17 dicembre 2020 – In Italia il diabete di tipo 1 (DT1) ha un’incidenza di circa 8 bambini su 100.000,
con maggior frequenza nelle femmine (rapporto di 1 a 5) e necessita della somministrazione di
insulina più volte al giorno e di costante controllo della glicemia. Nuove terapie e strumenti
(infusori per la somministrazione continua d’insulina e sensori per il monitoraggio continuo
della glicemia) consentono di ottimizzare queste due operazioni, ma resta fondamentale la diagnosi
precoce. È indispensabile che i genitori si rivolgano al pediatra o al medico di base, già ai primi
sintomi della malattia, come aumento della quantità di urine e frequenza delle minzioni (Poliuria),
sete eccessiva con aumento dell’assunzione di liquidi (Polidipsia), fame smisurata con aumento
dell’assunzione di cibo (Polifagia) e dimagrimento. Così, semplicissimi esami consentiranno
rapidamente di escludere o confermare il sospetto di diabete e poterlo trattare con tempestività.
Una buona comunicazione tra pediatri, medici di base e centri specialistici, unita ad una
organizzazione dei percorsi efficiente consente un’ottimale presa in carico che limiti i danni di
questa importante malattia cronica. Con lo scopo di approfondire gli aspetti di innovazione utili ad
implementare gli attuali percorsi di cura, Diabete Italia Onlus e Mondosanità hanno organizzato
il webinar “CRESCERE CON IL DIABETE. Bambini, ragazzi e giovani adulti: dalla scoperta alla
gestione del percorso assistenziale”, realizzato grazie al contributo incondizionato di SANOFI.
“Il muro concettuale secondo il quale il diabete in età pediatrica ha preferibilmente una patogenesi
autoimmune e quello dell’adulto una eziologia di tipo diverso, sta ormai definitivamente crollando. Il
diabete mellito in età infantile non sembra essere così ‘monotematico’ come si credeva che fosse.
Infatti, fino a qualche decennio fa, in Pediatria vigeva l’assioma che in caso di iperglicemia persistente
in età pediatrica, specialmente in presenza di chetoacidosi, l’unica diagnosi possibile fosse quella di
‘diabete mellito tipo 1’ e l’unica terapia ammessa fosse la somministrazione di insulina per tutta la vita.
Oggi, invece, da un lato ci sono stati molti progressi scientifici per capire la patogenesi e la eziologia
delle forme di diabete non autoimmuni, non sempre insulino-trattate, dall’altra, inoltre, l’aumento della
prevalenza della obesità infantile ha fatto anticipare drammaticamente la comparsa del diabete tipo 2,
forma che sembrava essere solo appannaggio delle persone anziane, fino a farlo comparire addirittura
in età adolescenziale. Il congresso, organizzato da Diabete Italia, è, quindi, come al solito particolarmente
sul pezzo in questo momento perché è importante che si faccia un’opera di informazione affinché tutti i
bambini possano praticare all’esordio del diabete il dosaggio degli anticorpi (GAD, IA2,IAA e ZnT8) e,
nel caso fossero negativi, permettere loro di praticare tutti gli approfondimenti utili, compresi quelli genetici,
per capire la eziologia della patologia in modo da scegliere una terapia che sia quanto più è possibile mirata
e ‘sartoriale’”, ha spiegato Dario Iafusco, Responsabile Centro Regionale Diabetologia Pediatrica
“G. Stoppoloni” AOU “Luigi Vanvitelli”, Napoli. Vicepresidente Diabete Italia
“I Pediatri di famiglia hanno un ruolo importante nella diagnosi precoce e nella prevenzione della
chetoacidosi per quanto attiene all’esordio, per il diabete tipo 1. Mentre per il tipo 2, la nostra conoscenza
dei bambini fin dalla nascita, delle loro famiglie, ed i bilanci di salute, possono rappresentare un punto di
osservazione privilegiato nel sospetto di una insulino-resistenza. Dopo l’esordio, la Pediatria del territorio
ha il dovere di sorvegliare il regolare sviluppo psicofisico del bambino, a maggior ragione in occasione di
patologia cronica, verificando, in continuità con i Colleghi dei centri di riferimento, l’adesione ai PDTA, il
corretto inserimento in ambiente scolastico e sorvegliando sulla qualità di vita del bambino e della sua
famiglia. Tutto questo unitamente alla nostra presenza costante nei confronti dei genitori per aiutarli
anche in occasione delle patologie intercorrenti, in modo da inserire il piccolo paziente e tutti i suoi
caregiver all’interno di un sistema di cure che abbia proprio il bambino come fulcro”, ha detto Michele
Mencacci, Vice Segretario Regionale Umbria FIMP
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