L’impotenza erettile dopo l’asportazione della prostata, vescica o colon-retto e radioterapia: un dramma con cui in Italia ci fa i conti un uomo su otto. Se il rischio che l’intervento per la cura del cancro possa non riuscire è pari allo zero, talvolta il cancro, o la cura, sono così aggressivi da non consentire di salvare i nervi che garantiscono la sessualità del paziente.
In questi casi la percentuale di pazienti che non tornano ad una completa funzionalità dopo l’operazione, nemmeno con l’aiuto di farmaci, è di circa il 15%. L’unica soluzione per questi paziente è rappresentata da protesi funzionale che sfortunatamente sono scarsamente rimborsate dal SSN e quindi accessibili solo attraverso la medicina privata e quella convenzionata. Ma la guarigione dal cancro non vuol dire unicamente debellare la malattia dal punto di vista clinico ma è rappresentata anche dal riuscire a riportare lo stile di vita del paziente a standard più alti possibile ed è su questo principio che l’Istituto Pascale di Napoli ha deciso di impiantare protesi peniene di ultima generazione ai pazienti che possono trarne beneficio diventando l’unico Istituto dei tumori in Italia ad offrire questa possibilità. «Abbiamo fatto questa scelta per garantire un percorso terapeutico completo ai nostri pazienti – dichiara il direttore del reparto di Urologia del Pascale Sisto Perdonà -. L’impianto gratuito di protesi peniena è infatti destinato ai pazienti già in cura presso la nostra struttura, che rispondano ovviamente a una serie di parametri clinici e fisici tali da essere candidabili per l’intervento in questione». Gli impianti sono partiti la scorsa settimana, e ad oggi sono due i pazienti che ne hanno beneficiato. Il programma è di effettuare circa 10 interventi all’anno per un periodo non inferiore ai 3 anni. «Ma se le richieste aumenteranno – precisa Perdonà – siamo disposti ad ampliare il budget per l’acquisto di ulteriori protesi». L’intervento d’innesto della protesti è piuttosto complesso e dura circa 90 minuti e prevede una degenza media di due giorni. Gli specialisti devono prima praticare un’incisione alla base del pene, a quel punto vengono inseriti due serbatoi cilindrici nei corpi cavernosi, quelli che in condizioni fisiologiche determinano l’erezione riempiendosi di sangue. Un terzo serbatoio poi viene impiantato in modo sottocutaneo a livello addominale, da cui parte la soluzione di acqua sterile che determina il gonfiaggio dei primi due serbatoi. Una valvola a pompa collegata a livello dello scroto rende poi controllabile manualmente il gonfiaggio e lo sgonfiaggio dei cilindri situati nei corpi cavernosi. Di norma a seguito dell’operazione devono passare circa 40-50 giorni affinché il paziente possa approcciarsi all’attività sessuale. Questo tempo verrà sfruttato dal paziente per prendere dimestichezza, con l’ausilio del team di andrologi diretto dal dottor Perdonà. Il percorso riabilitativo però non coinvolge solo il paziente ma anche il partner del paziente poiché al recupero oltre che dal punto di vista medico avvenga anche dal punto di vista sessuologico. Per supportare i pazienti in questo percorso di recupero psicologico ci sarà la struttura di Psicologica diretta da Daniela Barberio. Nella presa in carico delle patologie oncologiche, soprattutto di quelle che comportano importanti interventi demolitivi per aumentare le possibilità di guarigione, la multidisciplinarietà è fondamentale – spiega ai nostri microfoni la dottoressa -. Ad oggi, infatti, guarire dal cancro non significa solo sopravvivere ad esso, ma ottenere la miglior qualità della vita possibile dopo l’intervento, compresa la sfera emotiva ed affettiva. In particolare – precisa – per gli uomini che hanno subito un intervento che comprometta la capacità sessuale, riappropriarsi di questo aspetto fino a non molto tempo fa erroneamente considerato secondario, è importantissimo». L’impianto di una protesi peniena permette di continuare a vivere la propria sessualità, ma inevitabilmente impatta sull’identità più profonda dell’uomo e richiede, dove possibile, il coinvolgimento della partner. «Nel recupero di una sessualità soddisfacente – aggiunge Barberio – è sicuramente un vantaggio, per la coppia, avere molta complicità. Alcune coppie riescono addirittura a scorgere un lato ludico nella cosa, e questo aiuta moltissimo. Di certo – conclude – il supporto della propria compagna è parte integrante del percorso riabilitativo del paziente uro-oncologico».
Riccardo Thomas