Covid-19, utilità dei test sierologici per il piano vaccinale: molte ancora le domande a cui dare risposta

Covid-19: I test

Il piano vaccinale deve essere accompagnato da una serie di follow up per verificare quanto duri la copertura, per quanto tempo permangono gli anticorpi prodotti, in quali cluster di soggetti resista di più, in quali di meno e da che cosa dipenda (farmaci, patologie pregresse, età, luogo di residenza). Esiste tuttavia ancora una mancanza di allineamento e programmazione tra le disposizioni del Ministero della Salute e le amministrazioni regionali. Per fare il punto sul tema, all’interno della due giorni della Winter School CALL TO ACTION PER UN SSN INNOVATIVO E RESILIENTE…  SE CORRETTAMENTE FINANZIATOMondosanità, in collaborazione con Motore Sanità, ha organizzato il webinar “Vaccinazione e test sierologici: una conferma della protezione”.

 

“Nel nostro Ospedale stiamo vaccinando più di 4.000 soggetti con uno studio di sorveglianza quantitativo per vedere la presenza di proteina spike” – ha raccontato Daniela Campisi, Dirigente Biologo per la disciplina di Microbiologia e Virologia, Ospedale Niguarda Milano. “Dalle prime osservazioni si evince come, dopo 15 giorni dalla seconda somministrazione, la risposta sia positiva nel 90% dei casi e molto robusta in più del 60%, mentre solo 4 soggetti immunodepressi non hanno risposto. Per capire quanto dura la protezione del vaccino rifaremo il test sierologico a tutto il nostro personale dopo tre mesi, sei mesi e un anno. Ci interessa anche capire se, dopo un declino degli anticorpi, la memoria rimarrà e quindi un individuo sarà protetto e per quanto tempo. In altre parole, i test ci aiuteranno a stabilire quanto è il titolo anticorpale che ci dà la protezione”.

 

Maria Capobianchi, Direttore della UOC Laboratorio di Virologia, Istituto Nazionale per le Malattie Infettive (INMI) “L. Spallanzani” spiega che: “Il livello di anticorpi è importante, ma quello che misuriamo è una presenza; non prediciamo la durata della protezione. Gli anticorpi che impediscono al virus di infettare si misurano attraverso un test biologico, mentre i test a disposizione misurano la quantità di risposta immunitaria. È importante misurare gli anticorpi che neutralizzano il virus. Quando parliamo di protezione dall’infezione, gli anticorpi sono una componente, ma ci sono altri fattori come le cellule T. Oggi è prematuro predire il grado di protezione misurando gli anticorpi senza tenere conto della loro capacità neutralizzante. Il vaccino ha confermato di generare una risposta praticamente in ogni soggetto che ha ricevuto la dose. Non credo quindi che sia utile testare tutti i soggetti vaccinati, ma sarebbe importante verificare la risposta anticorpale nei soggetti immunodepressi, nei malati oncologici ed ematologici o con l’HIV”. 

 

Non sempre la quantità di anticorpi definisce la qualità della protezione, sottolinea Anna Falanga, Direttore della UOC SIMT ASST Papa Giovanni XXIII Bergamo. “Una persona potrebbe avere un numero di anticorpi inferiore a un’altra ma più neutralizzanti. Per questo abbiamo bisogno dei test sierologici, l’unico modo per raccogliere dati e fare verifiche perché non si possono dare risposte affrettate e senza certezze. La scienza ha i suoi tempi e le persone hanno bisogno di chiarezza. Anche i test vanno standardizzati perché oggi può accadere che due laboratori diano risultati diversi semplicemente perché usano misure diverse”.

 

“È impossibile predire con i test la capacità di copertura vaccinale delle singole persone” ha aggiunto Stefano Menzo, Direttore f.f. SOD Virologia, Azienda Ospedaliera Ospedali Riuniti di Ancona. “Noi studiamo popolazioni molto definite e controllate, come gli operatori sanitari, che ci permetteranno di sapere quando gli anticorpi decadranno, oltre a una serie di variabili che oggi non conosciamo. I vari test a disposizione hanno adottato una standardizzazione che tende a definire un’assimilazione tra tutti; notiamo che tutti i test commerciali sono molto omogenei ma non ci sono ancora sistemi di comparazione precisi: non è matematica. Si possono riscontrare titoli diversi di anticorpi: può essere 100 o 10000 ma solo perché misurati con sistemi diversi. Resta possibile distinguere anticorpi prodotti da infezione naturale (anti N) rispetto a quelli prodotti a seguito di risposta vaccinale (solo anti S-RBD, con i vaccini attuali)”

 

“Oggi ci sono vari test per misurare gli anticorpi, – spiega Maurizio Ferrari, CMO Synlab Italia – test che sono stati standardizzati dall’OMS, ma che sono spesso difficili da valutare e confrontare: è chiaro che quando valuti un test e delle cinetiche, si dovrebbe usare sempre lo stesso sistema, per non rischiare maggiori incertezze.” Siamo in una fase di apprendimento e abbiamo più dubbi che certezze” – ammette il dottor Ferrari sottolineando però il ruolo importante dei test che ci aiutano a capire meglio come funzionano i vaccini. “Ci sono ancora molte questioni aperte e i laboratori contribuiranno a risolvere confermando il ruolo importante che hanno avuto e stanno avendo”.

Pronta la campagna vaccinale contro il Covid, ma per alcuni vaccini si attende ancora l’autorizzazione di EMA

Pronta la campagna vaccinale

12 Dicembre 2020 – L’Italia sta organizzando la campagna vaccinale contro il coronavirus e il fattore tempo è quello sul quale le aziende farmaceutiche stanno combattendo per assicurare in tempi rapidi la distribuzione di vaccini che siano efficaci. Molto dipende dai risultati dei trial e dalla conseguente autorizzazione delle agenzie regolatorie. Al momento l’approvazione dall’Agenzia europea per i medicinali (EMA) è prevista per il 29 dicembre per i vaccini di Pfizer in partnership con BioNTech e per l’11 gennaio per quelli di Moderna, per il vaccino di AstraZeneca l’autorizzazione potrebbe arrivare all’inizio dell’anno. Questo comporta problematiche per la campagna vaccinale italiana.  Questo il focus sulla quale hanno dibattuto gli esperti durante il webinar “I vaccini come risposta alla pandemia Covid-19, organizzato da Mondosanità, in collaborazione con l’Osservatorio di Motore Sanità e grazie al contributo incondizionato di AstraZeneca e IT-MeD.

Cominciamo ad avere a disposizione dei vaccini che appaiono essere efficaci e anche sicuri, l’efficacia stimata varia dal 90 al 95%, alcuni hanno livelli di efficacia relativamente più basse ma naturalmente devono essere ulteriormente valutati e studiati per potere ottenere valori più elevati – spiega Gianni Rezza, Direttore generale della Prevenzione sanitaria del Ministero della Salute -. Abbiamo una disponibilità di vaccini che dipenderà molto dai tempi di autorizzazione delle agenzie regolatorie e di capacità di produzione. Inoltre abbiamo la necessità di considerare delle scale di priorità per la locazione dei vaccini proprio perché il numero di dosi di vaccino aumenterà nel corso del tempo e l’aumento delle dosi sarà molto rapido perché, probabilmente, si renderanno disponibili sempre più vaccini diversi. Solo allora potremmo cominciare a valutare il target di popolazione a seconda de l vaccino specifico che andremo a considerare. La strategia vaccinale è ben definita ma abbiamo bisogno di una certa flessibilità perché potrebbe in parte variare a seconda della necessità di adattarla alle esigenze che possono scaturire dal corso dell’epidemia”.

Sulle tempistiche e il numero di dosi è necessaria una informazione prudente e corretta.

Prevediamo che quando i primi vaccini si rederanno disponibili contiamo che in Europa continentale si rendono disponibili le prime dosi di almeno un vaccino entro la prima metà di gennaio, dipendentemente dalla decisione dell’EMA – prosegue il direttore Rezza -. Quando sarà disponibile il primo vaccino sarà disponibile solo un numero limitato di dosi, e su questo è necessario essere precisi, programmare molto puntualmente la campagna vaccinale e definire le popolazione target che deve essere vaccinata”.

Verranno privilegiate due categorie: gli operatori sanitari e le persone anziane, a partire da quelle istituzionalizzate.

I primi perché sono le persone altamente esposte che devono continuare a mantenere in atto la capacità di risposta da parte del sistema sanitario – prosegue Gianni RezzaDopodiché si prenderanno in esame altre categorie di popolazione come ad esempio alcuni lavoratori essenziali, fino ad arrivare a vaccinare un ampia quota di popolazione. L’obiettivo massimo sarebbe è quello di rendere i nostri ospedali e le residenze sanitarie assistite e residenze assistite delle strutture Covid free e per fare questo c’è bisogno di un’alta adesione alla campagna vaccinale”.

Il Ministero della Salute ha disegnato una campagna “vaccinale protettiva”.

“Possiamo adattarla a seconda di ciò che accade nel corso dell’epidemia che, purtroppo, durerà almeno alcuni mesi quindi dovremmo al tempo stesso mantenere dei comportamenti prudenti anche durante la campagna vaccinale. Sappiamo che per ora il vaccino migliore che abbiamo avuto è stato il distanziamento sociale, la quarantene e tutte le azioni di lockdown che abbiamo intrapreso fin dall’inizio di questa pandemia. In questo momento stiamo organizzando la campagna vaccinale e gli obiettivi sono quella di utilizzare un vaccino che sia sicuro ed efficace, ridurre la trasmissione del virus, la comorbilità e la mortalità correlata alla malattia da Covid, aiutare a minimizzare i problemi che si creano a livello sociale ed economico, la capacità del sistema a mantenere la sua risposta rispetto all’emergenza e assicurare l’equità nell’erogazione dei vaccini”.

Il vaccino di AstraZeneca è in attesa di ricevere l’autorizzazione da parte di EMA.

Se l’EMA dà la sua autorizzazione per i primi giorni di gennaio, da quel giorno, in 24 ore, saremo pronti a  fornire il vaccino – spiega Onofrio Palombella. Con il Commissario Domenico Arcuri abbiamo stimato che dalla seconda metà di gennaio potremmo fornire il primo quantitativo di vaccino e le 40 milioni di dosi che sono attribuite all’Italia, in base al contratto fatto con la Commissione Europea, verranno distribuite mensilmente arrivando al completamento della distribuzione questa estate. In questa fase di emergenza in cui il tempo è una variabile assolutamente dipendente ovviamente si è privilegiata la disponibilità immediata, quindi avremo delle fiale multi-dose già diluite e pronte all’uso. Si tratta di fiale da 10 somministrazioni l’una e gestibili da 2-8 gradi, esattamente come il vaccino dell’influenza. Le fiale per tutta Europa verranno preparate in Italia e poi attraverso la catena di distribuzione della DHL distribuite al l’Hub di Pratica di Mare e da lì verranno distribuiti in quota parte alle Regioni”.

Il vaccino ci preserverà in futuro, ma il tempo ipotizzabile per averlo non sarà prima di un anno-un anno e mezzo.

Per questo dobbiamo pensare al presente, la pandemia è in corso – è il monito di Giovanni Leoni, vicempresidente FnomCeO –. Oggi siamo al secondo posto in Europa per numero di morti per 100.000 abitanti. Siamo molto preoccupati in previsione di una terza ondata che arriverà tra gennaio e febbraio, quindi il grande problema ora è la responsabilizzazione per non dare un ulteriore carico di lavoro agli ospedali, soprattutto nelle terapie intensive e nelle sub-intensive. Spero che dalla carenza di rifornimento delle dosi vaccinali contro l’influenza registrata sul territorio nazionale si tragga un’idea sulla complessità che sarà in futuro la distribuzione della filiera e la trasmissione del vaccino, perché sull’organizzazione della distribuzione e della rendicontazione  di quello che è stato effettuato si gioca la credibilità del sistema sanitario, che deve tenere conto degli operatori pubblici e di tutti gli operatori privati o convenzionati che hanno un impatto sociale e un rapporto di fiducia con il paziente. Siamo di fronte ad una nuova procedura di distribuzione territoriale mondiale che non è mai avvenuta in tempi recenti. Nel piano vaccinale del Ministero della Salute abbiamo visto un’articolazione dei 7 vaccini principali nell’arco di cinque trimestri con la chiusura col primo trimestre del 2012 per un totale di un 1.400 mila operatori sanitari. Ci dovranno essere più punti vaccinali, la collaborazione dei medici di medicina generale e il possibile reclutamento di altri medici per quanto riguarda le vaccinazioni”.

Le Regioni si stanno programmando per garantire che il piano vaccinale anti-Covid sia efficace.

L’organizzazione prevede delle azioni puntuali che riguardano il trattamento dei vaccini, i punti di diluizione e i tempi di erogazione – spiega Walter Locatelli, Commissario straordinario di Alisa di Regione Liguria -. La prima  fase, che prevede la somministrazione dei primi 2 milioni di vaccini, per la regione Liguria sono circa 70mila,  vedrà il personale sanitario dislocato nei vari punti di erogazione negli ospedali e nelle Rsa. Nel concreto stiamo già operando in quanto sono attivi gruppi di lavori interaziendali La seconda fase riguarda la corretta informazione e sarà molto importante, laddove la popolazione più fragile avrà difficoltà ad arrivare in zona, coinvolgere la medicina territoriale. Come sistema regionale farà la differenza poter mettere a disposizione un’organizzazione la più competente possibile, poter discutere e dibattere eventuali dubbi e superarli, accompagnati sempre da una  chiara competenza al fine di cercare le risposte per ogni situazione”.

Intenzioni di essere parte integrante della filiera vaccinale arrivano dal territorio attraverso la proposta di progetti.

Crediamo che sotto la supervisione di un medico possiamo vaccinare anche in farmacia per risolvere un problema  che sarà veramente grosso da gestire: contro l’influenza, pensando di vaccinare tutta la popolazione, 75milioni di persone, per due dosi, fare 130 milioni di somministrazioni nell’arco di pochi mesi sarà certamente un problema da gestire con efficacia” spiega  Giovanni Petrosillo, presidente Federfarma Sunifar.

“Riusciamo a vaccinare in media dai 500 ai 700 pazienti tutti gli anni per l’influenza – aggiunge il dottor Mauro  Ruggeri, responsabile della sede nazionale Società italiana di medicina generale e delle cure primarie (SIMG) -, quindi se volessimo intervenire sui nostri pazienti, e siamo in 43mila medici sul territorio, potremmo essere in grado, in un arco temporale abbastanza ristretto, di poter fare la vaccinazione almeno al 70% dei nostri assisti”.

Di fronte a questo scenario, molte altre domande attendono ancora una risposta:  gli eventuali  effetti collaterali, la durata della copertura dei vari vaccini, il possibile obbligo alla vaccinazione.

Qualsiasi vaccinazione ha effetti collaterali di varia misura, tra i quali anche le reazioni allergiche ma sono estremamente rare – spiega Mauro Pistello, professore di Microbiologia clinica, Dipartimento di Ricerca  Traslazionale dell’Università di Pisa -: da reazioni molto semplici, come il prurito nella zona di inoculo, all’orticaria  diffusa, alle reazioni sistemiche. La frequenza delle reazioni allergiche gravi, fra le quali le più severe includono  lo shock anafilattico, sono estremamente rare. Se un soggetto sa di essere a rischio di poter sviluppare una reazione allergica, probabilmente dovrà essere vaccinato in un contesto in cui possa essere presa in considerazione l’ipotesi del trattamento della reazione allergica”.

“Dobbiamo mantenere l’aspetto di sfiducia verso i nostri assistiti – prosegue il dottor Ruggeri – attraverso una comunicazione corretta. Abbiamo una esperienza sufficiente per poter attivare anche un counseling vaccinale rivolto ai nostri assisti”.

Siamo di fronte a una pandemia globale e la vedo dura la non obbligatorietà del vaccino – afferma Leoni – in particolare per quel che riguarda chi svolge un lavoro sociale a contatto con il pubblico. Abbiamo la necessità  di avere vaccinati tutti i soggetti sanitari che hanno stretto rapporto con il paziente e ci metto dentro anche gli odontoiatriche che sono quasi 50 mila e lavoro da 45 centimetri dalla bocca del paziente”.

Se un obbligo vaccinale ci deve essere che sia un obbligo che arrivi da una legge emanata in conformità alla Costituzione e all’iter previsto dalla nostra Costituzione, approvata dal Parlamento – spiega l’avvocato Elena  Lomazzi dello studio legale A&A – perché se così non fosse il rischio è che ci si trovi di fronte ad un  provvedimento molto debole, non costituzionale e questo andrebbe ovviamente a creare incertezza ancora più incertezza in un periodo in cui purtroppo i punti interrogativi sono molti”.

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Vaccini come risposta al COVID19: “Dalla fase 3 all’approvazione, dalle certezze ai dubbi, parola agli esperti”

Vaccini come risposta

11 dicembre 2020Numerosi vaccini hanno raggiunto la fase 3 di sperimentazione e stanno per essere valutati dalle autorità competenti come possibili armi terapeutiche per sconfiggere l’infezione da Coronavirus. Oltre ad i vaccini con virus attenuati sono in corso di definizione i vaccini mRNA (materiale genetico che contiene le istruzioni per la sintesi di nuove proteine), con una metodica innovativa che parrebbe accelerare i tempi di produzione e distribuzione. La sicurezza dei vaccini, certificata dagli enti regolatori internazionali, è comprovata così come la loro efficacia (in quasi tutti supera il 90% della popolazione vaccinata) ma nonostante le assicurazioni riportate dalle pubblicazioni scientifiche, la discussione su programmazione, conservazione, obbligatorietà sono in corso con ripercussioni sul mondo scientifico e sociale. Per far luce sulla vaccinazione anti SARS COV 2, Mondosanità, in collaborazione con l’Osservatorio di Motore Sanità e grazie al contributo incondizionato di AstraZeneca e IT-MeD, ha organizzato il webinar “I VACCINI COME RISPOSTA ALLA PANDEMIA COVID-19” con la partecipazione dei massimi esperti italiani del comparto salute sul tema vaccini.

“La vaccinazione è l’unica vera strategia per fermare la pandemia! Vacciniamo al più presto gli anziani e tutte le categorie a rischio di forme severe. Il primo obbiettivo dovrà essere ridurre la mortalità, ma anche proteggere le persone che svolgono servizi essenziali nel nostro Paese come i medici. Successivamente si dovrà pensare la resto della popolazione auspicando il raggiungimento dell’immunità di gregge che in base alle caratteristiche di questa malattia comporterebbe l’immunizzazione del 60% della popolazione suscettibile. Fin quando non sarà raggiunta l’immunità di gregge mascherina e distanziamento sociale dovranno essere mantenuti. Sono assolutamente ottimista sulla bontà dei vaccini che prestissimo saranno disponibili in Italia. Saranno studi futuri a stabilire la durata della protezione e la necessità di eventuali dosi di richiamo negli anni successivi. I tre vaccini che hanno concluso la fase 3 di sperimentazione clinica e sono in fase di approvazione rapida sono: quello prodotto da Astrazeneca-Oxford (59.500 soggetti arruolati in Fase 2-3) basato sull’utilizzo di un adenovirus della scimmia modificato e contenente le proteine dello spike e che si conserva a 2-8 gradi centigradi, quello prodotto dalla Pfizer-Biontech (45.000 soggetti arruolati in Fase 2-3) che sfrutta la tecnologia dell’Rna messaggero le cui fiale devono essere conservate a -80 gradi centigradi, visto che la molecola di mRna si degrada facilmente e quello prodotto da ModeRna (30.700 soggetti arruolati in Fase 2-3) anche esso basato sul metodo dell’Rna messaggero, ma stabilizzato in maniera tale che possa essere conservato a -20 gradi centigradi per sei mesi e tra 2 e 8 gradi per 1 mese. Abreve potrebbe arrivare un quarto, ovvero quello di Janssen (Johnson&Johnson) che si basa anch’esso su un adenovirus geneticamente modificato e disinnescato utilizzato come vettore anche se si tratta di una variante umana del virus del raffreddore (il Type 26-Ad26)”, ha detto Antonio Cascio Direttore Unità Operativa Malattie Infettive Policlinico P. Giaccone, Palermo

“I vaccini rappresentano forse la più grande scoperta della medicina, insieme agli antibiotici e a qualche altro farmaco straordinario – farmaci “anziani” ma che han cambiato la storia – come il cortisone, la morfina, l’insulina, solo per fare qualche esempio. Certo, l’innovazione farmaceutica ci ha portato, in epoca più recente, farmaci che, anch’essi, han cambiato la storia di molte malattie: parliamo dei farmaci contro HIV e HCV, ma anche dei nuovi farmaci oncologici. Anche oggi, con la pandemia da Sars COV 2 che sta devastando il mondo, i vaccini arrivano come l’arma risolutiva. Certo, lo sviluppo di un vaccino contro il COVID in tempi così brevi (ce ne sono oltre 100 in sperimentazione e alcuni lì li per essere approvati, seppur con procedure condizionate) rappresenta un altro incredibile successo della ricerca. E non bisogna avere paura, sono il frutto degli avanzamenti straordinari della biologia, dei quali molti cittadini non erano al corrente. E anche il frutto di un rinnovato patto tra ricerca pubblica e ricerca privata, che finalmente è diventato una cosa concreta. Ma i vaccini anti-COVID non saranno l’arma finale, se non riusciremo a renderli disponibili al mondo intero. È un’epidemia globale. Nessuno pensi di risolverla solo a casa propria”, ha spiegato Stefano Vella, Adjunct Professor Global Health, Catholic University of Rome

I vaccini contro il Coronavirus arriveranno nei primi mesi del 2021. Mentre il Governo sta mettendo a punto un piano nazionale per la vaccinazione anti COVID, lo stesso dovranno fare le Regioni ma mentre logistica, priorità e scelta del vaccino sono in parte delineate, molte altre domande attendono ancora una risposta, non ultima la durata della copertura dei vari vaccini, il possibile obbligo alla vaccinazione, l’uso della sierologia nei pazienti che si sono già ammalati di COVID ed il ruolo delle vaccinazioni complementari quali l’anti influenzale e l’anti pneumococcico”, ha dichiarato Claudio Zanon, Direttore Scientifico Osservatorio Motore Sanità

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