Women for Oncology Italy presenta le nuove referenti regionali «Creati i gruppi per essere ancora più vicine alle oncologhe italiane».

Women for Oncology Italy

9 Giugno 2021 – Women for Oncology – Italy ha costituito i gruppi regionali che coinvolgeranno sul territorio le donne oncologhe per un obiettivo importante: analizzare le criticità già note a livello nazionale con maggiore capillarità regionale, in modo da poter trovare rapidamente delle soluzioni omogenee sul territorio, coinvolgendo le Istituzioni locali e nazionali.

Sono nove le prime referenti regionali che rappresenteranno le donne oncologhe in Italia, ad esse si aggiungeranno nelle prossime settimane referenti delle altre regioni fino a completare il panorama nazionale. Per Women for Oncology – Italy rappresenta non solo un grande passo avanti ma anche un grande orgoglio. Questo radicamento sul territorio costituirà un ulteriore avanzamento di crescita.

“Crediamo fortemente nel potere del lavoro in una logica di rete” – sottolinea Rossana Berardi, Presidente di Women for Oncology, ordinario di Oncologia all’Università Politecnica delle Marche e direttrice della Clinica Oncologica degli Ospedali Riuniti di Ancona – “Il primo obiettivo sarà censire le oncologhe e le specialiste in formazione in oncologia delle varie regioni, che complessivamente sono migliaia e coinvolgerle tutte. Le difficoltà relative al gender gap sono tristemente note ed evidenti nel panorama nazionale e una più capillare rete regionale potrà consentirci di realizzare progetti di sensibilizzazione in collaborazione con le istituzioni politiche e sanitarie delle diverse regioni italiane. Primo tra tutti, il lancio di una “call to action” per tutte le donne che hanno un ruolo nel sistema sanitario, per cui ci faremo portavoci delle richieste di tutte le nostre colleghe con proposte concrete per superare il gender gap e gli stereotipi di genere in sanità”.

Ecco le prime nove neo rappresentanti regionali di Women for Oncology – Italy:
Giulia Martini
, MD, PhD Ricercatrice in Oncologia Medica, per la Campania 
Laura Ridolfi, Dirigente Medico e Referente della piattaforma Clinical Trials di terapie avanzate per i tumori solidi nell’ambito dell’ Immunogene research and therapy Program, Unità Complessa di Oncologia Clinica e Sperimentale di Immunoterapia e Tumori Rari, Dipartimento di Oncologia, IRCCS Istituto Romagnolo per lo Studio dei Tumori (IRST) “Dino Amadori” di Meldola (FC), per l’Emilia Romagna
Alessandra Fabi, UOSD Medicina di Precisione in Senologia, Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma, per il Lazio 
Silvia Stacchiotti, Silvia Stacchiotti, Medico oncologo c/o SSD Oncologia Medica 2, Fondazione IRCCS Istituto Nazionale Tumori, Milano, per la Lombardia
Tiziana Saladino, Dirigente Medico responsabile UOS terapie locoregionali e Oncologia sperimentale, per le Marche
Ornella Garrone, Responsabile Breast Unit, AO “S. Croce e Carle” di Cuneo per il Piemonte
Francesca Bruder, Specialista in Oncologia e in Endocrinologia e malattie del metabolismo, Responsabile ff SC Oncologia medica Arnas Brotzu, per la Sardegna
Ilaria Pazzagli, Direttrice SOS Oncologia del P.O.Pescia, SOC Pistoia, Responsabile GOM senologico PP.OO.Pescia e Pistoia,Dipartimento Oncologico, Azienda USL Toscana centro, per la Regione Toscana
Claudia Caserta, Dirigente medico della Struttura complessa di Oncologia medica e traslazionale dell’Azienda Ospedaliera Santa Maria di Terni, per l’Umbria 

Pandemia diabete in Sardegna: regione con il più alto numero di casi L’appello delle società scientifiche e associazioni: prevenzione nelle scuole, istituzione di un Registro dati, di Reti e un Pdta omogeneo

8 giugno 2021 – In Italia oltre 3.5 milioni di pazienti dichiarano di essere affetti da diabete, ma le stime in real world parlano di circa 5 milioni con un costo per il Servizio sanitario stimato intorno ai 9 miliardi, senza considerare le spese indirette e una spesa pro capite per paziente più che doppia verso un pari età non malato. Questa malattia è causa di 73 decessi al giorno in Italia. Per citare alcuni dati relativi alla sola aderenza alle cure, secondo l’analisi EFPIA soltanto le complicanze dovute a diabete rappresentano un costo pari al 14% del totale della spesa sanitaria dei Governi Europei, circa 125 miliardi di euro all’anno. Secondo il rapporto dell’osservatorio dei medicinali, in Italia, la percentuale di aderenza per i farmaci antidiabetici è del 63% (OSMed 2015) e questo comporta il raddoppio nel numero di ricoveri ospedalieri e dei costi del trattamento per il Servizio sanitario un aumento ogni anno di circa 6 giorni di assenza dal lavoro ed infine un aumento del 30% della mortalità per tutte le cause (dati SID).

Nel panorama nazionale la Regione Sardegna presenta forti criticità epidemiologiche per diabete. Da sempre infatti detiene il triste primato italiano di incidenza di diabete di tipo 1, con oltre 12.000 adulti, più di 1.500 under 18 e circa 120 nuovi casi di diabete tipo 1 diagnosticati nella fascia di età 0-14 anni (un bambino ogni 150 è affetto da questa patologia). E con questi numeri raggiunge un triste primato collocandosi ai vertici della classifica mondiale, seconda solo alla Finlandia.
L’Assessorato alla Sanità della Sardegna, in stretta sinergia con il Consiglio regionale, ha aumentato i fondi per garantire a 124mila diabetici in terapia insulinica multiniettiva i freestyle, ha ricostituito la Consulta del diabete e ora l’obiettivo è andare a definire le nuove linee guida per le nuove gare anche dei sensori. Ma sono ancora tanti i passi da fare per mettere al centro il paziente. Tra i quali la mancanza di dati per costruire un quadro epidemiologico puntuale della malattia: nel 2016 erano 114mila i pazienti affetti da diabete, un numero che probabilmente è cresciuto ma ad oggi non esiste un Registro che possa testimoniarlo. Inoltre, quasi il 40% della popolazione sarda, circa 600mila persone, è sovrappeso e obeso: l’appello della Società italiana di diabetologia è organizzare una campagna di prevenzione che parta dalle scuole e dalle famiglie. Altro dato: nell’ultimo biennio 2019-2020 si sono registrati 237 nuovi casi di diabete in età pediatrica e con complicanza di chetoacidosi nel 28%, con una incidenza di 64 nuovi casi ogni 100mila bambini in un anno rispetto ai 59 registrati nel biennio precedente.
Motore Sanità e Diabete Italia Onlus hanno aperto un tavolo di confronto dal titolo LA PANDEMIA DIABETE IN REGIONE SARDEGNA per ottenere un grande impegno di tutti Istituzioni, clinici (specialisti e medici di medicina generale), caregiver, farmacisti, pazienti ad ottimizzare ognuno di questi aspetti.

“Questo incontro vorrei che fosse una opportunità per creare delle nuove strade da percorrere insieme, medici, pazienti, istituzioni, per il paziente diabetico” si è appellata Mariangela Ghiani, Presidente SID, Regione Sardegna che ha evidenziato alcune criticità nella gestione del paziente con diabete. “Purtroppo da un punto di vista epidemiologico della malattia abbiamo solo dati indiretti, da anni stiamo chiedendo che venga istituito un Registro sardo della malattia diabetica per avere maggiori elementi, per capire perché siamo secondi solo alla Finlandia per numero di nuovi casi di diabete di tipo 1 e per capire i fattori ambientali che impattano sulla genetica dell’autoimmunità; la stessa carenza di dati vale per il diabete di tipo 2. L’aggiornamento dei dati avviene grazie alla buona volontà dei medici. Inoltre una rete diabetologica non esiste in Sardegna, sono stati istituiti Pdta locali, regionali, per singole ASSL, ma ciò di cui abbiamo bisogno sono Pdta applicati su tutto il territorio regionale in modo che il paziente abbia un equo accesso alle cure. Tutto questo si può fare solo se vengono ricostituiti i tavoli tecnici, se si mette il paziente al centro e se torniamo a parlare di diabete insieme, cercando soluzioni condivise”.

“Ci hanno detto che a breve avremo la possibilità di prescrivere nuove tecnologia ma oggi la situazione è che se arriva un paziente in ambulatorio come medico diabetologo non posso prescrivere il sensore sottocutaneo e questo è un grande limite” ha spiegato Gianfranco Madau, Presidente AMD, Regione Sardegna. “La stessa cosa vale per i farmaci, fino ad un anno fa non tutto era prescrivibile, attualmente alcuni farmaci sono prescrivibili però sono somministrati in maniera diretta, che vuol dire che il paziente si deve recare presso la farmacia ospedaliera con tutti i problemi di viabilità e di trasporto che ci sono in questa regione, e vuol dire anche aumentare i costi indiretti della terapia. Mi auguro che finalmente riusciamo ad avere un dialogo di collaborazione con le istituzioni per affrontare i nodi di questa patologia, dalla prescrivibilità di device e farmaci alle intensità di cura. Mettere al centro le persone significa prendere in carico non solo i bisogni di salute ma anche i bisogni socio-assistenziali”.

“Manca una rete diabetologica regionale pediatrica: ci sono 10 ambulatori di diabetologia di cui solo uno è una struttura dedicata esclusivamente al diabete e questo crea un reale problema di assistenza ai bambini – ha spiegato Carlo Ripoli, Direttore SSD Diabetologia Pediatrica AO “G. Brotzu”, Cagliari -. Per quanto riguarda le tecnologie, non possiamo prescrivere né i microinfusori più moderni né quelli che agiscono senza il catetere a meno che non si ricorra a prescrizioni fuori gara. Un altro problema riguarda i bimbi sotto i 4 anni che non possono utilizzare il freestyle: o si pungono le dita tante volte al giorno oppure è concesso loro di avere solo 12 sensori l’anno. Infine, esiste ancora molta disinformazione su questa malattia nelle scuole, così molte mamme per seguire i loro bambini rinunciano a lavorare, o devono ricorrere a modalità parti time di lavoro oppure stanno ricorrendo alla richiesta di indennità di accompagnamento che invece sono tutele che dovrebbero essere riservate a pazienti con grandi disabilità; il piano per l’inserimento del bambino diabetico in ambito scolastico potrebbe essere risolutivo di questo problema”.

“Abbiamo il dovere etico e morale di poter dare ai pazienti il meglio del meglio delle cure e dell’assistenza, di metterci allo stesso piano delle innovazioni e dei dispositivi che vengono dati ai pazienti, essere al pari con gli ultimi farmaci che sono a disposizione del programma scientifico mondiale. Dobbiamo fare tanti passi avanti e impegnarci di più. È un compito che riguarda la politica e l’Assessorato alla sanità, il compito della Commissione è sollecitare e dare una risposta ai pazienti” ha dichiarato Domenico Gallus, Presidente VI Commissione Salute e Politiche Sociali, Regione Autonoma della Sardegna

“La ricostituzione della Consulta della diabetologia rappresenta il luogo ideale per poter effettuare la programmazione e l’individuazione delle priorità e i bisogni dei pazienti con diabete, la stessa decisione di incrementare la spesa per garantire un accesso ai sensori per il monitoraggio della glicemia è uno spiraglio, ma bisogna porre attenzione su questo tema perché se non creiamo un equilibrio tra i dispositivi e le reali disponibilità delle persone rischiamo di creare ulteriori diseguaglianze e discriminazione. La variabile del tempo ha la sua importanza in tutto questo: la velocità con la quale si riuscirà a rendere concreti questi intendimenti sarà il valore aggiunto attraverso il quale di svilupperanno i maggiori benefici” ha concluso Marcello Grussu, Comitato Coordinamento Diabete Italia, Presidente ANIAD Nazionale

Farmaco equivalente: “Dopo anni, pur garantendo sostenibilità al SSN e risparmio ai cittadini, il loro uso in Italia è ancora a macchia di leopardo”

farmaci equivalenti

8 giugno 2021 – I farmaci equivalenti avendo stesso principio attivo, concentrazione, forma farmaceutica, via di somministrazione e indicazioni di un farmaco di marca non più coperto da brevetto (originator), sono dal punto di vista terapeutico, equivalenti al prodotto di marca ma molto più economici, con risparmi che vanno da un minimo del 20% ad oltre il 50%. Questo è fondamentale per mantenere sostenibile l’SSN, consentendo da un lato di liberare risorse indispensabili a garantire una sempre maggiore disponibilità di farmaci innovativi, dall’altro, al cittadino di risparmiare di propria tasca all’atto dell’acquisto dei medicinali. Ma l’uso del farmaco equivalente in Italia è ancora basso rispetto ai medicinali di marca, per fare il punto sulla situazione in Italia e sul perché di queste differenze Motore Sanità ha organizzato il Webinar FOCUS LAZIO: FARMACI EQUIVALENTI MOTORE DI SOSTENIBILITÀ PER IL SSN, realizzato grazie al contributo incondizionato di TEVA.

“I farmaci equivalenti rappresentano in tutti i paesi industrializzati una risorsa preziosa per consentire l’accesso alle cure a costi sostenibili, i farmaci equivalenti, inoltre rappresentano numerosissime molecole collaudate, di impiego sicuro, su tutta una serie di patologie sia acute che croniche. Superati i problemi legati, all’inizio della genericazione, dall’esiguità delle molecole genericabili, alla lunghezza della copertura brevettuale, oggi moltissime sono le molecole disponibili. Ciò che però è poco considerato è come l’informazione sui farmaci cosiddetti maturi sia, soprattutto sui medici più giovani, carente. Se un medico di 60 anni, che ha visto l’uscita di molte delle molecole genericate, ha una vasta conoscenza di questi farmaci, un medico giovane ha sicuramente una buona informazione sulle molecole nuove, un’ informazione più scarsa su farmaci ormai privi di copertura brevettuale. Molti colleghi, su farmaci “antichi” hanno una informazione che deriva dalla farmacologia clinica studiata ai tempi dell’Università. Una informazione più accurata sarebbe opportuna già nella formazione Universitaria, o quantomeno nella fase post laurea, affiche’ il personale medico che entra in ruolo, abbia la giusta conoscenza su molecole, largamente utilizzate, ma paradossalmente meno conosciute, dai giovani, rispetto alle molecole innovative”, ha detto Pierluigi Bartoletti, Vice Segretario Vicario FIMMG

“Ormai il farmaco equivalente ha dimostrato ampiamente la sua importanza, in termini di risparmio. Quello che oggi dobbiamo fare è diffondere maggiormente la cultura del farmaco equivalente con un’informazione corretta e puntuale. In questo credo che le farmacie, proprio per la fiducia di cui godono da parte del cittadino, potranno dare il loro importante contributo alla diffusione del farmaco equivalente”, ha dichiarato Eugenio Leopardi, Presidente Federfarma Regione Lazio

“Le proposte su cui lavorare sono quelle di continuare verso un’informazione corretta, che possa trasmettere una conoscenza, sia da un punto di vista scientifico ma soprattutto anche in termini di vantaggio economico e sostenibilità, una formazione adeguata e diffusa per medici e farmacisti, campagne istituzionali di sensibilizzazione. Infine, siamo arrivati al punto in cui potrebbe essere determinante una attuazione di politiche sanitarie e di welfare regionali che possano incentivare la prescrizione e la dispensazione di farmaci equivalenti, in modo tale da poter ridurre significativamente quella che è la compartecipazione dei cittadini in un momento storico dove il Paese soffre una crisi economica rilevante”, ha spiegato Alberto Giovanzana, Associate Director Government & Regional Affairs Teva Italia

DIABETE: “Rapida diagnosi, presa in carico efficace e accesso all’innovazione, solo così potrà migliorare la situazione in Sardegna”

Ero malato di diabete

 

8 giugno 2021 – Il diabete rappresenta una patologia cronica la cui condizione spesso poli patologica, richiede una gestione multidisciplinare complessa che la recente pandemia ha evidenziato in modo drammatico e le Regioni devono rivedere l’organizzazione della rete assistenziale. La Regione Sardegna detiene il triste primato italiano di incidenza di diabete di tipo 1, con oltre 12.000 adulti, più di 1.500 under 18 e circa 120 nuovi casi di diabete tipo 1 diagnosticati nella fascia di età 0-14 anni e collocandosi a livello mondiale, seconda solo alla Finlandia. Oggi fortunatamente ci sono innovazioni tecnologiche (farmaci e devices) che consentono una qualità della vita pressoché normale. Motore Sanità e Diabete Italia Onlus insieme, con lo scopo di far confrontare Istituzioni, Clinici e Pazienti, hanno organizzato il Webinar ‘LA PANDEMIA DIABETE IN REGIONE SARDEGNA’, realizzato grazie al contributo incondizionato di MEDTRONIC. 

“Questo è il primo webinar promosso da Diabete Italia per incontrare le Regioni. Non a caso è stata scelta la Sardegna: si tratta della Regione italiana con la maggiore incidenza di diabete di tipo 1 in Italia e, probabilmente, tra le maggiori per diabete tipo 2 di cui però manca un registro epidemiologico. Nonostante questi dati, questa realtà fatica a trovare un equilibrio gestionale che permetta un accesso più equo a farmaci e devices e, più in generale a percorsi di cura condivisi e definiti. La nostra iniziativa intende analizzare le difficoltà ed i motivi per cui esistono le carenze descritte creando un momento di condivisione che possa avviare una stagione di riforme a favore della popolazione diabetica garantendo la sostenibilità del sistema”, ha spiegato Stefano Nervo, Presidente Diabete Italia

“C’è un dibattito aperto da tempo nel nostro Paese e che riguarda le differenze e le disuguaglianze che contraddistinguono i vari Sistemi Sanitari Regionali. Differenze che la pandemia Covid-19 ha accentuato ancor di più facendo emergere in tutta la sua gravità le criticità e i ritardi soprattutto in quelle Regioni già notoriamente in difficoltà. L’esempio più eclatante riguarda l’approccio e l’assistenza alle malattie croniche come per esempio il diabete. Chi ha a che fare con questa patologia, infatti, trova soluzioni terapeutiche e accesso alle cure diverse a seconda di dove risiede. Diabete Italia, dove al suo interno trovano spazio e aderiscono le componenti del volontariato ma anche delle Società Scientifiche, ha maturato l’idea che occorra procedere ad una ricognizione puntuale delle criticità e delle differenze che riguardano la cura e l’assistenza alle persone con diabete nelle varie Regioni al fine di poter elaborare proposte organizzative alternative e comuni in coerenza con i reali bisogni. La Sardegna che rappresenta una Regione particolare sia sul piano epidemiologico (è il secondo territorio al mondo dopo la Finlandia dove si registra l’incidenza più alta di Diabete di tipo 1 nella fascia adolescenziale), sia su quello organizzativo per alcuni annosi ritardi che si trascina come una discreta limitazione prescrittiva che riguarda l’accesso ai device e ai farmaci innovativi, ci è sembrato potesse essere un punto di partenza molto interessante nell’attività che Diabete Italia vuole appunto portare avanti”, ha dichiarato Marcello Grussu, Comitato Coordinamento Diabete Italia, Presidente ANIAD Nazionale

Interstiziopatie polmonari: “Al via la Road Map per valutare i modelli organizzativi regionali e garantire uniforme accesso a livello nazionale”

innovazione dirompente

28 maggio 2021 – Le interstiziopatie polmonari sono malattie rare dell’apparato respiratorio, a complessa gestione. La prevalenza della sola Fibrosi Polmonare Idiopatica (IPF) in Italia è di circa 15.000 pazienti. I centri dedicati alla cura di questa patologia in Italia sono 107, di cui 30 segue circa il 70% dei pazienti, con carico di lavoro oneroso e gravoso. L’approccio alla gestione di questi pazienti da parte delle Regioni è sempre più quello a rete regionale con sistemi ‘Hub & Spoke’. I Centri regionali sono gravati spesso da liste d’attesa di 6-8 mesi e per questo sarebbe necessario un ammodernamento del modello organizzativo a gestione multidisciplinare. Oggi, alcune di queste patologie sono state riconosciute nei LEA, ed è importante che sia garantita uniformità di accesso alle cure sul territorio Nazionale a tutti i pazienti. Con l’obiettivo di far confrontare tutti gli stakeholders a livello regionale impegnati nella cura di questa patologia, per implementare modelli gestionali e organizzativi, con al centro il paziente, Motore Sanità ha organizzato il webinar ‘INTERSTIZIOPATIE POLMONARI: FOCUS PUGLIA’, secondo di 9 appuntamenti a livello regionale, realizzati grazie al contributo incondizionato di Boehringer Ingelheim. 

“Le utilità per un malato di IPF “in fieri” iniziano con la necessità di sensibilizzare i medici di base sull’importanza della diagnosi precoce che, in una malattia senza cura ma con una semplice terapia di rallentamento, è fondamentale. I malati ricercano una struttura capace di diagnosticare quella strana tosse asintomatica ma che non passa mai e gli altri sintomi con i quali inizia a manifestarsi la malattia che ancora non sanno di avere. Scarsa l’attenzione da parte delle Istituzioni, alla notizia dell’approvazione della Legge 27/2020 ché, prevede l’obbligatorietà di mettere a disposizione dei malati punti di ricarica degli stroller di ossigeno presso farmacie o ASL, fa seguito l’articolo 5 ter della legge n.27 del 24 aprile 2020, che di fatto non è stata attuata perché manca il decreto ministeriale. Nella ASL FG esiste una commissione terapeutica territoriale, con la potestà di autorizzare i piani terapeutici dei pazienti, ma con modalità di valutazione laboriosa e procedure che necessitano di non meno di 45-50 gg di tempo prima della effettiva fornitura al paziente. Queste tempistiche sono incompatibili con le esigenze cliniche dei pazienti. Sarebbe opportuno dotarsi di un prontuario per ogni patologia rara (come fatto in Veneto od in Emilia Romagna) con l’elenco dei farmaci correlati al trattamento della patologia rara che non necessitano di ulteriori valutazioni e lasciare alla referente distrettuale per le malattie rare l’onere del controllo e della valutazione della prescrizione”, ha spiegato Giuseppe Lanunziata, Presidente Regionale RespiRare Puglia Onlus

“Le interstiziopatie polmonari sono un gruppo estremamente eterogeneo di patologie con un target patologico comune: l’interstizio polmonare. Sebbene esse siano patologie globalmente rare, se considerate all’interno di un contesto pneumologico esse possono rappresentare una percentuale importante dell’attività specialistica sia ambulatoriale che di reparto. Infatti, se da un lato sempre più pazienti asintomatici o paucisintomatici giungono alla nostra osservazione per evidenza radiologica di alterazioni interstiziali di minima entità, dall’altro non è rara la gestione del paziente fibrotico ospedalizzato già in fase acuta per esordio di malattia, spesso misconosciuta. Da sempre le patologie interstiziali polmonari rappresentano una vera e propria sfida sia in ambito diagnostico che terapeutico ed in questo contesto un ruolo chiave è svolto dal team multidisciplinare. Una diagnosi corretta e precoce è fondamentale per ritardare il decorso della patologia ed impostare la migliore terapia per il paziente. Questo aspetto va considerato specialmente nella Fibrosi Polmonare Idiopatica che, tra le forme non associate a cause note, è la più frequente. Infatti, i principali farmaci anti-fibrotici attualmente in commercio in Italia sono disponibili solo per questa specifica forma di malattia, sebbene siano in corso numerosi studi clinici atti a validare il loro utilizzo anche in altre forme di fibrosi. In questo ambito grande importanza ha non solo la ricerca scientifica ma anche l’individuazione di modelli gestionali e organizzativi paziente-centrici, che abbiano come fine ultimo la promozione di una High-Quality life”, ha detto Donato Lacedonia, Professore Associato-Direttore Scuola di Specializzazione Malattie Apparato Respiratorio Università, Foggia

 

COVID-19: la pandemia frena il percorso professionale delle donne in oncologia I risultati del sondaggio ESMO Women for Oncology

Women for Oncology Italy

Il tasso delle pubblicazioni delle donne è calato durante la pandemia
Le donne rappresentano solo un terzo degli autori che pubblicano articoli legati al COVID-19
Solo 1 su 3 ha dichiarato di aver avuto un ruolo di leadership

Un sondaggio condotto da ESMO Women for Oncology evidenzia che l’emergenza sanitaria ha acuito il problema del gender gap, con dati che mostrano che le donne in oncologia hanno potuto dedicare meno tempo alla ricerca durante e dopo le fasi di lockdown. Mentre le donne oncologhe erano già sottorappresentate nelle società scientifiche e professionali come leader (ESMO Open 2018;3:e000423) e nelle riviste oncologiche di alto livello come primi e ultimi autori nel mondo pre-pandemia (BMJ 2016;352:i847) (Lancet.2018 May 5;391(10132):1754-1756), la crisi COVID-19 ha ulteriormente aggravato il divario di genere nella ricerca sul cancro.

In un sondaggio condotto dal Comitato ESMO Women for Oncology (W4O) nel giugno 2020, le donne hanno riferito di aver dedicato meno tempo alle attività scientifiche durante i lockdown dello scorso anno rispetto a quanto riportato dai partecipanti maschi, con una tendenza che rimane costante anche dopo la fine del lockdown.
Poiché le donne sono state in prima linea nell’emergenza sin dalle prime fasi, rappresentando il 76% degli operatori sanitari in Europa, il Comitato W4O ha deciso di lanciare il sondaggio per valutare l’impatto della pandemia sulla vita delle oncologhe e degli oncologi e per identificare possibili differenze legate al genere. I risultati del sondaggio suggeriscono che le donne hanno pagato il prezzo più alto in termini di produttività legata alla ricerca. Ciò è in linea con altri studi condotti di recente che riportano che il tasso delle pubblicazioni delle donne è calato durante la pandemia (Nature 581, 365-366 (2020)) e che esse rappresentano un terzo di tutti gli autori che pubblicano articoli legati al COVID-19 (BMJ Global Health 2020; 5: e002922).

“Pensavamo che la riduzione della produttività della ricerca in ambito oncologico durante l’emergenza sanitaria sarebbe stata bilanciata tra uomini e donne, ma è emerso che permangono importanti divari di genere”, ha commentato la Presidente del Comitato ESMO W4O Professoressa Pilar Garrido, University Hospital Ramón y Cajal (IRYCIS), Madrid, Spagna. “È assodato che le donne hanno dedicato più tempo alla gestione familiare e domestica rispetto agli uomini. La ricerca, tuttavia, è necessaria per la crescita professionale e rappresenta una variabile per misurare il successo. Questa sottorappresentazione delle donne ha probabilmente un forte impatto soprattutto su coloro che sono nella fase iniziale della loro carriera, influenzando negativamente la loro capacità di competere per ruoli più importanti e confermando che in tempi di crisi le donne sono più vulnerabili”, ha aggiunto Garrido.

Uno scenario preoccupante è stato delineato anche nelle opportunità di leadership per le donne oncologhe. Le donne sono state coinvolte meno nei comitati consultivi o nei gruppi che si occupavano di COVID-19 e la loro partecipazione era generalmente limitata al rispettivo istituto piuttosto che a livello regionale, nazionale o internazionale, e solo una su tre ha dichiarato di aver avuto un ruolo di leadership.

“Questo riflette ciò che è accaduto a livello globale anche al di fuori dell’ambito oncologico, in quanto le donne erano sottorappresentate in molte task force legate al COVID-19. La pandemia ha dimostrato che il divario di genere è ancora un problema importante. Abbiamo bisogno di politiche di trasformazione di genere e dell’impegno da parte di personalità che ricoprono posizioni di rilievo per guidare un reale cambiamento”, ha concluso Garrido.

“La pandemia ha sottolineato un’altra volta la necessità di azioni specifiche per ridurre il gender gap. Questo articolo riporta come le donne siano state ulteriormente penalizzate in questo momento storico, in cui il carico della famiglia a casa e del lavoro è stato sulle loro spalle.  In Italia questo è stato evidente anche dalle commissioni ministeriali quasi completamente maschili, con pochissime chances per le donne di essere valorizzate. Io ora vivo in America e sono Professore di Medicina all’ Università di Chicago. Sono andata via anche per questo e per dare alle mie figlie l’occasione di vedere un mondo diverso. Non basta dire che il gender gap esiste, ormai lo abbiamo detto e ripetuto e questo articolo ha ancora enfatizzato il problema. In Italia non esiste consapevolezza e non esistono concreti programmi di cambiamento. Mi ha colpito quando sono arrivata qui vedere che l’Università durante la pandemia pagava la babysitter alle professoresse con figli, e che qualsiasi scelta strategica viene fatta nel rispetto dell’equilibrio di genere.” ha affermato Marina Chiara Garassino, Professor of Medicine, University of Chicago Medicine & Biological Sciences (Section of Hematology | Oncology) e Presidente onorario Women for Oncology Italy.

About – European Society for Medical Oncology (ESMO) 
ESMO è la principale organizzazione professionale per l’oncologia medica. Con oltre 25.000 membri che rappresentano professionisti di oncologia da oltre 160 paesi in tutto il mondo, ESMO è la società di riferimento per l’educazione e l’informazione in oncologia. ESMO si impegna a offrire la migliore assistenza alle persone affette da cancro, promuovendo cure oncologiche integrate, supportando gli oncologi nel loro sviluppo professionale e sostenendo una cura sostenibile del cancro in tutto il mondo.
Con la costituzione del Comitato ESMO Women for Oncology, avvenuta nel 2015, ESMO mira a sensibilizzare la comunità oncologica sulle differenze di genere e a supportare lo sviluppo di leadership femminile in oncologia.
www.esmo.org

Per maggiori informazioni:
https://www.esmoopen.com/article/S2059-7029(21)00090-9/fulltext

Le sfide del Gender Gap in Sanità

Causa Covid

26 maggio 2021 – Mondosanità e Women for Oncology – Italy hanno organizzato nei giorni scorsi il talk web Le sfide del gender gap. Abbattere i muri anche nel mondo della Sanità e della Scienza. Dal dibattito è emerso come superare gli stereotipi di genere e il gender gap sia una necessità sempre più impellente. Bisogna sottolineare che se gli stereotipi di genere sono trasversali a tutti i settori, sono però particolarmente radicati nell’ambito della medicina e della scienza. Purtroppo tutti i dati fanno emergere come gli squilibri tra uomo e donna continuino a persistere, in particolar modo nelle posizioni apicali. La pandemia non ha fatto che aumentare queste diseguaglianze.

Percorsi di formazione adeguati, iniziative di sensibilizzazione, role model sono strumenti che, se combinati insieme, possono aiutare ad abbattere i muri del gender gap.

Secondo Alessia Mosca, Membro 8ª Legislatura del Parlamento Europeo e Membro Camera dei Deputati XVII Legislatura e Prima firmataria legge Golfo-Mosca sulle disparità di genere “L’esperienza ci ha dimostrato che nelle posizioni apicali, laddove si nota che non si riesce in modo automatico a scalfire una consuetudine, le quote servono come un acceleratore, ma vanno sempre intese come uno strumento e mai come il fine. E i risultati di successo si possono verificare in tempi rapidi. Questo meccanismo non può essere applicato in modo standard in ogni settore, ma bisogna adattarlo alla situazione”. 

“Come intergruppo parlamentare abbiamo inserito la parità di genere come uno dei punti fondamentali con cui guardare a tutti i progetti che si andranno a sviluppare con il Recovery Fund, a partire dall’educazione delle giovani verso tutte quelle materie scientifiche che spesso sono appannaggio degli uomini” ha sottolineato Fabiola Bologna, Componente XII Commissione (Affari Sociali), Camera dei deputati

“Le facoltà di medicina sono per 2/3 formate da donne, anche se i dati mostrano che nelle progressioni di carriera e nelle apicalità la piramide è ribaltata, nonostante tante siano le donne meritevoli. Per questo chiediamo che negli obiettivi dei vertici istituzionali sanitari e universitari siano inclusi parametri come il numero avanzamenti di carriera e di ruoli apicali e assegnati a donne durante il mandato, nonché che il 50% di donne sia previsto negli organi a nomina” ha dichiarato Rossana Berardi, Presidente Women for Oncology Italy. Su questo punto lanceremo una call to action per tutte le donne che hanno un ruolo nel sistema sanitario, e ci faremo portavoci delle richieste di tutte le nostre colleghe con le istituzioni.

Cateteri venosi periferici: “Scegliere il dispositivo appropriato è la sola strategia vincente per ridurre le complicanze e ottimizzare le risorse impiegate”

26 maggio 2021 – I cateteri venosi periferici (CVP) rappresentano dispositivi medici ampiamente diffusi in ambito sanitario. A seconda della tipologia di impiego vi sono diversi dispositivi (CVP) la cui corretta scelta deve essere valutata in base a differenti parametri: valutazione del patrimonio venoso, condizioni cliniche generali, tempi di permanenza del dispositivo, soluzioni da infondere, conoscenze dell’operatore. La sostituzione inattesa provoca dolore e comporta costi aggiuntivi. L’utilizzo dell’antisettico cutaneo con clorexidina gluconato (CHG) al 2% in alcool isopropilico (IPA) al 70% in applicatore monouso sterile ha ridotto il rischio di complicanze infettive. Per discutere della gestione complessiva dei CVP in ambiente ospedaliero, Motore Sanità ha organizzato il webinar ‘Nuove evidenze nella gestione dei cateteri venosi periferici per ridurre il rischio di complicanze infettive’, realizzato grazie al contributo incondizionato di Becton Dickinson. 

“Le infezioni catetere relate rappresentano ancora oggi un aspetto critico per l’aumentato rischio di mortalità, tempi di degenza e costi correlati. Ci troviamo di fronte alla necessità di ridurre tali rischi e il punto di partenza, anche riguardo gli accessi venosi periferici, è rappresentato dall’antisepsi cutanea. Le evidenze hanno dimostrato che una corretta antisepsi effettuata con clorexidina gluconato (CHG) al 2% in alcool isopropilico (IPA) al 70%, è in grado di ridurre drasticamente il rischio di infezione. L’antisettico da solo però non basta per ridurre le complicanze non infettive quali occlusioni, dislocazioni e flebiti. La riduzione delle complicanze, come dimostrato nel recente studio CLEAN-3, pubblicato sulla rivista Lancet nel 2021, può avvenire grazie all’utilizzo in simultanea di strategie comportamentali e di dispositivi per la gestione dell’accesso vascolare periferico”, ha spiegato Giancarlo Scoppettuolo, Dirigente Medico Dipartimento Scienze di Laboratorio e Infettivologia UOC Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS, Roma. Professore Facoltà Medicina e Chirurgia “A. Gemelli”, Roma

“I cateteri venosi periferici rappresentano i dispositivi maggiormente utilizzati in ambito ospedaliero, eppure la pratica clinica e le evidenze scientifiche dimostrano che le complicanze legate ad essi sono frequenti e talvolta sottovalutate per l’impatto clinico ed economico. Una non ottimale scelta del dispositivo e soprattutto una non corretta gestione dello stesso, contribuiscono in modo significativo all’incremento delle complicanze, quali infezioni, dislocazioni precoci, occlusioni e flebiti. Oggi abbiamo a disposizione diversi tipi di dispositivi periferici, che si differenziano in termini di durata, lunghezza, materiale e ambito di utilizzo. Conoscere tali dispositivi, adottare un algoritmo di scelta appropriato, ma soprattutto l’applicazione di un bundle di gestione degli stessi, risultano essere strategie vincenti per ridurre le complicanze e per un’ottimizzazione delle risorse impiegate” ha dichiarato Mauro Pittiruti, Dirigente Medico Chirurgia d’urgenza UOC Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS, Roma. Professore  Facoltà Medicina e Chirurgia “A. Gemelli”, Roma

 

Maculopatia in Regione Piemonte: ‘Quale miglior percorso di cura per i pazienti? Parola agli esperti’

26 maggio 2021 – La maculopatia è caratterizzata dalla progressiva perdita della visione centrale, spesso bilaterale, limitando molto la funzione visiva. La maculopatia senile legata all’età è la forma più frequente e colpisce 25/30 milioni di persone nel solo occidente. Ma esistono diverse altre forme di maculopatia come quella diabetica la cui incidenza in rapporto all’aumento della malattia e all’invecchiamento della popolazione prospetta scenari preoccupanti. Con lo scopo di proporre nuovi assetti organizzativi in Piemonte, Motore Sanità ha organizzato il webinar ‘Focus Patient Journey del paziente maculopatico in Regione Piemonte’ realizzato grazie al contributo non condizionato di NOVARTIS. 
“Tra le più frequenti forme di maculopatie essudative vi sono la degenerazione maculare correlata all’età, che rappresenta la principale causa di perdita visiva nelle persone in età avanzata e la retinopatia diabetica che è la principale causa di perdita visiva nelle persone in età lavorativa. Fortunatamente abbiamo a disposizione terapie estremamente efficaci per trattare tali patologie. Tuttavia, a causa di difficoltà prevalentemente organizzative, dovute all’elevato numero di controlli e trattamenti necessari, ma anche al ritardo nell’inizio del trattamento rispetto alla comparsa della sintomatologia, spesso non è possibile ottenere i benefici attesi da tali trattamenti. Perciò è imperativo cercare di costruire una rete efficiente tra territorio ed Centri di Riferimento, che garantisca da un lato la capacità del territorio di intercettare tempestivamente la patologia e, dall’altro, una rapida presa in carico e gestione appropriata da parte dei Centri di Riferimento. In tal senso la Clinica Oculistica della Città della Salute e della Scienza di Torino avvierà a breve un progetto pilota che, tramite un sito dedicato, permetterà a tutti gli oculisti del territorio e a retinologi di altri Centri di accedere in maniera diretta alle agende dedicate a queste patologie con delle priorità che verranno individuate in base alla condizione clinica del paziente”, ha detto Michele Reibaldi, Direttore Oculistica Universitaria AOU Città della Salute e della Scienza Torino.
“Il percorso di riferimento per i pazienti con sospetto di maculopatia inizia presso tre tipologie di attori presenti sul territorio: i medici di medicina generale, gli oculisti territoriali e altri centri oculistici. Alla visita oculistica di approfondimento, il centro oculistico di II livello con ambulatorio dedicato effettua esami strumentali per confermare o meno il sospetto di diagnosi; in caso di conferma di diagnosi, il centro di II livello procede a raccogliere il consenso informato e fissa il trattamento. Il trattamento intravitreale dovrebbe avvenire entro 20 giorni dall’invio al centro oculistico di II livello con ambulatorio dedicato. A seguito del primo trattamento è previsto, dopo qualche giorno, una visita di controllo, a cui seguono trattamenti e controlli secondo lo schema terapeutico di riferimento. Tale percorso, se implementato in modo uniforme, permetterebbe ai Centri di Riferimento della Regione Piemonte di risolvere alcune delle criticità rilevate a livello quantitativo: 
• Eterogeneità dei centri oculistici di II livello per volumi, canali di ingresso e tempi di attesa 
• Importante riduzione di tutte le attività dal 2019 al 2020, con una maggiore incidenza sulle diagnosi (-63%) e sulle visite (-50%) ma anche sul numero di pazienti trattati, soprattutto se naive (-49%) 
• Numero di trattamenti nell’anno per singolo paziente (in crescita da 2,6 nel 2019 a 3,4 nel 2020) molto inferiore ai target di riferimento”
Ha spiegato Paolo Locatelli, Responsabile scientifico Osservatorio Innovazione Digitale in Sanità del Politecnico di Milano
“Il tema della maculopatia è un tema su cui, sia a livello nazionale che a livello di molte regioni, si sta lavorando molto per coinvolgere tutti gli attori del processo decisionale e gli stessi pazienti con le associazioni di categoria. Questo dimostra che rispetto a tali patologie, negli ultimi anni, è maturato un atteggiamento molto più consapevole da parte delle istituzioni della sanità, sia a livello delle regioni sia a livello parlamentare” ha spiegato Alessandro Stecco, Presidente della IV Commissione Sanità, Regione Piemonte. “Il tema è fondamentale perché la maculopatia è una patologia che può determinare una perdita di capacità lavorativa oltre che della qualità della vita importante. Inoltre una diagnosi precoce permette di poter iniziare prima i trattamenti, purtroppo molto spesso i pazienti si accorgono di questo problema tardivamente, perché evidentemente non c’è ancora una capacità di riconoscere in anticipo la malattia, salvo in occasione di visite oculistiche specialistiche per le categorie a rischio. Questo è un tema di organizzazione sanitaria prima di tutto. È un tema all’attenzione dell’agenda del Consiglio regionale attraverso una mozione che presto verrà discussa”. 
“In Piemonte stiamo già lavorando su un modello di rete oftalmologica a fronte di una serie di sollecitazioni che sono arrivate dai professionisti – ha spiegato Franco Ripa, Responsabile Programmazione dei Servizi Sanitari e Socio Sanitari, Regione Piemonte -. Tengo a precisare che la definizione di reti e percorsi è in carico ai professionisti, questo significa che il modello deve tenere conto della centralità dei professionisti, nonchè degli utenti. Sarà necessario perciò lavorare assieme per fare sì che le risorse, le indicazioni e i modelli di lavoro portino realmente un valore aggiunto. Sarà pertanto fondamentale costruire sistemi e definire indicatori, anche cogenti, per indicare chiaramente il percorso da intraprendere. In questo momento è necessaria una bussola che ci permetta realmente di capire quali sono i livelli di performance, quali sono i punti di criticità e di forza per delineare il giusto percorso da intraprendere”. 

Global Health Summit: le richieste dei Pazienti ai vertici della sanità mondiale

Recovery Fund

22 maggio 2021 – In vista del Global Health Summit che si è tenuto a Roma il 20 maggio, Mondosanità ha organizzato un Talk web “Verso il Global Health Summit” coinvolgendo gli esponenti di alcune associazioni di pazienti che rappresentano malattie croniche purtroppo molto diffuse sul territorio nazionale.

Il Summit rappresenta un’opportunità per il G20 e per tutti i leader invitati per condividere le esperienze maturate nel corso della pandemia. Non si può però non ascoltare le esigenze e le richieste che arrivano direttamente dai pazienti. La speranza di tutti è che si rafforzi la cooperazione multilaterale e le azioni congiunte per prevenire future crisi sanitarie mondiali, ma anche che le malattie croniche siano sempre più al centro del dibattito politico.

In Italia oltre 3 milioni e 200mila persone hanno il diabete, quasi 400.000 nuove diagnosi di tumore l’anno, mentre sono 185.000 le persone che vengono colpite da ictus ogni anno. Considerando inoltre l’invecchiamento della popolazione in Italia possiamo ben capire come il tema della cronicità debba essere al centro del dibattito politico. Puntare sul ruolo del territorio, investire nella prevenzione e non solo nella cura, ottimizzare le risorse che già ci sono e quelle che arriveranno, riformare la medicina territoriale, digitalizzare in maniera omogenea su tutto il territorio nazionale sono le priorità emerse nel corso del talk web.

Secondo Annamaria Parente, Presidente della 12 Commissione permanente (Igiene e Sanità) del Senato della Repubblica “il Covid ci ha insegnato che dobbiamo riformare la Sanità, dobbiamo fare investimenti seri sulla ricerca e sviluppo, riformare la medicina territoriale e considerare la Sanità come un investimento e non più come un costo, dare risposte concrete e rapide al problema del precariato in sanità. Abbiamo imparato che senza la salute non c’è economia e occupazione e dobbiamo fare tesoro di questi insegnamenti.” 

Per Francesco De Lorenzo, Presidente FAVO (Federazione Italiana delle Associazioni di Volontariato in Oncologia) “Ci vogliono i fondi per il piano oncologico nazionale in questo modo si sarà in linea anche con il piano oncologico europeo. Ritengo necessario pensare ad un ruolo centrale dello Stato in Sanità, che coordini le Regioni. Ci vuole un coordinamento centrale forte”

“Bisogna puntare l’attenzione sul ruolo del territorio, che è mancato durante questa epidemia. Dobbiamo fare una rivoluzione culturale, ribaltando la concezione della sanità che oggi è ospedalocentrica, con grandi disparità sul territorio nazionale” ha dichiarato Lorenzo Latella, Segretario Regionale Cittadinanzattiva Campania.

Nicoletta Reale, Presidente A.L.I.Ce. Italia ODV ha affermato “Speriamo che l’Italia aderisca velocemente allo Stroke Action Plan for Europe, che vuole migliorare l’intero piano di cura dell’ictus, dalla prevenzione alla presa in carico delle persone con ictus. Gli obiettivi del piano per il 2030 sono 4: ridurre del 10% tutti gli ictus, trattare il 90% o più delle persone colpite da ictus nelle stroke unit, avere piani nazionali per l’ictus che incorporino l’intera catena di cure dalla prevenzione primaria alla vita dopo l’ictus; avere piani nazionali che favoriscano stili di vita sani. Ovviamente questo piano dovrà essere accompagnato da un adeguato budget” 

“La revisione della medicina territoriale e della rete ospedaliera è un’opera impossibile da realizzare senza la digitalizzazione di tutte le procedure. Cineca, con la potenza del supercalcolo, si candida a essere attore decisivo in questo passaggio” ha affermato Elisa Rinieri, responsabile area Sanità della Struttura Complessa Università e Ricerca Cineca.

Secondo Rita Lidia Stara, Membro del Comitato direttivo di Diabete Italia e Presidente della Fe.D.ER Federazione Diabete Emilia Romagna “Bisogna potenziare il ruolo del medico di medicina generale e investire di più sulla prevenzione e non solo sulle prestazioni. Se noi investiamo nella prevenzione ridurremo il numero dei malati e potremo investire di più su coloro che sono già malati”.