Farmaci equivalenti: l’uso in Italia è basso

Farmaci equivalenti

“Dopo anni, pur garantendo sostenibilità al SSN e risparmio ai cittadini, l’uso dei farmaci equivalenti in Italia è ancora a macchia di leopardo”

Padova 10 novembre 2020 – I farmaci equivalenti avendo stesso principio attivo, concentrazione, forma farmaceutica, via di somministrazione e indicazioni di un farmaco di marca non più coperto da brevetto (originator), sono dal punto di vista terapeutico, equivalenti al prodotto di marca ma molto più economici, con risparmi che vanno da un minimo del 20% ad oltre il 50%. Questo è fondamentale per mantenere sostenibile l’SSN, consentendo da un lato di liberare risorse indispensabili a garantire una sempre maggiore disponibilità di farmaci innovativi, dall’altro, al cittadino di risparmiare di propria tasca all’atto dell’acquisto dei medicinali. Ma l’uso del farmaco equivalente in Italia è ancora basso rispetto ai medicinali di marca, dall’analisi dei consumi per area geografica, nei primi nove mesi 2019 si è visto come il consumo degli equivalenti di classe A sia risultato maggiore al Nord (37,3% unità e 29,1% valori), rispetto al Centro (27,9%; 22,5%) e al Sud Italia (22,4%; 18,1%). Per fare il punto sulla situazione in Italia e sul perché di queste differenze MOTORE SANITÀ ha organizzato il Webinar ‘FOCUS I FARMACI EQUIVALENTI MOTORE DI SOSTENIBILITÀ PER IL SSN’, realizzato grazie al contributo incondizionato di TEVA.

Dal varo della legge n. 405/2001, introduttiva del concetto delle liste di riferimento e della sostituibilità del farmaco originale con uno equivalente, il settore di questi medicinali ha avuto un grande sviluppo e le farmacie hanno dato un contributo notevole alla conoscenza e alla diffusione degli equivalenti, dovendo tuttavia affrontare forti diffidenze. Il ricorso diversificato agli equivalenti ovvero ai farmaci branded che si registra ancora su territorio nazionale e regionale è determinato da una serie difattori, prevalentemente di natura culturale: la convinzione che il prodotto di marca sia più efficace e la diffidenza nei confronti della sostituzione proposta dal farmacista, che il paziente può ricondurre a ragioni di convenienza economica. È necessario allora che il paziente sia messo al centro di un percorso di crescita culturale e che nel processo di informazione e di promozione dell’equivalente siano coinvolti tutti gli operatori sanitari, che tutti ricevano informazioni indipendenti e autorevoli da parte delle Istituzioni sui farmaci equivalenti, che tutti parlino lo stesso linguaggio e diffondano gli stessi messaggi ai pazienti”, ha detto Andrea Bellon, Presidente Federfarma Veneto

“Purtroppo, dati OSMED alla mano, abbiamo anche quest’anno una spesa privata di oltre 1 miliardo di euro a carico delle famiglie, dovuta alla differenza di prezzo tra farmaco brand e equivalente. Tale spesa si deve comprimere, soprattutto in questo delicato periodo. Sarebbe importante ricevere un segnale da parte dei decisori nazionali al fine di ridurre le marcate disuguaglianze regionali rispetto all’uso dei farmaci equivalenti e mettere così fine ad una tassa occulta, frutto di disinformazione. Tali prodotti hanno la stessa qualità, efficacia e sicurezza del loro corrispettivo originator; costano meno perché una volta scaduto il brevetto, è possibile produrre un farmaco copia di uno di marca. Questo è quanto affermiamo da alcuni anni attraverso la nostra campagna IoEquivalgo’. In termini di sostenibilità del SSN gli equivalenti sono un asset strategico: permettono di risparmiare risorse da reinvestire poi in innovazione. E qui si apre una delle più grandi incompiute politiche degli ultimi anni: gli eventuali risparmi della farmaceutica devono restare all’interno del comparto e non essere utilizzati per altre cose che niente hanno a che fare con gli investimenti in salute pubblica e innovazione in sanità”, ha spiegato Antonio Gaudioso, Segretario Generale Cittadinanzattiva

“È stato un importante confronto che ha dimostrato la necessità che tutti gli stakeholder continuino a parlare del valore del farmaco equivalente.  La sfida è lavorare insieme per avere azioni concrete a livello locale, regionale per aumentare l’utilizzo di farmaci equivalenti”, ha aggiunto Umberto Comberiati, Business Unit Head Teva Pharmaceutical

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Artrite reumatoide colpisce circa 400.000 persone in Italia

Artrite reumatoide

L’SSN sopporta solo il 30% del costo dell’artrite reumatoide corrispondente ai costi diretti, mentre il restante 70%, che rappresenta l’impatto dei costi indiretti, rimane a carico della collettività 

“Artrite reumatoide, insorge tra i 30 ed i 50 anni, colpisce circa 400.000 persone in Italia ma solo il 40% di loro segue le terapie in modo corretto”

9 novembre 2019 – L’aderenza alla terapia è fondamentale in una patologia cronica con decorso invalidante, spesso non ben controllata, che costringe le persone all’assenza dal lavoro, gravando quasi totalmente sulle spalle delle famiglie in termini economici, sociali e psicologici. Questo il tema del webinar “L’artrite reumatoide in epoca Covid-19”, organizzato da MOTORE SANITÀ, ultimo di una serie di appuntamenti, nati con l’obiettivo di mettere a confronto sulle attuali buone pratiche organizzative e sui modelli di utilizzo dell’innovazione terapeutica, pazienti e operatori coinvolti nella diagnosi, gestione e cura delle malattie reumatiche, tracciando anche le aree critiche da migliorare.

Nell’era COVID-19 i pazienti affetti da artrite reumatoide sono andati incontro a molteplici difficoltà. Il secondo picco della pandemia, in corso in questi giorni, ci ha mostrato che il nostro globo si trova ancora in una condizione di grande fragilità, nella quale rientra anche la gestione delle malattie reumatiche. L’attenzione delle autorità sanitarie, concentrata giustamente sui pazienti affetti da COVID-19 e sulle misure di prevenzione della diffusione del contagio, non deve tuttavia tralasciare la garanzia di un alto livello di cura per i malati con malattie croniche. In particolare, nell’artrite reumatoide, al fine di prevenire l’evoluzione verso la disabilità, è necessaria una valutazione continuativa della patologia, sin dal suo esordio come pure nelle fasi successive. Abbiamo oggi a disposizione farmaci che sono in grado di limitare la progressione della malattia e gli specialisti conoscono le strategie terapeutiche ottimali per la gestione del paziente affetto da tale patologia. Anche nella pandemia quindi la continuità assistenziale e la cura ottimale dei malati con artrite reumatoide deve essere garantita, mentre invece si sta assistendo oggi, in alcune realtà, ad una chiusura o ad una limitazione delle attività degli ambulatori e delle strutture specialistiche a danno dei pazienti”, ha spiegato Annamaria Iagnocco, Professoressa Ordinaria di Reumatologia Università di Torino e Presidente Eletto EULAR

“I costi annui per i Pazienti con Artrite Reumatoide in Italia sono stimati tra i 3,5 ed i 4 miliardi di euro. Lo scenario epidemiologico della patologia è in forte e rapido cambiamento ed ancora di più in era COVID l’organizzazione ospedale/territorio per la sua gestione deve cambiare. In particolare, relativamente all’Artrite Reumatoide, il sistema sanitario è sollecitato in maniera importante anche dal punto di vista sociale. L’organizzazione di una Rete Reumatologica può fornire risposte efficienti, soprattutto in era Covid-19, quando è necessaria una presa in carico territoriale efficiente e capillare. La diagnosi precoce è essenziale anche nel campo dell’AR ed il ritardo diagnostico è la prima causa di complicanze e disabilità. Le visite in telemedicina sono un’opportunità ma non potranno sostituire le visite ambulatoriali se non per alcune attività di controllo e monitoraggio. Si dovrà lavorare ad un Percorso Diagnostico Terapeutico Assistenziale (PDTA) dedicato per l’AR che preveda la creazione di corsie preferenziali per i pazienti urgenti o con red flags di esordio o riattivazione di malattia. Sappiamo che la politica sulla assunzione di nuovo personale specializzato è sotto i riflettori per tutte le realtà regionali. La rete di specialisti dovrà operare in connessione con la medicina territoriale anche mediante il Teleconsulto. Fondamentale da questo punto di vista la formazione ed il coinvolgimento dei MMG, anche per la gestione delle frequenti comorbilità, e la semplificazione, gestione online e “sburocratizzazione” dei piani terapeutici. Posti letto dedicati per pazienti con patologie reumatologiche complesse e gravi dovrebbero essere garantiti (cosa purtroppo non sempre accaduta durante la precedente ondata). Fondamentale anche l’interazione fra centri Hub, Spoke e Specialisti territoriali per ridurre le liste d’attesa. Sarebbe anche auspicabile una più equa e rapida accessibilità sul territorio ai farmaci, specie per quelli più pratici, evitando così lo spostamento ed il disagio dei pazienti. Bene il risparmio attraverso le terapie Biosimilari, ma con le garanzie per i Pazienti di poter accedere alle migliori cure, anche innovative, se necessario. I decisori politici dovranno mantenere il dialogo con tutti gli interlocutori (prima fra tutte le Associazioni di Malati reumatici) perché la realizzazione di una Rete Reumatologica efficiente possa migliorare l’offerta sanitaria e l’appropriatezza dei servizi offerti dal SSN”, ha detto Maurizio Rossini, Professore Ordinario di Reumatologia e Direttore Scuola Specializzazione di Reumatologia, Università di Verona

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Progetto Open Way in Regione Toscana

Progetto Open Way

“Grazie al web è possibile realizzare PDTA condivisi con tutto il comparto sanitario regionale”

4 novembre 2020 – Le autorità sanitarie della Regione Toscana, abituata a deliberare con continuità le PDTA nelle principali patologie, hanno constatato come molti risultino poco o parzialmente applicati nonostante l’impegno di risorse impiegate. Gli organismi tecnici della Direzione diritti di cittadinanza e coesione sociale hanno deciso di intraprendere una strada innovativa nella condivisione dei PDTA che andrebbe, prima della deliberazione, a validare il percorso del tavolo tecnico implementandolo in applicabilità, per sperimentarne poi i risultati. Per avere un confronto aperto tra istituzioni e referenti delle aziende produttrici di tecnologie (farmaci e device) MOTORE SANITÀ ha organizzato, con il contributo incondizionato di ALFASIGMA, BOEHRINGER INGELHEIM, ALLERGAN, IPSEN, MENARINI, ROCHE, GSK, SANOFI e TAKEDA, il terzo evento ‘PROGETTO PDTA OPEN WAY: RISULTATI DI UN MODELLO VIRTUOSO’, che dopo aver presentato il modello Open Way, obiettivi e risultati attesi, modalità di attuazione e strumenti tecnici scelti per la sua realizzazione, presentazione di alcuni esempi applicativi del modello con lancio di alcuni “challenge” nel sistema, oggi presenta i risultati ottenuti.

“Anche l’esperienza COVID-19 ha portato alla luce, facilitandolo, un nuovo modo di interazione fra professionisti. Anche se è successo tutto in pochi mesi nessuno pensa sia realistico ritornare alle modalità pre-COVID, le nostre riunioni per costruire un PDTA, una linea guida, un documento di consenso di qualche tempo fa appaiono improvvisamente vecchie, faticose e appartenenti ad un passato non più proponibile né accettabile. Oggi, quasi quasi, ci vergogniamo a proporre una riunione in presenza ed abbiamo apprezzato i vantaggi di una sorta di ciò che chiamiamo smart-working, tempi veloci, spazio per tutti, sintesi e necessità di pragmaticità conservando l’essenzialità dei problemi. Credo che questo sia solo l’inizio, un grande facilitatore per migliorare anche le forme di collaborazione, lo sviluppo di nuove idee, la possibilità di arrivare a cogliere le potenzialità di un gran numero di professionisti che, nella era precedente non avrebbero mai avuto la possibilità di dar voce alla propria competenza, al proprio contributo e alla propria creatività che, per la loro posizione all’interno della azienda, quella dello Sharp-end, la frontiera, sono il contributo più importante per lo sviluppo armonico della stessa. Prima del COVID avevo solo una preoccupazione, che i nostri professionisti non accettassero forme di collaborazione attraverso un canale comunicativo appoggiato sul web. Oggi ho la certezza contraria che può diventare, se ben gestita, uno dei motori più forti per lo sviluppo organizzativo delle nostre aziende sanitarie. È per questo che il progetto Open Way rappresenta il più grande investimento su cui dobbiamo puntare”, queste le parole di Carlo Tomassini, Direttore Generale Diritti di Cittadinanza e Coesione Sociale, Regione Toscana

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MALATTIE CARDIOVASCOLARI, I NUMERI DELLA LOMBARDIA

malattie cardiovascolari

3 novembre 2020 – Nella gestione delle cronicità durante il Covid-19 c’è stato aumento esponenziale di pazienti anziani con patologie croniche (prevalentemente malattie cardiovascolari) associate a comorbilità̀ che necessitano di cure e trattamenti farmacologici cronici. La poli-terapia e la mancanza di aderenza alle terapie fanno sì che il paziente sia seguito da medici che conoscano la loro storia clinica e li informino sull’assunzione dei farmaci prescritti, sui dosaggi, sulle caratteristiche terapeutiche e rischi dei farmaci. Per discutere di come poter ridurre al minimo il numero di farmaci essenziali da assumere, magari in una unica formulazione per favorire una maggiore aderenza, MOTORE SANITÀ ha organizzato il webinar “La gestione del paziente con pregresso evento cardiovascolare”, realizzato grazie al contributo incondizionato di SANOFI.

Quale è l’impatto degli eventi cardiovascolari sulla popolazione lombarda?

“I decessi per eventi cardiovascolari in Lombardia si aggirano attorno a 31.000 per anno su circa 99.000 decessi complessivi (31,3 %), mentre i ricoveri per eventi cardiovascolari sono circa 130.000 anno, che portano, con alcune evidenze scientifiche, a stimare una popolazione compresa tra 650.000 e 950.000 pazienti in Lombardia. La presa in carico si alterna tra il MMG e lo specialista con problemi diversi tra loro: l’aderenza e la cura non sono ottimali nel paziente post evento. I costi si suddividono nel 54% in costi diretti (sanitari, circa 16 miliardi di €), il 46% restante si divide nel 24% da costi associati alla perdita di produttività dei pazienti ed il 22% sostenuti dalle famiglie in termini di informal care, mentre i costi diretti si attestano attorno ai 500 €/anno per farmaci per la cura della patologia, altri 500 €/anno per specialistica ambulatoriale e tolto l’evento indice per i ricoveri circa 4.000 €/anno. Questi costi variano tra studi, dovuto alle diverse cause/patologie di partenza”, queste le parole di Davide Croce, Direttore Centro Economia e Management in Sanità e nel Sociale, LIUC Business School Castellanza (Varese)

L’impatto economico delle malattie cardiovascolari in Italia

In Italia, i costi diretti sanitari per le malattie cardiovascolari sono stati stimati pari a circa 16miliardi di euro a cui si devono aggiungere oltre 5miliardi sostenuti in termini di costi indiretti. A tutto questo si devono aggiungere i giorni di lavoro (e produttività) persi dopo l’evento cardiovascolare. Infatti è stimato che mediamente nell’anno successivo ad un evento cardiaco acuto i pazienti cardiopatici perdono 59 giorni di lavoro per un costo stimato dall’Inps a circa 755milioni di euro. 

Ospedale-Territorio: come si suddividono i pazienti lombardi

I dati regionali servono anche a capire chi svolge la presa in carico dei pazienti in regione, come sottolineato da Olivia Leoni, Struttura Epidemiologia e Valutazione della Performance “Per quanto riguarda la cardiopatia ischemica nel 2019 sono stati registrati circa 184800 soggetti. Di questi il 18% è costituito da casi incidenti, quindi l’82% sono pazienti prevalenti che hanno un trattamento di cura cronico. Altro dato interessante riguarda il livello di complessità dei pazienti: il 52% è a livello 3 cioè quello di gestione prevalentemente territoriale. Questo dato sottolinea l’importanza dell’MMG nel percorso terapeutico per questo genere di malattie. Il 41% invece di questi pazienti è al livello 2 di complessità cioè che oltre alla patologica ischemica hanno una o due comorbilità e vengono quindi trattati con un’azione congiunta tra territorio e ospedale. Il 5.7% dei pazienti sono invece ad alta fragilità quindi con una gestione prettamente ospedaliera”

Il problema dell’aderenza terapeutica in Lombardia

I numeri dell’aderenza terapeutica in Lombardia per quanto riguarda i pazienti con problemi cardiovascolari sono allarmanti come sottolineato da Annarosa Racca, Presidente Federfarma Lombardia “Come Federfarma abbiamo eseguito un sondaggio coinvolgendo 3100 pazienti cardiovascolari, molti dei quali over70, ed i dati emersi sono allarmanti: 6 intervistati su 10 non seguono adeguatamente o non seguono affatto le terapie prescritte, addirittura è stato riscontrato che per alcuni farmaci salvavita il 77% degli intervistati assumeva un sottodosaggio rispetto a quello prescritto dai medici”. La grave problematica dell’aderenza confermato anche da Davide Croce, Direttore Centro Economia e Management in Sanità e nel Sociale, LIUC Business School Castellanza (Varese) “Se dal 2010 ad oggi la mortalità a 28 è scesa sensibilmente (10,42 nel 2010-8,6 nel 2016) non è scesa altrettanto la mortalità ad un anno (10,66 nel 2010, 10,17 nel 2016) venendo influita dalla mancata aderenza terapeutica da parte di molti pazienti”.

L’impatto della pandemia da COVID-19

“Altro dato che stiamo monitorando – ha spiegato Olivia Leoni, Struttura Epidemiologia e Valutazione della Performance – è l’impatto che la pandemia ha avuto su alcuni indicatori. I dati preliminari della prima ondata evidenziano un maggior numero di ricoveri e anche un maggiore numero di decessi. Il numero dei ricoveri da gennaio a marzo aumenta fino al 39%, allo stesso modo è aumentata la mortalità a 30 giorni a seguito di un infarto dal 7% al 14% però se analizziamo le tempistiche di ricovero o di intervento di angioplastica vediamo che non sono modificate quindi il sistema è riuscito a tenere anche durante il periodo peggiore dell’emergenza”.

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SECONDA ONDATA: DOVE L’ITALIA HA FALLITO E COSA PUO’ IMPARARE DALL’ESPERIENZA CINESE

Seconda ondata

Best practices a confronto per combattere il Covid 19. Uno scambio proficuo di informazioni ed esperienze con l’unico scopo di creare un ponte Europa Cina per la lotta al Covid 19 e fermare le seconda ondata.

Questo è quanto è avvenuto durante il webinar “LOTTA AL COVID-19 BEST PRACTICES CINA/EUROPA”, che ha rappresentato un ponte comunicativo e ha voluto fare il sunto delle best practices italiane e cinesi per poter imparare l’uno dall’altro in modo da affrontare con ancora più efficacia la pandemia da Coronavirus.

Il Webinar è stato promosso e organizzato da Motore Sanità in collaborazione con MEDEX-International Medical Center Italy ed ha trattato i principali punti in materia di gestione sanitaria dei pazienti Covid e delle migliori pratiche per evitarne la diffusione, grazie all’intervento di luminari italiani e cinesi, che si sono resi disponibili a confrontarsi in modo costruttivo. Per la Cina hanno partecipato: Dr. Zhang Junhua, Vice Direttore del Talent Exchange Service Center of the Health Human Resources Development Center (HHRDC), the National Health Commission, PR China; dall’ ospedale di Beijing: Dr. Xi Huan, Vice Direttore dell’Ospedale di Pechino, “National Advanced Individual in Fighting New Coronary Polmonite Epidemic”; Dr. Cai Mang, Dipartimento di Gestione delle Infezioni Ospedaliere (Prevenzione e Controllo delle Malattie) del Beijing Hospital; Dr. Xu Xiaomao, Vicedirettore del Dipartimento di Medicina Respiratoria e Medicina Critica del Beijing Hospital; Dr. Sun Chao, Vicedirettore del Reparto Infermieristico del Beijing Hospital.

Per l’Italia i relatori erano: Dr. Luigi Bertinato – Responsabile Segreteria Scientifica Istituto Superiore di Sanità, Dr. Luciano Flor – Direttore Generale AOU Padova, Dr. Antonio Cascio – Direttore Unità Operativa Malattie Infettive Policlinico P. Giaccone, Palermo; Dr. Alessandro Perrella –Infettivologo AORN Cardarelli, referente del percorso clinico Covid del nosocomio e dell’unità di crisi regionale per l’emergenza; Dr. Giulio Fornero – Direzione Scientifica Motore Sanità, già Direttore Dipartimento Qualità e Sicurezza delle Cure dell’Azienda Ospedaliera-Universitaria Città della Salute e della Scienza di Torino; Dr. Claudio Zanon – Direttore Sanitario Ospedale Valduce Como e Villa Beretta Costa Masnaga Lecco, Direttore Scientifico Motore Sanità.

“Capire il perché Cina, Corea del Sud e Giappone siano, dopo una prima ondata impegnativa come a Wuhan, paesi Covid-Free è estremante importante per acquisire best practices da applicare possibilmente anche nella nostra realtà attualmente sottoposta ad un’ulteriore dura prova sanitaria, sociale ed economica da una seconda ondata preoccupante seppur diversa dalla prima. Comprendere i sistemi di tracciamento cinesi, le cure mese in atto, l’organizzazione ospedaliera e le aspettative sul vaccino sono i punti fondamentali di un confronto vero con possibili ricadute importanti sulle azioni immediate e future da intraprendere nel nostro Paese che, ricordiamo, è grande quanto la sola provincia di Hubei (di cui Wuhan fa parte) in cui abitano 60 milioni di cinesi. Motore Sanità ha ritenuto di organizzare il primo webinar di confronto tra Cina ed Italia per collaborare all’attuale tentativo di completo controllo della pandemia a cui devono partecipare cittadini, istituzioni, realtà produttive ed operatori sanitari”, queste le parole di Claudio Zanon, Direttore Scientifico di Motore Sanità.

“Sapere che l’Italia ha avuto ottimi risultati nel contenimento del virus durante la prima ondata ci fa molto piacere e ci complimentiamo per l’ottima gestione della situazione. Per questo, siamo lieti di poter condividere le best practices cinesi per aiutare l’Italia ad affrontare anche la seconda ondata senza gravi ripercussioni”. dichiara il Prof. Zhang Junhua, Vice Direttore del Talent Exchange Service Center of the Health Human Resources Development Center (HHRDC) della Commissione Nazionale per la Salute cinese.

Le best practices cinesi:

  • Identificazione precoce dei contagiati
  • Vasta capacità di erogare tamponi
  • Triage clinici immediati su chi ha il contratto il virus
  • Applicazioni per smartphone per avvertire chi è entrato a contatto con un contagiato in modo da iniziare immediatamente una quarantena di 14 giorni

LA MACRO-GESTIONE CINESE DELL’EMERGENZA UN ESEMPIO PER L’EUROPA

Parlando di prevenzione e controllo il Prof. Zhang della Commissione Nazionale per la Salute cinese sottolinea l’importanza costituita dalla capacità del governo cinese di gestire con un’ottima capacità di macro-gestione e controllo dell’epidemia, ma ha anche parole di apprezzamento verso la disciplina del suo popolo. “Dobbiamo ringraziare il popolo cinese per la comprensione e la collaborazione mostrate verso le decisioni prese dal governo durante la lotta all’epidemia. Il senso di un’igiene pubblica, indossare le mascherine, il distanziamento sociale e l’isolamento volontario dei cittadini sono stati strumenti utilissimi di lotta al coronavirus, insieme agli altri sistemi adottati dal paese quali i sistemi smart di contact tracing, vari livelli di screening, elevato numero di tamponi. Solo una lotta comune può portare ai risultati migliori”.

LA CINA STUDIA 14 POSSIBILI VACCINI, 4 SONO ENTRATI IN FASE 3 DELLA SPERIMENTAZIONE

L’8 Ottobre 2020 la Cina si è associata all’iniziativa globale dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) sul vaccino anti COVID-19 come bene pubblico globale, denominata COVAX. Si è fatta quindi carico insieme ad altri paesi della responsabilità di partecipare ad un’alleanza per la fornitura di vaccini a livello mondiale. Dal punto di vista scientifico la Cina ha in sperimentazione ben 14 differenti vaccini di cui quattro sono entrati nella fase 3 (l’ultima) di sperimentazione del proprio vaccino. Attualmente sono oltre 60milioni i cittadini cinesi che volontariamente si sono sottoposti alla sperimentazione di questi vaccini. Se un vaccino dovesse superare, come sperato, tutte le fasi di sperimentazione sono previsti due punti di produzione che secondo le autorità cinesi saranno in grado di fornire anche 300milioni di dosi per anno.

LA COLLABORAZIONE INTERNAZIONALE COME UNICA SOLUZIONE A QUESTA EMERGENZA

Il Vice Direttore dell’Ospedale di Pechino Dr. Xi Huan, dopo una presentazione della struttura, ha ricordato che il Beijing Hospital ha progetti di collaborazione con molti ospedali americani ed europei, ricordando quanto sia importante condividere saperi e conoscenze. Anche le autorità scientifiche italiane hanno sottolineato l’importanza di questo incontro e l’importanza di relazioni di cooperazione scientifica stabili tra Italia e Cina.

L’ATTUALE SITUAZIONE ITALIANA

Durante il webinar si è fatto anche il punto sulla situazione italiana. “I casi della seconda ondata hanno superato di gran lunga di dati della prima. Anche la percentuale di positivi rispetto ai test è molto alta, circa il 20%. Si sta vivendo però ancora una volta una differenza tra regione e regione, con una prevalenza maggiore nelle regioni del nord. Sicuramente non possiamo paragonare i dati puri del periodo della prima ondata e quelli della seconda, ma possiamo sicuramente mettere a confronto il numero dei pazienti ospedalizzati che attualmente stanno crescendo in maniera esponenziale. Stanno crescendo in maniera parallela sia i ricoveri normali da Covid che i ricoveri in terapia intensiva. Questa situazione deve tenerci in allerta massima”. Queste le parole di Antonio Cascio Direttore Unità Malattie Infettive Policlinico P. Giaccone, Palermo

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Covid-19: test sierologici in arrivo

Covid-19: I test

28 ottobre 2020 – Con la ripresa dei contagi da Covid-19, oltre alle esperienze cliniche e terapeutiche acquisite sono indispensabili i test sia mediante tampone sia sierologici più precisi, specifici e sensibili e più rapidi nell’esecuzione e nella risposta. Il test molecolare con tampone naso-faringeo dovrebbe essere fatto al soggetto sospetto il più precocemente possibile alla comparsa dei primi sintomi mentre il test sierologico è utile per scoprire l’andamento anticorpale, identificare potenziali donatori di siero terapeutico, definire il tasso di letalità, diffusione geografica e nelle diverse fasce di età. I test molecolari e sierologici disponibili a breve sul mercato garantiranno risposte sempre più rapide per contenere la diffusione del virus nella speranza che al più presto venga reso disponibile un vaccino sicuro ed efficace capace di eradicarlo definitivamente. Per fare il punto della situazione, Mondosanità ha organizzato il webinar ‘I TEST SIEROLOGICI PER LA DIAGNOSI DI COVID-19 ESPERTI A CONFRONTO’, realizzato grazie al contributo incondizionato di Roche e Lifebrain.

“I test sierologici rilevano la presenza nel sangue di anticorpi eventualmente sviluppati da chi è entrato a contatto con il virus. La cinetica degli RNA e degli anticorpi dopo aver contratto l’infezione da Sars-Cov2 non è la stessa: l’ RNA è dosabile da subito, presente anche in soggetti asintomatici, mentre le IgM, gli anticorpi indicativi di una infezione in corso, risultano dosabili verso il 7° giorno; dal 14°giorno in poi comincia la produzione delle IgG, le immunoglobuline deputate ad una risposta immunitaria più duratura e indicative di una infezione pregressa, le quali, poi, persisteranno nel tempo mentre le IgM scenderanno dal 21° giorno. I test sierologici possono essere di due tipi: uno basato sul prelievo di qualche ml di sangue e l’altro basato sull’utilizzo di una goccia di sangue, meglio noto come pungi dito. Attualmente nessuno dei due ha valore diagnostico, in caso di positività è sempre necessario effettuare un tampone molecolare. Ma è importante continuare la loro messa a punto, la loro sperimentazione, identificare un test sierologico altamente sensibile è una ulteriore arma per sconfiggere il virus, data la rapidità di risposta ed il facile utilizzo, ad esempio nelle scuole”, ha spiegato Antonio Giordano, Dipartimento di Biotecnologie mediche dell’Università di Siena e direttore dello Sbarro Institute for Cancer Research and Molecular Medicine della Temple University di Philadelphia

Fermo restando che il Gold Standard per la diagnosi di SARS-CoV-2 è il test molecolare o tampone, che ricerca direttamente l’RNA del virus con tecniche di biologia molecolare (Reverse Real-Time PCR), il test sierologico, che non ricerca il virus ma ci dice se un soggetto è entrato a contatto in tempi più o meno recenti con esso, rimane uno strumento molto utile per lo screening e la valutazione epidemiologica dell’immunità al Covid-19 per determinate fasce di popolazione o categorie professionali”, ha dichiarato Graziella Calugi, Chief Medical Officer Gruppo Lifebrain

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Tumori neuroendocrini: “Teragnostica la nuova arma a difesa dei pazienti”

Tumori neuroendocrini

Roma, 28 ottobre 2020 – Approccio multidisciplinare, accesso uniforme alle terapie innovative e loro uso appropriato e personalizzato alle caratteristiche del paziente, per stabilire la necessità per le strutture ospedaliere e per il servizio sanitario regionale di introdurre la teragnostica nella pratica clinica. Questo l’obiettivo del webinar “TERAGNOSTICA SFIDE DI OGGI E PROSPETTIVE FUTURE”, organizzato da MOTORE SANITÀ grazie al contributo incondizionato di Advanced Accelerator Applications, che ha visto la partecipazione dei massimi esperti del panorama sanitario italiano. Questo approccio permette, sin dalla fase diagnostica, di migliorare la stadiazione della patologia, selezionare i pazienti non risponder, definire le terapie successive ed il follow-up. I recenti progressi della ricerca hanno portato all’approvazione della prima terapia radio recettoriale per la presa in carico dei pazienti affetti da tumori neuroendocrini.

“Oggi è possibile fare la diagnosi e la terapia di una determinata malattia insieme, non con strumenti molto diversi e non in luoghi e tempi spesso differenti. Con il termine teragnostica si riassume questa nuova disciplina che trova applicazione in Medicina Nucleare e nella pratica clinica, impiegando diverse sostanze che sia da sole sia in coppie possono essere utilizzate per questo scopo: radiofarmaci marcati con radioisotopi gamma o positrone emittenti per la diagnostica possono essere marcati anche con radioisotopi alfa o beta- per la terapia. Una delle più interessanti novità  in questo campo è in una classe di neoplasie rare ma piuttosto difficile sia da diagnosticare precocemente che da trattare: i tumori neuroendocrini. È importante arrivare ad un PDTA di riferimento sui tumori neuroendocrini, al fine di garantire la presa in carico ed un trattamento ottimale secondo linee guida basate sull’evidenza scientifica, attraverso un approccio multidisciplinare integrato in tutto il territorio regionale”, ha spiegato Orazio Schillaci, Direttore della Scuola di Specializzazione in  Medicina Nucleare, Rettore Università “Tor Vergata”, Roma

“Neoplasie rare ma in costante crescita nel mondo, le neoplasie neuroendocrine sono così definite perché caratterizzate dalla simultanea presenza di marcatori del sistema nervoso e del sistema endocrino. Note dai primi del 1900, solo nel 2010 sono state riconosciute dall’Organizzazione Mondiale della Sanità come universalmente maligne e perciò dotate di un sistema omogeneo di misura della loro aggressività biologica (grado) e diffusione (stadio). Possono insorgere in ogni organo mantenendo caratteristiche di tipo ed aggressività distintive per ogni sede. Sono più spesso caratterizzate da un comportamento clinico di basso grado di malignità, a significare che, se non trattate, possono diffondere nell’organismo con passo lento ma progressivo. Il loro trattamento d’elezione è la chirurgia, tuttavia soprattutto quando diffuse a multiple sedi dell’organismo (alto stadio) necessitano anche di terapia medica. Le neoplasie neuroendocrine sono tra i primi esempi di cancro per i quali esiste almeno un bersaglio terapeutico molecolare utile a “vedere” la neoplasia ed efficace a frenare la crescita neoplastica. Il bersaglio è il recettore/i dell’ormone somatostatina, presente in grande quantità sulle cellule tumorali. La molecola usata sia per l’imaging sia per il trattamento è l’analogo/i sintetico della somatostatina, coniugato o meno con radionuclidi, che specificamente aggancia il recettore/i. In sintesi, un esempio di teragnostica disponibile e di comprovata efficacia clinica”, ha detto Guido Rindi, Direttore UOC Anatomia Patologica Fondazione Policlinico Universitario “A. Gemelli” IRCCS, Roma

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SALUTE MENTALE: ASSISTENZA PSICHIATRICA E MISURAZIONE DEGLI ESITI ASSISTENZIALI

salute mentale

“Troppi pazienti non presi in carico e ritardi diagnostici, indispensabile maggiore coordinamento a livello locale e più supporto economico alle famiglie disagiate”

Roma, 27 ottobre 2020Per affrontare i problemi legati ai disturbi mentali, in particolare alla qualità dell’offerta di cura nei sevizi, analizzando i punti di forza e criticità e le azioni in corso a livello locale, Motore Sanità ha organizzato nel Lazio, con il contributo incondizionato di Angelini, il webinar “LA SALUTE MENTALE. FOCUS SULL’ASSISTENZA PSICHIATRICA E LA MISURAZIONE DEGLI ESITI ASSISTENZIALI”, terzo di tre di appuntamenti regionali. In Italia, i dati del rapporto sulla Salute Mentale del 2017 dicono che i pazienti psichiatrici assistiti dai servizi specialistici siano oltre 850mila; di cui 336mila entrati in contatto con i servizi per la prima volta; le persone di sesso femminile rappresentano il 54% dei casi; il 68% dei pazienti sono al di sopra dei 45 anni. La spesa complessiva è stata di 4 miliardi di euro, di cui l’assistenza ambulatoriale ben il 47% del omplessivo, il residenziale il 40% e il semiresidenziale il 13%. Il costo medio annuo per residente dell’assistenza psichiatrica, territoriale e ospedaliera, è pari a 78 euro.

“Nel caso delle malattie Covid correlate si vive una drammatica condizione di attesa associata alla cosiddetta ‘ansia anticipatoria’, con una snervante, continua, distruttiva attesa dell’esame, del referto, della terapia. L’attesa si accompagna al terrore ed alla paura connessa alla singola malattia che si teme possa essere stata contratta In relazione alla situazione di vita che ci fa vivere il Covid, un virus che desta profonda preoccupazione e angoscia perché ha trattamenti complessi ed impegnativi, non sempre risolutivi. A causa del clamore mediatico che la pandemia suscita, la sospensione del tempo è percepita come un’attesa alterata e dilatata, apparentemente infinita, che può essere vissuta in modi differenti a seconda delle nostre personalità. Vediamo ogni giorno sempre più persone che subiscono passivamente l’attesa, che diventa una sorta di alibi per attuare un atteggiamento rinunciatario, passivo, che moltiplica i problemi, mentre ne vediamo altre insofferenti che reagiscono in modo aggressivo e a volte violento, altre ancora che tentano di non tenere conto delle limitazioni, pagandone le conseguenze anche legali”, ha dichiarato Massimo Di Giannantonio, Presidente Eletto SIP

“La chiusura degli ospedali psichiatrici stabilita dalla legge 180 ha spostato sui servizi territoriali, i reparti psichiatrici ospedalieri e le famiglie la presa in carico delle persone con disturbi psichici. Per realizzare in modo funzionale tale obiettivo, è importante che i servizi psichiatrici lavorino in un sistema di rete capace di rispondere alle diverse esigenze assistenziali sia in fase acuta che nel prosieguo delle cure. È indispensabile evidenziare i punti di forza e criticità dei servizi psichiatrici nei DSM con particolare attenzione alla schizofrenia e non solo. Come anche riflettere sulla psichiatria di genere e di consultazione, i PDTA, la continuità delle cure, gli aspetti giuridici della presa in carico. Le tematiche vanno affrontate con l’update della situazione regionale, con l’analisi dei punti di forza e criticità, l’importanza del riconoscimento e le reali risorse economiche a disposizione”, ha spiegato Alberto Siracusano, Direttore UOC Psichiatria e Psicologia Clinica Policlinico Tor Vergata

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Patologie reumatiche in Lombardia: “Per gli esperti è ora di creare una vera rete sul territorio per nuovi percorsi di cura”

Patologie reumatiche in Lombardia

Milano 27 ottobre 2020 Implementare la telemedicina, abbattere le liste d’attesa, migliorare intesa ospedale-territorio, creare una rete reumatologica, con maggiore sinergia tra lo specialista, il farmacista ospedaliero e il MMG per garantire una migliore qualità di vita alle persone affette da artrite reumatoide. Per fare il punto sulla situazione delle patologie reumatiche in Lombardia, come già accaduto in Puglia, Veneto e Campania, con la RoadMap REUMARETE, si è svolto con gli esperti, il webinar ‘IL PAZIENTE REUMATOLOGICO LOMBARDO PERCORSI DI CURA POST COVID’, organizzato da Mondosanità e con il contributo incondizionato di Bristol-Myers Squibb ed IT-MeD.

“La valutazione dell’impatto della pandemia sui pazienti portatori di malattie infiammatorie croniche reumatologiche non può prescindere da due ordini di considerazioni. Il primo riguarda l’impatto della infezione da Sars-Cov-2 sulla comunità dei pazienti reumatologici. A questo aspetto la SIR ha tentato di dare una risposta mediante l’istituzione precoce di un registro di casi di contagio insorti in pazienti reumatologici evidenziando che l’infezione non è probabilmente più frequente in questa popolazione e che l’impatto delle terapie è minimo. Il messaggio che ne è scaturito è stato quello di comunicare ai pazienti la necessità di proseguire le terapie in quanto una malattia non controllata sembra essere un fattore di rischio aggiuntivo della possibilità di contagio. Il secondo punto da considerare è relativo alla riduzione delle prestazioni ordinarie per i nostri pazienti, resasi necessaria in funzione dell’allargamento a macchia d’olio del contagio. Per questo è fondamentale che vengano finanziate iniziative di controllo e di monitoraggio a distanza dei pazienti onde evitare che questa grande e fragile comunità di persone si senta abbandonata a casa senza più possibilità di controllo specialistico. La telemedicina offre a questo proposito notevoli opportunità e la SIR ha approntato una piattaforma specifica per il telemonitoraggio da applicare a livello nazionale. È fondamentale che gli organi regolatori ci affianchino in questo programma attraverso il riconoscimento anche economico delle prestazioni a distanza che possono contribuire a ridurre gli spostamenti e quindi i contagi consentendo un adeguato monitoraggio della sicurezza e della aderenza alle terapie in atto”, ha detto Luigi Sinigaglia, Presidente Nazionale della Società Italiana di Reumatologia (SIR) 

“La Lombardia è stata la regione italiana più duramente colpita dall’emergenza sanitaria dovuta alla pandemia da Covid-19: se tale evento di eccezionale gravità ha modificato la vita di tutti, è necessario osservare da vicino quale impatto esso abbia avuto nella vita di chi in Lombardia vive con una patologia reumatologica cronica. Come Associazione Lombarda dei Malati Reumatici e tutte le altre associazioni a noi affini con le quali collaboriamo, vogliamo che il webinar di oggi, sia l’occasione per confrontarci con gli esperti per ragionare insieme su aspetti cruciali – resi ancora più urgenti dalla pandemia – tra i quali le liste d’attesa, la creazione di una rete reumatologica sul territorio lombardo, il ruolo della telemedicina e in generale tutti gli aspetti che anche in tempo di pandemia possono concorrere alla positiva qualità di vita di tutte le persone che affrontano una patologia reumatologica cronica”, ha spiegato Maria Grazia Pisu, Presidente ALOMAR ODV

“La pandemia, in questo momento, sta ripresentando le problematiche più critiche che abbiamo già vissuto. La difficoltà d’accesso agli Ospedali e agli ambulatori medici ha riaperto un problema che rende i pazienti incerti e preoccupati sul loro futuro a causa della lungaggine delle liste d’attesa per prime visite ed eventuali rimandi delle visite di controllo già programmate. Ma questo vale per tutta Italia e noi di ANMAR lo abbiamo fatto notare da marzo. La difficoltà a fissare appuntamenti per visite specialistiche che, con patologie multidisciplinari, sono necessarie. Vale per tutta Italia. Parliamo di patologie che spesso hanno delle comorbidità e devono essere seguite oltre che dal MMG che spesso è escluso dal nostro percorso di cronici, anche gli specialisti non si confrontano per gestire al meglio la patologia o le patologie. La creazione di una rete reumatologica sul territorio lombardo risulta impellente e ci stiamo lavorando con la Regione che aveva già avviato i lavori ma con le difficoltà del momento e con il cambio dei referenti regionali incaricati, è in attesa di poter ripartire. La telemedicina in Lombardia è attiva. Il Fascicolo Sanitario è adeguato e accessibile. Ovviamente per chi non è attrezzato a livello telematico, diventa più difficile. Anche se per quanto concerne l’interoperabilità dei sistemi/piattaforme diventa un problema. Il paziente è titolare/proprietario dei suoi dati. I dati nel fascicolo non sono interoperabili tra i sistemi attuati, ANMAR si sta adoperando con smart share di far sì che le varie piattaforme possano interagire per rendere il percorso del cronico più agevole, degli specialisti più veloce e di dare la possibilità al MMG di essere coinvolto nel percorso di cura del paziente”, ha dichiarato Silvia Tonolo, Presidente ANMAR

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Progetto ‘Oncorete Sharing and Innovation System’: “Indispensabile una Rete oncologica in ogni Regione italiana”

Progetto ‘Oncorete Sharing

Roma, 26 ottobre 2020Supportare un modello di governance innovativo ed efficiente che porti indubbi vantaggi ai pazienti. Il Progetto ‘Oncorete Sharing and Innovation System’, serie di appuntamenti regionali, organizzati da Motore Sanità, con il contributo incondizionato di Bristol-Myers Squibb, oggi fa tappa nel Lazio per tirare le somme con tutti gli esperti a livello nazionale.

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