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Ictus: “Indispensabile prevenzione primaria dei fattori di rischio quanto tempestiva e corretta diagnosi di patologie correlate”

1° marzo 2021 – La Stroke Alliance for Europe (SAFE) ha stimato come, già nel 2017, l’impatto economico dell’ictus nell’Unione europea ammontasse a 60 miliardi di euro, con un fortissimo sbilanciamento dei costi a favore di ospedalizzazioni d’emergenza, trattamenti in acuzie e riabilitazione, e potrebbe arrivare a 86 miliardi di euro nel 2040.

In Italia l’ictus è oggi la prima causa di disabilità, con un elevato livello di perdita di autonomia e un progressivo percorso di spesa per cure riabilitative ed assistenza con un carico economico gravoso sui pazienti ed i propri familiari.

La combinazione di questi fattori rende indispensabile un’azione decisa verso la prevenzione dell’insorgenza dell’ictus, che intervenga tanto sui fattori di rischio quanto sulla tempestiva e corretta diagnosi di patologie correlate all’ictus.

Di questo si è parlato durante il webinar ‘Strategie sanitarie di prevenzione dell’ictus: come ottimizzare la prevenzione per una popolazione più sana.

FOCUS: CENTRO’, organizzato da Motore Sanità in collaborazione con Cattaneo Zanetto & Co, e realizzato grazie al contributo incondizionato di Bristol Myers Squibb e Pfizer.

Queste le parole di Valeria Caso, Dirigente Medico presso la S.C. di Medicina Interna e Vascolare – Stroke Unit, Membro del Direttivo della World Stroke Organisation e dell’Osservatorio Ictus Italia: “L’ictus cerebrale, nel nostro Paese, rappresenta la terza causa di morte, dopo le malattie cardiovascolari e le neoplasie.

Quasi 150.000 italiani ne vengono colpiti ogni anno e la metà dei superstiti rimane con problemi di disabilità anche grave.

Inoltre, il costante invecchiamento demografico potrebbe inoltre alimentare un incremento dell’incidenza del 30% tra il 2015 ed il 2035 per cui è importante investire sull’implementazione delle cure e la prevenzione anche per evitare che il sistema non regga.

Informare sull’impatto economico dell’ictus (nell’UE 45 miliardi di euro nel 2016), con un fortissimo sbilanciamento dei costi a favore di ospedalizzazioni d’emergenza, trattamenti in acuzie e riabilitazione.

Il carico economico risulta inoltre particolarmente gravoso anche sui pazienti e i propri familiari: in Italia l’ictus è oggi la prima causa di disabilità, con un elevato livello di perdita di autonomia e un progressivo percorso di spesa per cure riabilitative e assistenza.

Importante intervenire sulla prevenzione primaria dei fattori di rischio e sulla tempestiva e corretta diagnosi di patologie correlate all’ictus, come ricorda il report pubblicato dall’Economist Intelligence Unit, una ricerca sulle politiche e gli investimenti nella prevenzione dell’ictus, comprese le risorse per le campagne di sensibilizzazione, educazione della popolazione e di screening.

Per comprendere meglio le differenze organizzative a livello europeo, la ricerca è stata condotta in cinque paesi: Francia, Germania, Italia, Spagna e Regno Unito.

La ricerca è basata su un sondaggio di 250 stakeholders europei che includono associazioni dei pazienti colpiti da ictus, politici e sanitari coinvolti nella prevenzione. Il report è stato revisionato a livello italiano da me.

Le istituzioni possono incidere con un lavoro su quattro ambiti: 

1- sensibilizzazione sui fattori di rischio dello stroke e la loro possibile gestione per informare correttamente la popolazione.

Ad esempio, la fibrillazione atriale, a cui diversi studi riconducono circa il 25% dei casi di ictus, ancora troppo frequentemente viene diagnosticata solo all’insorgere dell’evento cardiovascolare maggiore.

2 – potenziamento delle figure professionali del mondo sanitario, (istituzione dell’infermiere di famiglia, impegno per i medici di medicina generale).

3 – promuovere l’implementazione delle linee guida cliniche per la prevenzione dell’ictus, aumentando la comunicazione sulle best practices, evidenziando gli interventi chiave come la gestione della pressione sanguigna e altre azioni preventive e assicurando l’accesso alle terapie.

4 – sostegno per le tecnologie digitali, garantendo la disponibilità e l’accesso per operatori sanitari e pazienti, da un lato con maggiori investimenti e dall’altro con modalità di utilizzo definite”.

“Le strategie di “prevenzione” vedono nel medico uno solo dei molteplici interlocutori che possono avere un ruolo determinante.

Si può partire intervenendo sulla CONSAPEVOLEZZA della popolazione, agendo sulle molteplici modalità di informazione che possono arrivare in modo capillare alle persone, sin dall’età scolare.

L’importanza di far conoscere quali sono i fattori di rischio vascolare e l’impatto che può avere un inadeguato controllo dietetico, della glicemia, della pressione arteriosa, e quanto siano importanti per la salute un corretto stile di vita e mantenere l’esercizio fisico, permetterebbe di avere nella popolazione un fondamentale e necessario alleato nella lotta all’ictus
cerebrale.

Dal punto di vista di COMUNICAZIONE, una continua ed adeguata integrazione tra ospedali e territorio (come ad es. il Fascicolo sanitario elettronico, la telemedicina) permetterebbe di favorire il controllo clinico del paziente, evitare esami diagnostici inutili e individuare più facilmente le comorbidità, ottimizzando così le possibili strategie terapeutiche di prevenzione individuali.

D’altro canto, anche una attenzione dell’AMBIENTE può contribuire alla salute pubblica in generale, e alla prevenzione delle patologie cerebrovascolari: l’esercizio fisico nei parchi e lungo i percorsi pedonali così come la possibilità di effettuare attività fisica anche nei luoghi di lavoro, sono da considerarsi un ottimo investimento e dovrebbero essere una prospettiva per le azioni di miglioramento”, ha dichiarato Marina Diomedi, Direttore UOSD Unità di Trattamento Neurovascolare, Fondazione Policlinico Tor Vergata, Roma “Difficoltà, in Umbria, per il trattamento dell’ictus, legato alla carenza di Stroke Unit e quindi di posti letto, ed in particolare per la riabilitazione, problema particolarmente sentito anche prima della pandemia che, soprattutto se si esclude il privato a spese delle famiglie, oggi si è aggravato notevolmente.

Prevenzione, informazione e formazione, a macchia di leopardo, erano in buona parte a carico del volontariato, delle Associazioni specifiche, come ALICe, e non. Le norme anti-Covid hanno colpito enormemente questo settore.

Di quanto si riusciva a fare con incontri informativi anche sui corretti stili di vita rivolti pure alle scuole ed ai genitori, convegni, seminari, corsi di recupero e di mantenimento fisioterapico e logo terapico, trasporti, screening di massa e non, diretti alla popolazione, al mondo della scuola, ai portatori di interesse, oggi è rimasto ben poco, se escludiamo la logoterapia, per afasici e bambini con problemi di linguaggio non in carico alla USL, che alla presenza in sede ed al trattamento domiciliare ha aggiunto il sistema on line.

Sulla informazione, formazione e prevenzione da remoto per problematiche legate all’ictus e sull’aspetto psicologico, stiamo lavorando con il Cesvol Umbria di Perugia per incontri di formazione sulla prevenzione rivolti a scuole e nuclei familiari, ma non è assolutamente facile ed è purtroppo riduttivo poiché escludono screening e riabilitazioni”, ha spiegato Ivonne Fuschiotto, Membro Consiglio Direttivo A.L.I.Ce. Città della Pieve (PG) “Il tema della prevenzione è strategico.

Certamente la prevenzione è in primis una responsabilità individuale basata su stili di vita e su comportamenti corretti.

Sappiamo l’importanza di fare movimento, di alimentarsi in modo equilibrato, di evitare fumo, droghe e alcool, di monitorare il proprio stato di salute e in particolare la pressione arteriosa.

Prevenzione è soprattutto responsabilità delle Istituzioni e della collettività, dalle politiche regionali, alle campagne informative delle AUSL, all’impegno del volontariato. A.L.I.Ce. ER nelle ultime campagne ha posto particolare attenzione alle problematiche dell’Ipertensione Arteriosa e della Fibrillazione Atriale, importanti fattori di rischio di questa terribile malattia.

In alcune sedi territoriali, fino al 2019 (ante Covid) i volontari di A.L.I.Ce, e alcuni medici e personale infermieristico delle U.O. di Neurologia hanno eseguito screening gratuiti alla popolazione e divulgato materiale informativo sui principali fattori di rischio dell’ictus cerebrale.

In sede di valutazione si è provveduto ad una stratificazione del rischio di ictus cerebrale basandosi sul rilievo di diversi parametri definendo un livello basso, medio e alto di rischio.

A seconda dell’inserimento degli utenti in una fascia di rischio piuttosto che in un’altra, gli stessi sono stati poi valutati da un neurologo e per alcuni di loro si è reso necessaria anche l’esecuzione di un ecodoppler dei vasi del collo.

Queste giornate costituiscono una vera Prevenzione Primaria per le malattie cerebro-vascolari rivolta alla popolazione ed aumentano l’attenzione nei confronti della patologia cerebrovascolare per la quale tanto si è fatto ma tanto rimane ancora da fare” ha detto Daniela Toschi, Presidente Regionale A.L.I.Ce. Emilia-Romagna “L’arma vincente contro l’ictus è la prevenzione, più dell’80% dei casi si potrebbero prevenire con semplici controlli e sani stili di vita, ma se l’ictus arriva possiamo sempre curarlo.

È necessaria quindi massima attenzione alla prevenzione primaria e secondaria. Prevenzione primaria: più informazioni dettagliate sui fattori di rischio a tutte le età, da parte dei medici di medicina generale, dei farmacisti.

Soprattutto campagne di comunicazione di massa sulla reale possibilità di prevenire un evento altrimenti frequente, grave, invalidante.

Altrettanto importante la prevenzione secondaria dove sono necessarie informazioni dettagliate e personalizzate sull’importanza fattori di rischio e sul controllo terapeutico con massimo scrupolo su indicazioni, orari, tipo di farmaci, rischi a non assumerli o assumerli in modo errato, importanza dei controlli (ad esempio, misurare la pressione se si è in terapia per ipertensione).

Si parla spesso di medicina di precisione: la prevenzione, in  particolare quella secondaria, rientra in questo ambito.

Ogni paziente è diverso, il medico di riferimento deve essere pronto a chiarire qualsiasi dubbio, a rispondere a tutte le domande su come gestire le terapie e i controlli, sottolineando l’importanza di aderire alle prescrizioni”, ha sottolineato Alessandro Viviani, Presidente Regionale A.L.I.Ce. Toscana.

È dimostrato che l’80% degli ictus possono essere prevenuti, attraverso il controllo dei fattori di  rischio. La prevenzione deve essere mirata ad individui e gruppi specifici di persone, per stimolarli ai comportamenti che possono ridurre il rischio di incidenti cerebro-vascolari.

Per questo l’associazione di pazienti può fare campagne informative, promuovendo l’attività fisica regolare, la dieta sana, il controllo di diabete, ipertensione, e dislipidemia, e per moderare fumo ed assunzione di alcolici.

Ma queste campagne non sarebbero risolutive, poiché l’apprendimento dei comportamenti virtuosi richiede tempo e costanza. Queste campagne andrebbero quindi completate dal Servizio Pubblico.

Riteniamo infatti che i Medici di Famiglia siano gli interlocutori privilegiati per “accompagnare” quanti presentano uno o più fattori di rischio, inclusa la popolazione giovanile, spingendo l’apprendimento dei comportamenti virtuosi e monitorando il prima possibile i fattori di rischio”, ha aggiunto Fabrizio Pennacchi, Presidente Regionale A.L.I.Ce. Lazio.

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