11 dicembre 2020 – Nel 2019 sono stati autorizzati a livello europeo 51 medicinali e per il 2020 è atteso il parere da parte dell’EMA per altri nuovi 76. Il concetto di valore di un farmaco o un device si identifica su quanto possa essere il suo prezzo, mentre occorrerebbe valutare un farmaco in un’ottica di investimento piuttosto che di costo, misurando il suo impatto sulle cure e sull’organizzazione assistenziale. Per discutere la tematica, si è tenuta l’Academy “Il valore del farmaco e dei devices”, una 2 giorni di approfondimenti con esperti, organizzata da MOTORE SANITÀ, grazie al contributo incondizionato di Bristol Myers Squibb e TEVA.
“Valore è un termine molto usato ormai sia nel settore dei dispositivi medici sia in quello dei farmaci sia in quello più generale dell’assistenza sanitaria. Tutti ne parlano ma non è ancora chiaro come possa essere definito esattamente e quale sia il suo esatto significato. Proprio per questo motivo è sempre più importante definire cosa significhi “valore” di una prestazione, di un farmaco o di un dispositivo, in quanto i cosiddetti “payer” – pagatori sanitari pubblici e privati – in tutto il mondo, per rispondere ai sempre più veloci processi di innovazione hanno sempre più necessità di allontanarsi dai tradizionali meccanismi di pagamenti e definirne invece di nuovi e maggiormente adatti ai livelli di innovazione e di costo a cui devono essere applicati. Identificare il “valore” di una tecnologia sanitaria è un esercizio che compete sia ai sistemi sanitari pubblici e privati che dovrebbero fornire cure più efficienti ed efficaci piuttosto che le aziende le aziende produttrici di tecnologie che devono avere chiaro il motivo per cui i loro prodotti creano valore per l’individuo, per il sistema e per la società. Identificare il valore per tutti questi differenti stakeholder del sistema, che dovrebbero avere finalità comuni (il bene dei pazienti) ma anche obiettivi diversi (organizzazioni profit o non profit) si sta sempre più identificando in un ripensamento di una serie di processi che generano innovazione tecnologica. Dal momento in cui questa viene immaginata, al momento in cui questa viene realizzata e testata e infine al momento in cui questa viene poi valutata dagli utilizzatori. La presenza di un bisogno di salute, la capacità di questa tecnologia di rispondere in maniera coerente e appropriata a questo bisogno, la solidità delle evidenze scientifiche già disponibili o in via di definizione, che supportano il valore delle tecnologie dovrebbero essere gli elementi su cui basare il nuovo concetto di Value Based Medicine”, ha detto Marco Marchetti, Responsabile Centro Nazionale HTA, ISS
“Relativamente ai farmaci, ed in particolare relativamente ai farmaci innovativi, si continua purtroppo a ragionare troppo spesso in termini di PREZZO e troppo poco in termini di VALORE. Valore non è solamente il contributo diretto che un farmaco innovativo può dare al benessere del paziente. Valore, specialmente nel caso di patologie croniche, è il complesso delle ricadute che i benefici di un trattamento innovativo possono avere sull’intero sistema sanitario, estensibili, in alcuni casi, al sistema paese. Facciamo l’esempio di una serie di farmaci innovativi introdotti nell’ultimo decennio per la cura del diabete mellito di tipo 2. Hanno in genere un PREZZO superiore a quello dei farmaci antidiabete che eravamo abituati ad usare nella prima decade di questo secolo. Però, continuando nell’esempio, non hanno bisogno di essere titolati sulla scorta dei valori glicemici, quindi abbattimento dei costi relativi ai presidi per l’automonitoraggio della glicemia e sensibile “unburden” della persona con diabete rispetto alla necessità di controlli assidui. Ma ancora, abbattono (quasi annullano) il rischio di ipoglicemia: una sola ipoglicemia critica oltre a mettere a rischio la vita del paziente può costare al “sistema” tra pronto intervento, accesso in Pronto Soccorso ed eventuale ricovero oltre 5,000 euro. Ancora: alcune di queste molecole possono ridurre fino al 15% il rischio di eventi cardiovascolari e fino al 30-40% il rischio di ospedalizzazione per scompenso cardiaco. Con questi numeri il “risparmio” sia in termine di sofferenza che in termini di costi ospedalieri mi sembra evidente. Abituiamoci dunque a ragionare in termini di “valore”, creiamo gli strumenti perché queste analisi di “valore” divengano sempre più accurate e scientificamente corrette ed aboliamo i “silos” ideologici ed amministrativi che confinano il bilancio costo/beneficio all’analisi di settori limitati, non consentendo l’analisi della ‘big picture’”, ha spiegato Agostino Consoli, Presidente Eletto SID
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