Esperti a confronto: “E’ ormai indispensabile definire esattamente l’esatto significato di ‘valore’ di un farmaco e dei devices”

Esperti a confronto

11 dicembre 2020 – Nel 2019 sono stati autorizzati a livello europeo 51 medicinali e per il 2020 è atteso il parere da parte dell’EMA per altri nuovi 76. Il concetto di valore di un farmaco o un device si identifica su quanto possa essere il suo prezzo, mentre occorrerebbe valutare un farmaco in un’ottica di investimento piuttosto che di costo, misurando il suo impatto sulle cure e sull’organizzazione assistenziale. Per discutere la tematica, si è tenuta l’Academy “Il valore del farmaco e dei devices”, una 2 giorni di approfondimenti con esperti, organizzata da MOTORE SANITÀ, grazie al contributo incondizionato di Bristol Myers Squibb e TEVA.

“Valore è un termine molto usato ormai sia nel settore dei dispositivi medici sia in quello dei farmaci sia in quello più generale dell’assistenza sanitaria. Tutti ne parlano ma non è ancora chiaro come possa essere definito esattamente e quale sia il suo esatto significato. Proprio per questo motivo è sempre più importante definire cosa significhi “valore” di una prestazione, di un farmaco o di un dispositivo, in quanto i cosiddetti “payer” – pagatori sanitari pubblici e privati – in tutto il mondo, per rispondere ai sempre più  veloci processi di innovazione hanno sempre più necessità di allontanarsi dai tradizionali meccanismi di pagamenti e definirne invece di nuovi e maggiormente adatti ai livelli di innovazione e di costo a cui devono essere applicati. Identificare il “valore” di una tecnologia sanitaria è un esercizio che compete sia ai sistemi sanitari pubblici e privati che dovrebbero fornire cure più efficienti ed efficaci piuttosto che le aziende le aziende produttrici di tecnologie che devono avere chiaro il motivo per cui i loro prodotti creano valore per l’individuo, per il sistema e per la società. Identificare il valore per tutti questi differenti stakeholder del sistema, che dovrebbero avere finalità comuni (il bene dei pazienti) ma anche obiettivi diversi (organizzazioni profit o non profit) si sta sempre più identificando in un ripensamento di una serie di processi che generano innovazione tecnologica. Dal momento in cui questa viene immaginata, al momento in cui questa viene realizzata e testata e infine al momento in cui questa viene poi valutata dagli utilizzatori. La presenza di un bisogno di salute, la capacità di questa tecnologia di rispondere in maniera coerente e appropriata a questo bisogno, la solidità delle evidenze scientifiche già disponibili o in via di definizione, che supportano il valore delle tecnologie dovrebbero essere gli elementi su cui basare il nuovo concetto di Value Based Medicine”, ha detto Marco Marchetti, Responsabile Centro Nazionale HTA, ISS 

“Relativamente ai farmaci, ed in particolare relativamente ai farmaci innovativi, si continua purtroppo a ragionare troppo spesso in termini di PREZZO e troppo poco in termini di VALORE. Valore non è solamente il contributo diretto che un farmaco innovativo può dare al benessere del paziente. Valore, specialmente nel caso di patologie croniche, è il complesso delle ricadute che i benefici di un trattamento innovativo possono avere sull’intero sistema sanitario, estensibili, in alcuni casi, al sistema paese.  Facciamo l’esempio di una serie di farmaci innovativi introdotti nell’ultimo decennio per la cura del diabete mellito di tipo 2. Hanno in genere un PREZZO superiore a quello dei farmaci antidiabete che eravamo abituati ad usare nella prima decade di questo secolo. Però, continuando nell’esempio, non hanno bisogno di essere titolati sulla scorta dei valori glicemici, quindi abbattimento dei costi relativi ai presidi per l’automonitoraggio della glicemia e sensibile “unburden” della persona con diabete rispetto alla necessità  di controlli assidui. Ma ancora, abbattono (quasi annullano) il rischio di ipoglicemia: una sola ipoglicemia critica oltre a mettere a rischio la vita del paziente può costare al “sistema” tra pronto intervento, accesso in Pronto Soccorso ed eventuale ricovero oltre 5,000 euro. Ancora: alcune di queste molecole possono ridurre fino al 15% il rischio di eventi cardiovascolari e fino al 30-40% il rischio di ospedalizzazione per scompenso cardiaco. Con questi numeri il “risparmio” sia in termine di sofferenza che in termini di costi ospedalieri mi sembra evidente. Abituiamoci dunque a ragionare in termini di “valore”, creiamo gli strumenti perché queste analisi di “valore” divengano sempre più accurate e scientificamente corrette ed aboliamo i “silos” ideologici ed amministrativi che confinano il bilancio costo/beneficio all’analisi di settori limitati, non consentendo l’analisi della ‘big picture’”, ha spiegato Agostino Consoli, Presidente Eletto SID

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Il valore del farmaco e dei devices. Le nuove tecnologie per una riforma del Servizio sanitario nazionale

il valore del farmaco

11 Dicembre 2020 – Il bisogno di salute è in continua crescita e le patologie croniche hanno bisogno di essere affrontate con un approccio nuovo. Rifondare il Servizio sanitario nazionale è una occasione unica e lo sta dimostrando la stessa pandemia da Covid-19 che ha mostrato le falle di un sistema sanitario nazionale che, proprio per affrontare le nuove esigenze degli ammalati ed essere al passo con i Sistemi sanitari dei Paesi del mondo, deve guardare ad altri scenari. Guardare dunque a nuove opportunità di “rinascita” significa affrontare temi nodali (dal potenziamento del territorio alla ripartizione della spesa in  silos) e guardare alle nuove tecnologie come ad un volano per questa nuova riforma. L’impiego della Health Technology Assessment è un punto nodale per fare questo, ma implica tutta una serie di processi organizzativi, gestionali ed economici sulla quale devono essere coinvolti tutti gli attori del sistema salute. Velocizzare l’introduzione delle nuove tecnologie permetterebbe di valorizzare di più farmaci e devices, ma per fare questo occorre che il Sistema sanitario inizi a pensare a questo processo in un’ottica di investimento piuttosto che di costo, misurando il valore nel suo impatto sull’intero percorso di cure e sull’organizzazione assistenziale. Questo complesso scenario, emerso in occasione del webinar “Academy, il valore del farmaco e dei devices” organizzato da Motore Sanità, con il contributo incondizionato di Bristol Myers Squibb e Teva, ha aperto tre questioni: il tema della medicina territoriale, il ruolo strategico della Health Technology Assessment e il processo di Horizon Scanning.

La pandemia ha mostrato le lacune del sistema sanitario pubblico italiano. Il sistema si è retto meglio dove c’era una sanità territoriale più legata agli ospedali. Il tema vero è dare sostanza a termini molto spesso utilizzati ed enfatizzati – spiega Pier Luigi Bartoletti, Vice Presidente OMCeO Roma. Prendiamo la presa in carico del paziente che sotto intende un sistema di responsabilità. Se l’ospedale per intensità di cure è l’ospedale del futuro, a questa definizione teorica non si è mai chiarito il fatto che un ospedale per intensità di cure funziona solo se esiste un territorio che fa la sua parte. E per territorio si intende una serie di servizi che ad oggi spesso non hanno una integrazione delle loro funzioni e, soprattutto, la fase di passaggio più critica nel sistema attuale italiano sono i passaggi della presa in carico”.

In Senato il tema di medicina territoriale e risposta al Covid sono in fase di audizioni. Secondo Elisa Pirro, componente 12a Commissione permanente (Igiene e sanità) del Senato della Repubblica Bisogna rafforzare la medicina territoriale e seguire più attentamente i pazienti a casa e farli arrivare meno possibile negli ospedali solo quando non ci siano alternative. Questo lo stiamo dicendo da tempo, da ben prima di marzo, perché abbiamo visto che laddove funzionano meglio i servizi territoriali c’è anche una tenuta migliore del sistema ospedaliero”.

Sul sistema di ripartizione della spesa in silos “Anche nell’ultima audizione in Parlamento il Ministro Speranza ha ribadito che è un sistema ormai vecchio, obsoleto, da superare, e si sta lavorando per questo – prosegue Pirro -. Bisogna guardare al complesso della gestione del paziente e al costo a lungo termine delle terapie che vengono effettuate oggi rispetto a terapie innovative”. Ma per raggiungere questo bisogna convincere anche le Regioni. “La pandemia ha manifestato sotto gli occhi di tutti quanti limiti abbia avere 21 Sistemi sanitari regionali differenti che applicano con velocità diverse le norme che impartisce lo Stato”.

Secondo Maria Rizzotti, Componente 12a Commissione permanente (Igiene e sanità) Senato della Repubblica Dovremmo guardare alla medicina territoriale quale gestore-responsabile di una parte dell’innovazione secondo il principio di continuità terapeutica ospedale-territorio. Continuo a presentare emendamenti da anni sulla legge di bilancio perché ci possa essere una compensazione dei tetti di spesa tra la medicina territoriale e la medicina ospedaliera”.

Oggi siamo di fronte ad un’occasione storica, quella di rifondare completamente il servizio sanitario nazionale. “E’ possibile farlo passando dal concetto di innovazione tecnologica con il suo significato di applicazione della tecnologia in quanto tale e con il suo contesto organizzativo, professionale, di competenze culturali, di logistica, che sono in grado di valorizzare appieno questa innovazione –  spiega Marco Marchetti, Responsabile Centro Nazionale HTA, ISS -. Da qui il concetto di valore da attribuire ad un farmaco e ad un device, che cambia in base ai diversi stakeholder del sistema, ha diverse prospettive con diversi metodi di valutazione. L’HTA più innovativa rappresenta uno strumento e una piattaforma dove parlare in maniera oggettiva su dati scientifici cercando di mettere d’accordo tutte le diverse prospettive”.

Gli strumenti ci sono ma sono necessarie strategie condivise e di lungo periodo. “Questo è un momento vantaggioso per rifondare il SSN e per rifondare un nuovo sistema di Welfare effettuando delle corrette valutazioni per quanto riguarda i farmaci e i dispositivi medici, due tecnologie differenti che impattano in maniera diversa e che richiedono HTA diverse per essere valorizzare” spiega Francesco S. Mennini, Research Director Economic Evaluation and HTA, CEIS, Università degli Studi  “Tor Vergata”, Roma – Presidente SIHTA. “L’aspetto fondamentale è quindi la necessità di valorizzare l’innovazione: per il farmaco è stato fatto (il metodo Grade), per il dispositivo non ce l’abbiamo. Credo che bisogna determinare un cambio di passo. Un nuovo rinascimento del nostro sistema sanitario passa anche per un rigore metodologico e quindi il ricorso anche alle competenze. Se però non ci rivolgiamo alle competenze sarà sempre più difficile effettuare una corretta valorizzazione delle bugie anche in un’ottica di HTA”.

La digitalizzazione in sanità – aggiunge Maria Rizzotti – oltre che uno sveltimento di qualsiasi processo sanitario, comporta anche un grosso risparmio per il Sistema sanitario che potrebbe poi indirizzare i risparmi allocando queste risorse, per esempio sui farmaci innovativi, ma sarebbe anche una crescita del Pil del 2% per l’indotto che genererebbe. La digitalizzazione implica la formazione di chi utilizzerà le nuove tecnologie: se manca la formazione anche le tecnologie più all’avanguardia non servono a nulla. Infine, per quanto riguarda il valore del farmaco è fondamentale un tavolo di confronto costante con le istituzioni e le aziende farmaceutiche. Ha un ruolo strategico la partnership tra pubblico e privato soprattutto per quello che riguarda la ricerca”.

Nell’ambito della valutazione delle tecnologie sanitarie (Health Technology Assessment – HTA) si distingue il processo di Horizon Scanning, che mira all’individuazione, in maniera prospettica e previsionale, delle tecnologie sanitarie in fase di sviluppo iniziale che potrebbero avere un impatto rilevante sui pazienti, sulla sanità pubblica o sui sistemi sanitari. L’attività di Horizon scanning può avere una funzione strategica nell’orientare le scelte decisionali se pienamente integrate nei processi decisionali e supportate da un’adeguata metodologia nelle varie fasi dell’attività” – spiega Michele Marangi, Dirigente Ufficio Attività di Analisi e Previsione AIFA -. “L’efficacia delle informazioni generate a supporto dei processi decisionali dipende anche dalle modalità di utilizzo da parte dei decisori delle informazioni acquisite. Stiamo cercando di lavorare su questo aspetto con l’obiettivo di rispondere sempre meglio ai bisogno di salute della popolazione. Promuovere il dialogo con tutti gli stakeholder ai vari livelli (internazionale, nazionale, regionale, locale) coinvolti nel processo di Horizon Scanning per acquisire più informazioni possibili e migliorare l’accuratezza delle analisi”. 

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Il sistema integrato di Biosorveglianza basato sui dati. Gli esperti: “Governarli fin dall’inizio e puntualmente avrebbe facilitato le Regioni nel controllo della pandemia”

Biosorveglianza

4 Dicembre 2020 – Il sistema integrato di Biosorveglianza è un esempio virtuoso che spiega come è possibile arginare l’emergenza Covid-19 utilizzando i dati. In Veneto e in Lombardia ci riescono grazie a Eng-DE4Bios, il sistema di biosorveglianza data-driven e cloud-native, che raccoglie dati da fonti diverse, li integra e li armonizza per mostrare uno stato aggiornato in tempo reale dell’evoluzione dell’epidemia. Basata su Digital Enabler, la soluzione consente di mappare e geolocalizzare i soggetti contagiati e rilevare la presenza di cluster che richiedono elevata attenzione. Partner dell’Academy Tech di Motore Sanità Tech, trasmessa sulla pagina Facebook di Motore Sanità e sul sito www.motoresanita.it, sono stati AlmavivA, CINECA, Engineering ed OPT S.r.l. – Consulenza di direzione.

In questo modo si determina la densità del fenomeno in un territorio o in un perimetro ristretto definito, supportando le autorità sanitarie nelle decisioni più opportune circa l’applicazione di norme restrittive sulla mobilità delle persone e accesso alle aree critiche – spiega Arianna Cocchiglia, Healthcare Innovation and Partnership Director di  Engineering -. Permette inoltre di effettuare un’analisi predittiva dell’evoluzione del contagio, individuando le zone dove è più probabile che il virus si espanda, così da organizzare per tempo i presidi sanitari”.

I cinque parametri presi in considerazione per la predizione da Eng-DE4Bios – percentuale di tamponi positivi, indice di trasmissione del virus, occupazione delle terapie intensive, guariti e deceduti, unitamente al monitoraggio dell’evoluzione degli stati clinici dei casi confermati, hanno un ruolo importante. “Sono  parametri fondamentali di rischio su cui tenere monitorate le curve epidemiologiche – prosegue Arianna Cocchiglia -. Sono i parametri che poi pesano sul sistema organizzativo sanitario. Gli attuali indicatori richiesti per l’attribuzione dei colori delle Regioni sono molto complessi e sono tanti e sicuramente aver avuto la  capacità fin dall’inizio di governarli, avrebbe facilitato tutte le Regioni nella gestione della seconda ondata della pandemia”.

Una piattaforma come questa può essere riutilizzata. “Ce lo auguriamo assolutamente – auspica Arianna Cocchiglia -. E’ nata da un’esigenza contingente, ma in realtà era già un paio di anni che ci stavano studiando per monitorare le infezioni ospedaliere e i batteri antibiotico-resistenti. Di fronte a tutti questi scenari, è fondamentale avere degli strumenti efficaci, a livello di sistemi di prevenzione e di sanità pubblica, per il controllo di tutte queste epidemie. La pandemia stessa ci ha insegnato che sistemi di prevenzione e la sanità pubblica devono avere degli strumenti per governare i numeri in tempo reale. Fino ad oggi ci sono stati  10 anni di investimenti a livello nazionale e locale sulla digitalizzazione dei processi ospedalieri e sulla capacità di avere interoperabili le informazioni a livello ospedaliero, ora è giunto il momento di investire per la prevenzione e la sanità pubblica”.

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L’esperienza cinese dell’Internet Hospital di Pechino. Best practice a Motore Sanità

Internet Hospital

4 Dicembre 2020 – Durante la Presentazione di Academy Tech di Motore Sanità Tech, Wang Tianbing, Vicedirettore dell’Ospedale Popolare dell’Università di Pechino, DG dell’Ospedale del Distretto di Tongzhou e Vicedirettore del Centro di Ricerca del Ministero dell’Istruzione per il Sistema Ospedaliero Digitale ha condiviso l’esperienza cinese nella costruzione di un Internet Hospital con l’Italia. Tanti i temi trattati, dalle misure e le norme necessarie per il rispetto della sicurezza della rete e del paziente, al funzionamento vero e proprio di un Ospedale Digitale, dalla Consultazione online al follow up, dalla consegna a domicilio dei medicinali alla valutazione finale della prestazione da parte del paziente. Nella sessione di domande e risposte, il Prof. Wang ha specificato i problemi riscontrati durante la costruzione dell’Internet Hospital di Pechino, come la necessità di un riconoscimento del medico e di un confronto faccia a faccia da parte del paziente, lo scetticismo nell’accettare una nuova modalità di consulto medico da parte della popolazione, la mancanza iniziale di apparecchiature tecnologiche valide e di leggi che possano stabilire le responsabilità e le modalità di pagamento delle prestazioni. Al problema dell’accettazione, dice Wang, abbiamo risposto da una parte cercando di coinvolgere in primis solo alcuni reparti e di procedere per fasi (inizialmente solo consultazione, poi trattamenti) e dall’altra parte cercando di far accettare il nuovo sistema alla fascia della popolazione con un alto livello di formazione, con una conoscenza già solida delle nuove tecnologie. Per il problema della tecnologia e delle leggi, continua, siamo molto migliorati, perché la Cina ha fatto grandi passi in avanti in poco tempo, anche se tali problemi non sono ad oggi completamente risolti. Infine, conclude, lo sviluppo dell’Internet Hospital ha conosciuto una rapida crescita a partire dallo scorso anno, con l’inizio della pandemia da Coronavirus, quando la popolazione ha iniziato a capire che si aveva bisogno di un nuovo sistema di diagnosi e trattamento che evitasse il più possibile l’ingresso in ospedale.

Partner dell’iniziativa, trasmessa sulla pagina Facebook di Motore Sanità e sul sito www.motoresanita.it, sono stati AlmavivA, CINECA, Engineering ed OPT S.r.l.

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ACADEMY MOTORE SANITÀ TECH: #Niente sarà come prima!

ACADEMY MOTORE

Dall’Internet Hospital della Cina ad una nuova visione di domiciliarità assistita

4 Dicembre 2020 – L’emergenza Covid ha fatto emergere i problemi antichi e i problemi moderni e ha messo in evidenza che ormai è superata la dicotomia ospedale e territorio. Andiamo incontro a modelli organizzativi molto complessi a fronte delle nuove tecnologie. Partner dell’Academy Tech di Motore Sanità Tech, trasmessa sulla pagina Facebook di Motore Sanità e sul sito www.motoresanita.it, sono stati AlmavivA, CINECA, Engineering ed OPT S.r.l. – Consulenza di direzione.

“Bisogna cambiare gli approcci e governare il monitoraggio in modo adeguato. La speranza è che un sistema di monitoraggio accurato e il mantenimento della popolazione in salute possano portare non soltanto a contenere i costi dell’assistenza sanitaria ma anche un miglioramento della qualità della vita delle persone” spiega Giulio Fornero, Direzione Scientifica Motore Sanità.

“L’assistenza sanitaria deve essere centrata sulle persone. La domiciliarità è la scelta più auspicata dalle persone, quella più desiderata ed è anche la più economica per il sistema. Deve pertanto essere assunta come scelta prioritaria per riorientare il sistema: dare preminenza alla domiciliarità rispetto alle altre risposte a carattere residenziale. Le persone che si possono curare a casa nel rispetto della scelta della persona assistita e dei caregiver, si devono curare a casa con le soluzioni organizzative più idonee rispetto alla loro necessità specifiche rendendo altrettanto esigibile il diritto alle cure domiciliari come quello oggi garantito per le cure ospedaliere”. L’Internet hospital è un modello organizzativo tecnologico all’avanguardia ed è stato presentato da Wang Tianbing, Vicedirettore dell’Ospedale Popolare dell’Università di Pechino, Vicedirettore del Centro di Ricerca del Ministero dell’Istruzione per il Sistema Ospedaliero Digitale.

“Durante il processo di costruzione abbiamo incontrato dei problemi. La medicina occidentale è basata su una comunicazione faccia a faccia ma questo non è possibile con questa piattaforma, la nostra soluzione è scegliere e distribuire i nostri servizi nei reparti e condividere il processo in diverse fasi. Inoltre, la rete internet si blocca spesso e per questo è difficile fare diagnosi di trattamento online ma stiamo cercando di portare rimedio a questo problema. Infine, rimane ancora il problema della legislatura. Per esempio di chi è la responsabilità sei i medici sbagliano una diagnosi?”.

Questo modello mette in evidenza che esiste ancora un problema di equità delle cure per i cittadini cinesi, che devono andare sempre a Pechino, perciò viaggiare molto, per ottenere visite e ricevere consulti. “Al momento – prosegue Wang Tianbing – a questo follow-up a distanza possono accedere solo chi fruisce di tecnologie avanzate, ma dall’anno scorso abbiamo fatto molte prove a fronte delle grandi richieste. La nostra intenzione è aprire l’Internet hospital nelle zone abitative meno sviluppate e garantire l’assistenza a tutti i cittadini”.

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Nasce l’Academy tech di Motore Sanità per informare e formare gli operatori sanitari dei potenti mezzi tech a loro disposizione

Nasce l'Academy tech

4 Dicembre 2020 – Da molto tempo Motore Sanità aveva l’intenzione di portare avanti un’iniziativa in cui le tecnologie innovative dell’ICT fossero l’oggetto di un corso di alta formazione per tutti gli operatori sanitari: manager, medici, infermieri e personale socio sanitario. Dopo una serie di webinar che si sono tenuti nei  mesi scorsi Motore Sanità ha raccolto l’esigenza del mondo socio sanitario di creare un ponte tra il mondo  delle tecnologie e i protagonisti che si occupano di sanità.

Un format di questo genere mancava fino ad ora, tuttavia è fondamentale per divulgare la forza di questi  strumenti ed in particolare per spiegare/insegnare agli ‘operatori sanitari’ come si possano sfruttare le innovazioni per il bene del sistema sanitario, per il loro lavoro e nell’interesse dei pazienti, oltre che far conoscere anche le Aziende che propongono le diverse soluzioni e capire dove si stia orientando la ricerca e sviluppo dell’innovazione. Questo mercato anche a seguito della pandemia è in trasformazione continua ed è letteralmente ‘esploso’. Partner dell’iniziativa sono stati AlmavivA, CINECA, Engineering ed OPT S.r.l. – Consulenza di direzione.

“La pandemia ha messo in luce la centralità delle tecnologie digitali nella gestione degli eventi di tale portata: una sfida per la quale la sanità pubblica non era pronta, e soprattutto, una lezione che non possiamo ignorare. Le nuove piattaforme digitali “ad ecosistema” dovranno abilitare una data governance completamente integrata e sempre più real-time dei fenomeni sanitari e non solo, ossia, divenire strumenti concreti per la tutela della salute e di tutte le attività sociali” – ha detto Arianna Cocchiglia, Healthcare Innovation and Partnership Director, Engineering

La leva digitale consente oggi una delega decisionale sempre più forte. Blockchain, AI e IoT fra gli ecosistemi tecnologici sono i principali attori di questa accelerazione, anche in ambito Sanità. La complessità di questi ambienti richiede una competenza tecnologica profonda, solida esperienza e nuova sensibilità. Tecnologie da orchestrare e condurre con efficacia e sicurezza alla soluzione di problemi, tenendo conto di normative, valori etici e cultura del contesto. Ogni giorno affrontiamo le esigenze del mercato mettendo in campo questa esperienza e competenza, senza fermarci a quanto già sappiamo fare, confrontandoci costantemente con nuove sfide” – ha sottolineato Alessandro Mantelli, CTO soluzioni innovative di Almaviva

“La gestione del paziente secondo appropriati modelli di governance deve prevedere una presa in carico  multidisciplinare, una chiara identificazione dei setting assistenziali coinvolti e la formalizzazione di percorsi standardizzati verificabili nella loro efficacia attraverso indicatori e sistemi di monitoraggio dedicati. La nostra offerta di strumenti di Health Governance Intelligence, di cui e-NutraCare è un esempio, vuole concretamente fornire al Sistema Salute degli strumenti intuitivi, sostenibili e proattivi sposando il principio del “misurare per migliorare” – queste le parole di Camilla Taglietti, Consulenza di Direzione – OPT

Oggi, a consuntivo, registriamo che c’era un’anomalia sugli accessi ai pronto soccorso e sulle segnalazioni sulle polmoniti in Italia, quantificabile in circa il 30% di casi in più rispetto agli anni precedenti. Se avessimo avuto  questi dati all’inizio del Covid, sarebbe stato agevole costruire le mappe delle fragilità e mettere in campo azioni di prevenzione. – ha dichiarato il Direttore Generale di Cineca David Vannozzi – Poter raccogliere dati, integrarli, utilizzarli, in modo anonimo, per attività di sorveglianza e di prevenzione è un passaggio decisivo in emergenza. In  questo, probabilmente servirebbe un soggetto, che, in collaborazione stretta con le Regioni, abbia una visione complessiva. Nel protocollo che stiamo per firmare con il Ministero della Salute un punto centrale è proprio la possibilità di raccogliere dati di diverso formato e origine, anonimizzarli e integrarli, per realizzare una piattaforma tecnologica a supporto di tutto il SSN“.

“La tecnologia è parte fondamentale del futuro SSN alla fine di questa drammatica pandemia. L’implementazione  delle esperienze di telemedicina, ora tariffate ed in parte normate da linee guida nazionali, vanno messe a s istema uniformandone l’uso nelle varie Regioni. L’intelligenza artificiale a supporto della diagnostica, le app ed i dispositivi medici per potenziare l’home care e la medicina territoriale sono altri strumenti ad utilizzo futuro per un reale rapporto proficuo tra ospedale e territorio. La sanità digitale deve diventare realtà recuperando il gap verso gli altri paesi ad alta  produzione assistenziale e di salute. Motore Sanità Tech ambisce ad un ruolo centrale per riunire in uno sforzo comune tutti gli attori del sistema per gli obiettivi di cui sopra ed altri ancora”, ha detto Claudio Zanon, Direttore scientifico MOTORE SANITÀ

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Diabete: Call to action

Diabete

Abbiamo scritto l’impossibile ma realizzato poco …. occorre ora trasformare tutto in operatività”. Questo il monito condiviso da tutto il panel presente per celebrare la Giornata Mondiale del diabete 2020. Un piano efficace e pieno di contenuti concreti è stato strutturato già nel 2012: era il “Piano Nazionale sulla malattia diabetica” costruito sulle indicazioni della commissione Nazionale diabete. Il compito delle regioni era quello di recepirlo traducendolo in documenti regionali ma soprattutto di applicarlo. Ma questa fase realizzativa che dura da 8 anni, non è ancora arrivata a conclusione nella maggior parte delle regioni, in alcune probabilmente parzialmente iniziata.

Forse è ora di smettere di deliberare, scrivere progetti/piani/recepimenti che sembrano quasi diventare un alibi per dire “ho fatto”. Forse è il momento di realizzare ed investire nella salute delle persone malate di diabete, lavoriamo tutti insieme su questo.

Diabete

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Call to action in 8 punti

  1. Riorganizzare il sistema assistenziale sul diabete, riconosciuta da tutti come l’epidemia planetaria del XXI secolo, attraverso investimenti in risorse umane, in modelli organizzativi, tecnologia, formazione. Questo dovrà avvenire FINALMENTE utilizzando i fondi Europei disponibili (Recovery fund, Mes e fondi progettuali specifici) e quelli aggiuntivi Nazionali che andranno gestiti con estrema attenzione, evitando sprechi ed inutili duplicazioni, ma secondo una linea strategica unica condivisa a livello nazionale. Mettiamo a frutto le risorse perché non accada un nuovo Covid-19 con un territorio non preparato ed una pressione ospedaliera insostenibile. Ad esempio iniziamo subito a concretizzare quanto stabilito con l’accordo raggiunto lo scorso anno sulla strumentazione di primo livello per la diagnostica territoriale (fondi già stanziati attraverso un decreto attuativo per il 2019 in finanziaria pari a 235 Mln€, purtroppo non ancora allocati).
  2. Nella gestione del diabete occorre differenziare i percorsi di cura: serve un percorso agevolato per i giovani con servizi differenziati, con infermieri dedicati. Già di per sé la malattia cronica è difficile da accettare in età pediatrica o evolutiva, quindi anche psicologicamente differenziare percorsi e servizi rispetto a quelli creati per i pazienti adulti/anziani è molto importante. Per il diabete di tipo 1 in età pediatrica occorre ancora stimolare le famiglie, i genitori, gli insegnanti, ad essere attenti nel raccogliere i primi banali sintomi (molta sete e urinazione abbondante) che consentono una diagnosi rapida. Il pericolo di un ritardo diagnostico che porti alla chetoacidosi diabetica, non solo pericolosa ma in alcuni casi mortale, è sempre in agguato.
  3. Creare a livello Nazionale un Osservatorio Permanente con funzioni di cabina di regia che funga da monitoraggio nazionale sulla realizzazione pratica dei piani socio-assistenziali per il diabete. Il tavolo deve avere una forte presenza di rappresentanti dei pazienti. L’Osservatorio permanente deve anche porre all’attenzione in tempo reale i problemi assistenziali nella gestione della malattia diabete, rilevati nelle varie realtà territoriali e proporre rapide e costruttive soluzioni. Dovrà anche dare visibilità ed ampia diffusione alle buone pratiche adottate nelle realtà regionali/locali, così da poterle replicare facilmente in tutti i territori.
  4. Facilitare l’accesso all’innovazione Tecnologica di valore (farmaci e dispositivi) che viene ancora valutata, in maniera assolutamente penalizzante, per silos di spesa, perdendo completamente di vista il reale impatto che questa può avere sull’intero percorso di cura: riducendo i costi di ricovero, di accesso al pronto soccorso, prevenendo le tante complicanze di malattia, consentendo un monitoraggio glicemico facilitato, permettendo un onere organizzativo ridotto, liberando spazi utili per le liste d’attesa. Un evento semplice come la ipoglicemia con i suoi sintomi può cambiare la vita delle persone malate e delle famiglie. Sono stati forti i racconti dei genitori, che non riescono a dormire la notte per la paura che i bimbi abbiano una crisi e dei bimbi che dormono con le manine chiuse per la paura che mamma e papà, durante la notte, vadano a pungerli per misurare la glicemia; o dei figli preoccupati che il genitore anziano che vive da solo, possa cadere in casa da solo e rischiare la vita per una crisi ipoglicemica. L’innovazione consente attraverso apparecchi semplici che monitorano la glicemia a distanza e con allarmi che rilevano le variazioni pericolose di questa, di prevenire questi eventi e gestirli a distanza in tutta tranquillità e senza rischi. Ugualmente esistono nuove terapie che riducono quasi completamente il rischio di ipoglicemia e gli eventi pericolosi ad essa correlati. Occorre chiedersi quale sia il valore di queste tecnologie nella vita dei cittadini malati di diabete prima di prendere decisioni su come allocare le risorse. Ma l’applicazione di queste tecnologie è un processo lento ed in molti casi ritardato dall’obiettivo di una minor spesa motivata da ragionamenti quanto mai errati di potenziale risparmio che al contrario induce, oltre che maggiori rischi clinici per i pazienti, aumento di costi.
  5. Covid-19 ha accelerato l’utilizzo di nuove tecnologie per la connessione tra i vari attori di sistema. L’utilizzo della telemedicina deve essere rapidamente implementato all’interno dei modelli organizzativi per la gestione del malato di diabete, seguendo modalità ed esempi di chi ha già sperimentato punti di forza ed aree critiche. Dovrà essere condiviso su quali attività applicarla essendo ben chiaro che non sostituirà la normale attività in pressenza ma sarà un utile supporto di questa. La sua applicazione deve essere subito estesa in tutto il territorio Nazionale secondo regole condivise e semplici, approvate in Conferenza stato regioni. A questa dovrà essere affiancata una intensa attività di formazione su tutti gli operatori: medici, caregiver, farmacisti ed a cascata sui pazienti. Le regioni dovranno avere linee guida semplici per poter effettuare la formazione. Dovranno essere stabilite delle tariffe di rimborso delle prestazioni a livello nazionale e dovrà essere monitorata attentamente l’applicazione e l’utilizzo appropriato di queste. L’applicazione uniforme dei servizi di telemedicina nel territorio Nazionale, deve essere monitorata dall’Osservatorio Permanente.
  6. L’Aderenza alle terapie è una battaglia difficile, ad oggi parzialmente persa, che richiede l’impegno di tutti: una indagine su oltre 5.000 farmacie con 16.500 malati monitorati ha evidenziato che 2 su 3 malati di diabete, non sono per nulla aderenti. Obiettivo deve essere informare i pazienti sulle gravissime conseguenze che la mancata aderenza può avere sulla loro salute. La riduzione di aspettativa di vita nella persona con diabete non in CONTROLLO GLICEMICO (aspetto fortemente collegato alla aderenza terapeutica) è di 7-8 anni. Anche in epoca Covid-19 alcuni lavori hanno dimostrato che i diabetici controllati rispetto a quelli non controllati, quando ricoverati, muoiono meno e hanno sintomi meno gravi.
  7. Sburocratizzare e semplificare il sistema assistenziale: un es° fra tutti la eliminazione immediata dei piani terapeutici sui farmaci cosiddetti innovativi per il diabete, molti dei quali oramai prossimi alla genericazione. La trascrizione di questi, da rinnovare periodicamente per pazienti spesso in terapia da anni, rappresenta un inutile impegno per i pazienti ed i familiari (logistica, trasferimenti, perdita di produttività, etc), una perdita di tempo utile per il medico curante sottratto al controllo clinico, in un momento in cui la carenza di personale e di tempo, crea già congestione sulle liste d’attesa nei centri specialistici e negli ambulatori territoriali. Ridare ruolo attivo alla medicina territoriale sulla gestione dei farmaci innovativi (ancora come già scritto, molti in scadenza brevettuale) per i quali oggi non ha accesso alla prescrizione. Se si pensa di riportare il territorio ad essere centrale nella gestione delle cronicità diabete, come è possibile non fornirlo degli strumenti di cura indicati dalle evidenze scientifiche e dalle linee guida Internazionali e Nazionali, oramai da anni? Senza questa condizione la presa in carico con le cure adeguate, sul territorio non potrà mai essere efficace e tempestiva.
  8. Linee di indirizzo Nazionali per un percorso diagnostico terapeutico assistenziale (PDTA) sul diabete condiviso ed uniforme per tutta Italia che, seppure declinato secondo le varie realtà regionali, dia a tutti i cittadini le stesse possibilità di diagnosi e cure. Che chiarisca in maniera inequivocabile ruoli e responsabilità, compiti e competenze dei vari attori della filiera: dai tecnici della programmazione regionale, ai Clinici ospedalieri, agli specialisti territoriali, ai medici di medicina generale e pediatri di libera scelta, agli infermieri, al personale dei distretti sanitari, ai farmacisti, ai nuovi team USCA. La creazione di figure infermieristiche dedicate sul territorio deve essere messa a sistema subito. Il mondo della Scuola deve essere coinvolto nelle attività di supporto alla malattia dopo previa adeguata formazione (tra queste critica ma fondamentale, perché salvavita, la possibilità di individuare un referente scolastico formato per la gestione delle problematiche legate alla malattia ed alle sue difficoltà socio-assistenziali o necessità gestionali, un es° fra tutti l’utilizzo del glucagone in caso di ipoglicemia grave).

 

Molte di queste cose erano già scritte nel Piano Nazionale sulla malattia diabetica, ma molte altre sono state dettate dai cambiamenti di scenario avvenuti, non ultimo quello creato dalla recente pandemia che ha messo in luce la fragilità della presa in carico territoriale. Ma in tutto questo percorso di cambiamento è assolutamente indispensabile uscire dalla autoreferenzialità e dal corporativismo delle diverse categorie professionali, comprendendo che il diabete è una epidemia che si può vincere solo con lo sviluppo della conoscenza dei problemi legati alla malattia e con l’impegno di tutti i cittadini malati e non. Oggi ci affanniamo a combattere una pandemia ponendo il problema in termini di epidemiologia e sicurezza infettiva, con una visione parziale ed incompleta del vero problema sociale che emerge: Covid-19 infatti è una malattia che danneggia ed uccide quasi sempre persone affette da malattie croniche, dovute a fenomeni meglio controllabili ed in alcuni casi eliminabili, se solo si rinnovassero le politiche pubbliche su economia, salute, ambiente, istruzione. Se non avremo compreso questo e se non provvederemo ad intervenire OGGI su queste condizioni in cui il virus diventa più pericoloso, nessuna misura sarà efficace. Nemmeno un vaccino, perché oggi è Covid ma domani sarà altro. Alle Istituzioni il compito di collaborare con le Associazioni di malati di diabete, trovando insieme soluzioni sostenibili e monitorando la realizzazione dei piani da tempo scritti.

 

Sintesi curata dalla direzione scientifica di Motore Sanità per Diabete Italia

Reti Oncologiche

Il Covid è certamente una minaccia per l’assistenza ai pazienti oncologici. Per questo il panel di esperti non esclude la possibilità che ci siano danni futuri per quanto riguarda la perdita di aderenza dei pazienti ai percorsi di cura o ancora peggio di mancanza di tempestività diagnostica a causa del rallentamento degli screening durante la pandemia. Secondo l’Osservatorio nazionale di screening un milione e 400mila esami di screening sono stati annullati e dovranno essere riprogrammati,  mentre la rivista scientifica The Lancet riporta una fosca previsione degli epidemiologi: “nei prossimi 5 anni ci saranno 3-4 mila morti in più per cancro”. Di fronte a questo scenario, il paziente oncologico deve continuare le cure anche se con difficoltà, perchè l’innovazione in oncologia cavalca anche questa seconda ondata pandemica, garantendo nuovi farmaci e tecnologia all’avanguardia. Il Covid insegna che anche il futuro dell’oncologia, come per le altre specialità, non sarà più come prima per quanto riguarda l’approccio al paziente, il follow up e la uniformità distributiva dei farmaci, implicando insieme la necessità di un coordinamento nazionale dei punti fondamentali di offerta dell’assistenza al malato oncologico. Sugli aspetti di screening durante la pandemia e sulle possibili strategie per recuperare il tempo perduto, si sono confrontati durante l’incontro “Talk webinar. Reti Oncologiche” organizzato da Motore Sanità tre esperti in campo oncologico, Paolo Pronzato, Coordinatore DIAR di Oncoematologia della Regione Liguria, Vincenzo Adamo, Direttore Oncologia Medica AO Papardo-Messina, Coordinatore della Rete Oncologica Siciliana (Re.O.S.) e Rossana Berardi, Direttore della Clinica Oncologica UNIVPM-AOU Ospedali Riuniti di Ancona.

L’ONCOLOGIA IN TEMPO DI COVID
L’oncologia durante l’emergenza sanitaria mostra uno scenario molto diversificato da regione a regione, a seconda dell’incidenza della pandemia. La maggior parte dei centri ha continuato con le terapie farmacologiche, seppur in misura quantitativamente inferiore; buona parte degli interventi chirurgici oncologici sono stati procrastinati se non urgenti; i follow up sono stati per lo più effettuati tramite consulto con tecnologie elementari e di facile accesso per tutti (più utilizzate sono state telefonate e WhatsApp). In particolare le attività di screening programmato e quelle diagnostiche hanno risentito di pesanti rallentamenti in alcune regioni, mentre in altre si è cercato di mantenere gli abituali ritmi nonostante le difficoltà organizzative.

A COSA SI ASSISTEVA PRIMA DELLA PANDEMIA
Ma a cosa si assisteva prima dell’arrivo del Covid? Ecco alcuni punti di criticità:
● È consolidato che l’innovazione farmacologica dopo l’approvazione da parte dell’Agenzia Italiana del Farmaco trovi ostacoli alla rapida introduzione in molte regioni
● Il rinnovamento tecnologico (diagnostico e terapeutico) è difforme a livello nazionale
● Il rinnovamento tecnologico (diagnostico e terapeutico) è difforme a livello nazionale
● Solo 8 regioni su 20 hanno deliberato una rete oncologica e ancora meno sono realmente operative

SCENARI REGIONALI
Ecco come alcune regioni hanno affrontato e stanno affrontando i ritardi nella cura e nell’assistenza al malato oncologico.
● In Liguria, un terzo dei posti letto sono occupati da pazienti Covid e, come in altre regioni, gran parte delle risorse del sistema sono dedicate a questi pazienti. Vengono quindi sottratte ad altre funzioni come quella dell’assistenza ai pazienti oncologici. Per quanto riguarda l’oncologia per fortuna il sistema ha tenuto per l’avvio e la prosecuzione di terapie mediche e oncologiche. Ma anche in Italia, come è accaduto in tutto il mondo, c’è stato un rallentamento degli screening programmati (a causa dell’offerta diminuita o perché le persone avevano paura di recarsi presso le strutture dedicate), e della diagnostica, per cui si riscontra oggi una riduzione del numero degli interventi per tumore primitivo. Seppur nei mesi estivi è stata recuperata parte dell’attività arretrata, l’auspicio è quello di fare in modo che gli screening non si fermino ma proseguano anche in questa seconda ondata. A titolo di esempio, tre azioni sono state messe in campo per le pazienti con cancro metastatico: garanzia di accesso alle cure intensive in caso di infezione e malattia da Covid, protezione della sperimentazione clinica e organizzazione di percorsi particolari con aree di ricovero dedicate a pazienti oncologici risultati asintomatici o paucisintomatici per Covid.
● Nelle Marche nella prima ondata pandemica le oncologie non si sono mai fermate per le terapie salvavita, ma nel 93,5% dei casi hanno dovuto riorganizzare la loro attività. Oggi la situazione è migliore rispetto alla scorsa primavera e la riorganizzazione assistenziale permette di mantenere tutte le attività (come gli interventi chirurgici e le procedure diagnostiche). Lo screening purtroppo rallentato deve essere rapidamente riprogrammato, perché come è noto, permette di fare diagnosi precoci e ha un impatto sulla vita delle persone.
● In Sicilia lo screening ha risentito di un rallentamento per il rifiuto delle persone di andare in ospedale per sottoporsi ai controlli. Tuttavia questo problema è stato parzialmente tamponato grazie ad una serie di iniziative di prevenzione (le settimane della prevenzione) che sono nate spontaneamente nei maggiori ospedali della regione,  mentre per quanto riguarda le cure non c’è stato nessun rallentamento. Anche sul versante della chirurgia primaria gli interventi sono andati avanti. Gli oncologi sono convinti che c’è il tempo per recuperare quanto andato perduto: in sei mesi certi tipi di tumore, che possono essere sfuggiti ad uno screening, sono recuperabili. Un impegno in questo senso deve essere preso da tutte le Regioni attraverso le reti, con iniziative condivise e con il confronto tra i colleghi impegnati nell’attività di screening. Gli esperti auspicano che questa comune situazione tra le Regioni in generale non si protragga ancora durante questa seconda ondata. Anche una parte della ricerca clinica mondiale è andata in sofferenza. Il Progetto europeo sul mesotelioma e l’immunoterapia, si è fermato per l’impossibilità dei pazienti di raggiungere la sede di Rotterdam che è una parte integrante del percorso di cura. L’appello dei ricercatori: “Abbiamo bisogno di fare rete con le istituzioni per garantire anche questa parte”.

LA STRATEGIA DI UNA RETE DELLE RETI ONCOLOGICHE
Ecco perché risulta urgente la creazione di una Rete nazionale delle Reti oncologiche, che:
● Garantisca lo scambio di best practice e di dati;
● Possa portare ad una migliore programmazione della presa in carico;
● Consenta di concordare azioni per assicurare l’innovazione in tempi rapidi e con
un accesso uniforme in tutto il territorio nazionale;
● Consenta di coordinare al meglio gli studi scientifici;
● Possa implementare sulla medicina territoriale una corretta azione di
trasformazione della presa in carico dei pazienti oncologici verso la cronicità, con
la territorializzazione di alcune terapie;
● Che costruisca proposte comuni di modelli efficaci sull’utilizzo telemedicina in
oncologia;
● Riorganizzi il follow-up di primo livello sul territorio favorendo a questo livello sia
la territorializzazione della diagnostica oncologica che l’implementazione degli
screening.

Telemedicine R-Evolution – Telemedicina e gestione del paziente cronico nell’era Covid-19 come è evoluta la situazione in questi 6 mesi

La Telemedicina, innovazione della medicina che usa le tecnologie digitali, sta dimostrando in questo momento di grande emergenza sanitaria di essere una grande opportunità sia sul piano della salute sia per la società per i vantaggi che offre: rappresenta uno strumento per innovare in medicina e garantire qualità di assistenza a tutti i cittadini. Si tratta di una innovazione della medicina efficace ed efficiente poiché è in grado di implementare il sistema di cura e di assistenza dei paziente, a distanza, non sostituendo la professionalità di medici e operatori sanitari che lavorano negli ospedali e negli ambulatori, ma ha tutte le caratteristiche per potenziare competenze e sinergie sul “territorio”. Ecco perché per il Sistema Sanitario Nazionale la telemedicina deve essere considerata prima di tutto un investimento e non un costo. Come è evoluta la situazione in questi sei mesi attraverso gli strumenti da remoto, messi in campo per tenere in piedi un filo diretto con il paziente cronico, e cosa ci attenderà, è stato il focus dell’ultimo incontro webinar “Telemedicine R-evolution”, che trae il nome proprio dal virtuoso progetto Telemedicine R-evolution, avviato a luglio e voluto da Roche Diabetes Care e realizzato in collaborazione con Mondosanità.

LE OPPORTUNITÀ: CONCRETE POSSIBILITÀ ASSISTENZIALI MA ASPETTI DA CONSIDERARE ATTENTAMENTE
L’esigenza di mettere a sistema nazionale la Telemedicina è diventata una vera e propria emergenza in questa fase pandemica, ma per essere utile deve poggiare su una progettazione accurata in modo tale da rendere la vita facile ai pazienti nel fruire dei servizi e delle prestazioni. Per garantire tutto questo ci sono diversi aspetti da tenere in considerazione. A partire dalla coerenza organizzativa: c’è da salvaguardare le autonomie regionali e c’è da salvaguardare anche una coerenza di sistema altrimenti si paga uno scotto, un disallineamento tra le equità di accesso ai trattamenti. L’utilizzo della telemedicina da un punto di vista medico, altra questione: ci sono degli aspetti che vanno studiati con i sistemi della ricerca clinica, non è detto infatti che un sistema software brillante nella soluzione tecnologica sia anche utile anche ai pazienti. Il punto fondamentale, in sostanza, è capire in quale modo il Servizio Sanitario può evolvere verso l’uso corretto della telemedicina. Ci sono alcuni aspetti da tenere presente: come la definizione delle prestazioni e dei servizi, come le normative in ambito della tecnologia applicate in sanità da rivedere periodicamente e conoscere le esperienze territoriali. Il Servizio Sanitario Nazionale dall’inizio dell’emergenza sanitaria ha cercato di mettere in atto strategie nuove per riuscire a contenere non solo i danni derivati direttamente dal nuovo Coronavirus, ma è stato chiamato a dare il massimo impegno per evitare il più possibile che le misure di
contenimento del contagio, limitando l’accesso di persona ad alcune prestazioni sanitarie, abbiamo effetti negativi sulla tempestività della diagnosi e sull’andamento della terapia di malattie croniche, oncologiche, malattie rare e disabilità. Un dato da ricordare: le malattie croniche non trasmissibili assorbono circa l’80% delle risorse finanziarie allocate nel Servizio Sanitario Nazionale. Il ricorso alla Telemedicina garantirebbe una migliore qualità di vita dei pazienti e la sostenibilità del Servizio Sanitario pubblico. Il Centro Nazionale per la Telemedicina e le Nuove Tecnologie Assistenziali dell’Istituto Superiore di Sanità ha pubblicato due Rapporti COVID-19 sulla Telemedicina mettendo in evidenza quanto siano concrete le possibilità assistenziali disponibili e quanto sia fondamentale utilizzarle correttamente per garantire il più possibile la continuità di cura nel periodo di emergenza e anche successivamente.Il primo documento raccoglie indicazioni per rendere rapidamente operativi i servizi domiciliari in Telemedicina per l’assistenza primaria (https://tinyurl.com/yb62nocz), il più recente rapporto è dedicato alle modalità per ottimizzare l’uso della Telemedicina in pediatria “Telepediatria” (https://tinyurl.co /y6ef8qwj). Altri Rapporti dello stesso Centro Nazionale sono in fase di elaborazione.

COSA E’ SUCCESSO PER IL PAZIENTE DIABETICO DURANTE LA PANDEMIA
In questi mesi pandemici si sono rese necessarie video-chiamate, email criptate e e-mail istituzionalizzate per mantenere attivo un filo diretto con il paziente diabetico. In remoto, nei primi mesi, delle visite perse rispetto al 2019 – 580 mila per il diabete di tipo 2 e 63 mila per il diabete di tipo 1 – ne sono state recuperate il 44% per il diabete di tipo 1, premettendo che il paziente diabetico è già abituato a inviare informazioni che riguardavano il dato glicemico. Per il diabete di tipo 2 con gli attuali strumenti disponibili incontriamo il dato glicemico ma non il paziente. Il 63% della popolazione italiana ha più di 65 anni e il 32% ha oltre 75 anni.

PRESA IN CARICO DELLA CRONICITÀ ATTRAVERSO LA TELEMEDICINA
Il Covid-19 ha innescato in questi mesi un processo di sviluppo di nuovi meccanismi: le procedure ospedaliere si sono modificate, per esempio, ogni ospedale ha attuato nuove procedure per garantire al paziente non Covid un accesso pulito; sul fronte territoriale sono nate le Unità Speciali di Continuità Assistenziale e sono state potenziate le cure primarie. Tutte opportunità che oggi ha il Sistema Sanitario Nazionale per rispondere alle esigenze degli ammalati. La Telemedicina è un modello assistenziale che si aggiunge a queste opportunità – durante questa emergenza sono nate 180 attività di telemedicina di cui il 50% erano tele-visite e il 30% tele-consulti – poiché è in grado di potenziare il territorio quindi anche l’assistenza domiciliare del paziente fragile. La Telemedicina dovrebbe entrare nel Percorso diagnostico terapeutico assistenziale del paziente, stabilire tariffe e criteri di accreditamento. L’auspicio è creare una assistenza sanitaria di prossimità per stare più vicino al paziente e al caregiver che deve essere formato nella conoscenza della tecnologia, informato e sostenuto nella vita quotidiana.

PRESTAZIONI E SERVIZI PERSONALIZZATI E DIFFUSIONE NAZIONALE
I sistemi di Telemedicina affinché funzionino nella pratica quotidiana è fondamentale realizzarli sulla base delle reali necessità individuali dei pazienti e sulle caratteristiche dell’area geografica interessata. Occorre utilizzare in modo coerente su tutto il territorio nazionale modelli e pratiche scientificamente validati, in modo coordinato. Le prestazioni e i servizi in Telemedicina non possono essere improvvisati e vanno forniti prioritariamente attraverso quelle tecnologie digitali e di telecomunicazione computer assistite che siano in grado di offrire le migliori opportunità operative rispetto all’uso delle tecnologie precedenti. Concetti ribaditi anche dalla politica. Parlamento, Camera e Senato dimostrano di avere una grande sensibilità rispetto a questi temi. Nel ddl Bilancio 21/23 si prevede l’integrazione del livello del finanziamento per l’ammodernamento tecnologico in sanità. L’auspicio dalla politica è che ci sia una cornice normativa che possa chiarire in maniera molto specifica e semplice come applicare su tutto il territorio nazionale e in maniera omogenea la Telemedicina e tutti i suoi derivati (teleassistenza, teleconsulto, telemonitoraggio) e attivarla in maniera uniforme su tutto il territorio nazionale con piattaforme semplici, intelligibili tra loro che possano essere monitorate per dire se sono efficaci e inserirle all’interno del percorso diagnostico terapeutico assistenziale del paziente. La grande vera scommessa è rendere universale la Telemedicina, renderla possibile su tutto il territorio nazionale.

L’IMPORTANZA DI INVESTIRE IN INNOVAZIONE DIGITALE
Roche Diabetes Care Italy S.p.A. ha deciso di investire in innovazione digitale e nello sviluppo di servizi e soluzioni che possano migliorare la qualità di cura e allungare le aspettative di vita dei pazienti. I fatti parlano chiaro. I pazienti fragili e i malati cronici come le persone con diabete e rispettivi caregivers, convivono quotidianamente con una condizione estremamente complessa, sono milioni le persone in Italia fortemente a rischio e chiedono di essere aiutate, anche nella gestione in sicurezza e a distanza, laddove possibile.

ANTIBIOTICO RESISTENZA: LOTTA ALLE INFEZIONI CORRELATE ALL’ASSISTENZA

Antibiotico resistenza

L’Antibiotico resistenza non è una malattia, bensì un fallimento terapeutico. Un fallimento che passa anche spesso attraverso una difficoltà nella fase diagnostica e una mancata efficace strategia preventiva. Per questo l’AMR è un problema di tutti. Il fenomeno dell’AMR è in costante crescita in 23 su 26 Paesi Ocse con incremento medio annuo del 5% (in Italia si è passati dal 17% nel 2005 a circa il 33% nel 2018) e pesa come enormemente sulla sostenibilità dei sistemi sanitari. Il suo impatto si può facilmente comprendere da questi dati:

1. 700 mila morti a livello globale dovuti ad infezioni molti dei quali sono causati dai super batteri che non trovano più terapie disponibili.

2. In Europa si parla di almeno 30 mila morti/anno un terzo delle quali in Italia (le stime indicano 10-11 mila morti/anno, 27-30 al giorno) dovuti nello specifico ai batteri resistenti. I costi stimati sono di circa 1,1 Miliardi€/anno.

3. Negli ospedali (dati USA) si spendono in media dai 10 ai 40 mila $ per trattare un paziente colpito da batteri resistenti, a cui vanno aggiunti i molti costi indiretti legati alle spese sociali ed alla perdita di produttività di malati e famiglie.

Come richiesto dall’OMS “l’industria deve tornare ad investire sulla ricerca di nuovi antibiotici”. Oggi infatti mancano purtroppo armi efficaci per combattere questi batteri resistenti, problema di salute pubblica a livello globale che preoccupa le autorità di tutto il mondo. Ma esiste una grande criticità rappresentata dalle difficoltà di rendere sostenibile la ricerca nel campo dell’antibiotico-terapia, riconoscendo poi il giusto valore all’innovazione prodotta. Diventa fondamentale in questo percorso tenere conto dei costi evitabili in termini di salute, di benessere sociale, di economia globale. Il Covid-19 ci dovrebbe aver insegnato molto sulla globalità ed interconnessione stretta di questi aspetti: infatti rappresenta l’attualizzazione dell’impatto di un evento pandemico inatteso su parametri spesso ritenuti scontati. Tale effetto era già previsto per l’AMR, una pandemia continua e silente da tempo annunciata: da qualche anno oramai era stata diffusa la notizia di come l’OMS avesse previsto nel 2050 che le infezioni resistenti fossero destinate e diventare la prima causa di morte (10 milioni di persone morte all’anno). La Banca mondiale dell’economia a seguito di questo, nel suo rapporto sulle infezioni resistenti aveva ipotizzato diversi possibili scenari per il periodo 2017-2050:
● Un impatto sul PIL globale annuo in diminuzione entro il 2050 dell’1,1% nello scenario a basso impatto e del 3,8% nello scenario ad alto impatto.
● Un impatto sulla povertà globale con un forte aumento della povertà estrema (ulteriori 28,3 milioni di persone in estrema povertà nello scenario ad alto impatto nel 2050).
● Un impatto sul commercio mondiale con un volume delle esportazioni reali globali ridotto dell’1,1% e del 3,8% nei due scenari.
● Un impatto sui costi sanitari con aumenti globali che possono variare da $300 miliardi a oltre $1 trilione all’anno entro il 2050.

LE PROPOSTE OPERATIVE

1. Riorganizzare il sistema attraverso piani d’azione reali perché applicati in ogni territorio.
2. Investire le giuste risorse che tengano conto dei costi globali evitabili, superando la logica dei silos budget.
3. Potenziare e concretizzare la antimicrobial stewardship in tutte le regioni (insieme di interventi coordinati, che hanno lo scopo di promuovere l’uso appropriato degli antimicrobici e che indirizzano nella scelta ottimale del farmaco, della dose, della durata della terapia e della via di somministrazione).
4. Sostenere un sistema di sorveglianza microbiologica efficiente e strettamente collegato in ogni regione, che alimenti una cabina di regia Nazionale permanente.
5. Promuovere ed incentivare la ricerca di nuovi antibiotici e nuovi sistemi di partnership pubblico-privato
6. le istituzioni devono aggregare forze/competenze/risorse per combattere la lotta ottimizzando l’utilizzo di tutte le professionalità: dall’industria, ai clinici tutti, ai farmacisti, ai referenti della comunicazione.
7. AI nuovi antibiotici prodotti attraverso gli sforzi della ricerca va riservato un percorso d’accesso rapido proporzionato al loro impatto in termini di salute globale ed una giusta valorizzazione.

PIANO ORGANIZZATIVO

La prevenzione è un aspetto fondamentale e irrinunciabile per affrontare correttamente il problema dell’ AMR. Ma purtroppo non è l’unico. Negli oramai 4 anni dal piano nazionale PNCAR, tutto o quasi è stato scritto, ma purtroppo molto poco è stato messo in pratica. La corretta comunicazione basata sulle evidenze scientifiche è una parte importantissima legata alla organizzazione: l’esempio della comunicazione impropria durante Covid è molto illuminante (la prudenza e l’attenzione sono fondamentali per garantire comportamenti corretti e rispettosi delle norme di prevenzione). Esperti operatori e cittadini devono essere informati correttamente e senza proclami. I protocolli applicativi sulla prevenzione devono essere rispettati in primis dagli operatori sanitari addestrati ed informati, che devono essere di esempio per tutti i cittadini, sia sul territorio che nelle strutture di cura, ad iniziare dall’utilizzo corretto dei DPI, per andare allevaccinazioni ed alle terapie.

Proposte sono:
➢ sviluppo e potenziamento delle reti infettivologiche e microbiologiche, programmato a livello centrale ed applicato subito con una cabina di regia a livello Nazionale che faccia monitoraggio costante e segnali allarmi in tempo reale.
➢ All’interno del PNCAR su patologie critiche ad alto rischio, come ad esempio la sepsi e lo shock settico vi è la necessità di un più ampio coinvolgimento di Anestesisti Rianimatori Intensivisti e di specialisti delle medicine d’urgenza per la stesura di percorsi e protocolli che hanno un ruolo centrale nel trattamento nelle terapie intensive e aree critiche.
➢ Deve esservi anche un attento monitoraggio dei contenziosi legati all’AMR, aspetto spesso sottovalutato ma che invece consuma una grande quantità di risorse che potrebbero essere impiegate per curare meglio le infezioni.
➢ La medicina territoriale deve essere fornita di strumenti di base per la diagnostica, cosa che consentirebbe un intervento rapido ed una maggiore appropriatezza prescrittiva, che limiti la diffusione delle resistenze batteriche e del contagio a livello ospedaliero per l’invio di pazienti che hanno sviluppato infezioni resistenti.

PIANO INNOVAZIONE E RICERCA (DIAGNOSTICA E TERAPIA)

La diagnostica di laboratorio per avere certezza su quale batterio sia causa dell’infezione, è fondamentale e non può essere vista come un imbuto che rallenta il percorso terapeutico appropriato per: carenza di personale, chiusura dei laboratori, carenza di apparecchiature adeguate. Proposte sono:
● Mantenere e potenziare il sistema con la creazione di una rete di connessione forte attraverso un potenziamento degli organici ma centralizzando alcuni servizi per evitare inutili replicazioni.
● Un’esigenza fra tutte: la diagnostica rapida nelle situazioni di complessità (sepsi ed altre gravi infezioni in pazienti fragili o ad alto rischio), strumento che individua in tempi molto brevi l’agente o gli agenti infettanti, oltre a salvare la vita dei malati. Il suo utilizzo centralizzato negli ospedali di riferimento territoriale ed in mani esperte, riduce il rischio di aumentare le resistenze agli antibiotici, consentendo a microbiologo clinico e clinico curante di decidere insieme, la migliore risposta in tempi brevi, la scelta più appropriata, la migliore cura.
● Le 40 unità di microbiologia presenti in Italia vanno rilanciate e già il recente decreto rilancio lo prevede (con il potenziamento delle reti Covid). Di questo non vi è stata declinazione nel PNCAR, ma senza i dati delle microbiologie il sistema si ferma ed entra in una condizione di altro rischio. La terapia, per quanto riguarda i nuovi antibiotici, deve vedere finalmente realizzati e finanziati i tanti piani di partnership trasparente tra settore industriale, Istituzioni, organismi di ricerca. La battaglia per avere nuove armi terapeutiche in tempi brevi a disposizione dei malati non può essere vinta velocemente se ognuno segue una sua strada. Serve quindi un coordinamento ed una convergenza di intenti con l’obiettivo di rendere disponibili rapidamente nuovi antibiotici per le infezioni multi-resistenti che mettono a rischio la vita di molti pazienti. Lo sviluppo di nuovi antibiotici è un problema planetario ma anche una sfida che consuma risorse enormi (oltre 650 Mln per arrivare a un antibiotico nuovo) e richiede anni di lavoro (almeno 6-10) come documentato in un rapporto presentato da una task force dedicata alla corte dei conti europea. Ma l’industria può impegnarsi in maniera sostenibile solo se gli investimenti possono essere riconosciuti in maniera corretta, attraverso la valutazione del valore portato e dei costi evitati al sistema dall’introduzione dell’innovazione.

Proposte sono:
➢ chiedere un giusto riconoscimento di valore per chi si impegna a ricercare e produrre nuovi antibiotici.
➢ Percorsi di accesso facilitati e controllati per appropriatezza, non solo a livello di autorità regolatorie Internazionali e Nazionali ma anche e soprattutto, regionali e locali, perché il processo di introduzione è ancora molto lento (in alcune infezioni gravi come ad esempio le sepsi i pazienti non possono aspettare).
➢ Sarebbe molto utile dare degli obiettivi ai tecnici regionali ed a cascata ai direttori generali delle aziende sanitarie di riduzione di utilizzo inappropriato degli antibiotici (come già avviene) ma anche di rapida introduzione e accesso appropriato di quelli innovativi.
➢ A livello centrale si chiedono percorsi di accesso diversi, ad es° sul modello dei farmaci orfani. A questi farmaci spesso non viene riconosciuta la stessa dignità e lo stesso valore rispetto ai farmaci prodotti nell’area oncologica, pur con evidenze di vite salvate spesso ben superiori.
➢ Vanno messi a punto nuovi sistemi di parternariato pubblico-privato, che mettano insieme ricerca e approvvigionamento (procurement) per incentivare l’industria attraverso un sistema che possa dire: “tu lavora, io compro questo servizio e condividiamo il rischio”.

PIANO MONITORAGGIO E APPROPRIATEZZA (STEWARDSHIP)

I programmi di ottimizzazione della terapia antibiotica danno un contributo fondamentale per: curare meglio i pazienti in termini di appropriatezza, ridurre gli effetti collaterali e le resistenze batteriche, contenere i costi. Inoltre l’impatto dell’AMR non va visto solo sul singolo paziente, ma occorre avere bene presente il suo peso sulla flora batterica ospedaliera, quindi sui tanti altri pazienti assistiti nelle strutture di ricovero e cura. È infatti dimostrata una stretta correlazione tra l’impiego improprio di un antibiotico e i livelli di resistenza. Stewardship quindi vuol dire sforzo per utilizzare antibiotici in maniera appropriata e quando realmente servono su chi ne ha bisogno. Questo si può ottenere solo formando ed informando prescrittori e clinici a qualsiasi livello e per qualsiasi complessità di intervento (Territorio e Ospedale), caregiver, farmacisti, pazienti.

Proposte sono:

➢ Implementare strumenti di controllo pratico ad es°: le Linee Guida della stewardship dovrebbero essere integrate a livello ospedaliero nelle cartelle cliniche, per rilevare e correggere immediatamente eventuali errori di prescrizione inappropriata. Tutto questo considerando però che per la scarsa disponibilità di tool diagnostici rapidi, l’intervento terapeutico è spesso empirico nei pazienti gravi.
➢ Le prescrizioni sul territorio ed in Ospedale devono essere tracciate per avere misure di appropriatezza prescrittiva affidabili.
➢ I nuovi antibiotici devono essere introdotti attraverso percorsi monitorati dai medici esperti e adeguatamente formati.
➢ La formazione è fondamentale per cui in ogni reparto ospedaliero dovrebbero essere formati dall’infettivologo almeno 2 medici che possano verificare le corrette applicazioni della stewardship nelle rispettive e specifiche aree d’azione. Ma su tutto questo devono essere date indicazioni nazionali che verifichino una applicazione uniforme in ogni territorio.