Cancro: sempre più vicini a sconfiggerlo

Strong woman in city with breast cancer awareness

“ONCOnnection 2022 – Disruptive Innovation in Oncologia” di Motore Sanità. Dai nuovi farmaci alle novità in corsia. Ecco come ci cureremo in futuro. 

26 marzo 2022 – Sono 3milioni e 600mila gli italiani che, ad oggi, vivono con una pregressa diagnosi di cancro. Numeri che parlano di una malattia socialmente importante che non solo non arretra, ma che accelera la sua corsa. Sempre secondo i dati diffusi, nel nostro Paese ogni giorno si scoprono circa mille nuovi casi di tumore e in futuro le previsioni rivelano che un uomo su due e una donna su 3 si ammalerà di tumore nel corso della sua vita. 
Nessuno può ritenersi immune: emblematico il caso del famoso cantante Fedez, operato martedì scorso di un raro tumore al pancreas. La notizia positiva però è che, grazie alla ricerca e ai progressi scientifici, oggi non solo non si muore più di tumori ritenuti incurabili fino a ieri, ma si può guarire. 
Se ne è parlato profusamente durante la due giorni di lavoro di “ONCOnnection 2022 – Disruptive Innovation in Oncologia” di Motore Sanità, che ha visto a confronto i più grandi esperti d’Italia. Ecco tutte le novità emerse:

• NUOVE PROSPETTIVE DI CURA NEL TUMORE OVARICO
Dopo anni di scarsi progressi scientifici in questo setting, recentemente stiamo assistendo a importanti cambiamenti nell’ambito terapeutico, con l’arrivo di nuovi farmaci e di nuove strategie chirurgiche e di terapie di mantenimento. Sono state recentemente sviluppate e sperimentate diverse terapie innovative, tra le quali combinazioni nuove di chemioterapici, nuovi tempi di somministrazione, la somministrazione intraperitoneale dei farmaci anticancro e alcuni farmaci antiangiogenici. Un ulteriore grande passo avanti è stata la messa a punto di una categoria di farmaci del tutto nuova, gli inibitori di PARP, particolarmente attivi contro i tumori causati da mutazioni dei geni BRCA1 e BRCA2. Sono inoltre in corso sperimentazioni di immunoterapia. 
• INNOVAZIONE NELLE CURE DEL MIELOMA MULTIPLO
Gli esperti hanno annunciato che presto per il mieloma si potrà stabilire un percorso terapeutico chemio free, solamente legato ad un approccio di tipo immunoterapico, su cui fondare una strategia terapeutica globale. 
• TERAGNOSTICA
L’approccio teragnostico permette di ottimizzare la gestione clinica delle patologie oncologiche, poiché sin dalla fase diagnostica è possibile migliorare la stadiazione della patologia, selezionare i pazienti non responder, definire le terapie successive e il follow-up. Per utilizzare questo nuovo approccio alla malattia, sono però necessari diversi strumenti organizzativi e strutturali.
• LA PREVENZIONE COME ARMA DI CURA 
Le nuove opportunità terapeutiche e l’innovazione nella farmacologia rendono sempre più importante la diagnosi precoce (vedi il caso di Fedez). Screening e test genetici sempre più precisi e rapidi, se utilizzati nel modo più appropriato e corretto, possono non solo fare la differenza tra la vita e la morte di una persona, ma possono anche portare a risparmi economici sul lungo periodo.
• GAMMA KNIFE

La Radiochirurgia mediante Gamma Knife è una tecnica per radiochirurgia stereotassica intracranica. Può essere utile per intervenire su quelle lesioni profonde non raggiungibili mediante la chirurgia tradizionale. L’utilizzo di questa tecnica però è subordinato a un sistema di imagining molto complesso e quindi ad una stretta collaborazione tra diverse specialistiche. Percorsi organizzativi ben definiti sono quindi fondamentali per l’utilizzo di questa tecnica.
• MOLECOLAR TUMOR BOARD (MTB) FONDAMENTALI PER L’ONCOLOGIA INNOVATIVA
La frontiera dell’oncologia personalizzata passa per i Molecular Tumor Board. Gli MTB sono comitati multidisciplinari di esperti, che si confrontano per interpretare i risultati di test genomici e molecolari di un paziente oncologico, con l’obiettivo di predire la prognosi e personalizzare la terapia. Questo strumento organizzativo-gestionale è fondamentale per l’utilizzo appropriato delle terapie oncologiche innovative.

• TELEMEDICINA E TELE-ONCOLOGIA
Si stanno creando dei processi sempre più innovativi nel campo dell’uso della sanità digitale che rappresenterà un collante tra le realtà territoriali e gli ospedali, dando voce a una vera e propria tele-oncologia: servizio di telemedicina disponibile per coloro che desiderano ottenere una consulenza oncologica in collegamento video da remoto con il proprio specialista di riferimento. La telemedicina in oncologia è ormai diventata fondamentale, perché presenta numerosi vantaggi: il collegamento viene fatto comodamente da casa, permettendo di risparmiare tempo, energie e di ridurre la potenziale esposizione da Covid 19. 

Se desideri approfondire l’argomento clicca sul seguente link per accedere all'”extended press release”: https://www.motoresanita.it/onconnection-2/ 

Vaccini m-rna contro il cancro, teragnostica, Car-T, radioterapia di precisione, companion test e il futuro degli screening: le esperienze che stanno rivoluzionando l’Oncologia italiana

26 Marzo 2022 – Tanti e interessanti gli argomenti trattati durante la straordinaria edizione di “ONCOnnection 2022. Disruptive innovation in oncologia” organizzata da Motore Sanità
Oggi il cancro viene affrontato attraverso armi affilate e in grado di fare ottenere risultati mai ottenuti prima, grazie ai passi della ricerca scientifica – vaccini m-rna contro il cancro, immunoterapia, CAR, radioterapia di precisione, companion test e Molecular Tumor Board, ma si pone l’interrogativo: come l’organizzazione dell’oncologia possa stare al passo con una rivoluzionaria innovazione che tocca gli ambiti clinici della ricerca e le nuove terapie per sconfiggere la malattia

Di VACCINI M-RNA CONTRO IL CANCRO ne ha parlato Ranieri Guerra, Direttore Relazioni Internazionali Accademia Nazionale di Medicina. 
“La tecnologia mRNA permette un tipo di personalizzazione nella lotta al cancro prima impensabile, con il sequenziamento delle cellule oncologiche e lo sviluppo di vaccini terapeutici altamente specifici contro il melanoma e altri cancri letali, al pancreas, al retto-colon, all’ovaio, al polmone. Sarà questo il prossimo futuro della lotta al cancro, basata su piattaforme generiche specializzabili contro ciascuna variante tumorale, così come abbiamo imparato a fare per il Sars-CoV-2 e le sue varianti? E che cosa quel 5-10% di popolazione con forte radicamento no-vax potrà pensare di una tecnologia che secondo loro modifica l’essere umano, e non la degenerazione cellulare e tissutale che lo porta spesso alla morte precoce e, in prospettiva, prevenibile? Con almeno 630 trial clinici in corso in fase 2 e 3 di cui circa la metà completati, la ricerca ci offre speranze concrete, anche se forse non immediate e con la necessità di investimenti rilevanti e l’ausilio sempre maggiore di algoritmi perfezionati e più sofisticati rispetto al recente passato.

Sul ruolo dell’IMMUNOTERAPIA è intervenuto Michele Maio, Responsabile UOC Immunoterapia Oncologica Azienda Ospedaliera Universitaria Senese, in particolare ha portato l’esempio nel melanoma e nell’ovaio. 
“Grazie al trattamento immunoterapico la sopravvivenza dei pazienti affetti da melanoma metastatico è superiore al 50%, ed in molti casi senza terapie ulteriori, a circa 7 anni dalla diagnosi. Nell’ultimo anno abbiamo anche ottenuto la dimostrazione, grazie a 3 sperimentazioni cliniche indipendenti sviluppare contestualmente negli Stati Uniti ed in Australia, ed in Europa dalla Fondazione NIBIT con uno studio multicentrico coordinato dalla Professoressa Anna Maria Di Giacomo dell’Oncologia di Siena, che grazie a combinazioni di farmaci immunoterapici la percentuale di pazienti affetti da metastasi cerebrali asintomatiche da melanoma a 5 anni dall’inizio del trattamento è di circa il 50%, mentre in questi stessi pazienti la sopravvivenza con la chemioterapia era di soli pochi mesi. Abbiamo anche risultati importanti e ormai consolidati che dimostrano l’efficacia del trattamento immunoterapico anche nelle fasi più iniziali della malattia. Non possiamo ancora dire lo stesso per i tumori ovarici in cui l’immunoterapia non ha ancora dimostrato un’efficacia particolarmente significativa, e per questa ragione vi sono sperimentazioni cliniche attive che ne stanno studiando il potenziale vantaggio in sottogruppi di pazienti con precise caratteristiche biomolecolari di malattia, nonché anche in combinazione con la chemioterapia”.

Le CAR-T, quindi nuovi farmaci, centri specializzati e personale dedicato, sono stati al centro dell’incontro. Le CAR nel mieloma multiplo sono state affrontate da Fabrizio Pane, Professore Malattie del Sangue Facoltà di Medicina e Chirurgia Università Federico II Napoli: 
“Il mieloma multiplo è una malattia neoplastica molto aggressiva. Si stimano circa 30mila persone affette in Italia, in vari stadi di trattamento. Con l’approvazione di nuove classi di farmaci, ci sono pazienti che hanno ricevuto combinazioni con farmaci diversi. Sempre più ci troviamo di fronte a recidive di pazienti che non hanno più la capacità di rispondere alle combinazioni di farmaci sul mercato”.
Nicola Di Renzo, Coordinatore della Rete Ematologica Pugliese (REP), ha portato l’esperienza delle CAR in Puglia
“In Puglia la regione aveva individuato solo il centro di Taranto per le CAR-T. Abbiamo fatto di necessità virtù. Avere un solo centro a disposizione non poteva soddisfare tutti i potenziali pazienti. L’alternativa era andare fuori regione. D’accordo con il Dipartimento salute, abbiamo quindi deciso di ampliare questa disponibilità, che sarà soddisfatta entro l’anno. Altro problema è quello del personale: ci vorrà personale dedicato in ciascun Centro”.

La RADIOTERAPIA DI PRECISIONE è stata affrontata da Roberto Orecchia, Direttore Scientifico IEO. 
“La radioterapia italiana è in continua evoluzione. Anche nell’anno del Covid, il 2020, l’attività è stata costante. In una indagine a cura della Associazione Italiana di Radioterapia condotta in oltre 100 centri, con oltre 100.000 pazienti trattati, è emerso che la radioterapia è stata la terapia di scelta ed esclusiva per oltre 15.000 pazienti, dei quali il 50% erano tumori della prostata, sostituendosi alla chirurgia. Le nuove tecnologie sono sempre di più utilizzate, e consentono trattamenti selettivi e circoscritti. Accanto agli oltre 430 acceleratori lineari operativi, sono sempre più disponibili apparecchiature speciali, quali quelle per radiochirurgia, oltre 20 nel nostro Paese. Accanto ai progressi nelle tecniche, si sta imponendo un nuovo concetto, quello della Radioterapia di Precisione e Personalizzata, che tiene conto della biologia, a partire dai marker genomici alle indagini di diagnostica per immagini che grazie a nuovi traccianti e sequenze multiparametriche, sono in grado di caratterizzare sempre di più i profili molecolari non solo della malattia, ma anche del paziente”.

Lorenzo Livi, Direttore Radioterapia Azienda Ospedaliero-Universitaria Careggi ha così puntualizzato: “La radioterapia ormai è diventata un farmaco. Quello che manca è forse un’integrazione con l’oncologia medica. Questo è un limite che le nostre due professionalità devono superare. È ora di disegnare il futuro. C’è bisogno di coinvolgere tutte una rete e tutto un territorio”.

Così Barbara Alicja Jereczek, Direttore Radioterapia Istituto Europeo di Oncologia Milano: “Stiamo assistendo a scenari nuovi, dove la radioterapia ha enormi potenzialità. Va vista come una linea in più a disposizione dei nostri pazienti con malattia avanzata”.

Sulla realtà attuale e futura dei COMPANION TEST è intervenuto Mario Airoldi, Direttore S.C. Oncologia Medica 2 Città della Salute e della Scienza di Torino.
“Un companion diagnostic (CD) è quasi sempre un test in vitro che fornisce informazioni che sono fondamentali per garantire sicurezza ed efficacia di un farmaco. Il CD può identificare: 1) i pazienti che maggiormente si giovano di un farmaco; 2) i pazienti a maggior rischio di eventi tossici; 3) un sistema di monitorizzazione delle risposte al trattamento con l’obiettivo di massimizzare le risposte riducendo gli eventi tossici severi. Il CD può essere sviluppato in qualunque momento della valutazione preliminare di un farmaco ma una volta identificato deve essere inserito nei trials clinici con indicazione di un chiaro cut-off. L’evoluzione che porta a disegnare un farmaco sulla scorta delle alterazioni genetiche privilegia le tecnologie NGS come base per indicare CD dei nuovi farmaci. Questa evoluzione determina anche la necessità di poter disporre di laboratori ad elevata tecnologia e con adeguata certificazione al fine di garantire la qualità del CD stesso”.   

Nell’era della precision medicine, la TERAGNOSTICA è uno dei concetti più innovativi. Sui possibili sviluppi e sulla necessità di un approccio multidisciplinare ha parlato Andrea Isidori, Professore Ordinario di Endocrinologia, Università “La Sapienza” di Roma, che ha portato l’esperienza della Unit Multidisciplinare NETTARE (NeuroEndocrine Tumor Task foRcE) della AOU Policlinico Umberto I – Sapienza.
“Lo specialista deve selezionare in maniera accurata i pazienti che possano beneficiare di uno specifico trattamento, attraverso una stretta e fondamentale interazione multidisciplinare, in base alle caratteristiche cliniche, biochimiche, isto-patologiche e all’imaging avanzato. Questo l’obiettivo della Unit Multidisciplinare NETTARE (NeuroEndocrine Tumor Task foRcE) della AOU Policlinico Umberto I – Sapienza, che ho l’onore di coordinare ormai da 6 anni”.
Con il suo gruppo di lavoro composto dai più esperti specialisti di ogni branca coinvolta nella gestione integrata di questa patologia, il Professor Isidori si occupa attraverso un PDTA aziendale, di fare neo-diagnosi in oltre 200 pazienti affetti da neoplasia Neuroendocrina (NEN). Patologia una volta considerata rara, per il suo andamento subdolo, difficile da diagnosticare e trattare, ma che oggi anche grazie alla teragnostica si è sempre più in grado di affrontare con successo.
“Dei nostri pazienti affetti da NEN, in linea con l’epidemiologia nota in letteratura, circa il 50% presenta localizzazione gastro-enteropancreatica, molto spesso già metastatica. La maggior parte dei nostri pazienti sono trattati con terapia medica. Nei casi non candidati a terapia medica target, e non operabili, vi è indicazione ad identificare una terapia “su misura” e, in quanto Centro Prescrittore, grazie alla proficua collaborazione con la Medicina Nucleare dell’Ospedale Santa Maria Goretti di Latina, siamo in grado di trattare con terapia Radio-Recettoriale tali pazienti, sia con indicazione neo-adiuvante che terapeutica. Lo specialista deve quindi caratterizzare il paziente avvalendosi della gestione integrata multidisciplinare con gli altri specialisti coinvolti e identificandolo come singolo e non più come appartenente a una categoria, così da rendere la teragnostica un’arma sempre più attuale e attuabile”.

Il ruolo della BIOPSIA LIQUIDA nella diagnosi e terapia dei sarcomi è stato affrontato da Alessandro Comandone, Direttore Dipartimento Oncologia ASL Città di Torino.
“Il ruolo dell’analisi molecolare in un tipo specifico di sarcoma del tratto gastroenterico chiamato GIST è riconosciuto da più di 20 anni. Le mutazioni genetiche di KIT e PDGRFA sono alla base della trasformazione della cellula normale dell’intestino in cellula tumorale di GIST. La definizione della mutazione è fondamentale nella diagnosi, nella definizione della prognosi, per pianificare la terapia con farmaco a bersaglio molecolare (Imatinib, Sunitinib, Regorafenib, Avapritinib, Ripretinib), valutarne l’efficacia, diagnosticare l’insorgenza di resistenze primarie o secondarie e passare ad altra terapia. Prima della disponibilità della biopsia liquida tutti questi passaggi erano definiti da analisi di tessuto con prelievo chirurgico o bioptico del GIST e grave disagio del malato che doveva sottoporsi a ripetute indagini invasive. Con l’avvento della biopsia liquida, l’analisi, che va comunque condotta in laboratori di riferimento, può essere ripetuta partendo da un semplice esame del sangue. La tecnica richiede ancora un affinamento, ma è già disponibile e offre sensibili vantaggi. Al momento la sua specificità è del 70%, ma con il miglioramento delle tecnologie l’efficacia migliorerà ulteriormente. Purtroppo gli altri tipi di sarcomi non sono caratterizzati da mutazioni esclusive e la biopsia liquida non offre pari garanzie di successo almeno per il momento”.

Quale sarà il futuro degli SCREENING? Estensione ed adesione sono parametri fondamentali per valutare i programmi di screening avendo un effetto diretto sulla loro sostenibilità e soprattutto sulla loro efficienza in termini di riduzione della mortalità. Ha portato l’esperienza Francesca Caumo, Direttore UOC Radiologia Senologica IOV.
“L’estensione dipende dalla popolazione che si riesce ad invitare e dagli inviti che per qualche motivo rimangono inesitati e valuta in quale misura gli screening rappresentino un elemento di equità di accesso. Nuove strategie di invito e soprattutto una fattiva ed efficiente integrazione tra il software screening con altri applicativi devono essere messe in atto per potenziare l’estensione dei programmi carente soprattutto nel Sud Italia e Isole.  L’adesione dipende dalla popolazione che si riesce ad invitare e soprattutto da quanti accettano di venire. Sull’adesione le nuove tecnologie (test di screening più efficaci, Intelligenza artificiale per l’ottimizzazione del primo livello) ed i nuovi assetti organizzativi (percorsi personalizzati e differenziati in base al rischio) potranno in futuro avere grosso impatto

Individuare nuovi target e indicatori nella ricerca clinica al passo con l’innovazione

25 Marzo 2022 – La terapia medica dei tumori è un campo in cui si sono alternati periodi di avanzamenti dirompenti e di lenti e graduali progressi. L’individuazione di bersagli molecolari specifici dei tumori presenta alcuni esempi di introduzione di farmaci innovativi che hanno chiaramente segnato un punto di svolta nel trattamento di alcune forme tumorali. Una storia esemplificativa di una scoperta rivoluzionaria comincia con l’identificazione alla fine degli anni ’50 di un’anomalia cromosomica presente quasi sempre nella leucemia mieloide cronica la cui caratterizzazione molecolare negli anni ’70 ha condotto alla realizzazione di un farmaco che ha cambiato la storia clinica della malattia. Prima della sua introduzione, all’inizio degli anni 2000, la leucemia mieloide cronica aveva una sopravvivenza a cinque anni del 20% che oggi, grazie ai nuovi farmaci a bersaglio molecolare, è intorno al 90%.  Nella seconda giornata di “ONCOnnection 2022 – Disruptive innovation in oncologia”, organizzata da Motore SanitàMauro Biffoni, Direttore del Dipartimento Oncologia Medicina Molecolare dell’Istituto Superiore di Sanità, ha aperto i lavori spiegando come individuare nuovi target e indicatori nella ricerca clinica in rapporto all’innovazione

“L’enorme aumento di potenza delle tecnologie per la caratterizzazione molecolare dei tumori ha accelerato l’identificazione di potenziali bersagli molecolari e favorito lo sviluppo di nuovi farmaci specifici – ha spiegato Mauro Biffoni -. Dei 14 nuovi farmaci oncologici autorizzati dall’EMA nel 2020 ben 8 prevedono la valutazione di un biomarcatore predittivo della risposta. Lo spostamento verso terapie a bersaglio è testimoniato dalla crescita progressiva dei farmaci autorizzati da FDA con utilizzo raccomandato sulla base dell’individuazione di un biomarcatore, che nel corso di venti anni sono aumentati di oltre 10 volte (da 7 a 79). La sperimentazione clinica in corso fa ritenere che altri se ne aggiungeranno nei prossimi anni”

Continuando nella sua relazione, il dottor Biffoni ha spiegato che l’approvazione dei farmaci oncologici si muove in un precario equilibrio tra bisogni che spesso sono in contrasto tra di loro: quello di avere evidenze solide di efficacia e sicurezza e quello di rendere disponibili con rapidità farmaci che rispondono a necessità terapeutiche non soddisfatte. 
“La via ottimale prevede una ricerca clinica di potenza adeguata condotta con studi clinici di confronto diretto con uno o più comparatori attivi adeguati, con attribuzione casuale ai bracci di trattamento e la valutazione di esiti solidi di efficacia e di sicurezza prolungati nel tempo – ha puntualizzato Biffoni -. L’indicatore di efficacia più solido in oncologia è ovviamente la capacità di prolungare la sopravvivenza dei pazienti rispetto ai trattamenti più efficaci già disponibili. Per alcune patologie per le quali anche stadi relativamente avanzati consentono sopravvivenze prolungate questo parametro potrebbe richiedere dei tempi di studio molto lunghi o arruolamenti molto grandi e può rendersi necessario ricorrere a dei parametri surrogati dei quali però deve essere dimostrata la correlazione con il parametro più indicativo. Purtroppo con una frequenza non trascurabile farmaci autorizzati con procedure accelerate e basate su parametri surrogati di sopravvivenza non confermano a distanza di tempo le promesse di efficacia che ne avevano motivato l’approvazione. Un aspetto molto rilevante ma ancora poco utilizzato negli studi registrativi è la valutazione della qualità della vita dei pazienti conseguente ai diversi trattamenti. Una valutazione della qualità della vita condotta su parametri solidi potrebbe rappresentare un importante supporto alla validità di parametri di sopravvivenza surrogati”

Pur rimanendo lo studio clinico randomizzato in doppio cieco un riferimento metodologico per l’acquisizione di evidenze che consentono di comprendere il potenziale ruolo nella terapia, in diversi ambiti nei quali la rarità della patologia rende difficoltoso adottare questo tipo di disegno è talora accettabile ricorrere a studi di confronto indiretto o storico. 
“Questo approccio – ha ammesso il Direttore Biffoni – sta diventando più frequente in oncologia perché ai tumori rari per incidenza complessiva si aggiungono quelli pur essendo frequenti hanno sottopopolazioni caratterizzate dalla comparsa di specifiche alterazioni genetiche suscettibili di terapie a bersaglio molecolare. Talora i tumori che presentano queste alterazioni genetiche sono caratterizzati da storie naturali diverse da quelle che complessivamente hanno i tumori dello stesso istotipo e quindi anche i controlli indiretti ricavati da studi clinici precedenti nei quali non era stata eseguita un’adeguata caratterizzazione molecolare perdono di significato. In questi casi a volte si può ricorrere alla valutazione di parametri surrogati insoliti come la comparazione dell’effetto in linee di terapia avanzate rispetto a quello ottenuto con le precedenti linee”

“La valutazione del valore innovativo dei farmaci oncologici ed in particolare di quelli rivolti verso bersagli molecolari – ha concluso Mauro Biffoni, Direttore del Dipartimento Oncologia Medicina Molecolare dell’Istituto Superiore di Sanità – può in definitiva essere complessa ma deve essere condotta comunque sulla base delle evidenze disponibili e probabilmente richiederà l’attuazione di procedure più flessibili di autorizzazione al fine di garantire l’ingresso nella clinica di trattamenti più efficaci, di non alimentare speranze non fondate e di garantire la sostenibilità dei sistemi sanitari”

Ucraina: i tavoli di guerra dove le donne non ci sono

25 marzo 2022 – Ognuno di noi, ormai da 30 giorni a questa parte, sta guardando attonito al conflitto in Ucraina e ognuno di noi sta cercando di fare la sua parte
“Siamo a conoscenza delle grandi difficoltà dei colleghi e delle colleghe del mondo medico ucraino e russo e alcuni di noi hanno dato la propria disponibilità ad accogliere i profughi”, spiega Nicla La Verde, Direttore Unità Operativa Complessa Oncologia, Ospedale Luigi Sacco di Milano e tesoriere di Women for Oncology Italy“Nello specifico accogliamo pazienti, che arrivano dall’Ucraina e che hanno bisogno di continuare le cure che, per via della guerra in corso, sono stati costretti a interrompere. Abbiamo esempi virtuosi, a partire dalla Professoressa Rossana Berardi, Presidente di Women for Oncology Italy, che ha accolto un paziente ucraino nel suo reparto per il proseguo delle cure. Da un lato abbiamo questo fronte che seguiamo noi, dall’altro vediamo anche donne medico sul campo di guerra che aiutano i loro connazionali a livello sanitario. E questo, in particolare, stride con un’informazione di retaggio maschilista tra i nostri mass-media. Spesso e volentieri, noto che le intervistate non sono le giornaliste e le dottoresse del luogo. Non si dà spazio nemmeno alla vicepremier ucraina. Eppure, sul fronte della guerra, sono impegnate tutte le donne, a qualsiasi livello: abbiamo una presenza femminile sul territorio molto ampia. Come tesoriere di Women for Oncology Italy, questo continua a farmi specie, perché è un chiaro indicatore che qualcosa non va nel nostro sistema. E non solo da noi. Le donne ucraine, al pari degli uomini, stanno combattendo questa guerra a discapito della propria vita, ma non sono presenti ai tavoli importanti, dove avvengono le trattative internazionali. Le poche eccezioni di donne con un ruolo apicale, non ricoprono alcun ruolo fondamentale. Si tratta dell’ennesima prova che, nonostante i nostri studi, le carriere e gli impegni, qualcosa blocca il raggiungimento degli obiettivi finali

Il sistema è pronto a ricevere l’innovazione nella cura dei tumori?

I numeri: 3milioni e 600mila malati di tumore. Gli esperti: prevedere nuovi setting assistenziali che vanno dai letti di cure intermedie a case di comunità, al domicilio assistito del paziente.

24 Marzo 2022 – Nella prima delle due giornate dell’evento ONCONNECTION 2022 Disruptive Innovation in Oncologia, organizzato da Motore Sanità, l’oncologia territoriale è stato il tema principale al centro del dibattito. La nuova oncologia ospedale/territorio è un cambiamento organizzativo ineludibile che nasce dal cambiamento epidemiologico (cronicizzazione delle patologie oncologiche, età), dal progresso della ricerca scientifica con le nuove tecnologie messe in campo.

Le CAR-T costituiscono un bellissimo modello da tutti i punti di vista. Con l’oncoematologia da una parte e le innovazioni dall’altra, arriveremo a farmaci molto innovativi e potenti”, è il commento di Giuseppe Longo, Coordinatore GREFO. Ma c’è un ma:se noi partecipiamo allo sviluppo del farmaco, anche il farmaco deve costare di meno. Se si crea questa partnership, è chiaro che come sistemi sanitari abbiamo dato un contributo al valore terapeutico di quel farmaco, che ci deve essere riconosciuto. Questo è uno degli aspetti a cui dovremo sempre più pensare in futuro. Ci vuole una Disruptive Innovation per rompere questo sistema”.

Parla delle CAR-T anche Franca Fagioli, Direttore SC Oncoematologia Pediatrica e Centro Trapianti AOU Città della Salute e della Scienza di Torino – Direttore Rete Oncologica Pediatrica Piemonte e Valle D’Aosta: “Le CAR-T, così come dice il Dottor Longo, possono essere un modello. Ma per permetterci un cambio reale, molto importante è anche il ruolo delle Associazioni dei pazienti, che sono parte integrante di tutti quelli che sono i nostri atti terapeutici: dalla gestione alla condivisione dei Percorsi Diagnostico Terapeutici Assistenziali”.

Il cambiamento rappresenta una necessità anche per Gianni Amunni, Direttore Generale ISPRO Regione Toscana che, dati alla mano, rivela:“3milioni e 600mila casi prevalenti oncologici rappresentano una domanda rilevante, ma soprattutto caratterizzata da bisogni assistenziali molto diversi che vanno dall’alta intensità (Car-T) a esigenze più di tipo socio-sanitario. Occorre riorganizzare l’intera oncologia (ora solo ospedaliera) prevedendo nuovi setting assistenziali che vanno dai letti di cure intermedie a case di comunità, fino al domicilio (protetto e assistito) del paziente. Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) ha focalizzato l’attenzione sul tema della medicina territoriale e sempre di più occorre riempire di contenuti e di funzioni i “nuovi luoghi di cura” che si stanno costruendo. L’oncologia è pronta a una nuova organizzazione che prevede nel territorio non solo psiconcologia, riabilitazione oncologica, supporto nutrizionale, cure sintomatiche e palliative, ma anche ladelocalizzazione di alcuni trattamenti specifici per la cura dei tumori”.

In oncologia si sta assistendo ad innovazioni mai viste prima: dalla biologia molecolare ai farmaci innovativi, a cambiamenti organizzativi con ricadute di grande impatto favorevole per i malati”,chiosa Luigi Cavanna, Presidente CIPOMO – Collegio Italiano Primari Oncologi Medici Ospedalieri. “Nel nostro Paese sono attive reti oncologiche in diverse Regioni, in altre Regioni le reti oncologiche sono in via di implementazione/realizzazione. È fondamentale organizzare la presa in carico del paziente oncologico, date le grandi criticità che la malattia cancro comporta, una presa in carico che sia omogenea e riproducibile su tutto il territorio nazionale e questo è possibile attraverso il modello di rete, solo cosi vi sarà equità di accesso alle cure, continuità assistenziale e ricerca clinica diffusa”.

Convinti dell’importanza delle reti oncologiche anche Pietro Giurdanella e Stefano Moscato, Componenti del Comitato Centrale FNOPI:

L’oncologia territoriale ha bisogno delle Reti oncologiche che svolgono un ruolo prioritario, anche per non determinare situazioni di mobilità regionale per ottenere cure di cui i pazienti dovrebbero usufruire con la massima prossimità. E nelle Reti l’introduzione dell’infermiere di famiglia e di comunità (IFeC) rappresenta un cambiamento epocale nella cura della malattia oncologica e nella restituzione di una vita quasi normale per milioni di persone che, purtroppo, hanno incontrato nella loro vita il cancro e che desiderano riappropriarsi di una migliore qualità della vita”.

Per Pietro Giurdanella e Stefano Moscato, l’infermiere di famiglia e di comunità in ambito oncologico è garante della risposta assistenziale, secondo un protocollo di intervento, dell’efficacia e dell’appropriatezza delle prestazioni, dell’efficienza dei percorsi assistenziali, dell’ottimizzazione delle risorse, dell’integrazione tra bisogni e realtà assistenziale e dell’umanizzazione dell’assistenza. “Il problema è la carenza di infermieri: per un’assistenza di qualità in tutto mancherebbero, secondo fonti istituzionali, tra i 20 e i 30.000 infermieri di famiglia e di comunità, almeno 6-9000 infermieri per l’ADI. La FNOPI ha messo a punto alcune proposte a breve, medio e lungo termine, con particolare attenzione a residenzialità e alle aree interne e disagiate. La Federazione è pronta a dare soluzioni, ora attende solo di essere ascoltata”.

L’oncologia del futuro? Innovativa e dirompente

Al via la prima delle due giornate di “ONCONNECTION 2022 – Disruptive Innovation in Oncologia” di Motore Sanità, con i maggiori esperti in tema.

24 marzo 2022 – Questo è un momento storico di svolta nell’ambito delle cure oncologiche: terapie geniche, personalizzate, all’avanguardia stanno cambiando i paradigmi terapeutici per molte malattie considerate, fino a poco tempo fa, incurabili. Terapie che, nei prossimi anni, saranno disponibili per un numero sempre maggiore di patologie e, di conseguenza, una coorte sempre più grande di pazienti. È quindi fondamentale riuscire a riorganizzare il sistema già ora, prima ancora che un vero e proprio tsunami di terapie colpisca il Servizio Sanitario Nazionale.

Le nuove terapie richiedono però una riorganizzazione a 360 gradi della sanità. Diagnosi, terapia e follow-up andranno adattati alle nuove necessità terapeutiche e ai nuovi bisogni dei pazienti. Tutto questo comporta la necessità di cambiamenti in moltissimi aspetti della sanità:

  • SISTEMA DI RIMBORSO

Il sistema a silos budget è servito a raggiungere i suoi scopi di mantenimento della spesa. Questo sistema però non si adatta al sistema attuale di percorsi di cura e di presa in carico. Esistono diversi modelli di finanziamento possibili, la governance deve identificare quale può soddisfare al meglio le necessità sanitarie e di sostenibilità del sistema

  • MODELLI ORGANIZZATIVI

Molte delle terapie innovative richiedono laboratori e strutture estremamente specifici, non sarà possibile averne di diffusissimi su tutto il territorio nazionale. Sarà quindi necessario potenziare sempre di più la gestione delle patologie attraverso Percorsi Diagnostico Terapeutici gestiti da reti regionali e nazionali

  • NECESSITA’ DI TERRITORIALIZZARE LE CURE

Le terapie innovative aumentano sempre di più i tassi di sopravvivenza dei pazienti; questo comporta un numero sempre maggiore di persone con una patologia cronicizzata. La cronicità non può e non deve essere trattata negli abituali ambiti di cura (ospedali/centri specializzati), ma necessitano di un sistema di cure territoriali. Per riuscire in questo, bisognerà da un lato territorializzare parte delle cure da ospedale a territorio e, dall’altro, sfruttare al meglio le possibilità offerte dalla telemedicina e le cure domiciliari.  

  • NUOVE PROFESSIONALITA’ E NUOVI RUOLI

Tutti i cambiamenti, sopraelencati, richiederanno la creazione di nuove professionalità (infermiere di famiglia; case manager; nuove figure laboratoristiche; etc..) e la trasformazione di figure professionali esistenti (medici con conoscenze per la telemedicina e la telediagnosi). Questo richiederà una programmazione della formazione da parte delle regioni, del ministero dell’istruzione e del ministero della salute. La formazione però dovrà essere un processo in grado di coinvolgere anche le società scientifiche e le aziende private.

  • TELEMEDICINA

La tecnologia in ambito sanitario fa passi da gigante, ma da sola non potrà mai sostituire il rapporto umano. Si stanno creando dei processi sempre più innovativi nel campo dell’uso della sanità digitale che rappresenterà un collante tra le realtà territoriali e gli ospedali, dando voce a una vera e propria tele-oncologia che va dalla medicina targettizzata, sino a una research connection a livello nazionale, per mettere a fattore comune i risultati della ricerca con le specifiche competenze.

Nota 97: luci e ombre ad un anno dalla sua applicazione

23 marzo 2022 – Il problema della gestione delle cronicità è stato messo a dura prova durante il periodo pandemico, il quale ha evidenziato anche la necessità di ampliare i servizi sanitari a scenari diversi, implementando la cosiddetta prossimità delle cure. Per fare questo devono essere valorizzate tutte le tecnologie (farmaci e device) che facilitano la presa in carico territoriale del paziente con patologie croniche. La pandemia ci ha poi insegnato che c’è sì un problema di sostenibilità, ma che c’è anche un problema dell’economia legata alla salute. Senza la salute l’economia non c’è, quindi investire sulla salute è un investimento che crea valore e maggior sicurezza per il paziente. Cogliendo la necessità di questi cambiamenti l’Agenzia Italiana del Farmaco (Aifa), attraverso la Nota 97, ha aperto la prescrivibilità dei farmaci NAO (Nuovi Anticoagulanti Orali) alla medicina di famiglia. 
Attraverso questa nuova Nota l’obiettivo era garantire l’appropriatezza e la sostenibilità in un unico percorso di continuità delle cure, soprattutto per ciò che riguarda i pazienti con fibrillazione atriale non valvolare (FANV), che sono pazienti ad alto rischio di eventi cardiovascolari. Infatti la FANV è una delle più importanti patologie croniche del paziente anziano (prevalenza del 5% negli over 65) e rappresenta la terza causa di morte cardiovascolare in Italia. È inoltre un importante fattore di rischio per ictus, patologia che nel 50% dei pazienti sopravvissuti porta a disabilità, per cui la terapia anticoagulante per tutti questi pazienti è preventiva e salvavita.
 
Nonostante questo, i dati epidemiologici italiani stimano che più del 30% della popolazione con FANV non assuma la terapia in maniera adeguata, non riuscendo così a controllare correttamente il rischio di evento cardiovascolare e generando un inutile spreco di risorse. Per tutti questi motivi l’obiettivo atteso era ed è migliorare/semplificare la gestione della patologia, facilitandone l’accesso e offrendo al paziente terapie di maggior efficacia e sicurezza, restituendo ai medici di medicina generale un ruolo chiave nel processo di prescrizione, monitoraggio della corretta e di aderenza alle terapie. 
Ma ad ormai quasi un anno dall’uscita della Nota 97, questo nuovo scenario da tempo auspicato, si è realizzato? Per rispondere a questo e ad altri interrogativi cruciali, Motore Sanità ha promosso il webinar “NOTA 97 AD UN ANNO DALLA SUA APPLICAZIONE”, con il contributo non condizionato di Daiichi SankyoAnna Maria Marata, Coordinatore Commissione Regionale del Farmaco Emilia Romagna e Componente Commissione Tecnico Scientifica Agenzia Italiana del Farmaco, ha commentato: “La spesa per anticoagulanti nel 2020 è stata di 861,5 milioni di euro, di cui 556 per i NAO. Le criticità evidenti che si sono presentate a giugno 2020 erano che avevamo a che fare con una patologia dell’età avanzata con pazienti che dovevano rinnovare i piani terapeutici e quindi dovevano accedere a strutture ospedaliere, la difficoltà di fare i controlli e quindi la necessità di organizzare un modo più diretto e più vicino ai pazienti per gestire in sicurezza questi farmaci, in un momento in cui era anche molto difficile fare formazione. Queste sono state le basi che hanno portato rapidamente alla stesura della Nota 97, per agevolare l’accesso della terapia anticoagulante in modo guidato in un periodo in cui c’era ampia circolazione del virus ed era opportuno che le persone anziane non frequentassero le strutture ospedaliere, se non strettamente necessario”. Così invece Anna Baldini, Segretaria Regionale Cittadinanzattiva Emilia-Romagna: Dal punto di vista del paziente è un grande vantaggio, perché le persone che hanno necessità di questa terapia sono anziane, spesso non autosufficienti, con difficoltà a raggiungere percorsi complessi per avere un piano terapeutico. Il fatto che in una condizione di assoluta emergenza sia stata introdotta questa novità prescrittiva da parte dei medici di medicina generale è stato un grande vantaggio, ma è avvenuto in una nazione che ha un sistema sanitario non omogeneo. Il problema è di dare a tutte le regioni le stesse possibilità di agire. Ci sono delle diversità di procedure, che poi si riflettono sul diverso modo di gestire la patologia. L’appropriatezza della prescrizione, l’aderenza alla terapia, la sanità di prossimità, devono passare in un processo di semplificazione, ma anche di omogeneizzazione e dialogo tra le diverse procedure che regolano le diverse regioni d’Italia. Tutta questa diversità e disparità di organizzazione crea poi una disparità nell’accesso alle cure delle persone. Il nostro sistema sanitario è particolarmente complesso, ha fatto tanti passi per avere una omogeneizzazione e ha fatto tante normative per amalgamarlo, in modo che fosse più agevole per i pazienti. Il Piano Nazionale sulle Cronicità sarebbe uno strumento eccezionale, ma non è recepito in tutte le regioni. Se le norme non vengono attuate, è chiaro che quel processo di semplificazione poi si scontra contro un ostacolo che è la burocrazia”.

EHMA in audizione presso l’intergruppo parlamentare

Obiettivo comune e condiviso con Motore Sanità: migliorare il percorso di cura dei pazienti cefalalgici.

22 marzo 2022 – Otto anni per avere una diagnosi e ricevere cure adeguate, con gravi ripercussioni sulla qualità di vita di chi soffre: succede ai cefalalgici. In conseguenza di ciò EMHA (European Migraine and Headache Alliance), con il supporto di Motore Sanità , ha lanciato lo scorso 16 marzo a Roma il “Progetto Emicrania Accesso alle Cure 2022” in difesa delle persone affette da tale patologia, nell’ambito della campagna paneuropea dal titolo “My Life: the Waiting Room” (La mia vita: una sala d’attesa) e ha promosso l’hashtag

GetImpatientForMigraine.

Un’evento molto partecipato e sentito anche dalla politica, che si è subito mobilitata per dare risposte concrete a questi pazienti cronici e che, nella giornata di ieri (lunedì 21 marzo), ha audito Lara Merighi, Coordinatrice di Alleanza Cefalalgici (Al.Ce.-CIRNA), Consigliere Fondazione CIRNA presso l’intergruppo parlamentare sulle Cronicità. Un intervento, quello di Lara Merighi, per l’occasione in qualità anche di rappresentante di EHMA, molto sentito e condiviso con la Senatrice Paola Boldrini, insieme all’On. Celeste D’Arrando e all’On. Nicola Provenza.
“La società, nei confronti delle persone che soffrono di mal di testa cronico, cefalea cronica, emicrania, cefalea a grappolo e altri tipi di mal di testa gravi, si comporta come se il dolore non esistesse”, ha esordito Merighi. “Come consigliera di CIRNA e coordinatore laico di Alleanza Cefalalgici, mi occupo di mal di testa cronico e abbiamo un forum di sistemi nel sito italiano della cefalea. Siamo su Facebook, su Instagram e abbiamo gruppi di auto-aiuto online e in presenza che cercano di accogliere la persona cefalalgica e aiutarla a mantenere un equilibrio. Le ragazze che mi affidano il loro dolore sottolineano che per loro non esiste una vita di qualità, ma di sopravvivenza. In più la loro sofferenza viene sminuita con frasi del tipo: “Tu non hai il mal di testa, il tuo problema è la depressione”, o “Faccia più sesso”. Tutto ciò è gravissimo. Bisogna tenere presente che nessuna malattia si cronicizza con l’assunzione del farmaco sintomatico, la cefalea sì. Si cronicizza e diventa cefalea cronica difficilissima da curare. Conosco ragazze molto giovani che sono già croniche per colpa di questi farmaci e che non riescono ad andare a scuola. Chi non sa cosa sia il mal di testa non può capire questo continuo senso di precarietà e di instabilità. Gli effetti che accompagnano la vita del cefalalgico cronico sono il dolore e la paura”. Ecco quindi la “call to action” che Lara Merighi, in qualità di Coordinatrice di Alleanza Cefalalgici (Al.Ce.-CIRNA), Consigliere Fondazione CIRNA e per l’occasione rappresentante di EHMA, ha chiesto in occasione dell’audizione presso l’intergruppo parlamentare sulle Cronicità: approvazione dei Decreti Attuativi; inserimento nei LEA delle cefalee primarie croniche; psicologo in aiuto ai pazienti con cefalea cronica, con disturbi di ansia e di depressione presso i Centri Cefalee;
formazione di Gruppi di Auto-Aiuto presso i Centri Cefalee; promuovere la conoscenza della cefalea nella Scuole; distribuzione di dépliant informativi nella Farmacie.

“È urgente che venga emanato in tempi brevi il decreto di attuazione della legge per il riconoscimento della Cefalea cronica come malattia sociale invalidante, sperimentando così finalmente metodi innovativi per la presa in carico dei pazienti”, ha commentato la Senatrice Paola Boldrini, intergruppo parlamentare sulle Cronicità. “Ad oggi, trascorsi i 180 giorni dall’entrata in vigore della legge, il suddetto decreto non risulta ancora adottato. Per questo, nella giornata di ieri, ho presentato un’interrogazione al Ministro della Salute chiedendo quali iniziative urgenti intenda prendere per l’attuazione della legge”.

Diabete Italia in audizione presso il parlamento

Obiettivo comune e condiviso con Motore Sanità: migliorare il percorso di cura dei
pazienti cronici in 7 punti. Ecco quali
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22 marzo 2022 – Diabete Italia, realtà che riunisce Associazioni e Società Scientifiche insieme per un’assistenza appropriata, è stata audita presso l’intergruppo parlamentare sulle Cronicità. Un importante risultato frutto di un lungo percorso a tappe, promosso e supportato da Motore Sanità , in tutta Italia, da Nord a Sud, con l’obiettivo di raccogliere idee concrete e applicabili in grado di disegnare “la Regione Ideale di Diabete Italia”, durante il quale sono emersi i bisogni reali dei pazienti. Così Stefano Nervo, presidente di Diabete Italia Onlus: “I numeri dell’Istat parlano abbastanza chiaro: oltre 3 milioni e 200mila italiani soffrono di diabete, di questi più della metà sono sedentari e 1 su 3 è obeso. È una stima fatta al ribasso, perché molte persone non sanno ancora di essere ammalate: il dato più reale, infatti, si aggira intorno ai 4milioni. Il diabete non è tutto uguale: esiste quello di tipo 1 che colpisce il 10% di bambini e giovani e che non è prevenibile (ancora oggi si muore per mancata o errata diagnosi), e quello di tipo 2, di cui soffre la grande maggioranza dei casi e che riguarda l’età senile, ma che colpisce sempre più in fascia giovane e l’obesità di certo non aiuta. Il diabete in sé porta dei rischi, per le complicanze ad esso associate (ictus, cecità, cardiopatie, neuropatia, insufficienza renale, etc). Non a caso il paziente con diabete, soprattutto di tipo 2, è un paziente con comorbilità e quindi si tratta di un paziente cronico. Come si cura quindi? Per il diabete di tipo 2, l’accesso ai farmaci innovativi (Nota 100 di
Aifa) va in questa direzione e il coordinamento tra i medici di medicina generale e gli specialisti è fondamentale, così come la formazione per l’autogestione che va a incidere sulla gestione delle tecnologie (vale anche per il diabete di tipo 1). L’organizzazione sanitaria, quindi, ha dei punti fermi da consolidare, che sono i Centri specialistici che sono un’eccellenza a livello europeo e i team diabetologici che nel Piano Nazionale Diabete prevedono la presenza dello psicologo, che però non è sempre presente nelle singole regioni (ricordo che abbiamo 21 sistemi sanitari differenti delle singole regioni, con conseguenti disparità). Altrettanto importante è la medicina di prossimità.
Nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza è fondamentale andare a definire le regole con cui verranno gestiti i medici di famiglia e le modalità con cui i medici di famiglia potranno interfacciarsi con la specialistica. Le nuove sfide riguarderanno poi la telemedicina. Per quanto
riguarda la medicina proattiva, segnalo che uno dei problemi grossi è la questione della privacy ed è necessaria una regolamentazione adeguata. Vorrei inoltre fare notare che quasi la metà dei costi legati al diabete sono correlati con l’ospedalizzazione. Investire quindi in una cura più efficace, nella formazione dei medici e delle persone con diabete, potrebbe aiutare a ridurre questi costi e quindi a non gravare solo sulla spesa del sistema sanitario. Gli aspetti sociali sono un altro punto fondamentale. Parliamo di scuola, è indispensabile demedicalizzare la scuola, formando il personale scolastico. Ci sono le assicurazioni (devo ricordare che è impossibile stipulare assicurazioni sulla vita, o per la salute o per i viaggi all’estero). Sarebbe interessante sviluppare una sorta di green pass, sul modello del Covid, in cui si dà il benestare, o lo stato di buona salute o di buona compensazione, per quanto riguarda le assicurazioni e il lavoro. Ci sono normative che favoriscono le discriminazioni, ad esempio il regio decreto del 1934 che parla di diabete zuccherino come impedimento per le persone ad entrare nelle professioni marittime. Esistono aspetti discriminatori anche in merito alle patenti, le cui regolamentazioni risultano obsolete e che non vengono applicate in maniera omogenea su tutto il territorio nazionale. Per ultimo i care giver, ricordo che l’accesso ai genitori con figli con diabete alla legge 104 è fondamentale. Ci sono poi persone non autosufficienti per cui la gestione della malattia è legata ai care giver che devono essere formati per poterli supportare al meglio”. Un intervento, quello del Presidente di Diabete Italia, molto partecipato, condiviso con la Senatrice Paola Boldrini, insieme all’On. Celeste D’Arrando e all’On. Nicola Provenza, che si è concluso con una precisa “call to action”. Ecco le richieste di Stefano Nervo, presidente di Diabete Italia, all’intergruppo parlamentare sulle Cronicità, riassunte in 7 punti: Stick glicemico obbligatorio all’accesso al Pronto Soccorso per i soggetti al di sotto dei 45 anni di età. Screening per individuare 1 milione di persone che hanno il diabete, senza saperlo. Legge nazionale per l’inserimento dei minori con cronicità nella scuola. È fondamentale andare a regolamentare i farmaci, la formazione del personale. Molte regioni lo stanno facendo, ma questo deve essere fatto omogeneamente su tutto il territorio nazionale. Fare rispettare la circolare dell’Inps sulla legge 104, che prevedere un primo accesso in Commissione e il fatto di avere accesso in maniera automatica alla 104, fino al compimento di 18 anni. Regio decreto n.244 del 22/1/1934 – ART.4 degli allegati riporta “Diabete zuccherino” aggiornato dalla legge n.1602 del 28/10/1962. Basterebbe abrogare questo articolo o aggiungere diabete mellito non ben compensato. Rivedere il recepimento della normativa europea sulle patenti. Politiche di promozione dell’attività motoria – possibilità di prescriverla, poiché abbiamo visto come l’obesità e la sedentarietà incidono sul diabete. “Per rendere ottimale il percorso di cura del paziente bisogna tener conto di alcuni aspetti non prettamente medici, come ha ricordato il Presidente Nervo e sui quali mi trovo molto in sintonia”, ha commentato la Senatrice Paola Boldrini, intergruppo parlamentare sulle Cronicità. “Sono maturi i tempi affinché anche la scuola possa garantire, previa adeguata formazione del personale, una presa in carico del bambino/alunno con malattia cronica, in modo da poter fornire un valido supporto anche alle famiglie. Al contempo bisogna adoperarsi affinché la legge 104, laddove è previsto il suo utilizzo, penso ad esempio ai genitori con figli diabetici, sia davvero applicata senza ambiguità”.

Sclerosi Multipla: malattia tempo-dipendente dove la diagnosi e il trattamento precoce giocano un ruolo di primo piano

18 marzo 2022 – La Sclerosi Multipla (SM) può esordire ad ogni età, ma è più comunemente diagnosticata nel giovane adulto tra i 20 e i 40 anni. Ci sono circa 2,5-3 milioni di persone con SM nel mondo, di cui 1,2 milioni in Europa e circa 130mila in Italia. Il numero di donne con SM è doppio rispetto a quello degli uomini, assumendo così le caratteristiche non solo di malattia giovanile, ma anche di malattia di genere. Esistono varie forme di malattia, ma la pratica clinica ha evidenziato come iniziare la terapia il più precocemente possibile porti ad un rallentamento della progressione della disabilità, ricordando che ogni individuo richiede un programma di cura personalizzato. Al fine di sensibilizzare le Istituzioni verso un trattamento precoce ed efficace, Motore Sanità ha organizzato un nuovo appuntamento regionale dal titolo “Focus Marche: #MULTIPLAYER – La Sclerosi Multipla si combatte in squadra”, realizzato grazie al contributo incondizionato di Celgene | Bristol Myers Squibb Company.

“La Sclerosi Multipla è una malattia progressiva ad altissimo impatto sociosanitario”, esordisce Mauro Silvestrini, Professore Ordinario di Neurologia, Dipartimento Medicina Sperimentale e Clinica, Preside presso la Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università Politecnica delle Marche e Direttore SOD Clinica Neurologica AOU Ospedali Riuniti Ancona. “Il progressivo miglioramento delle conoscenze in campo fisiopatologico ha portato a definire in maniera incontrovertibile l’importanza della diagnosi e del trattamento precoce. Non a caso, si parla oggi di malattia tempo-dipendente. È ormai definitivamente dimostrato che iniziare la terapia il più precocemente possibile porti a un rallentamento della progressione della disabilità. L’ampliamento delle possibilità terapeutiche consente oggi di poter adottare per ogni paziente un programma di cura personalizzato. È quindi fondamentale creare le condizioni necessarie, anche attraverso l’organizzazione di campagne informative, per poter consentire a tutti i pazienti di usufruire nel più breve tempo possibile dalla comparsa dei primi sintomi, di una diagnosi adeguata e di una cura efficace.

La Regione Marche sta investendo molto in ambito della Sanità, come spiega Elena Leonardi, Presidente IV Commissione Sanità e Politiche Sociali, Regione Marche: “Mettendo a terra i progetti del PNRR e attraverso specifiche leggi regionali che vengono discusse nella IV Commissione, Sanità e Politiche Sociali, che presiedo. In particolare, si sta lavorando non solo sul malato e nel venire incontro alle sue esigenze sanitarie, ma anche sul ruolo del caregiver destinando specifiche risorse per queste persone che, nella stragrande maggioranza dei casi familiari del malato, dedicano la propria vita nel servizio verso l’altro”