HIV: 130mila infezioni solo in Italia

Gli esperti: “I numeri sono ancora troppo alti. Occorre garantire una ripresa tempestiva dei trattamenti sospesi per via del Covid”.

29 aprile 2022 – In Italia si registrano circa 125mila-130mila casi di infezioni da HIV, con una quota di soggetti che vivono con l’HIV senza esserne a conoscenza, che oscilla tra l’11% e il 13%. Per queste persone la pandemia da Covid-19 ha impattato negativamente in termine di prevenzione, generando un ritardo nel trattamento con conseguenze negative sotto il profilo clinico, sociale ed economico. 
La recente esperienza della pandemia, inoltre, ha convinto tutti che una riforma del sistema di cure territoriali non sia più procrastinabile e che questa debba essere fatta con i giusti investimenti, ma in tempi brevi. Non a caso, infatti, tutte le fragilità dichiarate da anni da alcuni attori di sistema, purtroppo poco ascoltati, sono emerse abbattendosi sui cittadini malati cronici e fragili in tutta la loro drammaticità. Molte sono le risorse dedicate nel PNRR a questo scopo, a cui le regioni potranno attingere. Ma il quadro dei diversi territori regionali presenta realtà assistenziali completamente diverse, con servizi per nulla omogenei, che non sono in grado di garantire universalità di cure ai cittadini. 
La domiciliarità era ed è la scelta auspicata dalle persone, quella più desiderata e anche la più sostenibile per il Sistema. Le diverse esperienze di gestione della pandemia ci hanno dimostrato che è anche la più corretta in termini di sicurezza e benessere dei cittadini, ma per governare questi cambiamenti è necessario che tutti gli attori si mettano in gioco andando incontro insieme alle esigenze di un mondo profondamente cambiato, dove orizzonti e saperi devono combinarsi. Tutte le componenti che agiscono a livello territoriale (medici di medicina generale, pediatri di libera scelta, infermieri, farmacisti, assistenti sociali, ginecologi, ostetriche, psichiatri, neuropsichiatri infantili, medici delle dipendenze e psicologi, fisiatri e terapisti della riabilitazione, educatori professionali e tutti gli altri professionisti e operatori sanitari) devono raggiungere una vera integrazione. Si è parlato di questo nell’ambito dell’evento UN NUOVO RUOLO DEL TERRITORIO NELLA GESTIONE DELLA SANITÀ. PNRR E HIV: IL RETURN TO CARE. TRIVENETO ED EMILIA-ROMAGNA”, promosso da Motore Sanità, con il contributo incondizionato di MSD e IT-MeD

“Dobbiamo restituire utilità al Sistema Paese attraverso il Servizio Sanitario Nazionale. Per quanto riguarda specificatamente l’infezione da HIV, io credo che dobbiamo impegnarci molto a proposito della diagnosi precoce, perché abbiamo ancora troppe infezioni nel 2022, ha detto Annamaria Cattelan, Direttore UOC Malattie Infettive Tropicali, AOU Padova. Fino ad oggi siamo stati impegnati a tempo pieno sul Covid e anche ora, per noi infettivologi, è un periodo difficile perché da una parte il Covid c’è ancora – abbiamo ad esempio più di 500 pazienti che hanno avuto il Covid che adesso seguiamo per il long Covid e questa è attività aggiuntiva che non va dimenticata – e dall’altra c’è la patologia HIV che ha sofferto tantissimo durante la pandemia, più di tutte le altre patologie croniche per i motivi che ho espresso poc’anzi. Questo è un dato sul quale dobbiamo riflettere e sul quale dobbiamo impegnare ulteriori risorse, anche umane.

Considerazioni, queste, che trovano riscontro nei numeri presentati da Francesco Saverio Mennini, Professore di Economia Sanitaria e Economia Politica, Research Director-Economic Evaluation and HTA, CEIS, Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”, che ha così commentato: Da una recente analisi condotta su un totale di 3.875 soggetti con infezione da HIV, è risultato un aumento delle visite perse dal 5% all’8%, una riduzione del numero di nuove diagnosi di HIV da 6,4 nel 2019 a 2,5 al mese nel 2020, un calo della dispensazione delle terapie antiretrovirali e un aumento dei pazienti affetti da HIV ospedalizzati a causa di Covid-19. Il peggioramento della condizione clinica dei soggetti con infezione da HIV potrebbe altresì generare un incremento del numero dei decessi. Occorre a questo proposito garantire una ripresa tempestiva dei trattamenti, che permetterebbero di evitare 296, 454 e 687 decessi rispettivamente al terzo, al quinto e al decimo anno di analisi. Occorre anche e soprattutto garantire una presa in carico precoce con trattamenti efficaci anche nel futuro prossimo. La presa in carico precoce garantisce inoltre effetti importantissimi in termini di risparmi di costi diretti (associati alla gestione della malattia) e indiretti (associati alla perdita di produttività, alla maggiore richiesta di assistenza sociale, eccetera). Queste le proposte delle società scientifiche: implementazione di personale specializzato necessario per le attività multidisciplinari richieste all’interno dei Servizi per le Dipendenze (SerD); organizzazione strutturale degli spazi funzionali messi a disposizione dei SerD, per favorire le proprie attività multidimensionali sia in favore delle popolazione adulta, sia di quella adolescenziale; organizzazione e gestione dei SerD come Point of Care per la diagnosi rapida e la cura con percorsi agevolati e rapidi delle patologie infettive dei suoi pazienti; attivazione della telemedicina e del teleconsulto per pazienti in assistenza domiciliare e con i centri specialistici per incrementare la compliance dei pazienti e l’outcome degli interventi; istituzione dei Dipartimenti per Dipendenze autonomi, in collaborazione e integrazione con il privato accreditato”

Il gender gap si combatte (anche) con il role model

Woman working with computer in the office of a science laboratory

Rossana Berardi, Presidente di Women for Oncology of Italy: “Le storie delle donne sono un elemento di ispirazione per le altre donne. Ma da sole non bastano: è fondamentale il sostegno intra genere”.  

28 aprile 2022 – Gli esempi virtuosi di empowerment possono aiutare a fare qualche passo avanti per superare il gender gap. Stiamo parlando del role model: un esempio di vita o di lavoro che viene individuato come punto di riferimento e orienta le scelte individuali. Solo per fare un esempio: nel giugno 2021 le domande per poter accedere alla nuova selezione dell’Agenzia spaziale europea sono state trascinate dall’effetto Parmitano e Cristoforetti. Parliamo di due astronauti che costituiscono un esempio per tanti uomini e donne che sognano di fare l’astronauta. 
Il role model è un investimento concreto di superamento del gender gap su cui poter lavorare per orientare bambini e bambine, ragazzi e ragazze, uomini e donne di ogni età, commenta la Professoressa Rossana Berardi, Presidente di Women for Oncology of Italy. È anche uno strumento per accompagnarli nelle loro scelte professionali e di vita, disegnando così un futuro diverso fondato su diversità e inclusione.
Role model come la virologa Ilaria Capua, l’ingegnere elettronico Anna Grassellino e l’ingegnere aerospaziale e madre di cinque figli Amalia Ercoli-Finzi, inoltre, avvicinano le studentesse alle lauree Stem, acronimo inglese che indica scienze, tecnologia, ingegneria e matematica. Ambito, questo, che ha conseguenze importanti sul futuro delle donne e della società e che deve essere affrontato affinché la popolazione femminile non si trovi esclusa dalla rivoluzione tecnologica che il mondo sta attraversando e che richiede persone istruite adeguatamente e necessariamente specializzate (attualmente meno di 4 laureati su 10 nelle materie Stem sono donne).
Oltre alla promozione di role model però, sono tante le possibili azioni da mettere in campo per combattere il gender gap. Ciò che ancora manca in modo pervasivo nel tessuto sociale e produttivo, infatti, è l’idea di una reale parità di genere in tutti gli ambiti della vita degli individui: un obiettivo raggiungibile solo a condizione che si pongano in essere azioni concrete per una effettiva realizzazione della parità. Tra queste l’utilizzo delle Community come strumento di aggregazione e comunicazione, l’investimento sul networking, lo stanziamento di finanziamenti da parte dello Stato e delle imprese, la messa a punto di una normativa che combatta le discriminazioni e supporti l’inclusione. Fondamentale anche il sostegno intra genere, importantissimo
È questo uno degli obiettivi principali di Women for Oncology of Italy. Con la nostra Associazione, che principalmente rivolge l’attenzione alle donne oncologhe e alle Specialiste in Formazione, cerchiamo di aiutare le professioniste a crescere sia dal punto di vista della formazione, sia conciliando la vita professionale con quella lavorativa, per far sì che possano essere le leader di domani anche in questo settore, conclude la Professoressa Berardi. 

Molecular Tumor Board: il futuro dell’oncologia

Asian man was treated for cancer chemotherapy with his wife encouraging.

Rossana Berardi, Dir. Clinica Oncologica Univpm – Ospedali Riuniti di Ancona e Presidente di Women for Oncology of Italy: “Auspico a una possibilità di coordinamento di rete, inteso come network in questo settore, affinché tutti i pazienti possano avere equa opportunità anche in questo settore e non ci siano disparità tra le varie istituzioni sanitarie e le varie regioni”.  

19 aprile 2022 – Una volta i pazienti oncologici venivano trattati tutti alla stessa maniera e le armi a disposizione erano piuttosto limitate alla chemioterapia, alla radioterapia, all’intervento chirurgico, all’ormonoterapia. Oggi tutte queste armi sono fortemente integrate da terapie più precise, da terapia a bersaglio biomolecolare, da immunoterapia. Alla base c’è la necessità di ricercare una mappatura più estesa del profilo biomolecolare del tumore, al fine di scegliere la terapia giusta per il paziente giusto con una determinata malattia. 
E’ quanto spiega la dottoressa Rossana Berardi, Ordinario di Oncologia all’Università Politecnica delle Marche, Direttrice della Clinica Oncologica dell’AOU Ospedali Riuniti di Ancona e Presidente di Women for Oncology of Italy, che aggiunge: “Il tumore sta diventando sempre di più una patologia curabile, come dimostrano i dati: sono oltre 3milioni e 600mila le persone che vivono dopo una diagnosi di cancro. È evidente che questi grandi passi avanti sono stati fatti anche grazie alla medicina di precisione e all’oncologia di precisione. Questo non può prescindere dalla possibilità di avere Centri, expertise e professionisti qualificati che si occupano di questo settore. Oggi sono nati e stanno nascendo nell’ambito delle diverse regioni i Molecular Tumor Board: dei gruppi multidisciplinari focalizzati a cercare di conoscere meglio la malattia e a trattarla al meglio delle possibilità, con tutte queste armi innovative che abbiamo a disposizione”
Qual è la nuova frontiera?
“Stiamo passando da un’oncologia di precisione al salto del paradigma”, risponde la professoressa Berardi. “Poche settimane fa sono stati introdotti in commercio e nella pratica clinica i cosiddetti farmaci agnostici: molecole jolly che colpiscono miratamente una mutazione che siamo andati preliminarmente ad identificare, indipendentemente dalla sede di origine della malattia primitiva. Una volta trattavamo il tumore, lo trattavamo con la chemioterapia e in maniera uguale per tutti i pazienti, poi ci siamo mossi verso un’oncologia di precisione a cercare determinati bersagli e specifiche mutazioni espresse da quel particolare tumore; oggi con le molecole jolly saltiamo questo paradigma, ovvero andiamo a cercare la mutazione indipendentemente dalla sede del tumore primitivo. Significa che, potenzialmente, pazienti con tumore al seno, al pancreas, piuttosto che al polmone, potrebbero essere trattati con le stesse molecole, purché alla base ci sia la presenza della medesima mutazione. Per determinare tutto questo occorre avere professionisti qualificati, ma occorre anche avere la consapevolezza che solo piccoli gruppi di persone possono esprimere quel tipo di mutazione e quindi la medicina va sempre di più verso un’ottica di personalizzazione e di precisione
Che cosa sta facendo Women for Oncology of Italy a riguardo?
Women for Oncology of Italy è uno spin-off della Società Europea di Oncologia Medica, principalmente rivolge l’attenzione alle donne oncologhe e alle Specialiste in Formazione, per far sì che possano essere le leader di domani anche in questo settore. Cerchiamo di aiutare le professioniste a crescere sia dal punto di vista della formazione, sia conciliando la vita professionale con quella lavorativa. Molte di noi sono fortemente impegnate su questo fronte. Personalmente ho contribuito attivamente alla costituzione e coordino il Molecular Tumor Board presso l’AOU Ospedali Riuniti di Ancona che serve l’intera regione Marche. Così come me, anche altre professioniste sono fortemente attive in questo settore, perché è un settore trasversale che non può prescindere dalle competenze specifiche, indipendentemente da quale sia l’area primaria di interesse. È il futuro dell’oncologia, è il futuro per il bene dei pazienti e di chi prende cura di loro. Parlando della medicina di precisione e di Molecular Tumor Board, personalmente auspico a una possibilità di coordinamento di rete, inteso come network in questo settore, affinché tutti i pazienti possano avere equa opportunità anche in questo settore e non ci siano disparità tra le varie istituzioni sanitarie e le varie regioni.  È questo un elemento determinante. Stavamo aspettando che il Ministero licenziasse entro il 31 marzo la cornice normativa in cui muoverci, ma ad oggi non è ancora arrivata. Dal punto di vista di Women for Oncology of Italy un ringraziamento a tutte le amiche e colleghe che tutti i giorni si spendono per la crescita delle altre colleghe e soprattutto per la cura dei pazienti in un’ottica di medicina di precisione

BPCO: la Puglia sceglie la deospedalizzazione e punta sui Percorsi diagnostico terapeutici assistenziali (PDTA)

12 aprile 2022 – I malati cronici in Italia sono 24 milioni e assorbono una gran parte delle risorse riversate in sanità, tanto è vero che, considerando le sole cronicità respiratorie, nel 2020 la spesa per farmaci è al settimo posto, per un totale di 1,3 miliardi di euro. Tra queste la Broncopneumopatia cronica ostruttiva, nota anche con la sigla BPCO: una cronicità che deriva da una interazione complessa tra fattori genetici e ambientali, con un impatto rilevante sia sulla vita dei pazienti e delle famiglie, sia sui servizi sanitari. 
Nel mondo si stimano circa 328 milioni di persone affette da questa malattia, che rappresenta la quarta causa di morte (il 6% di tutte le morti). La sua incidenza è in continuo aumento a causa di diversi fattori come il fumo, l’inquinamento, il graduale invecchiamento della popolazione. In Italia i dati ISTAT stimano una prevalenza di BPCO del 5,6% (il 15-50% dei fumatori sviluppa BPCO), ma la sua prevalenza è verosimilmente più elevata in quanto viene spesso diagnosticata casualmente e in fase di ricovero per riacutizzazione. Nonostante lo scenario descritto, l’aderenza alla terapia resta insoddisfacente, attestandosi in percentuali non superiori al 20%.
Tutto questo porta a uno scarso controllo e ad un aumento del rischio di riacutizzazioni e ricoveri, generando un prevenibile consumo di risorse. Il livello di diagnosi e di presa in carico appropriate deve essere implementato attraverso una maggiore integrazione tra i vari referenti della catena assistenziale, con l’utilizzo di nuove tecnologie (farmaci, devices, telemedicina, informatizzazione, etc.) e una maggior diffusione degli expertise consolidati. Le risorse in arrivo dal PNRR rappresentano una grande opportunità per tutti, malati in primis, ma come utilizzarle al meglio?

Per rispondere a questa e ad altre domande, con il supporto della Comunità Scientifica, delle Associazioni Pazienti, degli operatori sanitari e delle Istituzioni, Motore Sanità ha promosso l’incontro “PNRR FOCUS ON BPCO, NOTA 99: COME CAMBIA LO SCENARIO – ABRUZZO, LAZIO, PUGLIA”, con il contributo incondizionato di GSK e IT-MeD

Con l’introduzione della nuova regolamentazione della Nota 99, cambia lo scenario e anche l’intero contesto delle malattie croniche con tutto il loro carico di fragilità. Lo ha sottolineato Ettore Attolini, Direttore Area Programmazione Sanitaria AReSS Agenzia Regionale Strategica della Salute e Sociale, Regione Puglia. Nella sua approfondita analisi, Attolini ha poi evidenziato come i fattori di vulnerabilità siano influenzati dai fattori economici. La Puglia dunque sceglie la deospe-dalizzazione e l’integrazione, puntando sulle reti cliniche e sui Percorsi diagnostico terapeutici assistenziali (PDTA). È questa la prima grande innovazione: si è parlato tanto di questo strumento come strumento principale del governo delle patologie, in ambito ospedaliero specialistico. I PDTA sono sempre stati il grande governo della specialità, ora invece i PDTA, per la prima volta, vengono consegnati al medico di medicina generale e coinvolgono il territorio. Ecco il grande scenario: ora le patologie croniche si governeranno principalmente sul territorio e questo cambiamento sarà spinto anche dal PNRR.

A proposito di questo punto Antonio Aurigemma, Componente VII Commissione Sanità, Regione Lazio, si è così espresso: “Abbiamo vissuto tutti sulla nostra pelle, purtroppo, il fatto che durante la pandemia la medicina del territorio non fosse organizzata al massimo. Oggi, in riferimento a questa malattia cronica in particolare, è importante non solo conoscere i passi avanti che ha fatto la Regione Puglia, così come altre Regioni, ma continuare a lavorare per arrivare ad avere un protocollo unico. La percentuale di quelle persone che potrebbero essere curate a casa è elevata, sicuramente con effetti migliori e migliorativi, invece sono ancora curate in strutture ospedaliere e in reparti che non sono adeguati a quel tipo di patologia. Oggi è fondamentale che le Regioni parlino tra di loro, che ci sia un protocollo nazionale che possa portare, in riferimento a questa patologia, ad avere un percorso unico. Noi stessi vediamo differenze tra gli ospedali nell’impostazione della cura e quindi è importante che ci sia una cabina di regia che consenta al malato di avere la miglior cura in luoghi consoni alla sua patologia. Questo porterebbe un vantaggio migliorativo per il paziente e consentirebbe di liberare posti letto che potrebbero essere utilizzati da chi ne ha la necessità. E’ importante cercare di ottimizzare in questo senso i nuovi fondi che arriveranno con il PNRR, con una pianificazione e una programmazione adeguata

Scacco matto alla BPCO: una malattia sottostimata, in continuo aumento, che rappresenta la quarta causa di morte

7 aprile 2022 – I malati cronici in Italia sono 24 milioni e assorbono una gran parte delle risorse riversate in sanità, tanto è vero che, considerando le sole cronicità respiratorie, nel 2020 la spesa per farmaci è al settimo posto, per un totale di 1,3 miliardi di euro. Tra queste la Broncopneumopatia cronica ostruttiva, nota anche con la sigla BPCO: una cronicità che deriva da una interazione complessa tra fattori genetici e ambientali, con un impatto rilevante sia sulla vita dei pazienti e delle famiglie, sia sui servizi sanitari. 
Nel mondo si stimano circa 328 milioni di persone affette da questa malattia, che rappresenta la quarta causa di morte (il 6% di tutte le morti). La sua incidenza è in continuo aumento a causa di diversi fattori come il fumo, l’inquinamento, il graduale invecchiamento della popolazione. In Italia i dati ISTAT stimano una prevalenza di BPCO del 5,6% (il 15-50% dei fumatori sviluppa BPCO), ma la sua prevalenza è verosimilmente più elevata in quanto viene spesso diagnosticata casualmente e in fase di ricovero per riacutizzazione. Nonostante lo scenario descritto, l’aderenza alla terapia resta insoddisfacente, attestandosi in percentuali non superiori al 20%.
Tutto questo porta a uno scarso controllo e ad un aumento del rischio di riacutizzazioni e ricoveri, generando un prevenibile consumo di risorse. Il livello di diagnosi e di presa in carico appropriate deve essere implementato attraverso una maggiore integrazione tra i vari referenti della catena assistenziale, con l’utilizzo di nuove tecnologie (farmaci, devices, telemedicina, informatizzazione, etc) e una maggior diffusione degli expertise consolidati. Le risorse in arrivo dal PNRR rappresentano una grande opportunità per tutti, malati in primis, ma come utilizzarle al meglio?

Per rispondere a questa e ad altre domande, con il supporto della Comunità Scientifica, delle Associazioni Pazienti, degli operatori sanitari e delle Istituzioni, Motore Sanità ha promosso l’incontro “PNRR FOCUS ON BPCO, NOTA 99: COME CAMBIA LO SCENARIO – LOMBARDIA”, con il contributo incondizionato di GSK e IT-MeD

Per Pierachille Santus, Presidente SIP-IRS Lombardia, la possibilità di discutere sulla nuova modalità di prescrizione dei farmaci essenziali per la cura della BPCO, appare di fondamentale importanza. I risvolti pratici che si sono venuti a creare e che condizionano la real life relativamente alla gestione e cura dei pazienti affetti da BPCO, necessitano di un confronto costruttivo tra i diversi attori implicati nei percorsi clinico-assistenziali di questa malattia cronica. Il tutto, al fine di implementare e generare percorsi virtuosi atti a migliorare e a facilitare l’accesso alla diagnosi e cura.   

Michele Vitacca, Dirigente S.C. Pneumologia Riabilitativa, Fondazione Maugeri IRCCS Lumezzane (BS), ha sottolineato a questo proposito l’importanza della Nota 99: poiché costringe in qualche modo gli stakeholder – che sono da una parte la medicina del territorio e dall’altra gli specialisti – a trovare una maggiore collaborazione per migliorare l’appropriatezza della diagnosi e l’appropriatezza dei percorsi dedicati a questa cronicità

Longevità e prevenzione: verso la “quarta età 5.0”

Invecchiare bene e vivere più a lungo, prendendosi cura di sé e umanizzando la cura in ambito sociosanitario.

7 aprile 2022 – La pandemia di Covid-19 ha insegnato che il modello attuale delle RSA (comunemente chiamate case di riposo) non è più confacente. Questa considerazione apre a due riflessioni: da un lato le residenze sanitarie assistenziali dovranno maggiormente clinicizzarsi e, dall’altro, puntare a una maggiore umanizzazione, al fine di rendere gioiosa la permanenza dei suoi ospiti, tenendo anche conto che uno degli obiettivi futuri sarà la longevità. 
Si è parlato di questo nel corso de “IL CUORE OLTRE L’OSTACOLO – VERSO LA “QUARTA ETÀ 5.0”: tavola rotonda su iniziativa della Senatrice Annamaria Parente, in collaborazione con Motore Sanità.  

La cultura della prevenzione, presupposto indispensabile per invecchiare bene e in salute, non è equamente distribuita nel nostro Paese, ha sottolineato Giulia Gioda, Presidente Associazione per la Prevenzione e la Cura dei Tumori in Piemonte ODV e Direttore Mondosanità; l’ambulatorio mobile di Motore Sanità, attrezzato per prevenire e diagnosticare in tour alcune patologie importanti e potenzialmente debilitanti, nasce da questi presupposti: educare le persone alla prevenzione. Grazie all’Associazione per la Prevenzione e la Cura dei Tumori in Piemonte ODV, il tour del nostro ambulatorio mobile, partito il 21 febbraio, sta facendo tappa nelle 8 circoscrizioni torinesi, per dare la possibilità ai cittadini di sottoporsi gratuitamente alle visite di controllo: fino ad oggi abbiamo effettuato oltre 300 visite. Un medico di medicina generale, inoltre, è sempre a disposizione per rispondere alle domande delle persone. Il nostro intento è quello di portare l’iniziativa su tutto il territorio nazionale

Il progetto ha riscosso molto entusiasmo da parte dei relatori presenti, a partire da Tommaso Trenti, Presidente Società Italiana di Biochimica Clinica e Biologia Molecolare Clinica, che ha così commentato: L’informazione di laboratorio, ottenuta in prossimità del paziente, può essere lo strumento operativo per dare concretezza alle attività clinico-diagnostiche da eseguirsi nelle RSA. Inoltre l’integrazione del dato nell’ambito dell’insieme delle informazioni già presenti sul paziente, può permettere la migliore appropriatezza delle decisioni sanitarie per produrre i migliori risultati di salute

Oggi gli anziani, soprattutto i non autosufficienti, sono abbandonati a sé stessi: il sistema domiciliare non funziona e anche la pandemia ha dimostrato che il sistema delle RSA va rinnovato profondamente, ha sottolineato Michele Vietti, Presidente ACOP, Associazione Coordinamento Ospedalità Privata. Con i fondi del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) possiamo e dobbiamo ripensare il sistema sanitario territoriale con un nuovo modello che potenzi telemedicina e assistenza domiciliare. La sanità privata sarà a fianco di quella pubblica per promuovere un sistema sanitario all’avanguardia.

A conclusione della tavola rotonda la Senatrice Annamaria Parente, Presidente della XII Commissione Igiene e Sanità, Senato della Repubblica, si è espressa così: “Sono molto felice di questo incontro, per noi legislatori è fondamentale ascoltare. Dobbiamo partire da due principi di realtà: durante la pandemia abbiamo perso molti anziani e abbiamo avuto il sacrificio di molti operatori sociosanitari. Non possiamo far finta che la pandemia non sia successa. Interessante in questo contesto l’inquadramento della quarta età. Oggi si vive di più, ma noi dobbiamo fare in modo di vivere meglio. La sanità deve essere per tutti e di tutti, fondamentale quindi la partecipazione di tutti. Dobbiamo costruire una sanità che abbia la partecipazione della cittadinanza. Sulle questioni più contingenti, a partire dal PNRR, io sono d’accordo che la domiciliarità non possa risolvere i problemi. L’obiettivo deve essere il continuum assistenziale, ovvero il collegamento tra ospedale-territorio e territorio-casa.

Tra i presenti anche la nota conduttrice televisiva Maria Teresa Ruta, il Mons. Derio Olivero, Vescovo e Presidente di RSA che ha vissuto su di sé l’esperienza Covid, Paolo Spolaore, Medico, Vicepresidente Confindustria Piemonte, delega RSA e Presidente AIOP Toscana (Associazione Italiana Ospedalità Privata), Alban Vercellotti Mesi, Direttore operativo di una Casa di Riposo e Davide Sordella, Presidente Fondazione Davide Sordella. Toccanti le loro testimonianze, raccolte anche nel libro Il cuore oltre l’ostacolo – Storie di una guerra invisibile scritto da Laura Avalle, presentato sempre in occasione della tavola rotonda. 

Nota 99 e telemedicina: ecco le armi per combattere la BPCO

6 aprile 2022 – I malati cronici in Italia sono 24 milioni e assorbono una gran parte delle risorse riversate in sanità, tanto è vero che, considerando le sole cronicità respiratorie, nel 2020 la spesa per farmaci è al settimo posto, per un totale di 1,3 miliardi di euro. Tra queste la Broncopneumopatia cronica ostruttiva, nota anche con la sigla BPCO: una cronicità che deriva da una interazione complessa tra fattori genetici e ambientali, con un impatto rilevante sia sulla vita dei pazienti e delle famiglie, sia sui servizi sanitari. 
Nel mondo si stimano circa 328 milioni di persone affette da questa malattia, che rappresenta la quarta causa di morte (il 6% di tutte le morti). La sua incidenza è in continuo aumento a causa di diversi fattori come il fumo, l’inquinamento, il graduale invecchiamento della popolazione. In Italia i dati ISTAT stimano una prevalenza di BPCO del 5,6% (il 15-50% dei fumatori sviluppa BPCO), ma la sua prevalenza è verosimilmente più elevata in quanto viene spesso diagnosticata casualmente e in fase di ricovero per riacutizzazione. Nonostante lo scenario descritto, l’aderenza alla terapia resta insoddisfacente, attestandosi in percentuali non superiori al 20%.
Tutto questo porta a uno scarso controllo e ad un aumento del rischio di riacutizzazioni e ricoveri, generando un prevenibile consumo di risorse. Il livello di diagnosi e di presa in carico appropriate deve essere implementato attraverso una maggiore integrazione tra i vari referenti della catena assistenziale, con l’utilizzo di nuove tecnologie (farmaci, devices, telemedicina, informatizzazione, etc) e una maggior diffusione degli expertise consolidati. Le risorse in arrivo dal PNRR rappresentano una grande opportunità per tutti, malati in primis, ma come utilizzarle al meglio?

Per rispondere a questa e ad altre domande, con il supporto della Comunità Scientifica, delle Associazioni Pazienti, degli operatori sanitari e delle Istituzioni, Motore Sanità ha promosso l’incontro “PNRR FOCUS ON BPCO, NOTA 99: COME CAMBIA LO SCENARIO – PIEMONTE, LIGURIA”, con il contributo incondizionato di GSK e IT-MeD.
Secondo Giovanni Passalacqua, Direttore Clinica Malattie Respiratorie e Allergologia Ospedale Policlinico San Martino di Genova, persiste una difficoltà di fondo a trovare un modello gestionale integrato (ospedale-specialista-territorio) efficiente. Anche in Regione Liguria, spiega, la BPCO mantiene una prevalenza intorno al 6%, lievemente superiore alla media nazionale, in quanto la Liguria è probabilmente la regione “più vecchia”. I vari piani regionali di gestione integrata non hanno avuto, fino ad ora, risultati particolarmente brillanti, tranne sporadici casi virtuosi. In prospettiva, sono presenti due elementi principali di possibile cambiamento: l’effettivo aumentato ed efficace ricorso alla telemedicina, reso necessario dalla pandemia. La telemedicina potrebbe effettivamente, se proseguita, stringere il contatto tra specialisti e territorio; e l’introduzione della Nota 99, che ha prodotto sconcerto nei Medici di medicina generale, potrebbe in realtà avere un risvolto molto positivo: il ricorso alla spirometria e quindi la maggior appropriatezza terapeutica”.

Per quanto riguarda l’altra regione presa in esame durante questo evento, la Rete Clinico Assistenziale Pneumologica del Piemonte ha redatto il PDTA sulla BPCO nel 2018, revisionato nel 2022 come Percorso di Salute e Diagnostico Terapeutico Assistenziale (PSDTA), anche alla luce della Nota 99, tracciando i percorsi gestionali attraverso la mappatura dei vari Centri della regione“Il PNRR, tra le varie cose, focalizza la maggiore gestione territoriale delle patologie croniche in generale, quindi anche quella respiratoria, con individuazione di setting adeguati e di risorse dedicate tra le quali il Medico di medicina generale, lo Specialista Pneumologo, l’infermiere e naturalmente la Riabilitazione”, spiega Roberto Prota, Direttore Pneumologia Ospedale Mauriziano, Torino. “La Nota 99 esprime un ruolo più attivo e un maggiore coinvolgimento nella gestione della BPCO sia in termini di scelta terapeutica che di valutazione funzionale. Sottolinea il concetto che l’esame spirometrico è condizione essenziale per fare diagnosi e gestire terapie, cosa forse banale ma non così scontato ad oggi, visto che un certo numero di pazienti esegue terapie inalatorie senza mai aver eseguito l’esame spirometrico. Con il necessario e maggiore coinvolgimento dei Medici di medicina generale nella gestione della patologia cronica ostruttiva, la puntualizzazione dell’indispensabilità dell’esame spirometrico e la possibilità da parte del curante di gestire formulazioni terapeutiche non più soggette a prescrizioni con Piano terapeutico, è possibile che si possa arrivare ad un miglior controllo della patologia che notoriamente ha un grande impatto sul nostro Servizio Sanitario Nazionale e, nello stesso tempo, può migliorare l’aspetto dolente rappresentato dalla bassa aderenza. Processi, questi, che vanno inseriti su precisi percorsi (PSTDA) a cura di Reti laddove esistenti, oppure attraverso percorsi Ospedale-Territorio laddove non risultasse una rete, allo scopo di omogeinizzare i comportamenti e soprattutto la necessaria risposta alla domanda di salute”

O i figli o la carriera: a quanto ancora deve rinunciare un’oncologa nel 2022?

Young Mother Working At Home

Nicla La Verde, tesoriere di Women for Oncology Italy: “Se dal punto di vista legislativo molto è stato fatto per la tutela dei diritti lavorativi della professionista che vuole vivere la sua maternità, dal punto di vista pratico la questione è molto più complessa”. 

4 aprile 2022 – Vuoi fare carriera? Non andare in maternità. Una provocazione che racchiude una grande verità, un po’ in tutti i settori lavorativi. 
Anche in ambito medico, come racconta Nicla La Verde, Direttore Unità Operativa Complessa Oncologia, Ospedale Luigi Sacco di Milano e tesoriere di Women for Oncology Italy“In Italia c’è una legislazione precisa che non solo difende il diritto di maternità, ma prevede anche la sostituzione di maternità. Significa che l’azienda può assumere un lavoratore in sostituzione della dipendente in maternità, con un contratto la cui durata è strettamente connessa a quella del congedo. Se dal punto di vista legislativo molto è stato fatto per la tutela dei diritti lavorativi della professionista che vuole vivere la sua maternità, dal punto di vista pratico la questione è più complessa. Per una donna medico che lavora in un determinato reparto con dei turni precisi, che tiene molto alla sua carriera e al rapporto con i suoi pazienti, a conti fatti, la maternità diventa una scelta difficoltosa, nel momento in cui si troverà nella condizione di dover rendere conto della sua scelta ai colleghi che, in qualche modo, si sobbarcheranno del suo lavoro. Questo perché i meccanismi di sollievo, che favoriscono la prosecuzione del lavoro, non vengono implementati. Non per cattiva volontà dei singoli, ma per difficoltà pratiche e contingenti che si vengono a creare. La sostituzione di maternità, per fare un esempio concreto, è in parte a carico dell’azienda sanitaria. E’ chiaro che se quell’azienda ha problematiche economiche, non riuscirà a retribuire, così come la legge vuole, due persone. Questo è il primo problema. Poi c’è da sottolineare che la pandemia ha messo bene in evidenza che siamo in carenza di medici. Quindi anche le figure professionali che sostituiscono potenzialmente la donna che è via per la maternità, sono davvero poche. Come possiamo pretendere che un professionista, mi riferisco nel mio caso a un oncologo, venga a lavorare in un luogo per soli 5 mesi? La nostra non è una professione stagionale: il cancro è una malattia di tutto l’anno, difficile trovare qualcuno che venga a lavorare per un tempo così limitato. Anche dal punto di vista pratico, occorre trovare delle soluzioni in questo senso. E poi c’è il dopo: la donna medico, che lavora 8-10 ore, per non dire 12 durante i turni di guardia, deve poi tornare a vivere in quell’ambiente e si capisce che le rimarrà particolarmente difficile, se tale ambiente è stato compromesso dal fatto che i colleghi si sono dovuti fare carico anche del suo lavoro durante il periodo di maternità. Non sottolineo la difficoltà di quando 2 o 3 donne contemporaneamente vivono la maternità in una situazione simile: mettono completamente in croce tutta una struttura, per motivi che vengono discussi a diverso livello. In questo senso, anche come Women for Oncology Italy, stiamo lavorando molto per migliorare le leggi, promuovendo congressi a Montecitorio con tavoli politici. Ma poi servono anche delle soluzioni dall’interno, che possono essere implementate e attuate nelle singole strutture e dai singoli direttori che, con molta buona volontà, mettono in atto meccanismi favorevoli per cui ci si comporta reciprocamente nel tempo di assenza di quella persona. Un programma che, agli occhi esterni, sembra ineluttabile: ovvero che le donne dello stesso reparto si alternassero nel fare figli. Allo stesso tempo però mi chiedo: a quanto ancora deve rinunciare un’oncologa nel 2022? Rinunciare a un figlio? Rinunciare alla carriera? Sono cose molto grosse che sul piano della libertà, dell’espressione umana e della professionalità mi fanno ritornare a tempi ciechi di secoli addietro

La PCR: un semplice esame in farmacia per ottimizzare la terapia antibiotica, utile per i pediatri di libera scelta e per i medici di famiglia

30 marzo 2022 – La proteina C reattiva, detta anche PCR o CRP (C Reactive Protein) è un indice di infiammazione prodotto dal fegato e rilasciato nel circolo sanguigno. In generale, elevati livelli di proteina C reattiva rappresentano un campanello d’allarme per lo stato di salute della persona, che richiede poi adeguati approfondimenti diagnostici. In presenza di una diagnosi certa, come indice di flogosi diventa anche molto interessante dal punto di vista prognostico, per valutare l’andamento e la gravità di un processo infiammatorio o per determinare l’efficacia di una terapia o il rischio cardiovascolare globale (insieme ad altri parametri) anche in una persona sana. 
Uno degli utilizzi più interessanti, sia nei pazienti pediatrici sia negli adulti, potrebbe essere la valutazione dei livelli di CRP, condotta al fine di guidare la prescrizione di antibiotici. Un recente articolo su NEMJ lo indica come parametro utile per ottenere un impiego più parsimonioso di questi farmaci anti-infettivi, essenziali nei pazienti affetti da riacutizzazioni di Bpco. Grazie al test della Proteina C Reattiva è possibile distinguere le infezioni batteriche da quelle virali, un test rapido e mininvasivo che può davvero fare la differenza. Studi scientifici indicano inoltre che il test della PCR riduce la prescrizione di antibiotici, senza compromettere il processo di cura dei pazienti. 
Oggi per il clinico e soprattutto per il paziente si presenta una grande opportunità di semplificazione riguardo all’accesso al test di misurazione della PCR, che può essere effettuata in setting Point of Care, come la farmacia, insieme ai già conosciuti test che valutano il profilo glicemico e quello lipidico. Tutto ciò è molto interessante anche in ottica di spostamento degli esami di primo livello sul territorio, garantire cioè la prossimità di diagnosi e soprattutto accelerare la diagnosi stessa
. Per approfondire il tema, Motore Sanità ha promosso il webinar “PROGETTO CRP”, sponsorizzato da Roche Diagnostic

Si avvicina per il cittadino la possibilità, con un semplice esame eseguito comodamente in farmacia, di poter gestire in appropriatezza l’utilizzo dell’antibioticoterapia, escludendone l’impiego quando non necessaria, aspetto molto importante per la lotta all’antimicrobico-resistenza, ha commentato Claudio Zanon, Direttore Scientifico Motore Sanità. 

Una PCR in costante calo sino a completa normalizzazione permette di dare un giudizio positivo sull’impatto dell’antibioticoterapia, che potrà quindi essere definitivamente interrotta, ha confermato Francesco Menichetti, Presidente GISA. “D’altronde, una mancata discesa e normalizzazione della PCR porrà il clinico di fronte al dilemma relativo a un’errata diagnosi, a una inadeguata scelta della terapia antimicrobica, o ancora a un’infezione barrierata che non ha ricevuto l’adeguato “source control”. Un nuovo incremento dei valori della PCR, specialmente quando si ha a che fare con infezioni correlate a materiale protesico, sarà indicativo della persistenza dell’infezione, assai probabile quando si tenta di controllare queste infezioni, senza ricorrere alla bonifica chirurgica (rimozione della protesi infetta). Se i test microbiologici rapidi con la pronta identificazione del patogeno e l’antibiogramma molecolare rappresentano la nuova frontiera dell’ottimizzazione dell’antibioticoterapia, è evidente che un uso intelligente e sistematico della PCR è in grado di fornire un importante ausilio per il clinico aiutandolo nell’adeguata valutazione dell’efficacia dell’antibioticoterapia e dando importanti indicazioni sulla sua durata. È infatti proprio la durata dell’antibioticoterapia uno dei punti chiavi che un buon programma di stewardship antimicrobica deve perseguire: terapie antibiotiche brevi, se efficaci, impattano meno sulla flora microbica intestinale e contribuiscono nel contenere il fenomeno dell’emergenza dei microbi resistenti

Diritto all’oblio per i malati oncologici: istituzioni e associazioni di pazienti insieme per trasformare il disegno di legge in norma attuativa 

1milione di italiani guariti dal tumore non hanno nessun diritto di mutui, di assicurazioni sulla vita e il diritto ad adozioni.

30 marzo 2022 – “Io non sono il mio tumore”. Lo ripetono a sé stesse le persone che hanno incontrato il tumore nella loro vita e lo vorrebbero ribadire tutte quelle volte che si trovano davanti a chi rivolge loro la domanda “Signora, ha avuto un tumore?”, in procinto di accendere un mutuo, di ottenere un’assicurazione per la vita o di chiedere l’adozione di un bambino.  
La Senatrice Paola Boldrini, Vice Presidente della Commissione Igiene e Sanità del Senato ha presentato in Senato, nella Sala dei Caduti di Nassirya, il disegno di legge sul diritto all’oblio per i pazienti oncologici
Il disegno di legge n. 2548 recante “Disposizioni in materia di parità di trattamento delle persone che sono state affette da patologie oncologiche”, introduce il diritto all’oblio per gli ex pazienti malati di tumore e poi guariti. Nel nostro Paese sono 3.600.000 gli italiani che hanno avuto una diagnosi di tumore e più di un terzo è guarito (25-30%). Con questo testo normativo tutte le persone che abbiano effettuato l’ultimo trattamento attivo in assenza di recidive da dieci anni e guarite, hanno quindi diritto all’oblio: in caso di stipula di mutui, contratti e assicurazioni le informazioni relative alla patologia oncologica non possono essere più utilizzate ai fini del calcolo del rischio o della solvibilità.
 
Secondo i dati di AIRTUM – Associazione Italiana Registri Tumori, in Italia al 2020 erano più di 3.600.000 le persone vive che avevano avuto una diagnosi di tumore (il 6% della popolazione), un numero che sta aumentando di anno in anno (del 3%) sia perché aumenta la quota delle persone over 65 – e aumenterà nei decenni successivi – sia perché in questa fascia di età è maggiore l’incidenza dei tumori negli uomini e nelle donne. Altri dati: il 50% delle nuove diagnosi di tumori maligni fatte nel 2020 hanno riguardato gli ultra 70enni. A questo si associa il fatto che, grazie ai progressi diagnostici e terapeutici, aumenta la sopravvivenza di queste persone che hanno avuto una diagnosi di tumore e le loro esigenze devono essere ascoltate, affrontate e risolte. Chi sono? Uomini che hanno avuto un carcinoma della prostata e del colon retto soprattutto, e donne che hanno avuto un tumore al seno o al colon retto. Una grossa fascia è rappresentata da persone che hanno avuto una diagnosi da oltre 10 anni (1,5 milioni). Infine, il 27% può essere considerato guarito. 

Questo disegno di legge è un segnale importante di civiltà”, secondo la Senatrice Paola Boldrini. “È un obiettivo molto importante in quanto riconosce il diritto all’oblio per le persone che si sono ammalate di tumore e che sono anche guarite. L’evoluzione scientifica e quella sanitaria portano ad avere sicuramente un risvolto positivo in queste patologie e quindi è giusto riconoscere quei diritti che vengono ricompresi nei diritti del paziente che è guarito, ma che nelle leggi vigenti attualmente non sono ricompresi. Nel redigere questo testo di legge ci siamo ispirati alle richieste del Cancer Plan for Europee e al contenuto di una risoluzione recentissima del Parlamento europeo che chiede alla Commissione europea determinate azioni e fra queste ce ne sono di importantissime, come quelle al paragrafo 125 che chiede proprio agli stati membri di legiferare sul diritto all’oblio e di farlo con dei tempi precisi. Il Parlamento europeo chiede infatti alla Commissione che gli stati membri possano legiferare entro il 2025. Si tratta di una strategia globale e di una opportunità di adeguarsi da parte del nostro Paese. Francia, Belgio, Lussemburgo, Paesi Bassi e Portogallo hanno già legiferato in merito al diritto all’oblio”.