TROMBOCITOPENIA NEL PAZIENTE EPATOPATICO: COME MINIMIZZARE I RISCHI ED EFFICIENTARE GLI INVESTIMENTI. REGIONI: PIEMONTE – LIGURIA – VENETO – FVG
La trombocitopenia è una complicazione a cui va incontro circa l’80% dei pazienti affetti da malattia cronica di fegato (CLD). Essa può avere diverse cause (sequestro splenico, ridotta produzione di trombopoietina). L’11-13% dei pazienti va incontro ad una forma più grave (conta piastrinica inferiore alle 50.000 unità per microlitro) e tra coloro che sono candidati ad una procedura invasiva, esiste un aumentato rischio di sanguinamento traumatico o post-operatorio. Infatti la trombocitopenia grave potrebbe complicare significativamente le procedure standard di diagnosi e cura del paziente, come la biopsia epatica e procedure mediche indicate o elettive per pazienti cirrotici, con il risultato di un trattamento tardivo o annullato.
Inoltre vi sono dati che evidenziano, riguardo l’assistenza sanitaria di un paziente affetto da trombocitopenia, un costo annuale più che triplicato rispetto a quello di un paziente con CLD senza trombocitopenia. Per questo motivo nasce la necessità di una conseguente copertura attraverso trasfusioni di concentrati piastrinici. Purtroppo questa procedura risulta avere diverse criticità, oltre alla disponibilità di materia prima: comporta rischi infettivi e sovraccarico emodinamico, l’emivita bassa costringe ad effettuare la procedura non oltre il giorno prima dell’intervento gravando sulla già elevata complessità organizzativa, l’efficacia non sempre è ottimale né prevedibile e non ultimo aspetto ha un costo medio elevato, considerando anche solo la prospettiva dei costi diretti sanitari (circa 2.000 tra degenza e procedura). Oggi fortunatamente si è aggiunta una nuova opzione terapeutica che attraverso una semplice somministrazione orale, consente ai pazienti con CLD una gestione semplificata di questa complicanza, potendo eseguire la terapia direttamente a domicilio piuttosto che dovendo affrontare un’ospedalizzazione seguita da trasfusione piastrinica e consentendo all’organizzazione assistenziale la pianificazione delle procedure invasive con un timing più flessibile.
Ma questo nuovo approccio deve essere multidisciplinare, comportando una scelta condivisa ed organizzata nella filiera di cura che va dall’ematologo, all’epatologo, all’internista, al chirurgo fino ad arrivare al farmacista ospedaliero ed al risk manager ospedaliero.
Come si sono organizzati o si organizzeranno i percorsi di cura delle regioni di fronte a questo nuovo scenario è quanto Motore Sanità propone di discutere in questi eventi multiregionali, condividendo “proven practices” utili a minimizzare i rischi per questi pazienti ed efficientare gli investimenti.