630.000.000 considerando anche quella privata).

Questi numeri rendono l’incontinenza una delle 5 patologie più costose oltre che più diffuse, per la quale le ricadute in ambito socio assistenziale e sanitario hanno un peso importante.

Le innovazioni per curare l’incontinenza urinaria Sono quindi molto utili e comportano una riduzione dei costi complessivi, ma ci vuole un maggiore impegno del Sistema Sanitario Nazionale. Occorre ad esempio superare l’attuale sistema che, a livello nazionale, prevede disparità a livello di organizzazione, di livelli di spesa e servizi, di criteri per la definizione della qualità e dei metodi di rilevazione dei dati.

Queste sono alcune delle tematiche emerse durante il webinar “Incontinenza urinaria. Risvolti sociali e terapeutici”, organizzato da Motore Sanità e con il contributo incondizionato di Fater e Boston Scientific. 

L’utilizzo dello sfintere urinario rappresenta una innovazione disruptive, in quanto ha determinato un cambiamento radicale nella gestione dei pazienti incontinenti, che evolve dalla fornitura distrettuale continua di ausili palliativo-sintomatici alla risoluzione mediante un unico intervento in setting ospedaliero. Innovativo in Veneto l’accordo quadro che prevede il superamento del mono fornitore per garantire la libera scelta ai pazienti.

“In termini di spesa, lo studio (Budget Impact Model) evidenzia come, grazie all’utilizzo del dispositivo AMS 800 (considerato quale Gold Standard a livello Internazionale) si viene a determinare una riduzione dei costi complessivi pari a 1,5 mln di Euro dopo 5 anni.

Questo risultato è conseguenza della riduzione degli eventi avversi, del raggiungimento dello stato di continenza totale e del miglioramento della qualità di vita dei pazienti rispetto alla terapia conservativa attualmente utilizzata”, ha dichiarato Francesco S. Mennini, Research Director-Economic Evaluation and HTA, CEIS, Università degli Studi “Tor Vergata”, Roma 

“L’incontinenza urinaria interessa, in Italia, più di 5 milioni di cittadini. A livello nazionale, la prevalenza nella popolazione femminile di età superiore ai 45-50 anni (escludendo l’età anziana) è stimata essere oltre il 10-15%, mentre per quella maschile, si stima di circa la metà rispetto al sesso femminile. La prevalenza aumenta ulteriormente con l’età sino a superare il 50% dei soggetti anziani.

In Veneto si stima 500 mila pazienti con incontinenza urinaria. Assistiamo qui in Veneto a circa 103 mila soggetti serviti con ausili assorbenti per i quali sosteniamo una spesa di 15,6 milioni di euro” – ha spiegato Rita Mottola, Direzione Farmaceutico-Protesica-Dispositivi Medici, Area Sanità e Sociale, Regione del Veneto. 

Le indicazioni che abbiamo dato per la nuova gara sono quelle di distinguere il costo del bene da quello del servizio e dare il giusto valore alla qualità del prodotto da aggiudicare che incide del 70% rispetto al 30% riservata al prezzo. L’obiettivo è semplificare i processi legati ad esempio all’organizzazione, omogeneità di servizio e far sì che il cittadino venga servito al meglio in base ai suoi reali bisogni.

Le nostre prospettive future sono, oltre quella di portare a termine la gara, di implementare i percorsi PDTA, garantendo la presa in carico totale della persona incontinente ed erogando i necessari interventi multiprofessionali e multidisciplinari all’interno della rete regionale dei centri per l’incontinenza urinaria e fecale, monitorare gli strumenti di governance implementati ed individuare i punti di intervento sul modello attuale e la possibilità di continuare a lavorare sul tavolo nazionale” – ha concluso Mottola

“L’incontinenza urinaria è un problema sociale che interessa, a vari livelli, circa cinque milioni di persone. Nonostante questi numeri le risposte del Sistema Sanitario Nazionale e Regionale non sono adeguate. Modalità di acquisto dei presidi, percorsi di cura non definiti, mancata realizzazione dei centri per l’incontinenza, negazione della libera scelta dei presidi da parte della persona, scarsa informazione, bassa qualità dei presidi, spese dirette e indirette che gravano sulle famiglie, sono solo alcune delle criticità sulle quali bisognerà intervenire per garantire una presa incarico efficace delle persone incontinenti, senza trascurare anche i caregiver.

Le associazioni pazienti possono dare un grande contributo rappresentando i reali bisogni delle persone, lavorando con le istituzioni per definire soluzioni. Migliore assistenza e obiettivi chiari guidano il sistema anche verso il contenimento della spesa”, ha detto Pier Raffaele Spena, Presidente Nazionale FAIS

Progetto Open Way in Regione Toscana: “Grazie al web è possibile realizzare PDTA condivisi con tutto il comparto sanitario regionale”

PDTA condivisi

14 Settembre 2020“Grazie al progetto OPENWAY professionisti, cittadini, decisori del SSR della Toscana potranno essere coinvolti in un processo innovativo per l’ideazione condivisa di strumenti e di servizi che possano rispondere maggiormente alle necessità del sistema. Questa modalità partecipata utilizzerà il massimo potenziale degli apporti, generando un complessivo miglioramento delle risposte e della percezione della dimensione ‘sistema’ e quindi della sua appartenenza.

Tradizionalmente i processi decisionali per lo sviluppo del cambiamento organizzativo o per la definizione di strumenti operativi quali percorsi diagnostici, protocolli, ecc. hanno seguito un percorso di sviluppo che prevedeva un numero più o meno limitato di soggetti coinvolti. In una parte dei casi, ma non sempre, la proposta definita da un gruppo ristretto viene sottoposta alla valutazione di una platea più ampia, ma sempre in una fase conclusiva nella quale il processo ideativo si è in gran parte già sviluppato.

Le motivazioni di questo approccio sono sia di tipo culturale legate ad una sorta di diffidenza atavica verso un coinvolgimento ampio, legata al timore che questo comporti rallentamenti e difficoltà nel raggiungere una posizione comune, ma anche ad una oggettiva complessità organizzativa. È però oramai ampiamente dimostrato che il processo creativo ed ideativo possono beneficiare moltissimo da una disponibilità più ampia di contributi che non solo possono fornire un numero maggiore di spunti, ma anche indicazioni su possibili vincoli o difficoltà nella applicazione in determinati contesti consentendone la valutazione e l’individuazione di possibili soluzioni e quindi facilitando la successiva attuazione.

Un altro aspetto sicuramente da tenere in considerazione è che quanto più ampio è il numero delle persone coinvolte minori saranno le resistenze nell’adozione della proposta in quanto essa sarà sentita maggiormente come propria e condivisa in origine. Con il progetto OPENWAY sviluppato in collaborazione con ARS e Motore Sanità è stata messa a disposizione del SSR una piattaforma innovativa di crowdsourcing che consente un ampio coinvolgimento per comunicare e produrre idee in modo trasparente e facile e che possano essere messe a valore nelle realtà operative di tutti i giorni.

L’obiettivo primario del portale è di connettere un numero ampio di soggetti nella creazione di quesiti che sono posti alla comunità coinvolta, sotto forma di challenge, che sono poi oggetto di proposte dai membri della comunità e che vengono valutate all’interno della stessa comunità ma anche potendo coinvolgere ulteriori soggetti.

I risultati che si possono ottenere con questo nuovo paradigma sono nettamente migliori di quelli ottenibili con qualunque progetto tradizionale che può contare, al massimo su qualche decina di persone contro le migliaia che possono potenzialmente venire messe a fattor comune dalla piattaforma di crowdsourcing e questo offre un’immensa opportunità per ripensare e reinventare i processi convenzionali”, ha dichiarato Maria Teresa Mechi, Responsabile Settore Qualità dei Servizi e Reti Cliniche della Direzione Diritti di cittadinanza e coesione sociale, Regione Toscana 

“Uno dei primi filoni di attività avviato è il progetto PDTA 2.0 che permette lo sviluppo percorsi clinico assistenziali con la collaborazione di un numero elevato di stakeholder e l’engagement con i pazienti. L’iniziativa scaturisce dalla considerazione che in molti casi i PDTA prodotti a livello regionale nonostante l’impegno di risorse impiegate per la loro costruzione risultano poco o parzialmente applicati. Una delle possibili cause è una non adeguata condivisione su base allargata dei contenuti prima che questi vengano approvati. Per questo motivo il documento prodotto viene percepito più come ennesimo atto burocratico non condiviso con il front Office che ogni giorno sul campo incontra e cura i pazienti, piuttosto che come sistema che tende a portare innovazione ed efficienza nel processo di cura.

Si è così pensato di intraprendere una strada innovativa nelle modalità di costruzione e condivisione dei PDTA che prevede una maggiore diffusione del percorso prima del suo completamento, in modo da validare il percorso tracciato dal gruppo tecnico o ottenere idee per implementarlo in termini di efficienza ed applicabilità pratica, per sperimentarne poi a breve i risultati.

Motore Sanità ha scelto di seguire questo percorso mediante 3 eventi in cui descrivere: lo scenario attuale, la presentazione del modello Open Way, obiettivi e risultati attesi, modalità di attuazione e strumenti tecnici scelti per la sua realizzazione, presentazione di alcuni esempi applicativi del modello con lancio di alcuni “challenge” nel sistema ed infine presentazione dei risultati ottenuti.

In questa serie di eventi, in sede istituzionale presso ARS Toscana, è previsto un confronto aperto sulla validità del modello tra stakeholders istituzionali e referenti delle aziende produttrici di tecnologie (farmaci e device). Tutto ciò in ottica di dialogo trasparente tra le parti. Se il modello produrrà i risultati attesi potrebbero essere interessante pensare ad una possibile proposta di sua estensione ad altre regioni con una validazione nazionale”, ha concluso Mechi 

MOTORE SANITÀ ha organizzato l’Evento ‘PROGETTO PDTA: OPEN WAY SCENARIO 2.0’, realizzato grazie al contributo incondizionato di Alfasigma, Boehringer-Ingelheim, Allergan, Ipsen, Menarini, Roche, GSK, Sanofi e Takeda.

TELEMEDICINA e CRONICITÀ: “Impariamo dalla lezione che il Covid ci ha dato”

TELEMEDICINA e CRONICITÀ

Roma, 14 Settembre 2020 – Dopo anni che si parla di telemedicina, ora è il momento di fare un balzo in avanti. Già 8 anni fa la Commissione europea aveva preparato un piano strategico per abbattere le barriere all’utilizzo diffuso della telemedicina nei Sistemi Sanitari Europei ma, almeno in Italia, poco è stato fatto. Il Covid-19 ha fatto emergere il grave ritardo nella riforma dei servizi territoriali mostrando la necessità di spostare l’assistenza dei malati cronici dall’ospedale al territorio. L’uso della telemedicina è fondamentale per la prevenzione, diagnosi, cura, riabilitazione e monitoraggio e bisogna ora considerare la telemedicina come parte integrante del percorso di cura.

Durante il webinar “CRONICITÀ E TELEMEDICINA. LA LEZIONE DI COVID-19”, realizzato da MOTORE SANITÀ, grazie al contributo incondizionato di Daiichi-Sankyo, esperti di tutta Italia si sono confrontati per porre le basi per rendere finalmente concreto l’utilizzo della telemedicina in Italia.

La telemedicina, cioè la prestazione di servizi di assistenza sanitaria mediante le tecnologie informatiche crea una rete telematica fra medico, infermiere, malato e caregiver. La sua diffusione nel contesto clinico ha fatto progressi limitati per molti anni. Oggi le problematiche connesse con COVID-19 hanno posto la telemedicina al centro dell’arena, per la sua capacità di raggiungere pazienti remoti colpiti da COVID-19, offrendo loro supporto, consulenze esperte, ospedalizzazione domiciliare.

Allo stesso tempo offre ai tanti pazienti fragili che devono eseguire controlli o adeguamenti terapeutici la possibilità di essere seguiti appropriatamente evitando spostamenti e il connesso rischio di contagio. COVID-19 ha colpito molto duramente il nostro mondo, ma certamente ha consentito che le possibilità connesse con la medicina digitale emergessero (finalmente!) in tutta la loro potenza operativa, consentendo anche in prospettiva una riformulazione di percorsi e processi di cura che tengano conto di tutto il supporto del digitale, ha dichiarato Gianfranco Gensini, Presidente Onorario della Società Italiana di Salute Digitale e Telemedicina 

“L’emergenza COVID-19 ha costretto pazienti e sanitari a utilizzare moltissimo le tecnologie digitali per improvvisare nuove modalità allo scopo di restare in contatto gli uni con gli altri anche a distanza. In Italia siamo passati da circa 450 esperienze in Telemedicina attivate nel SSN in quattro anni (dal 2014 alla fine del 2017), a un centinaio di nuovi servizi in tre mesi. In pratica abbiamo fatto in quei tre mesi quello che prima veniva fatto in un intero anno.

Tuttavia, l’improvvisazione utile in emergenza non può costituire il modello di riferimento per sviluppare un sistema di servizi in Telemedicina uniformi su tutto il territorio nazionale. La Telemedicina è Medicina e come tale va studiata, applicata e organizzata. In Telemedicina si compiono atti medici e attività assistenziali di cui i sanitari sono pienamente responsabili, anche se a distanza. Il fatto che un software o un dispositivo medico funzionino bene non garantisce affatto l’efficacia clinica e la sicurezza sanitaria della prestazione.

Questo perché non è il singolo oggetto che conta in tale valutazione, ma il modo in cui software e dispositivi digitali sono combinati tra loro all’interno di un’adeguata procedura medica. Con la Telemedicina si possono superare molti limiti dell’attuale sistema sanitario e si possono costruire migliori servizi ora e nuove terapie nel futuro. Occorre farlo senza ingenui entusiasmi, ma con seria ricerca medica”, ha detto Francesco Gabbrielli, Direttore del Centro Nazionale per la Telemedicina e le Nuove Tecnologie Assistenziali Istituto Superiore di Sanità

“La tecnologia di sanità digitale è di grande ausilio rispetto alla prossimalità delle cure, ma non deve essere considerata sostitutiva. Bisogna però fare chiarezza sulla classificazione di ciò che è dispositivo medico e ciò che non lo è, sia che parliamo di software o di device. Uno sforzo molto importante è quello di riprogettazione del flusso organizzativo, dovendo tener conto anche delle capacità dell’utente e non solo più dell’operatore.  Bisogna quindi tenere conto anche della formazione e alfabetizzazione, sia sull’utilizzo delle piattaforme informatiche come anche sull’utilizzo degli strumenti, sia lato operatore sanitario sia lato utente o caregiver dell’utente” – queste le parole di Giovanni Gorgoni, Direttore Generale AReSS Puglia

Autostrada Diabete: “Dall’innovazione tecnologica, necessari nuovi modelli di assistenza”

Diabete

Roma, 11 settembre 2020 – In tema di gestione della cronicità, il Diabete rappresenta sicuramente un caso paradigmatico in cui, si rende necessario ammodernare il sistema assistenziale, migliorando l’efficienza dei percorsi di collegamento ospedale/territorio, rivedendo e monitorando la corretta aderenza alle cure indicate.

Questo il tema del webinar nazionale organizzato da Motore Sanità a conclusione di un percorso di 7 incontri a livello regionale realizzati con il contributo incondizionato di Lilly e Omnidermal e che ha visto la partecipazione di istituzioni, clinici e associazioni di pazienti provenienti da tutta Italia, così da poter stilare un documento che raccolga i punti salienti dell’intero Progetto.

Secondo i dati EFPIA solamente le complicanze dovute alla scarsa aderenza alla terapia rappresentano un costo pari al 14% del totale della spesa sanitaria dei Governi Europei, circa 125 miliardi di euro all’anno. Il rapporto dell’Osservatorio dei medicinali, in Italia, evidenzia una percentuale di aderenza per i farmaci antidiabetici del 63% (OSMed 2015) e questo comporta: il raddoppio nel numero di ricoveri ospedalieri e dei costi del trattamento per il SSN, un aumento ogni anno di circa 6 giorni di assenza dal lavoro ed infine un aumento del 30% della mortalità per tutte le cause (dati SID).

Tra i fattori che impattano sull’aderenza terapeutica, un ruolo importante potrebbero avere le differenze regionali nella efficienza dei servizi di presa in carico delle persone con diabete e nell’accesso all’innovazione. In questi ultimi 10 anni, infatti, le numerose innovazioni su farmaci ed apparecchiature, hanno fornito strumenti in grado di cambiare l’evoluzione della malattia, restituendo alle persone con diabete una qualità di vita decisamente superiore. Ma tutto ciò potrà arrivare a tutte le persone con diabete solamente se l’innovazione avrà un accesso uniforme ed una collocazione appropriata e sostenibile.

“La pandemia di Covid -19 ha messo alle corde il nostro SSN, evidenziando soprattutto le carenze e la disomogeneità di un sistema di cure integrate ospedale-territorio, indispensabile per la cura delle patologie Croniche, come appunto il diabete. In Italia sono quasi 4 milioni i pazienti affetti da diabete, una patologia endocrina complessa, che richiede un costante e continuo monitoraggio dei pazienti, e che richiede costanti aggiustamenti della terapia farmacologica.

La situazione creata dalla pandemia ha accelerato di necessità alcune modalità di digitalizzazione della medicina, che hanno permesso ai medici, purtroppo solo in alcune situazioni e non per tutti i pazienti, di seguirli nel loro percorso terapeutico senza esporli al contagio del Covid. Ora, fuori spero per sempre da questa emergenza, penso sia venuto il momento di mettere a sistema, in tutte le regioni, PDTA integrati che sfruttino queste procedure telematiche, valutando certamente i costi, ma soprattutto i vantaggi che le nuove tecnologie possono rappresentare per i pazienti e per il SSN”, ha detto Rossana Boldi, Vicepresidente XII Commissione (Affari Sociali) Camera dei deputati

“125 mila ogni anno in Italia muoiono a causa o anche a causa del diabete. Le vite potrebbero essere allungate con una misura molto semplice. Coinvolgere sempre il team diabetologico nella cura visto che avere almeno una visita al centro ogni anno riduce la mortalità del 20%. Per ottenere questo serve un investimento sulle cure specialistiche della malattia mettendo la cura del diabete fra le priorità del SSN”, ha dichiarato Enzo Bonora, Professore Ordinario di Endocrinologia, Università di Verona – Direttore, UOC Endocrinologia, Diabetologia, Malattie del Metabolismo, AOUI Verona

Le malattie croniche non trasmissibili (Malattie Cardiovascolari, Malattie Neurodegenerative, Neoplasie, Broncopatie Croniche Ostruttive e, ovviamente, Diabete Mellito) erano ritenute fino a pochi mesi fa la principale minaccia alla “tenuta” delle strutture sanitarie dei paesi sviluppati. Ora una malattia acuta ed altamente trasmissibile ha messo in ginocchio non solo le strutture sanitarie, ma l’intera macro-struttura economica dei nostri paesi toccando anche direttamente la vita di tutta la popolazione.

Ma lo tsunami della pandemia non solo non ha, ovviamente, cancellato le ingenti problematiche delle malattie croniche, ma le ha pesantemente aggravate. Se prendiamo specificamente l’esempio della malattia diabetica, già in epoca pre-pandemia la crescente prevalenza della malattia aveva messo a nudo la impellente esigenza di “inventare” e sperimentare nuove forme di presa in   carico e   di   assistenza.

Questa   esigenza   è   divenuta   ora   necessità imprescindibile e ad essa ci stiamo faticosamente ma rapidamente adeguando. È ora quindi di rompere gli indugi ed abbattere completamente le barriere tra la medicina generale e la medicina specialistica, realizzando nei fatti e nella pratica (e non solo nelle parole), attraverso la piena ed intelligente utilizzazione di tutti i mezzi tecnologici ed informatici disponibili, quella Gestione Integrata che è l’unica risposta possibile alle necessità contingenti. Tra i pilastri di questa Gestione Integrata va annoverato anche un sapiente uso della telemedicina, “ritagliato” sulle necessità e sulle attitudini della persona con diabete.

Con il virus stiamo imparando a convivere, e forse, purtroppo, dovremo convivere per diverso tempo. È imperativo ridurre gli spostamenti ed aumentare le distanze: ma facendo viaggiare i dati e non i pazienti stiamo riuscendo a restare ‘vicini’ (come impone la cura di una malattia come il diabete) senza sacrificare la sicurezza”, ha spiegato Agostino Consoli, Professore Ordinario Endocrinologia Dipartimento di Medicina e Scienze dell’Invecchiamento Università Chieti-Pescara

“È necessaria una piena ripartenza dell’assistenza sanitaria per le persone che vivono con cronicità, anche se la diabetologia non ha di fatto interrotto la continuità assistenziale, ma è riuscita, con risposte diverse nel territorio nazionale, a garantire una presenza e quindi un flusso di assistenza che è continuato, seppur rallentato. In questi mesi c’è stato un forte ricorso della telemedicina e quindi all’uso di teleconsulti. Questa sarà un’opzione che dovremo continuare a utilizzare ed implementare, ma non può essere l’unica opzione, perché ci siamo accorti come questo tipo di assistenza ponga delle difficoltà e abbia dei limiti, come il rischio dell’inerzia terapeutica. Non dimentichiamoci che la telemedicina è parte di un percorso ben più ampio che deve prevedere la ripresa delle visite erogate anche in presenza. Importante per il percorso di cura del diabete sono poi i nuovi farmaci. Si tratta di farmaci che hanno mostrato sicurezza, ma anche la capacità di cambiare la storia del diabete di tipo 2. Sono farmaci che fino ad oggi sono stati prescritti con piani terapeutici che solo lo specialista poteva erogare e questo è un tema che deve essere velocemente affrontato. Non possiamo chiedere a pazienti fragili di frequentare i luoghi di cura, ove il rischio di contagio è elevato, solo per atti amministrativi quali il rinnovo o rilascio del piano terapeutico”, ha spiegato Paolo Di Bartolo, Presidente AMD

Diabete: un grande aiuto dalla tecnologia

Diabete

Campania, 10 Settembre 2020 – Il Covid ha messo in evidenza come il tema della gestione della cronicità sia fondamentale. Il diabete è un esempio di patologia cronica a gestione complessa: oltre 3,2 milioni di pazienti dichiarano di essere affetti in Italia, con un costo per il SSN stimato intorno ai 9 miliardi. Le nuove innovazioni tecnologiche hanno fornito strumenti che sono in grado di cambiare l’evoluzione e il controllo della malattia, non solo nel diabete di tipo 1, ma anche nei pazienti di tipo 2.

L’utilizzo delle nuove tecnologie ha dimostrato non solo un significativo miglioramento degli outcome clinici e della qualità di vita, ma anche importanti risparmi sui costi complessivi di gestione. Arriva in Campania la ‘ROAD MAP INNOVAZIONE TECNOLOGICA E DIABETE’, primo di una serie di appuntamenti regionali, realizzati da MOTORE SANITÀ, con il contributo incondizionato di Abbott, che vedono il coinvolgimento dei massimi esperti del mondo sanitario regionale, insieme ad istituzioni e associazioni  di pazienti.

 

“L’innovazione tecnologica sta cambiando i paradigmi del monitoraggio del paziente diabetico, è necessario però fare in modo che le nuove tecnologie vengano innestate nel SSR.

Per raggiungere questo ambizioso obiettivo serve una stretta collaborazione tra istituzioni, pazienti e aziende. La Campania esce da un periodo di commissariamento economico che ha comportato una stretta nelle spese ora però è il momento di pensare al futuro e programmare nuovi investimenti che puntino sia al miglioramento dei servizi offerti ma anche ad  una ottimizzazione delle risorse”, ha dichiarato Pietro Buono, Direttore Attività Consultoriali e Assistenza Materno Infantile – Referente Telemedicina Regione Campania

“Le nuove tecnologie per la cura del diabete, che includono sistemi per l’infusione insulinica (CSII) e sensori per la rilevazione in continuo o intermittente della glicemia (CGM-FGM) fino ai dispositivi che permettono l’automazione dell’infusione insulinica (AP), hanno rivoluzionato la cura delle persone con diabete grazie alla possibilità di una terapia ritagliata sui bisogni  e le necessità di giovani e adulti e capace di prevenire i maggiori disagi legati alla malattia (ad esempio le ipoglicemie severe), determinando un miglioramento dello stato clinico e della  qualità di vita. Il contributo originale del nostro team di Diabetologia, tramite il gruppo METRO (Management and Technology for Transition), rispetto all’uso dei sistemi per il monitoraggio della glicemia proviene dall’ideazione di un algoritmo capace di aiutare il clinico nella scelta del sistema più adatto per ciascuna persona con diabete in terapia insulinica, sulla base del sue variazioni glicemiche, dell’applicazione delle evidenze scientifiche alla pratica clinica quotidiana, nonché delle aspettative e delle necessità di ciascun individuo. Prerequisito indispensabile per un utilizzo efficace di tutti i dispositivi tecnologici che oggi abbiamo a disposizione, dalle pompe di infusione ai sensori della glicemia, o ai sistemi integrati, è il dialogo e la condivisione di esperienze fra noi medici e i nostri pazienti, in un percorso di reciproca collaborazione che ha come fine il controllo della malattia e il benessere di ogni persona con diabete”, ha spiegato Katherine Esposito, Professore Ordinario di Endocrinologia e Malattie del Metabolismo Dipartimento di Scienze Mediche e Chirurgiche Avanzate Direttore U.P. di Diabetologia AOU Università degli Studi della Campania Luigi Vanvitelli.

“L’utilizzo delle nuove tecnologie riveste un ruolo primario nella gestione dei pazienti con malattie croniche ed in particolare del soggetto con diabete dove la misurazione della glicemia deve essere praticata più volte al giorno e la terapia insulinica sottocute non sempre riesce ad ottenere un ottimale controllo glicemico. La somministrazione di insulina con microinfusore permette mimare in modo più fisiologico la secrezione insulinica mentre la possibilità di un corretto monitoraggio continua della glicemia permette di ottenere una riduzione della variabilità glicemica e delle ipoglicemie. A ciò si aggiunge, cosa non secondaria, un miglioramento della qualità di vita del paziente. Presupposto essenziale per ottenere tutti i benefici delle nuove tecnologie e la motivazione sia del paziente che del diabetologo e un adeguato addestramento. Alle tecnologie non si può demandare la gestione della malattia ma devono essere d’ausilio per il paziente ed il diabetologo nella gestione della malattia, per questo per un ottimale uso delle tecnologie è necessario una più forte alleanza terapeutica tra medico e paziente” – queste  le parole di Mario Parillo, Direttore UOSD Endocrinologia e Malattie Dismetaboliche AORN Sant’Anna e San Sebastiano Caserta e Presidente SID Campania-Basilicata

 

Image by Dzmitry Skazau

Breakthrough innovation Car-T. Prospettive attuali in epoca Covid-19 Focus Nazionale – giovedì, 23 luglio 2020

Breakthrough innovation Car-T

Il prossimo giovedì 23 luglio dalle ore 11 alle 13:30, si terrà il Webinar ‘BREAKTHROUGH INNOVATION CAR-T PROSPETTIVE ATTUALI IN EPOCA COVID-19’, FOCUS NAZIONALE, organizzato da Motore Sanità, appuntamento nazionale che, facendo seguito ad una serie di 4 appuntamenti regionali, darà l’opportunità di confrontarsi agli esperti su quanto sia stato già realizzato in alcune Regioni e quanto di questo possa servire a superare criticità gestionali, amministrative e cliniche.

PARTECIPANO: 

Emanuele Angelucci, Direttore Ematologia IRCCS San Martino Genova Vice Presidente SIE

Benedetto Bruno, Direttore SSD Trapianto Allogenico Cellule Staminali, AOU Città della Salute e della Scienza Torino

Davide Croce, Direttore Centro Economia e Management in Sanità e nel Sociale LIUC Business School, Castellanza (VA)

Luciano Flor, Direttore Generale AOU Padova

Paolo Guzzonato, Direzione Scientifica Motore Sanità

Mauro Moreno, Direttore Sanitario ASST Grande Ospedale Metropolitano Niguarda

Sabrina Nardi, Responsabile AIL Pazienti

Patrizia Nardulli, Direttore Dipartimento di Staff – Direttore SC Farmacia Ospedaliera IRCCS Istituto Tumori Giovanni Paolo II Bari

Carmen Piccolo, Sr Director, Medical Affairs – Med Affairs – Kite Italy, Gilead Sciences S.r.l.

Barbara Rebesco, Direttore UOC Politiche del Farmaco A.Li.Sa. Regione Liguria

Stefano Rossi, Direttore Generale ASL Taranto

Marco Ruggeri, Direttore UO Ematologica, Ospedale S. Bortolo di Vicenza, AULSS 8 Berica

Riccardo Saccardi, Direttore SOD Terapie Cellulari e Medicina Trasfusionale, AOU Careggi

Armando Santoro, Direttore Cancer Center e Responsabile UO Oncologia medica ed Ematologia HUMANITAS

Valeria Tozzi, Associate Professor of Practice of Government, Health and Not for Profit presso SDA Bocconi School of Management

Livio Trentin, Professore Associato Confermato Med/15 Malattie del Sangue, Università degli Studi di Padova

MODERANO:

Daniele Amoruso, Giornalista Scientifico

Claudio Zanon, Direttore Scientifico Motore Sanita

 

Per partecipare al Webinar ‘BREAKTHROUGH INNOVATION CAR-T PROSPETTIVE ATTUALI IN EPOCA COVID-19’ del 23 luglio, iscriviti al seguente link: https://bit.ly/3hpo7o6