Eccezionale intervento: mano amputata reimpiantata dopo 3 ore. All’età di 64 anni, dopo più di 50 giorni ha ripreso l’uso della mano, grazie a 2 équipe dell’Unità Operativa Complessa di Chirurgia Plastica insieme ad un team multidisciplinare.
Il pensionato ha raccontato che durante il lockdown da pandemia COVID-19 casualmente si è procurato l’amputazione della mano destra utilizzando uno spaccalegna. Una volta accortosi dell’accaduto, accompagnato da conoscenti, ha portato con sé la mano amputata e si è recato direttamente presso il Pronto Soccorso di Mirano. Bloccato il sanguinamento e esclusa la positività al Coronavirus è stato trasferito presso la Chirurgia Plastica dell’Azienda Ospedaliera di Padova, dove vengono eseguiti oltre 8000 interventi all’anno e di questi il 20% riguarda la chirurgia della mano e più di 1000 interventi sono eseguiti in urgenza per cause traumatiche, il quale, informato dell’accaduto, si è organizzato per ricevere il 64enne nel migliore dei modi e soprattutto in massima sicurezza e rapidità. È stato allertato un doppio team multidisciplinare, uno per preparare l’arto amputato e l’altro per predisporre il moncone al reimpianto.
L’intervento è iniziato nel più breve tempo possibile, disinfettato il pezzo amputato si è proceduto alla riconnessione di tutte le strutture tendinee flessorie ed estensorie, nonché alla ricostruzione microchirurgica.
Il team è stato formato da 2 chirurghi ortopedici, 5 chirurghi plastici ricostruttivi, 3 anestesisti e 6 infermieri. Dopo oltre 6 ore di intervento chirurgico il paziente è stato portato presso il reparto di Chirurgia Plastica e monitorato per alcuni giorni, è stato dimesso dopo 6 giorni di ricovero in buone condizioni cliniche.
A 50 giorni dall’intervento, si spera che il pensionato possa riprendere le sue normali attività quotidiane, raggiungendo la completa rigenerazione neuromuscolare verrà raggiunta in 18 mesi. Le competenze del personale operante dell’Azienda Ospedaliera di Padova hanno permesso il reimpianto a sole 3 ore dall’amputazione, evitando il rischio di ischemia, aumentando le possibilità di successo e riducendo i rischi di vita del paziente.
Stefano Sermonti