Le tecnologie più innovative al servizio della sanità

Non solo telemedicina, televisita, telediagnostica, fascicolo sanitario elettronico. Anche altre tecnologie, non previste nel PNRR, potrebbero dare al Servizio Sanitario Nazionale un volto nuovo e all’operatività del medico e degli specialisti nuovi strumenti e opportunità di cura del paziente. 


3 marzo 2022 – Le tecnologie più innovative al servizio del medico e dello specialista, per migliorare la qualità di vita dei pazienti e le prestazioni erogate. La nuova frontiera della sanità parte da qui. Se ne è parlato nel corso dell’evento “ACADEMY MISSIONE 6 – PNRR E OLTRE”, organizzato da Motore Sanità Tech presso la sede della Human Technopole, laboratorio mondiale sul benessere della vita. Oggi ci sono tecniche di analisi predittiva sui dati e tecniche di interrogazione dei big data che consentono al medico e allo specialista di potersi confrontare con una numerosità di casi e di traccianti di profilo di cura a livello mondiale che, fino a poco tempo fa, non erano disponibili (telemedicina, televisita, telediagnostica, fascicolo sanitario elettronico). La missione 6 del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza c’è, ci sarà nei prossimi mesi, ma come abbiamo potuto verificare non basta. Ci sarebbero anche altre tecnologie, non previste nel PNRR, che potrebbero dare al Servizio Sanitario Nazionale nel complesso un volto nuovo e all’operatività del medico e degli specialisti nuovi strumenti e opportunità di cura del paziente. 

“Il PNRR apre nuove prospettive per il SSN, grazie ai finanziamenti aggiuntivi che esso porta”, conferma Francesco Gabbrielli, Direttore Centro Nazionale per la Telemedicina e le Nuove Tecnologie Assistenziali, Istituto Superiore di Sanità: Tuttavia, occorre una riorganizzazione complessiva del sistema dell’assistenza territoriale. Il PNRR disegna questa nuova riorganizzazione che, di fatto, si basa sulla necessità di realizzare una rete, multidisciplinare, attraverso anche i sistemi di telemedicina, fatta di tante competenze diverse e accessibili in luoghi differenziati tra di loro, a seconda del tipo di servizio che si deve erogare. Anche al domicilio stesso del paziente dovranno arrivare gli appropriati servizi, offrendo alle persone diversificate possibilità di accesso. Tutto questo viene innescato dai fondi del PNRR, però dovrà essere costruito e sviluppato in modo da poter durare oltre il termine del suddetto finanziamento. I sevizi che creiamo con il PNRR cioè, non sono servizi sperimentali, ma servizi effettivi, efficaci, sicuri, solidi, duraturi, costruiti in base alle esigenze dei territori, prima di ogni altra cosa. Questo non soltanto per un discorso deontologico ed etico, ma proprio per una questione tecnica. In caso contrario, il sistema di telemedicina non risulterebbe funzionale”.

Nei fondi del PNRR all’interno della Missione 6, fondi destinati alla digitalizzazione delle strutture e degli apparati socioassistenziali e alla telemedicina, noi vorremmo provare a introdurre l’azione di donazione del sangue per tramite della telemedicina, spiega Oscar Bianchi, Presidente Avis Regionale Lombardia. “La nostra idea è di realizzare una piattaforma informatica a cui si potranno agganciare tutti i device – noi pensavamo di dare ai donatori di sangue uno smartwatch – in modo tale da monitorare le informazioni dirette e indirette sullo stile di vita dei donatori e, nel contempo, andare nella direzione di ammettere la donazione tramite la telemedicina e la televisiva. I donatori saranno assistiti o da personale infermieristico o medico, o attraverso volontari professionalizzati. In questo modo andremmo nella direzione di risolvere il problema della carenza dei medici che oggi in Italia, e più in generale nel mondo Avis, si sta verificando. Il progetto ha quindi una triplice valenza: rispondere alla carenza dei medici, introdurre sempre di più la tecnologia e renderla disponibile ai donatori con un’interconnessione con il fascicolo elettronico e i medici di medicina generale al processo di donazione del sangue e curare gli stili di vita del donatore sia in modo attivo (dandogli suggerimenti), sia passivo (monitorando e mappando il suo stato id salute)

Le applicazioni tecnologiche, così come le applicazioni cliniche e mediche, sono il risultato finale di attività di ricerca, sottolinea Alessandra Poggiani, Director of Administration Human Technopole. “Per questo la nascita di Human Technopole, grazie al finanziamento del governo italiano, è importante. Qui in HT ci occupiamo del primo anello della catena del valore, la ricerca di base, che è una fase del processo che spesso non è evidente a tutti. Ma è dalla ricerca di base che dipende lo sviluppo delle scienze mediche, dell’evoluzione dei farmaci e delle terapie. È la ricerca che precede l’evoluzione della diagnostica e che consente di sviluppare vaccini e cure. In Italia c’è un eccellente Servizio Sanitario e una buona industria farmaceutica. Ci sono anche migliaia di ricercatori e di intelligenze. Quello che Human Technopole intende fare, attraverso un approccio interdisciplinare e internazionale, è costruire un Centro di Ricerca internazionale con infrastrutture e laboratori all’avanguardia per promuovere l’innovazione della ricerca nel settore sanitario e migliorare il benessere e la salute delle persone.

L’evento è stato realizzato con il contributo incondizionato di grandi operatori mondiali fortemente coinvolti nelle tecnologie della sanità: Google Cloud, AlmavivA Daiichi-Sankyo

Festa della donna: l’8 marzo sia occasione per combattere il gender gap 

Businesswoman in hijab working on laptop at desk in a modern office

La Presidente Rossana Berardi: “Ci uniamo a tutti gli appelli delle istituzioni e dei politici sia a livello nazionale sia internazionale e chiediamo che tra i parametri di valutazione possa essere inserito come valore la capacità di far crescere tutti, a dispetto del genere in maniera equa”.

2 marzo 2022 – La Giornata internazionale dei diritti della donna ricorre l’8 marzo di ogni anno per ricordare sia le conquiste sociali, economiche e politiche, sia le discriminazioni e le violenze di cui le donne sono state e sono ancora oggetto in ogni parte del mondo. 
“Oggi più che mai, le celebrazioni in occasione di questa festa dovrebbero far riflettere in merito al gender gap e alle equiparazioni salariali e sociali”, spiega Rossana Berardi, Presidente di Women for Oncology Italy“Nel mondo della medicina, il genere femminile di base è sempre stato associato con un aspetto più di accoglienza, di presa in carico e di cura delle persone. Non è un caso che nei secoli scorsi la donna in ambito sanitario sia sempre stata associata con la figura dell’infermiera, mentre l’uomo con il medico e la scienza. Questa è una visione tradizionale che stiamo cercando di superare, tenendo conto del fatto che le donne hanno skills trasversali che andrebbero valorizzate e incentivate. Vorrei sottolineare il fatto che qui non è in discussione la contrapposizione di genere. Noi come Women for Oncology Italy pensiamo che ci siano donne di grande valore come il contrario e la stessa cosa negli uomini. Quello che vorremmo proporre come donne e professioniste è un’equità che è al di là del genere. Tradotto significa che se il 70% di donne entrano nell’ambito sanitario, diventando medici o ricercatrici, non è pensabile che solo il 16% abbiano una posizione apicale. Questo è iniquo, come lo sarebbe se riguardasse un uomo. Non è una contrapposizione di genere, ma dare a tutti la pari opportunità di fare un percorso dimostrando il proprio valore e venendo riconosciuti per il proprio merito. Le nostre doti ci portano a occuparci di attività lavorative che magari ci vengono più congeniali e che ci permettono di esprimere al meglio queste doti di accoglienza e di comunicazione, ma certamente ciò non vuol dire che non possiamo essere abili anche in altri settori, così come non possano essere abili gli uomini in settori prettamente più femminili. Dove c’è un’abilità è giusto che venga esplicitata, così come anche nel mondo dell’educazione e della formazione, a mio avviso importantissimi e che sono prevalentemente femminili. È altrettanto evidente però che non ci sono lavori da donna e lavori da uomini, ci sono lavori per le persone che sono portate, hanno capacità, abilità e professionalità in quel tipo di attività, a dispetto del genere
Stiamo quindi andando nella giusta direzione e il numero di donne in sanità raggiungerà quello degli uomini? La Professoressa Berardi non ha dubbi: “Stiamo andando in questa direzione e lo dimostra il fatto che ne stiamo parlando con un’ottica di equità che superi il gender gap. Il problema è che dalle stime che gli esperti fanno, per arrivare a una vera equità passerà tanto tempo. Si parla addirittura di 200 anni. Bisogna quindi premere sull’acceleratore. Ci uniamo a tutti gli appelli delle istituzioni e dei politici sia a livello nazionale sia internazionale e chiediamo che tra i parametri di valutazione possa essere inserito come valore la capacità di far crescere tutti a dispetto del genere in maniera equa

L’Europa della sanità parte dalle Malattie Rare

Giorgio Perilongo, Dipartimento Funzionale Malattie Rare, Azienda Ospedale Università di Padova (AOUP): “Si inizia da Padova per arrivare ad immaginare un Sistema Sanitario Europeo integrato, dove i cittadini europei possono usufruire di quelle che sono le enormi risorse sanitarie che l’Europa nel suo complesso può offrire per la cura dei malati rari”


24 febbraio 2022 – L’Europa della sanità parte dalle Malattie Rare (MR). È questo il messaggio emerso durante l’evento dal titolo “Gli stati generali sulle Malattie Rare della città di Padova”, organizzato dall’Azienda Ospedale-Università di Padova con l’Università degli Studi di Padova e Motore Sanità. Due giorni – il 23 e il 24 di febbraio – di studio, aggiornamento, sensibilizzazione e riflessione sul tema delle Malattie Rare in Italia e in Europa, che hanno visto a confronto medici, scienziati, politici, amministratori sanitari e specialisti di un settore talvolta poco noto, ma con un impatto importante su migliaia di pazienti. 

“Al momento le uniche e vere reti europee che prendono in carico i cittadini affetti da una determinata patologia sono le reti per le Malattie Rare, in quanto ogni cittadino europeo può essere curato in un Centro specializzato in tutta Europa. L’auspicio è che tale modello venga replicato per ogni patologia, andando a creare una vera sanità europea”, spiega il Professor Giorgio Perilongo, Dipartimento Funzionale Malattie Rare, Azienda Ospedale Università di Padova (AOUP).

L’evento, incluso nella programmazione scientifica per gli 800 anni di istituzione dell’Università di Padova, ha messo in luce vari aspetti inerenti le MR, a partire dalla normativa. Il riferimento è la nuova legge quadro sulle Malattie Rare, licenziata negli ultimi mesi del 2021, che è stata illustrata dall’Onorevole Fabiola Bologna, Segretario della Commissione Affari Sociali e Sanità, Camera dei Deputati e da Pierpaolo Sileri, Sottosegretario di Stato al Ministero della Salute, Presidente Tavolo Tecnico in tema di Malattie Rare. L’Assessore alla Sanità e al Sociale Regione del Veneto Manuela Lanzarin ne ha poi tradotto il valore, a livello di politica regionale, evidenziando il fatto che il Veneto è all’avanguardia per quanto riguarda le Malattie Rare, specie per la registrazione, la presa in carico e in particolare la diagnosi precoce.

Su questo punto il Professor Alberto Burlina, Direttore UOC Malattie Metaboliche Ereditarie, AOU Padova ha illustrato lo stato di avanzamento dello screening metabolico neonatale allargato, dando il senso di quanto il Veneto sia ai vertici per le MR. Notevole è stato anche il richiamo da parte delle Associazioni e del loro bisogno di federarsi per far sentire la loro voce. È stato un momento di riflessione anche riguardo la formazione, ovvero come formare la nuova generazione di personale sanitario che si appronta ad affrontare le sfide che le MR rappresentano, quale paradigma delle sfide della medicina del futuro. Ovvero la digitalizzazione, la capacità di gestire l’integrazione culturale, professionale, esperienziale

“Siamo cresciuti con formazioni cosiddette a silos, ora dobbiamo avere invece una mente aperta alla capacità di arricchirsi e arricchire gli altri della nostra cultura e della nostra professione, perché la complessità sarà forse il comune denominatore delle medicina del futuro”, precisa il professor Giorgio Perilongo. La capacità quindi di integrare i dati e di dialogare con un paziente che vuole essere sempre più protagonista di sé stesso, sarà un altro elemento di cui il bagaglio culturale del personale sanitario futuro dovrà essere fornito. Ultimo punto chiave della formazione abituare la mente dei giovani a cambiare rapidamente, le conoscenze biomediche evolvono in tempi rapidi e medici e operatori non possono ritardare la loro applicazione.  

In merito al panorama europeo, mai come ora un’Istituzione come l’Azienda Ospedaliera di Padova, essendo parte di 21 delle 24 European Reference Networks sulle MR, si trova proiettato su un panorama europeo“Un panorama che ora ci pone ai vertici, ma che è anche una sfida per essere in grado di confermare nel tempo quello che è il ruolo che abbiamo dimostrato in termini di qualità, quantità di prestazioni erogate”, sottolinea Perilongo. Infine la ricerca: “C’è una sfida che dobbiamo gestire”, chiosa Perilongo. “Nel mondo accademico bisogna formare la nuova generazione di ricercatori che pensino già a quella che è l’applicabilità dei loro portati della ricerca”

Si parte da Padova, insomma, per arrivare a un Sistema Sanitario Europeo dove i cittadini europei possano usufruire di quelle che sono le enormi risorse sanitarie che l’Europa nel suo complesso offre


L’evento è stato realizzato con il contributo incondizionato di R&I Genetics, R&I Rare Disease Genetics, Chiesi, Novartis, Gilead, Janssen Pharmaceutical Companies of Johnson & Johnson, Celgene | Bristol Myers Squibb Company, Kyowa Kirin, Roche, Takeda e Vifor Pharma

Scuola e università: la ricetta del premier Mario Draghi per uscire dal gender gap, condivisa da Women for Oncology Italy

Pretty young business woman using her digital tablet while sitting next to the window in the office.

24 febbraio 2022 – Valorizzare gli scienziati, invece di delegittimarli. Investire un miliardo di euro nelle giovani donne. Promuovere la cultura del merito. Raddoppiare le borse di dottorato e mettere la ricerca al centro della crescita dell’Italia. Sulla cima del Gran Sasso, reduce dalla visita dei Laboratori dell’Istituto nazionale di fisica nucleare (Infn), con il premio Nobel Giorgio Parisi, Mario Draghi intende cambiare così il rapporto tra l’Italia e la scienza. Grazie anche ai 30 miliardi del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza per istruzione e ricerca. “Le donne sono state lasciate per troppo tempo ai margini di questo mondo”, ammette il premier. “Le posizioni di vertice sono sempre occupate dagli uomini, tranne poche e luminose eccezioni”. Per abbattere gli stereotipi Draghi sprona dunque a partire dalla scuola e dalle università, dove solo una ragazza su cinque sceglie le cosiddette materie STEM: scienza, tecnologia, ingegneria e matematica. Sono ancora troppo poche, accelera il premier e annuncia che il governo investirà oltre un miliardo, così che le ragazze iscritte possano presto diventare almeno il 35 per cento del totale.

Soddisfatta Rossana Berardi, Presidente di Women for Oncology Italy, che aggiunge: “In ambito sanitario, anche se le donne costituiscono la grande maggioranza degli operatori in Italia e in Europa – pari circa al 70%, che significa che 2 operatori su 3 sono donna – in realtà la possibilità al femminile, già non particolarmente elevata, di attrarre finanziamenti a livello europeo e di pubblicare un contributo scientificamente importante come primo autore si è ridotta ulteriormente nel periodo pandemico. Il fatto poi che ancora poche donne siano presenti nelle lauree STEM è da una parte frutto di un retaggio culturale – che via via nel tempo si sta sbloccando – e dall’altra dovuto al fatto che la possibilità di raggiungere quel tipo di studio e poi di inserirsi in un contesto lavorativo che probabilmente è stato complesso per il genere femminile, rappresenta un deterrente anche proprio per l’avvicinamento delle donne alle facoltà scientifiche. Cosa che adesso sta cambiando. La medicina non rientra propriamente nell’ambito delle STEM, tuttavia abbiamo visto il cambiamento anche nel nostro settore che era tipicamente maschile fino a qualche decennio fa, e che ora è prevalentemente femminile. Il problema è che qualunque settore andiamo a guardare, da quello dell’innovazione a quello della medicina, evidentemente poi la piramide si ribalta in ogni caso. Quindi sia che alla base ci siano tante donne, sia un po’ meno, le apicalità in termini di professionalità rimangono purtroppo ancora molto sbilanciate. I dati che sono stati raccolti a livello nazionale dalle varie Società scientifiche dimostrano come di fatto soltanto il 17-18% delle donne che fanno un percorso in ambito sanitario riescono a raggiungere un vertice che possa essere ospedaliero (direttore di struttura o direttore generale di ospedale) o accademico (professore ordinario) e questo fa riflettere. Se la base si sta ampliando, ciò non avviene in maniera proporzionale a tutti i livelli. La spiegazione non è soltanto nel fatto che ci sarà un meccanismo biologico di ricambio negli anni, perché è stato stimato che per superare il gender gap in maniera naturale occorreranno circa 200 anni. Risulta quindi fondamentale un aiuto istituzionale, laddove non si riesce a scalfire questa consuetudine di non arrivare a raggiungere una posizione apicale. I risultati di successo dimostrano come poi concretamente la donna, all’interno del meccanismo, possa raggiungere più rapidamente il processo di innovazione nella start up piuttosto che nell’azienda, o nella sanità. Da qui la nostra iniziativa. Con Women for Oncology Italy ci siamo fatte promotrici di una campagna che proponga l’inserimento di obiettivi specifici per le direzioni, al fine di rendere il lavoro più amico e di garantire un equo accesso alla crescita professionale. Abbiamo lanciato una survey, per aiutarci a comprendere le aree di miglioramento e le iniziative concrete per superare il gender gap e per la quale invitiamo tutti quelli che non lo avessero ancora fatto a darci un contributo“. 

Il sondaggio, realizzato in collaborazione con Mondosanità, è scaricabile con richiesta di pubblicazione e di condivisione al seguente link: https://it.surveymonkey.com/r/JKKNB9F

Innovazione sanitaria: aiuti e formazione per le donne imprenditrici 

Female Tailor Working with Leather

Rossana Berardi, Presidente di Women for Oncology Italy: “Per fortuna il numero di donne imprenditrici in sanità sta screscendo, ma occorrono misure ad hoc” 

Le donne costituiscono la grande maggioranza degli operatori sanitari in Europa (70-80%). Tuttavia, anche se le esperienze professionali delle donne medico avrebbero potuto innescare un cambiamento innovativo nel settore sanitario, il loro slancio imprenditoriale è stato meno evidente di quello dei loro colleghi uomini. 

“Questo fino a ieri. Oggi, per fortuna, qualcosa sta cambiando e il numero di donne imprenditrici nella sanità sta crescendo. Tuttavia bisogna fare di più: occorrono misure ad hoc per incentivare questo trend”, denuncia Rossana Berardi, Presidente di Women for Oncology Italy

“Mettere in luce le donne innovatrici non è solo fondamentale per le loro stesse start-up, ma aiuta anche a generare un impatto sociale più ampio per attrarre più donne nell’innovazione e nelle STEM” (acronimo che vuole indicare l’insieme delle discipline scientifico-tecnologiche – scienza, tecnologia, ingegneria e matematica – e i relativi campi di studio), sottolinea Chiara Maiorino, Ecosystem Lead for Italy di EIT Health InnoStars, l’organizzazione leader che sostiene lo sviluppo dell’innovazione sanitaria. 

Questo alla luce del fatto che, secondo il Women in Digital Scoreboard della Commissione Europea, le donne in Europa rappresentano solo un terzo dei laureati STEM e questo divario in genere si allunga anche sull’imprenditorialità, dato che le donne sono il 15,5% dei fondatori di start-up nell’Ue. Non basta. C’è poi il problema legato alla difficoltà nel ricevere i finanziamenti: in Europa centrale e orientale solo l’1% del capitale disponibile va a start-up fondate da donne. Questo, nonostante i dati mostrino che le imprenditrici appartenenti a quest’area geografica realizzano di più con il denaro che ricevono, superando gli uomini in termini di produttività del capitale.

C’è poi un altro dato interessante, come evidenzia la professoressa Berardi: le donne nell’industria biotecnologica si dimostrano più sensibili all’utilizzo degli ultimi sviluppi nel campo ambientale. A dirlo anche un’indagine dell’OCSE: le donne in tutto il mondo tendono ad essere più attente alle preoccupazioni ecologiche, sono più propense a riciclare, ad acquistare cibo biologico e prodotti con marchio ecologico, ad impegnarsi nel risparmio idrico ed energetico e ad usare forme di trasporto a basso consumo energetico. “Questo può anche essere tradotto in idee di sostenibilità più vicine alle sensibilità femminili”, sottolinea la Presidente di Women for Oncology Italy

La degenerazione non è limitata alla fase tardiva della malattia, ma inizia con l’iniziare della malattia nella sua fase preclinica.

17 febbraio 2022 – La Sclerosi Multipla (SM) è una malattia autoimmune, infiammatoria, demielinizzante e degenerativa del sistema nervoso centrale, che colpisce soprattutto le giovani donne tra i 20 e i 40 anni. Per la sua particolarità, implica un approccio multispecialistico e multiprofessionale, al fine di tenerla sotto controllo il più possibile. Chi normalmente ne è colpito – parliamo di 130mila persone in Italia – è costretto a convivere con la malattia per tutto il resto della propria vita. 
A fronte delle evidenze della pratica clinica, che ha mostrato come iniziare la terapia il più precocemente possibile porti a un rallentamento della progressione della disabilità, ricordando che ogni individuo richiede un programma di cura personalizzato, Motore Sanità ha organizzato un nuovo appuntamento regionale dal titolo “Focus Liguria: #MULTIPLAYER – La sclerosi multipla si combatte in squadra”, con l’obiettivo di sensibilizzare le Istituzioni verso un trattamento precoce ed efficace.

La Sclerosi Multipla è una malattia poliedrica con molte sfaccettature e quindi la sua cura deve essere altrettanto poliedrica e multidisciplinare, conferma Matilde Inglese, Responsabile Centro Sclerosi Multipla IRCCS San Martino Genova. È anche una malattia tempo-dipendente, perché la degenerazione non è limitata alla fase tardiva della malattia, ma inizia con l’iniziare della malattia nella sua fase preclinica. Questo ci porta a due considerazioni: l’importanza della diagnosi precoce – che la risonanza magnetica ci permette di fare anche nella fase preclitica – e del trattamento precoce. Quello che abbiamo imparato in questi anni nell’utilizzo di questi trattamenti è che il trattamento precoce con terapia ad alta efficacia è quello che impatta veramente l’outcome clinico nel lungo termine”.

Le parole chiave nelle cure devono essere: appropriatezza, equità e sostenibilità, aggiunge Carlo Serrati, Coordinatore DIAR Neuroscienze Alisa Regione Liguria. “In relazione a quest’ultimo punto, sulla questione ricambio generazionale e borse di studio per le scuole di specializzazione, in Liguria – Regione che conta 1milione e 600mila abitanti – saremo in affanno ancora per 2-3 anni

“Bambini siete troppo piccoli per abituarvi a mangiare male”. A Pollenzo si parla di stili di vita sani a partire da piccole azioni quotidiane

Pollenzo, 15 febbraio 2022 – Promozione di stili di vita sani e della mobilità sostenibile sono sempre stati il tema cardine di Bruna Sibille, Consigliere della Provincia di Cuneo oggi ed ex sindaco di Bra “in bicicletta”. In occasione della Winter School 2022 di Pollenzo, dal titolo ‘Oltre la logica dei silos per un’offerta integrata di salute’, organizzata da Motore Sanità, in collaborazione con l’Università degli Studi di Scienze Gastronomicheevento di alto profilo in ambito sanitario, promosso e divulgato da Mondosanità e da Dentro la Salute, ha portato all’attenzione del grande pubblico quella che è la responsabilità degli amministratori, specie locali, di favorire per i concittadini un contesto in cui sia più facile “applicare” stili di vita sani a partire da piccole azioni quotidiane.
In tema di alimentazione, Bruna Sibille porta al tavolo di confronto “Cronicità e approccio integrato: le sfide per una filiera dell’offerta di diagnosi, azioni, controllo e formazione tecnologica” il tema della cucina e della mensa comunale di Braun fiore all’occhiello per le scuole cittadine che possono contare sulla preparazione diretta dei pasti nella grande cucina di via Montegrappa. 
Circa 1.500 pasti al giorno che poi vengono distribuiti al nido, alle scuole dell’infanzia, alle primarie e alle medie. Mensa aperta ad enti pubblici e ad associazioni convenzionate, ovviamente con orari diversi da quelli dei bambini.
“Il menù è studiato appositamente con esperti per rispondere ai requisiti del fabbisogno calorico e nutrizionale dei “destinatari” con particolare attenzione alla scelta delle materie prime, ad esempio introducendo alcuni prodotti bio o integrali e/o a km zero, e al valore “educativo” del pasto, come momento per imparare a scegliere ciò che “è bene” mettere nel piatto – spiega la Sibille. Abbiamo oltre 40 menù diversi, che tengono conto delle principali allergie e consentono la “convivenza” anche con i bambini di religioni differenti. Questa nostra scelta è davvero un po’ coraggiosa, visto che la tendenza generale delle amministrazioni è l’appalto delle mense a grandi aziende della ristorazione collettiva. Noi rifiutiamo questo modello fondato sull’economia di bilancio in un campo così importante come l’alimentazione dei bambini. Tutti gli anni spendiamo un po’ di più (non molto, per la verità) in quella che consideriamo non una spesa corrente, ma un investimento sui nostri piccoli concittadini. E si badi bene, per insegnare non solo l’alimentazione corretta, ma anche l’alimentazione varia e gustosa. Parafrasando il detto “Sono troppo vecchio per bere vino cattivo”, diciamo ai bambini “Siete troppo piccoli per abituarvi a mangiare male”

Boom di esami cardioradiologici, Tc e risonanza magnetica per lo studio delle complicanze cardiovascolari da Covid-19

Pollenzo, 15 febbraio 2022 – “Negli ultimi anni abbiamo assistito ad un netto incremento delle richieste di esami cardioradiologici, TC ed RM, per pazienti ricoverati ed ambulatoriali; tale incremento è dovuto all’inserimento nelle linee guida cardiologiche nazionali ed internazionali dell’imaging non invasivo sia per lo studio della cardiopatia ischemica sia non ischemica. Relativamente all’esperienza del presidio Molinette dell’AOU Città della Salute e della Scienza di Torino, nel triennio 2017-2019 è evidenziabile un tangibile incremento nelle prestazioni cardioradiologiche eseguite e, in particolare, la TC coronarica ha subito un incremento costante del 70% nel 2018 e del 58% nel 2019
Dati alla mano, Riccardo Faletti, Professore Dipartimento Scienze Chirurgiche – Diagnostica per immagini Università degli Studi di Torino, illustra un quadro che nel corso del tempo è cambiato, mettendo in luce allo stesso tempo la necessità di un adeguamento delle risorse tecnologiche e delle competenze professionali. L’occasione è la Winter School 2022 di Pollenzo, dal titolo ‘Oltre la logica dei silos per un’offerta integrata di salute’, organizzata da Motore Sanità, in collaborazione con l’Università degli Studi di Scienze Gastronomicheevento di alto profilo in ambito sanitario, promosso e divulgato da Mondosanità e da Dentro la Salute, nella sessione “Cronicità e approccio integrato: le sfide per una filiera dell’offerta di diagnosi, azioni, controllo e formazione tecnologica – Le malattie cardiovascolari: bisogni irrisolti, che cosa curare a livello territoriale e con quali supporti tecnologici ed informatici”
“L’elevato valore predittivo negativo (prossimo al 95%) della TC coronarica consente di escludere in tempi rapidi la patologia coronarica significativa nei pazienti a rischio basso, evitando di dover ricorrere alla coronarografia che, per costi ed invasività, non dovrebbe essere eseguita nei pazienti a basso rischio – prosegue il Professor Faletti -. La RM cardiaca consente una valutazione estremamente accurata delle caratteristiche del muscolo cardiaco, unica nel suo genere, che si presta allo studio di tutte le cardiomiopatie sia nei soggetti anziani, ma soprattutto nei giovani”

La pandemia Covid-19 ha fatto impennare le richieste di questi esami. 
“Nell’attuale situazione di pandemia da Covid-Sars-2 è ben noto l’aumentato rischio di patologia cardio-vascolare legato a questa infezione e alle eventuali complicanze post-vaccinali – conclude Faletti – ne consegue che negli ultimi due anni si è verificato un ulteriore incremento della richiesta di tali tipologie di esami per lo studio delle complicanze cardio-vascolari da questa infezione. All’aumentare della richiesta di tali prestazioni è parzialmente corrisposto un adeguamento delle risorse tecnologiche e delle competenze professionali. Tale tipologia di esami richiede infatti un equipaggiamento tecnico delle apparecchiature TC ed RM non sempre presente nelle strutture ospedaliere e nei poliambulatori sul territorio e anche le competenze professionali dei radiologi impiegati nell’esecuzione e nella refertazione di tali esami non sono comprese nella formazione di base dello specialista in diagnostica per immagini. Per ciò che concerne quest’ultimo aspetto le scuole di specialità si stanno adeguando cercando di prevedere dei percorsi specifici per l’imaging cardioradiologico”

Malattie cardiovascolari, con la telecardiologia abbattimento delle liste di attesa. 

L’esempio dell’ospedale Valduce di Como

Pollenzo, 15 febbraio 2022 – Il contenimento delle liste di attesa per prestazioni di diagnostica clinica e strumentale ambulatoriale erogate dal Servizio sanitario nazionale è divenuta negli ultimi anni una priorità. In epoca pre-Covid il Ministero della Salute ha pubblicato il nuovo Piano Nazionale di governo delle liste di attesa per il triennio 2019-2021. In particolare per le prestazioni di ecocardiografia, la regione Lombardia ha richiesto in quel periodo un incremento del 23% delle prestazioni. Tali richieste vanno a scontrarsi con la progressiva crescente carenza di medici specialisti disponibili. Al fine quindi di aumentare le prestazioni della UOC di Cardiologia dell’Ospedale Valduce, da febbraio 2018 è partita un’attività di telecardiologia che prevede l’esecuzione in sede dell’esame ecocardiografico da parte di tecnici qualificati (sonographer), l’invio delle bioimmagini su un PACS condiviso e la refertazione in remoto da parte di cardiologi accreditati. Il processo si chiude con la consegna del referto al termine dell’esame (attualmente inviato via email). 
Questo modello è stato presentato da Giovanni Corrado, Direttore Cardiologia dell’Ospedale Valduce di Como, alla Winter School 2022 di Pollenzo, dal titolo ‘Oltre la logica dei silos per un’offerta integrata di salute’, organizzata da Motore Sanità, in collaborazione con l’Università degli Studi di Scienze Gastronomiche, evento di alto profilo in ambito sanitario, promosso e divulgato da Mondosanità e da Dentro la Salute, nella sessione “Cronicità e approccio integrato: le sfide per una filiera dell’offerta di diagnosi, azioni, controllo e formazione tecnologica – Le malattie cardiovascolari: bisogni irrisolti, che cosa curare a livello territoriale e con quali supporti tecnologici ed informatici”

“Un cardiologo referente in sede è sempre disponibile per eventuali comunicazioni urgenti. In concreto, è stato stipulato un accordo con una startup (Ecocardioservice di Milano) che ha reso disponibile la tecnologia (ecocardiografo di fascia alta di ultima generazione e sistema PACS per le immagini) ed il personale per l’esecuzione (sonographer in sede) e refertazione (cardiologi accreditati che refertano da remoto) dell’esame a fronte di un emolumento pari ad una percentuale pattuita del fatturato. L’Ospedale ha reso disponibili gli spazi fisici ed il supporto segretariale, trattenendo la propria percentuale del rimborso. Questa organizzazione ha consentito di eseguire dal 12 febbraio 2018 al 22 gennaio 2022 16.350 esami aggiuntivi, la lista di attesa è passata da 13 mesi a meno di 1 mese, tutte le richieste con priorità U e B sono state eseguite nei tempi previsti, molti esami sono stati eseguiti in modalità open con invio diretto dal nostro ambulatorio di cardiologia per completamento di una visita. Sono inoltre state intercettate precocemente alcune cardiopatie che richiedevano ulteriori accertamenti o procedure interventistiche o di cardiochirurgia. Inoltre, tutti i pazienti con follow-up periodico (i malati oncologici in primis) hanno eseguito gli accertamenti nei tempi previsti”

Più recentemente è stato aperto un secondo ambulatorio di ecocardiografia che lavora con la medesima modalità presso una sede distaccata dell’Ospedale Valduce situata nel territorio di Lecco e che si occupa in primis di Medicina riabilitativa (polo Villa Beretta di Costa Masnaga, LC). È stata inoltre attivata la possibilità di eseguire questi esami a domicilio. 
Se all’esecuzione dell’ecocardiogramma si associasse in futuro l’esecuzione di un ECG e il rilievo dei parametri vitali (sempre ad opera di tecnici qualificati) accanto al colloquio telefonico con lo specialista, sarebbe di fatto possibile eseguire in modalità totalmente remota una valutazione clinica cardiologica completa. Crediamo che queste modalità di lavoro se riprodotte su larga scala permetterebbe una significativa riduzione dei tempi di attesa con elevata qualità delle prestazioni in un ambito territoriale più ampio”

Malattie cardiovascolari: pazienti curati sul territorio con il sistema “Controllo remoto”. Piemonte capofila in Italia

Pollenzo, 15 febbraio 2022 – La pandemia Covid-19 ha acuito la necessità di gestire a livello territoriale le patologie cardiovascolari croniche come la cardiopatia ischemica cronica, i portatori di dispositivi elettronici impiantabili (pacemaker e defibrillatori) e lo scompenso cardiaco cronico. È da molti ritenuto rilevante inoltre pensare all’ospedale come un gestore della fase acuta del processo di cura e il territorio come un luogo di controllo dove seguire i pazienti vicino al proprio domicilio e ricorrendo all’ospedale solo se presente una riacutizzazione o instabilizzazione della situazione. Vari sono i modelli organizzativi atti a gestire questi scenari, molto diversi dal punto di vista operativo, a seconda della tipologia di argomento. Il processo diagnostico terapeutico del “Controllo remoto dei dispositivi impiantabili” rappresenta un campo nel quale la tecnologia e l’organizzazione possono contribuire a costruire un modello virtuoso che permetta la gestione territoriale di pazienti altrimenti destinati a recarsi periodicamente in ospedale
Durante la Winter School 2022 di Pollenzo, dal titolo ‘Oltre la logica dei silos per un’offerta integrata di salute’,organizzata da Motore Sanità, in collaborazione con l’Università degli Studi di Scienze Gastronomicheevento di alto profilo in ambito sanitario, promosso e divulgato da Mondosanità e da Dentro la Salute, questo modello è stato presentato da Massimo Giammaria, Direttore SC Cardiologia 1 Ospedale Maria Vittoria di Torino.

Ad oggi nella Cardiologia del Maria Vittoria vengono seguiti in controllo remoto circa 2.000 pazienti con soddisfazione reciproca degli operatori e dei pazienti. La Regione Piemonte ha recentemente riconosciuto la prestazione di controllo remoto garantendone una rimborsabilità e ponendosi come capofila in Italia di questo sistema organizzativo in equilibrio tra ospedale e territorio. 
“Nel prossimo futuro vorremmo ulteriormente implementare il nostro servizio con le visite in telemedicina per i nostri pazienti già trattati con il controllo remoto e stiamo organizzando un tavolo di lavoro col Politecnico di Torino per studiare modelli gestionali efficienti e sicuri per questo contesto” spiega il dottor Massimo Giammaria.

Nella situazione classica, in assenza della tecnologia di controllo remoto, il controllo di un dispositivo impiantato avviene durante una visita cardiologica in ospedale, mediante un computer per controllare il pacemaker, chiamato programmatore del pacemaker. La cadenza delle visite dipende dalla complessità del dispositivo impiantato, variando da una visita all’anno per i pacemaker e a 4 visite all’anno per i defibrillatori più complessi. Le visite sono in numero maggiore nel primo anno dell’impianto, poi si attestano tra uno e 4 controlli all’anno per poi nuovamente aumentare via via che ci si avvicini al tempo di sostituzione della batteria. Si tratta di un carico notevole considerando che in una Cardiologia come quella del Maria Vittoria, si impiantano circa 300 nuovi dispositivi all’anno che si sommano a tutti quelli impiantati negli anni precedenti e che saranno seguiti dai numerosi che verranno impiantati negli anni successivi. 
“È frequente trovare sale di attesa piene di 15-20 pazienti generalmente anziani della settima e ottava decade, accompagnati da uno o più famigliari, in attesa della visita. È facile intuire come il Covid abbia sconsigliato tali assembramenti. Inoltre si tratta di pazienti fragili, sovente con difficoltà di deambulazione e con necessità di assistenza continua, e con la necessità di avvalersi di accompagnatori che sovente devono ottenere giornate di permesso da dedicare al proprio parente. Non è inoltre da sottovalutare l’impegno del personale medico e infermieristico tanto che in molte strutture la quantità di tempo da dedicare ai controlli sta iniziando a soverchiare le capacità di gestione del servizio – prosegue il dottor Giammaria -. Il controllo remoto invece, permette di controllare i dispositivi impiantati direttamente dal domicilio del paziente evitando impegno e sovraffollamento degli ambienti ospedalieri, riducendo il rischio che durante la pandemia abbiamo imparato bene a identificare”

I costi dell’hardware sono compresi nell’acquisto dei dispositivi impiantati, la tecnologia si basa sul percorso dell’informazione via gsm, non viene richiesta particolare interazione tecnologica al paziente. Operativamente i pazienti vengono dotati a domicilio di un dispositivo (il dispositivo di controllo remoto) in grado di interrogare in sicurezza il dispositivo impiantato sotto pelle e di trasmettere l’informazione alla piattaforma web del produttore. 
“In ospedale abbiamo le credenziali per poter accedere alla piattaforma web e poter consultare le informazioni ricevute che in tutto e per tutto sono le stesse che si potrebbero ottenere nel controllo “de visu” col paziente in ospedale – prosegue Gianmaria -. La gestione di questa informazione comporta un’organizzazione del lavoro specifica e differente dalla classica organizzazione del controllo pacemaker in ospedale. Il controllo remoto comporta innanzitutto la gestione in team del paziente con forte collegamento tra medici aritmologi e infermieri specializzati. È infatti necessaria la partecipazione di infermieri specializzati nella lettura delle informazioni e nello screening delle trasmissioni, che lavorino in squadra con i medici aritmologi che supervisionano il processo. Non è semplice implementare un modello organizzativo efficiente perché l’impegno è il controllo di tutte le trasmissioni entro 2 giorni lavorativi. Appare evidente che questo tipo di organizzazione con queste premesse non si ponga in sostituzione del 112 – Servizio di emergenza, ma rappresenti un sistema valido e sicuro per il controllo domiciliare dei dispositivi impiantati. I controlli cosi organizzati permettono di rilevare prontamente eventuali malfunzioni dei dispositivi, la presenza di aritmie ventricolari minacciose o l’attività salvavita dei defibrillatori. Inoltre è possibile identificare la presenza di fibrillazione atriale sovente non avvertita dal paziente, che ci permette di iniziare prontamente trattamenti farmacologici atti a prevenire l’ictus cerebrale. È possibile inoltre monitorare alcuni parametri dello scompenso cardiaco per cercare di identificarne prontamente l’insorgenza e iniziare il trattamento più indicato