Tutti tappati in casa per contenere il coronavirus ma sono gli ospedali la nuova frontiera del contagio: all’ospedale del mare il primario è risultato contagiato e il pronto soccorso interdetto, al Cardarelli 4 primari (Pronto soccorso, Neurochirurgia, Medicina di urgenza, Trauma center) più un altro medico di una delle tre medicine sono risultati contagiati o ricoverati perché ammalati. Alcuni anche in serie condizioni.
Dopo le disinfezioni e disinfezioni dei rispettivi reparti ieri ha ripreso a funzionare la Neurochirurgia dove sono tornati 6 del 12 pazienti più gravi che erano stati ospitati altrove. Ma non c’è stato nemmeno il tempo di riorganizzare il reparto che un’altra falla si è nuovamente aperta al pronto soccorso, di nuovo chiuso ieri mattina e sottoposto a interventi di sanificazione dopo il riscontro di un nuovo caso. Lo stesso è accaduto al Cto e a Betania. Ma l’Anaao, sindacato della dirigenza medica, pone la necessità di cambiare le regole su tamponi e quarantene.
EMERGENZA SANGUE
Intanto è stata eccezionale la risposta della città alla drammatica carenza di sangue IN molti ospedali della Regione. ”In 3 giorni ci sono state 172 donazioni al Pausilipon dove si è fatta anche la fila – avverte il consigliere regionale dei Verdi Francesco Borrelli tra i primi ad accorrere Code pure al Cardarelli dove migliora la situazione. “Dopo aver donato io stesso il sangue al Pausilipon – spiega Borrelli – mi sono attivato ed ho contattato i direttori sanitari delle varie aziende ospedaliere del territorio per agevolare e semplificare le operazioni. Ora i cittadini chiamando il numero 081.2205515 potranno prenotare al Pausilipon senza fare la fila”. Anche la Asl Napoli 1 e napoli 3 hanno comunicato gli indirizzi mail per prenotarsi : [email protected], [email protected].
LE REGOLE DI INGAGGIO
Ma torniamo ai medici a rischio contagio: “Il decreto legge 9 marzo 2020 n 14 del governo – scrive l’Anaao – dispone che le misure di sorveglianza previste nel precedente atto del 23 febbraio non si applichino più agli operatori sanitari”. Accade così che siano esposti quelli a stretto contatto di pazienti Covid positivi obbligati a tornare al lavoro se asintomatici. “La misura, a nostro avviso, è inaccettabile e poco seria, è inaccettabile che in un paese che si blinda e che si accinge a chiudere ogni attività per ridurre al minimo i contatti e la diffusione del contagio, si disponga che gli operatori sanitari tornino al lavoro con il sospetto di essere positivi e quindi, potenzialmente contagiosi”. “Quasi tutti i colleghi che lavorano nelle Unità impegnate nel Covid-19 – sottolinea Vincenzo Bencivenga segretario regionale del sindacato – sono in gran parte già venuti a contatto con casi sospetti e poi accertati di contagio e certamente se tutti andassero in quarantena, in breve tempo, sarebbe un disastro per l’assistenza ai cittadini”.
L’Anaao chiede dunque un’integrazione alla norma per renderla “intelligente”: nei casi specifici di sospetto contagio il personale sanitario sia posto in isolamento fiduciario per 72 ore o sottoposto al tampone e se negativo possa rientrare. Se positivo continui l’isolamento fino alla 14esima giornata. “Ciò a tutela dei pazienti che curiamo e degli altri operatori e familiari” conclude Pierino Di Silverio vicesegretario regionale. Si invoca l’intervento del governatore Vincenzo De Luca.
LA MAPPA
La mappa dei medici in quarantena parte dal Cotugno: qui solo un medico con sintomi è a casa. Al Cto c’è stato uno stop al pronto soccorso per la positività di un paziente, lo stesso all’ospedale del mare. In sei tra primari, medici e specializzandi dell’Università Federico II sono assenti in quarantena. Anche al Santobono uno specialista otorino è risultato positivo. Un altro chirurgo del Fatebenefratelli da sabato è in isolamento domiciliare volontario. Sono 3 gli equipaggi del 118 (medico, infermiere e autista) costretti a dare forfait dopo contatti stretti con pazienti positivi. Uno specialista di Betania è da giorni ricoverato e una sua collega è a casa con la febbre e positiva al Covid. Senza contare i medici di famiglia di cui 5 o 6 sono assenti dallo studio positivi al test. Così anche alcuni pediatri. Al Pascale un primario e un’assistente sono risultati contagiati. Al San Giovanni Bosco da ieri il personale infermieristico e un Oss della rianimazione sono bloccati in attesa del responso sul tampone di una paziente deceduta. Una donna di 57 anni obesa arrivata in gravi condizioni. La Tac polmonare lascia pochi dubbi. Qui la Rianimazione continua a funzionare a supporto dei codici rossi con poche possibilità di separare in maniera efficace i percorsi e le mascherine sono così poche che sono usate più volte a ogni turno.
Il Cotugno è sotto pressione e con 60 pazienti ha già riempito 6 reparti dei dedicati ai malati di Covid-19 svuotando tutte le corsie dai malati ordinari. Lievitano anche i ricoverati in rianimazione: qui gli 8 posti disponibili sono saturi e si ricorre a quelli allestiti e riconvertiti al Monaldi. Mentre la Asl Napoli 1 lavora allo svuotamento dalle degenze ordinarie e all’allestimento di posti intensivi da realizzare al Loreto mare, (destinato a diventare polo della Asl per l’emergenza epidemica) e il Monaldi si attrezza a rendere operativa una unità Ustir (Unità di terapia Sub intensiva respiratoria) dotata di altre 11 unità ad accesso indipendente (dotata di caschi di respirazione un tempo destinati alla gestione dell’influenza H1N1) nel Piano regionale di emergenza per le rianimazioni ci sono da mettere nel conto anche le terapie intensive della rete del privato accreditato. Dal censimento effettuato nei giorni scorsi si evince che su questo fronte il totale generale delle disponibilità ammonta a 66 posti letto di terapia intensiva a cui aggiungere altre 52 unità di Terapia intensiva coronarica distribuite in 10 strutture.
POSTI TECNICI
Posti tecnici, che potrebbero tornare utili per accogliere i pazienti di Asl e ospedali che sarebbero in questo scenario dirottati al privato per liberare le rianimazioni del pubblico e in cui ospitare pazienti critici alle prese con il coronavirus. Basta pensare che ieri, l’unità di terapia intensiva coronaricadel Cardarelli, usata per la cura degli infartuati, è rimasta paralizzata con il blocco del personale sanitario per un caso sospetto in attesa del risultato del rampone a un paziente attaccato al respiratore che ha manifestato febbre e polmonite. Nel caso risultasse positivo quell’unità dovrebbe essere sgomberata e il personale andare in quarantena. In questo tipo di scenario, che potrebbe investire l’intera rete assistenziale pubblica, tornerebbero dunque utili gli 11 posti di terapia intensiva della Mediterranea che ha anche 12 unità per i cardiopatici infartuati. Così a Villa dei Fiori di Acerra, anch’essa già inserita nella rete per l’infarto, sono presenti 8 posti di Terapia intensiva e 6 di Utic per pazienti non contagiosi. Nelle altre province sono in totale 10 le unità a Pineta Grande, 13 alla Montevergine di Mercogliano, 5 a Mugnano, 17 più 7 alla San Michele di Maddoloni e ancora 2 a Villa dei Platani ad Avellino. E ancora 3 di Terapia intensiva e 4 di Utic a Betania e 4 più 4 al Fatebenefratelli rispettivamente di Napoli e Benevento. Posti che potrebbero diventare un polmone importante per decongestionare strutture pubbliche diventate impraticabili a causa dei contagi e da convertire a disposizione dei malati bisognosi di assistenza ventilatoria per la Covid-19.
IL PIANO GENERALE
La Regione ha comunque in corso un piano generale per il raddoppio delle rianimazioni che passeranno da 322 posti a circa 800 ma bisogna pur considerare che in questo scenario i malati ordinari – che continuano a richiedere cure intensive per gravi traumi, ictus, infarti e altri accidenti cardiovascolari – devono poter continuare ad accedere in aree separate da quella degli infettivi. Il grosso scoglio da superare è proprio logistico e organizzativo. Dal fronte delle Case di cura, tuttavia, viene lamentata la mancanza di direttive e indicazioni chiare da parte della Regione anche per quanto riguarda gli approvvigionamenti di dispositivi individuali di protezione di cui tutti si sono alla fine dotati acquistandoli a un costo lievitato di 10 volte in pochi giorni. Nella corrispondenza tra associazioni di categoria e Palazzo Santa Lucia sin da quando Codogno non era ancora zona rossa, si chiedeva di identificare in capo a Soresa un unico canale di approvvigionamento regionale per garantire economie di scala e scontare prezzi migliori. L’incedere degli eventi legati all’epidemnia ha però travolto ogni sforzo in questo senso. Infine gli ambulatori: come è noto sono ora chiusi ovunque, sia nel pubblico sia nel privato ma chi ha avuto modo di disciplinare gli accessi e separarli dalla struttura ospedaliera sta continuando a lavorare. Per strutture dotate di pronto soccorso come Villa dei Fiori e Pineta Grande sono stati infine allestiti percorsi di accesso separati e disposto l’uso di mascherine.
Ettore Mautone