HIV: una presa in carico precoce garantisce ritorni importanti sia in termini di salute, sia economici-finanziari

12 maggio 2022 – Se è vero che tutti siamo stati impegnati con il problema della pandemia, è vero anche che la presa degli altri pazienti purtroppo si è fermata, ma non si è fermata la malattia stessa. A cominciare dall’HIV, malattia cronica che accompagna il paziente per tutta la vita. 
Si è parlato di questo nell’ambito dell’evento UN NUOVO RUOLO DEL TERRITORIO NELLA GESTIONE DELLA SANITÀ. PNRR E HIV: IL RETURN TO CARE. TOSCANA, LAZIO E MARCHE”, organizzato da Motore Sanità, con il contributo incondizionato di MSD e IT-MeD

“In Regione Toscana l’accesso all’innovatività nel campo HIV non è mai mancata”, ha esordito Francesca Vivaldi, Farmacista Ospedaliero Azienda Usl Toscana Nord Ovest Dipartimento del Farmaco – Pontedera, Pisa. “Sono molto contenta di portare all’attenzione il tema del ritorno dell’investimento, che ci fa capire come l’ingente spesa che facciamo in questo contesto (18milioni di euro circa ogni anno), possa avere il miglior ritorno di salute per i nostri pazienti). L’Azienda Toscana Nord Ovest è un’azienda a cui afferiscono 1milione e 200 mila persone. I pazienti HIV seguiti sono 1.500, ma poi eroga terapia a ulteriori 1.100 pazienti, che sono seguiti dalla vicina Azienda Ospedaliera Universitaria Pisana, quindi parliamo di un’ampia platea complessiva di circa 2.600 pazienti. Tre su 4 pazienti sono in cura con una singola compressa, il 9% dei pazienti è in cura con 2 compresse e 4-5 pazienti, invece, sono in cura con 3 compresse”

Un tema, quello della sostenibilità economica, molto sentito da Francesco Saverio Mennini, Professore di Economia Sanitaria e Economia Politica, Research Director-Economic Evaluation and HTA, CEIS, Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”, che ha così commentato: “Purtroppo la pandemia Covid non ha reso possibile il perseguimento di obiettivi importanti nella lotta all’HIV, per via della mancata diagnosi e del mancato trattamento. Le conseguenze nel caso di un ulteriore ritardo nella presa dei trattamenti, potrebbe generare un peggioramento nella condizione clinica dei pazienti ed eventualmente anche un incremento della mortalità HIV correlata. Questo per sottolineare quanto sia importante strutturare modelli organizzativi e di presa in carico dei pazienti con HIV, per garantire loro, indipendentemente dalle emergenze sanitarie, una continuità del trattamento, del monitoraggio e una presa in carico precoce, che a sua volta garantisce ritorni importanti in termini di salute, ma anche dal punto di vista economico-finanziario

“Lo stop che il Covid ha dato alla nostra cura precoce è stato molto pesante e questo ha spiazzato sia le persone con diagnosi di HIV, sia le persone che avevano avuto un rapporto a rischio e che si rivolgevano a noi per sapere dove poter fare il test, dato che le strutture preposte erano chiuse”, ha commentato Margherita Errico, Presidente NPS Italia ONLUS. “In questo caso le Associazioni hanno sopperito a questa mancanza con il counseling. Ci tengo a sottolineare anche un altro aspetto che ci preoccupa, che è lo stigma”

“Adesso ci troviamo in un momento di ripresa delle attività diagnostiche e terapeutiche che, in un modo o nell’altro, erano state parzialmente interrotte a causa del Covid”, ha detto Alessandro Capriccioli, Presidente II Commissione Affari Europei e Internazionali, Cooperazione tra i Popoli, Consiglio Regionale Lazio. Nella città di Roma siamo riusciti ad aprire un Centro di diagnosi precoce dell’HIV, in cui c’è una presenza di volontari che vengono dalle Associazioni e che fanno accoglienza alle persone che vengono a fare la diagnosi, anche per altre malattie sessualmente trasmissibili. Anche in periodo Covid il Centro è rimasto aperto, assistendo un numero significativo di persone. Obiettivo estendere questo modello a tutte le città del Lazio. Concludo sottolineando il fatto che il tema dell’informazione, della formazione e della diagnosi è centrale

A chiudere l’incontro Andrea Marinozzi, Dirigente Farmacista Ospedali Riuniti Ancona, Assistenza Farmaceutica Regione Marche: Come assistenza farmaceutica siamo in un periodo di attività fervida per una sanità sempre più appropriata e vicina al paziente, che si traduce anche in una migliore aderenza terapeutica

Batteri resistenti agli antibiotici: l’Italia maglia nera in Europa per morti causate da infezioni ospedaliere

La metà dei morti europei per infezioni ospedaliere da batteri resistenti agli antibiotici avviene in Italia. Un paziente su 10 in ospedale può infettarsi e molto frequentemente il germe è resistente agli antibiotici.

“Sono molto più pericolosi oggi i batteri resistenti che il Covid. Bisogna lavorare molto di più sulla formazione, sui medici di medicina generale e i medici ospedalieri. È necessario educare la popolazione sui rischi dell’antibiotico-resistenza”.

Genova, 11 maggio 2022 – L’antibiotico resistenza è un problema globale che interessa tutti i Paesi del mondo. Alcuni report dichiarano che nel 2050 ci saranno fino a 10milioni di morti all’anno per infezioni da germi resistenti. L’Italia è tra i Paesi in senso negativo a livello di antibiotico-resistenza: la superano in Europa solo la Romania e la Grecia. I numeri sono impressionati: un report pubblicato nel 2019 redatto dal Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (ECDC) riportava che circa la metà dei morti europei per infezioni ospedaliere da batteri resistenti agli antibiotici avviene in Italia. Il risultato finale è che chi entra in ospedale rischia, nel 10% dei casi, di contrarre una infezione ospedaliera. Inoltre, si calcola che 1 paziente su 10 quindi, in ospedale, possa infettarsi e molto frequentemente tale germe è resistente agli antibiotici. Lo scenario è allarmante e fa comprendere quanto sia importante non distogliere l’attenzione sull’antimicrobico resistenza (AMR). Motore Sanità ha voluto aprire un dialogo tra tecnici e dirigenti ospedalieri su questo aspetto cruciale con l’evento NUOVI MODELLI DI GOVERNANCE OSPEDALIERA PER GLI ANTIBIOTICI INNOVATIVI: DA UN ACCESSO RAZIONATO A UN ACCESSO RAZIONALE E APPROPRIATO – LIGURIA” organizzato con il contributo non condizionante di MENARINI. L’obiettivo è la ricerca di un corretto e condiviso place in therapy che rappresenti un uso ragionato e razionale piuttosto che solamente razionato.

Perché l’Italia è maglia nera d’Europa lo spiega Matteo Bassetti, Direttore Malattie Infettive Ospedale Policlinico San Martino. “Come frequenza e diffusione di germi resistenti, l’Italia è messa molto male soprattutto per i batteri Gram negativi. Tra i paesi europei a più evoluti livello sanitario siamo quelli che sono messi peggio. Ci sono tante ragioni. La prima è che usiamo troppi antibiotici rispetto alla media europea soprattutto nell’uso sia dei farmaci a domicilio che in ospedale. Si tende a usare gli antibiotici in maniera empirica, come una sorta di copertura. Questo è un errore. Secondo me bisogna lavorare molto di più sulla formazione sia sui medici di medicina generale sia su quelli che lavorano in ospedale. È necessario educare la popolazione generale sui rischi dell’antibiotico-resistenza. Se il problema non si affronta tutti insieme il rischio è di continuare a produrre dei batteri resistenti”.  

L’altra faccia del problema è che “la nostra sanità è la più etica e segue il principio di curare tutti e di non lasciare indietro nessuno. Questo è meraviglioso – ha aggiunto il Professor Bassetti – ma pensiamo agli impianti di protesi ai 90enni o alle cure dei tumori o i trapianti. È chiaro che tutto questo pone le condizioni per cui la popolazione ospedaliera italiana è più fragile ed esposta alle infezioni da batteri resistenti rispetto al resto della media europea. La soluzione è comprendere che si tratta di un problema enorme, forse il problema più grande a livello infettivologico del nostro sistema. Sono molto più pericolosi oggi i batteri resistenti che il Covid. Anche perché l’infezione da Sars-Cov2 ha contribuito ad acuire il problema in quanto sono stati usati in maniera ‘leggera’ gli antibiotici in particolare la azitromicina e di conseguenza il Covid ha contribuito a crescere l’antibiotico resistenza durante questi anni di pandemia. Gli antibiotici sono farmaci preziosi che vanno usati con cautela, con appropriatezza e dietro prescrizione medica. A livello istituzionale poi siamo molto indietro rispetto ad altri paesi europei. Se si ponesse meno attenzione al Covid, che grazie ai vaccini è stato ridotto nella sua portata e ci interessassimo ai batteri resistenti credo che se ne beneficerebbe l’intero sistema sanitario nazionale e quello territoriale. Vanno ascoltati di più gli esperti per compiere scelte giuste in materie come queste. Scienziati validi e preparati in Italia ce ne sono moltissimi”

Le infezioni correlate all’assistenza, a livello europeo, hanno un impatto economico complessivo per la società pari a 1,5 miliardi di euro all’anno. In Italia una recente analisi condotta dal EEHTA del CEIS dell’Università di Tor Vergata (Mennini FS e Sciattella P, 2021) ha evidenziato come le infezioni correlate all’assistenza compaiono in media in 32 casi ogni 1.000 ricoveri acuti in regime ordinario (52 casi ogni 1.000 ricoveri solo nel 2019). La valorizzazione delle infezioni mediante stima delle giornate aggiuntive per singolo Drg ha comportato una stima media annua pari circa 600 milioni di euro.  
“I risultati dell’analisi risultano essere, insieme ai risultati provenienti dalla letteratura recente, fondamentali così da informare i decisori in merito all’ adozione di protocolli di antimicrobico resistenza (AMR) stewardship per la gestione delle ICA, così da riuscire a disegnare un percorso che possa permettere una valorizzazione dell’impatto in termini di consumo di risorse e costi, su tutto il percorso assistenziale,  con riferimento anche agli antibiotici di nuova generazione – ha spiegato Francesco Saverio Mennini, Professore di Economia Sanitaria e Economia Politica, Research Director – Economic Evaluation and HTA, CEIS, Università degli Studi di Roma “Tor Vergata” e Presidente SIHTA -. Le infezioni ed il ritardo nella somministrazione della terapia appropriata sono, infatti, associati ad outcome clinici peggiori, e questi due fattori hanno dimostrato di essere in qualche modo sinergici (Lodise TP et al., 2019). Una terapia antibiotica appropriata è associata a degenze ospedaliere più brevi e a una minore mortalità nei pazienti con infezioni correlate all’assistenza rispetto a una terapia inappropriata. Il tutto accompagnato anche da un importante ritorno in termini economici e sociali

Farmaci equivalenti, troppo bassi i consumi: occorre incentivarne l’uso facendo rete e cultura

In Emilia Romagna l’uso dei farmaci griffati è dell’88, quello dei “generici puri” è del 38%: questo comporta una compartecipazione alla spesa del cittadino che, soprattutto di questi tempi, si trova spesso in difficoltà economiche.

9 maggio 2022 – Il mercato dei farmaci equivalenti registra una continua ascesa a livello nazionale, ma nonostante questo dato si registra ancora una profonda differenza tra il nostro Paese e la media degli altri Stati Europei che hanno una penetrazione di mercato maggiore, in particolare Regno Unito e Spagna. Questo conferma l’importanza di mantenere attiva una educazione culturale per vincere la resistenza che incontriamo spesso da parte dei pazienti ma anche da parte di alcuni medici e operatori sanitari. 

Fare cultura e fare rete sono le parole d’ordine quando si parla di farmaci equivalenti. Fare cultura: perché esistono ancora grosse sacche di resistenza tra operatori del settore e soprattutto pazienti, ai quali le informazioni arrivano senza opportuni approfondimenti e da fonti spesso prive di autorevolezza in materia. Fare rete: medici di medicina generale, medici specialisti, farmacisti territoriali ed ospedalieri ed associazioni dei pazienti devono essere consapevoli che poter utilizzare questi medicinali, consente di liberare risorse e reinvestirle in nuove tecnologie e biotecnologie soprattutto per patologie molto importanti. 
Motore Sanità intende fare chiarezza su questi aspetti con il supporto dei più autorevoli esperti, condividendo strumenti utili per una migliore scelta e buone pratiche disponibili già messe in atto, grazie all’evento con focus Emilia-Romagna “IL RUOLO SOCIALE DEL FARMACO EQUIVALENTE. CALL TO ACTIONQuesto progetto è stato realizzato grazie al contributo incondizionato di Teva Italia S.r.l.

In Italia nel 2020 si registra ancora una bassa incidenza della spesa per i farmaci equivalenti (39,9%) e del consumo (52,2%) rispetto ad altri Paesi europei (Fonte: Osservatorio Nazionale sull’impiego dei Medicinali. L’uso dei Farmaci in Italia. Rapporto Nazionale Anno 2020. Roma: Agenzia Italiana del Farmaco, 2021). Per quanto concerne la spesa a carico del cittadino, secondo l’ultimo rapporto OsMed nel 2020 la spesa per la compartecipazione per la quota eccedente il prezzo di riferimento dei farmaci a brevetto scaduto è stata pari a 18,07 euro pro capite, equivalente a circa 1,1 miliardi di euro. Nel 2021, la quota di compartecipazione sul prezzo di riferimento da parte del cittadino è stata di oltre 982 milioni di euro. Tale spesa sostenuta dai cittadini potrebbe essere evitata tramite la scelta di impiego del farmaco equivalente. 
Conferma il valore virtuoso del farmaco equivalente, anche per il Sistema Sanitario Nazionale, il dato che in Italia la presenza del mercato competitivo dei farmaci equivalenti ha permesso nel tempo una riduzione del 40-60% circa del prezzo dei farmaci rispetto ai prodotti coperto da brevetto, mantenendo immutato il profilo di efficacia e garantendo l’ampliamento del numero dei pazienti trattati (Colombo et al. Off-Patent Generic Medicines vs. Off-Patent Brand Medicines for Six Reference Drugs: A Retrospective Claims Data Study from Five Local Healthcare Units in the Lombardy Region of Italy. PLoS One. 2013; 8(12): e82990).
Anche nella regione Emilia Romagna la quota dei medicinali che hanno perso il brevetto cresce, nel 2021 si registra un 88% circa di impiego ma i cosiddetti “generici puri” registrano un impiego di circa il 38%, andamento simile alla media nazionale. Questo comporta una compartecipazione alla spesa da parte del cittadino che, soprattutto di questi tempi, si trova spesso in difficoltà economiche.

“Proprio per non appesantire ulteriormente la fascia sociale più debole dei cittadini è necessario mantenere una corretta informazione sugli equivalenti anche per il valore sociale che questi hanno oltre ad un valore di sostenibilità del Servizio Sanitario Nazionale – ha spiegato Fabio Pieraccini, Direttore Assistenza Farmaceutica AUSL Romagna -. Tutti gli stakeholder coinvolti tra cui medici di medicina generale, medici specialisti, farmacisti territoriali ed ospedalieri ed associazioni dei pazienti devono fare rete attorno al medicinale equivalente, con la reale consapevolezza di quanto sia importante poter utilizzare questi medicinali, che ci consentono di liberare risorse e reinvestirle in nuove tecnologie e biotecnologie soprattutto per patologie molto importanti. Parlare di equivalenti significa quindi anche parlare indirettamente di innovazione. Ma non solo, significa anche continuare a sostenere il peso della cronicità, tema preponderante in sanità legato anche all’importanza dell’aderenza terapeutica dei pazienti. In sintesi attuare azioni concrete per riconoscere il ruolo sociale dei medicinali equivalenti

Livelli Essenziali di Assistenza: il quadro delle malattie è cambiato, vanno aggiornati subito

9 maggio 2022 – La definizione dei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA) e delle relative tariffe è un percorso lungo, complesso e poco coerente con l’evoluzione rapida e dirompente delle tecnologie e delle conoscenze della medicina. Come se non bastasse, la loro applicazione continua a presentare diseguaglianze tra le diverse Regioni Italiane.
Per questo motivo Motore Sanità, con il contributo incondizionato di Roche Diagnostics, ha organizzato l’evento dal titolo “I LEA E LA RICERCA DI EQUILIBRIO TRA I BISOGNI E LA SOSTENIBILITÀ”, per mettere a confronto i vari attori del sistema, al fine di arrivare a proposte utili e necessarie a un progressivo cambiamento e/o rivisitazione dei Livelli Essenziali di Assistenza.
 

Ad aprire i lavori Tommaso Trenti, Presidente della Società Italiana di Medicina di Laboratorio-Biochimica Clinica e Biologia Molecolare Clinica (SIBIOC), il quale ha evidenziato il fatto che la pandemia ha mostrato, ora come non mai, il valore della diagnostica di laboratorio nella sanità quale insostituibile strumento di tutela della salute per tutti i cittadini. “SIBioC (Società Italiana di – Medicina di Laboratorio-Biochimica Clinica e Biologia Molecolare Clinica), Società scientifica che rappresenta i professionisti del laboratorio clinico, medici, biologi, chimici e tecnici biomedici apprezza e approva la revisione dei Livelli Essenziali di Assistenza della diagnostica di laboratorio, legge che permetterà a tutti i cittadini italiani, senza distinzione di residenza regionale, di fruire di nuove e efficaci prestazioni”, continua Trenti. “I nuovi LEA propongono un nuovo positivo processo dinamico di rivisitazione su base annuale dei contenuti dei Livelli Essenziali di Assistenza, eliminando gli esami divenuti obsoleti e inutili oltre a introdurne di nuovi. Tuttavia, Sibioc-Medicina di Laboratorio, pur condividendo le finalità, ha espresso preoccupazione per le conseguenze che potrebbe avere l’applicazione del tariffario dei nuovi LEA nella forma in cui è stato presentato alle Regioni. Tra i punti che più preoccupano c’è l’estrema contrazione delle risorse destinate alla diagnostica che mette a rischio la sostenibilità dei servizi di Medicina di Laboratorio, la mancata valutazione del valore delle competenze professionali, i molti errori e incongruenza dei contenuti del decreto indubbiamente da rivedere”.

Sul tema è intervenuta anche la Senatrice di Italia Viva e Presidente della Commissione Sanità del Senato Annamaria Parente, che si è espressa così: “Il governo apra in tempi brevi un tavolo di confronto per la riorganizzazione dei LEA. Bisogna aggiornarli e dare una risposta a tanti pazienti che aspettano di veder riconosciuta la loro malattia. I Livelli Essenziali di Assistenza sono un caposaldo del nostro Servizio Sanitario Nazionale (SSN) e indicano tutti i servizi ai quali i cittadini possono accedere gratuitamente o con il ticket nelle strutture pubbliche e convenzionate. L’ultimo aggiornamento risale però al 2017 e nel frattempo il quadro delle malattie è cambiato. Chiediamo perciò al governo di essere veloce nella nuova definizione. Sono tante le malattie che ancora non rientrano nell’elenco dei Livelli essenziali e molti pazienti, tra cui quelli affetti da malattie rare, e le loro famiglie sono in grande difficoltà. Tra l’altro, sappiamo che l’applicazione dei Lea continua a presentare diseguaglianze nell’applicazione tra le diverse regioni, e questo è un problema che va risolto. I malati hanno infatti il diritto di essere trattati allo stesso modo da Nord a Sud. Ai Lea è collegato anche il decreto tariffe, che è fermo da molto tempo. Al governo quindi chiediamo di aprire un confronto con tutte le Associazioni per dialogare e definire con i soggetti interessati un tariffario che sia il più adeguato possibile ai bisogni dei cittadini”.

“L’introduzione dei Livelli Essenziali di Assistenza è stata un’intuizione fondamentale per il SSN, cercando di assicurare equità e omogeneità della presa in carico dei pazienti delle cure in tutto il territorio nazionale. Purtroppo però, dopo alcuni anni dalla loro applicazione, esistono ancora disparità Nord-Sud e, in taluni casi, iniquità dell’accesso al SSN spesso legato alla differente gestione a livello regionale”, conferma Sergio Bernardini, Professore Biochimica Clinica e Biologia Molecolare Clinica Università Tor Vergata Roma. “Recentemente sono state proposte tariffe per la Medicina di Laboratorio assolutamente improprie, che non considerano il valore della disciplina e i costi fisiologici nella gestione della stessa. Se confermate, ne conseguirà un impoverimento dell’offerta e della qualità delle prestazioni soprattutto nei laboratori pubblici che sarebbero stretti nella morsa tra la riduzione del personale e le riduzioni del costo degli approvvigionamenti, pur di fornire prestazioni tariffate fortemente al ribasso”

Scienziate, oncologhe, astronaute: il problema dello stereotipo è trasversale a tutti gli ambienti

Little boy in astronaut costume

Domenica Lorusso, Vice Presidente dell’Associazione Women for Oncology Italy: “Dobbiamo introdurre a scuola lezioni di educazione civica in cui si ridisegna il ruolo della donna nella società e nella famiglia”.

7 maggio 2022 – Vi ricordate l’eco della polemica social su Samantha Cristoforetti, criticata per essere partita per la sua seconda missione spaziale e aver lasciato i due figli piccoli alle cure del papà? A un astronauta uomo nessuno si sognerebbe mai di fare un’osservazione del genere.
“Qualche anno fa mi avevano invitato a fare una lezione al Karolinska di Stoccolma, uno dei migliori ospedali europei”, racconta Domenica Lorusso, responsabile della ricerca clinica alla Fondazione Policlinico Gemelli IRCCS di Roma, Professore associato di ostetricia e ginecologia all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma e Vice Presidente dell’Associazione Women for Oncology Italy“In quell’occasione avevo conosciuto il primario di ginecologia: una donna di 40 anni con 5 figli, a prova del fatto che in quel Paese il livello sociale e culturale consente a una donna di realizzarsi non solo sul piano professionale, ma anche di costruirsi una famiglia e anche piuttosto numerosa. E’ un esempio importante, che dimostra che si può conciliare tutto anche ai massimi livelli, quando la società è supportiva e si ha accanto un partner altrettanto supportivo. La figura maschile, anche in questo, deve abbattere certi stereotipi: per un compagno come quello della Cristoforetti che rimane a casa con i bambini mentre la mamma va nello spazio, ce ne sono 99 che dicono che la donna dovrebbe rimanere a casa con i figli. Questo è il primo vero problema che dobbiamo risolvere. A proposito di stereotipi culturali, c’è un aneddoto molto divertente su Rita Levi Montalcini in cui si racconta che, durante la cena sociale di un congresso, le si avvicinò una donna dicendole che era lì perché accompagnava suo marito e domandando a sua volta alla Montalcini se fosse lì per lo stesso motivo. La risposta della scienziata fu: “Sono io mio marito”, a significare che il problema dello stereotipo è trasversale a tutti gli ambienti, anche culturalmente elevati come quelli frequentati da un premio nobel. Io credo che la chiave per uscire da questo loop sia lavorare sui modelli culturali. Dobbiamo introdurre a scuola lezioni di educazione civica in cui si ridisegna il ruolo della donna nella società e nella famiglia. Credo che, seppur lentamente, le nuove generazioni da questo punto di vista siano più avanti, che siano un po’ meno legate a questa immagine che abbiamo ereditato dai libri di scuola dell’uomo con la clava che va a caccia e della donna accanto al focolare che cresce i bambini. Non è così, questa peraltro è la storia che raccontano gli uomini e oggi è arrivato il momento di lavorare su modelli culturali anche più adattati a questo nuovo disegno sociale in cui la donna, per definizione, lavora. Dobbiamo quindi metterla nelle condizioni di poter lavorare al meglio, senza per questo essere penalizzata sul piano personale là dove desideri una famiglia. Attenzione però, anche questo è un altro stereotipo da abbattere: le donne che decidono di non costruirsi una famiglia sono altrettanto realizzate”. 

Bpco e applicazione Nota 99: ancora criticità per il territorio. La medicina generale: “Occorre investire su personale, strumentazione e nella formazione”.

Ancora priva di attrezzatura e formazione per rispondere alle richieste di un ambulatorio di 1° livello; la Pneumologia regionale non è adeguata nelle risorse umane e nelle attrezzature diagnostiche idonee per un ambulatorio di 2° livello per i pazienti più gravi.

7 maggio 2022 – Le Broncopneumopatie cronico ostruttive (Bpco) rappresentano vere e proprie “malattie sociali”, di grande impatto economico il cui costo raggiunge valori rilevanti ed il ritardo diagnostico può comportare non solo la persistenza di disturbi invalidanti, ma anche la progressione verso forme più gravi che inesorabilmente si ripercuotono sulla qualità di vita del paziente sotto vari punti di vista (sociale, personale, lavorativo). La loro diffusione in popolazione aumenta al crescere dell’età con i costi sociali e sanitari correlati. 
Le risorse in arrivo dal Piano nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) rappresentano una grande opportunità per tutti, malati in primis, ma come utilizzarle al meglio? Come riorganizzare la filiera assistenziale? Cosa chiedere al territorio e cosa ai centri ad alta specializzazione? Come implementare la prevenzione delle complicanze? Ed in tutto questo come l’innovazione prodotta, introdotta e correttamente misurata, può trovare facile accesso creando valore? L’obiettivo di questo quinto incontro, FOCUS ON BPCO, NOTA 99: COME CAMBIA LO SCENARIO, con focus sulla Sicilia, organizzato da Motore Sanitàcon il contributo incondizionato di GSK ed IT-MeD, è stato rispondere a questi interrogativi, con il supporto della comunità scientifica, delle associazioni pazienti, degli operatori sanitari e delle Istituzioni.

I dati parlano chiaro: l’Istat in Italia stima una prevalenza di Bpco del 5,6% (15-50% dei fumatori sviluppa Bpco) ed indicano una mortalità che pesa per il 55% nel totale delle malattie respiratorie ed in aumento progressivo nell’arco temporale 2010-2018. Questa malattia rappresenta la 4° causa di morte (6% di tutte le morti); la sua incidenza è in continuo aumento a causa di diversi fattori come il fumo, l’inquinamento oltre al graduale invecchiamento della popolazione. L’aderenza alla terapia resta assolutamente insoddisfacente e soprattutto bassa nel panorama delle malattie croniche, attestandosi in percentuali non superiori al 20%. 
Altri numeri. L’accesso in ospedale per Bpco riacutizzata è considerato un indicatore di ospedalizzazione evitabile attraverso una efficace e tempestiva presa in carico dei pazienti sul territorio: in Italia il tasso di ospedalizzazione per Bpco riacutizzata è stato ancora di 1,07 per 1.000 nel 2020 e sono il 12,3% le riammissioni in ospedale entro 30 giorni dopo un primo ricovero (Fonte PNE 2021).

“Questi dati confermano la necessità di interventi organizzati per contenere la dimensione del problema e favorire una migliore gestione dei casi sul territorio – ha spiegato Salvatore Scondotto, Epidemiologo, Sicilia -. È fondamentale ridurre il carico di malattia con il controllo dei principali fattori di rischio attraverso strategie di prevenzione primaria orientate in particolare al contrasto della diffusione dell’abitudine al fumo ed alla riduzione dell’esposizione al fumo passivo tramite il rispetto del relativo divieto in ambienti di vita e di lavoro. Dal punto di vista assistenziale è necessario rafforzare percorsi di gestione integrata sul territorio utili a contenere l’ospedalizzazione evitabile che da fonte PNE si attesta nel nostro Paese e le forme gravi e potenziare gli strumenti di epidemiologia valutativa disponibili, attraverso l’uso integrato delle fonti sanitarie correnti, per il monitoraggio e la valutazione della qualità delle prestazioni. Misurare la performance del sistema sanitario attraverso opportuni indicatori rilevati dagli strumenti informativi, come nel caso di quelli oggi disponibili attraverso il Piano Nazionale Esiti o del Nuovo Sistema di Garanzia dei Lea, consente di innalzare la qualità e l’appropriatezza delle prestazioni rese all’utenza”. 

“La Bpco è una malattia cronica complessa, prevenibile, trattabile e progressivamente ingravescente, una corretta gestione prevede interventi di prevenzione, diagnosi e terapia tempestivi – ha ribadito Santino Marchese, Presidente AIPO Sicilia -. Per il raggiungimento di tutto ciò è necessario un sistema integrato fra medici di medicina generale e specialisti pneumologi. L’Aifa con la Nota 99 ha vincolato i criteri prescrittivi dei farmaci inalatori a criteri diagnostici ben definiti, al fine di ottenere una maggiore appropriatezza, cercando inoltre di fare emergere quanto della Bpco è rimasto sommerso. Pur apprezzando tali aspetti non si può non rilevare che il provvedimento non tiene in considerazione due fattori fondamentali: 1) la Medicina generale ancora priva di  attrezzatura e formazione  per rispondere alle richieste di un ambulatorio di 1° livello (spirometria semplice per eseguire FEV1/FVC); 2) la realtà pneumologica regionale non adeguata sia in termini di risorse umane (ospedaliere e territoriali), che di attrezzature diagnostiche idonee per un ambulatorio di 2° livello per i pazienti più gravi (spirometria globale, DLCO, etc.). È chiaro che i buoni propositi della Nota 99 sono destinati a fallire se non vengono sciolti tali nodi”.
Quindi, secondo Santino Marchese, un’applicazione corretta della Nota 99 necessita di: “una diversa organizzazione in tempi rapidi dei medici di medicina generale, al fine di sopperire alle inadeguatezze sopra rilevate; un’adeguata rete pneumologica organizzata con ambulatori di 2° livello in modo da poter rendere fattive tutte le indicazioni della Nota 99, che si propone di valutare tutti i pazienti con diagnosi di Bpco e quelli con sospetta Bpco. In assenza di tutto questo si assisterà ad una organizzazione sanitaria a macchia di leopardo che porterà solo ad una situazione di caos, con pazienti che non potranno essere assistiti adeguatamente dal servizio pubblico e pneumologi mortificati che non potranno svolgere il loro lavoro specialistico”, ha concluso Marchese.          

Gli aspetti positivi della Nota Aifa 99 sono stati evidenziati da Franco Magliozzo, Segretario Provinciale SIMG Palermo. “La Nota mostra una notevole tolleranza sulla tempistica relativa alla valutazione da parte dello specialista pneumologo, tanto che nei pazienti di nuova diagnosi è consentito non solo eseguire una spirometria alla fine della fase acuta, ma se il FEV1 è < al 50%, abbiamo sei mesi di tempo per inviare il paziente allo specialista. Se il paziente è già in trattamento, allora i tempi si dilatano fino a 12 mesi, potendo comunque essere riutilizzata una spirometria precedentemente eseguita, la quale ci aveva permesso di prescrivere la terapia appropriata. La Nota 99 ribadisce pertanto l’importanza della spirometria nella diagnosi e nel follow-up della Bpco ma definisce i tempi precisi entro cui doverla eseguire o richiedere. Un aspetto, a mio avviso, molto positivo è che, eseguita la spirometria, possiamo scegliere la terapia più adatta, definendo la gravità della Bpco, in base ai sintomi che egli presenta, alla valutazione dei questionari mMRC e CAT, alla presenza di riacutizzazioni o ospedalizzazioni, riportando il medico di medicina generale nel ruolo centrale di clinico. La Nota 99 ha anche il merito di aver eliminato il piano terapeutico per la doppia broncodilatazione, offrendo al paziente una possibilità terapeutica da parte del proprio medico di medicina generale, relegata prima soltanto in ambito specialistico. È vero che esistono ancora delle criticità, e mi riferisco alla impossibilità di eseguire la spirometria da parte di alcuni pazienti, anche se la Nota contempla le controindicazioni permanenti delle persone con disturbi cognitivi o disabilità gravi e le controindicazioni temporanee. Infine, viste le criticità del territorio, occorre investire sul suo potenziamento, in termini di personale e strumentazione e al tempo stesso, investire nella formazione dei medici di medicina generale, dotarli di uno spirometro “intelligente” in modo da potere essere determinanti ed eseguire quanto indicato nella Nota medesima” ha concluso Francesco Magliozzo. 

BPCO e applicazione Nota 99: i medici di famiglia possono avere un ruolo determinante nell’identificazione precoce dei pazienti a rischio

Padova, 7 maggio 2022 – Il problema principale della broncopneumopatia cronico ostruttiva (BPCO) è la sotto-diagnosi che riguarda il 75% dei pazienti affetti da questa malattia respiratoria. La vera grande sfida è intercettare i pazienti tempestivamente con la spirometria. La Nota 99, strumento dei medici di famiglia, può essere un’occasione, anche per impostare un diverso rapporto tra territorio e ospedale. Non solo sotto-diagnosi, però. Le altre grandi sfide, secondo gli esperti, sono: migliorare l’aderenza alla terapia, arrivare ad una diagnosi più precoce e più accurata e fare più prevenzione. La collaborazione tra medici di medicina generale e gli ospedali è fondamentale per garantire tutto questo. 

I malati cronici in Italia sono 24 milioni e assorbono una gran parte delle risorse riversate in sanità, tanto è vero che, considerando le sole cronicità respiratorie, nel 2020 la spesa per farmaci è al settimo posto, per un totale di 1,3 miliardi di euro. Tra queste la Broncopneumopatia cronica ostruttiva, nota anche con la sigla BPCO: una cronicità che deriva da una interazione complessa tra fattori genetici e ambientali, con un impatto rilevante sia sulla vita dei pazienti e delle famiglie, sia sui servizi sanitari. 
Nel mondo si stimano circa 328 milioni di persone affette da questa malattia, che rappresenta la quarta causa di morte (il 6% di tutte le morti). La sua incidenza è in continuo aumento a causa di diversi fattori come il fumo, l’inquinamento, il graduale invecchiamento della popolazione. In Italia i dati ISTAT stimano una prevalenza di BPCO del 5,6% (il 15-50% dei fumatori sviluppa BPCO), ma la sua prevalenza è verosimilmente più elevata in quanto viene spesso diagnosticata casualmente e in fase di ricovero per riacutizzazione. Nonostante lo scenario descritto, l’aderenza alla terapia resta insoddisfacente, attestandosi in percentuali non superiori al 20%.
Tutto questo porta a uno scarso controllo e ad un aumento del rischio di riacutizzazioni e ricoveri, generando un prevenibile consumo di risorse. Il livello di diagnosi e di presa in carico appropriate deve essere implementato attraverso una maggiore integrazione tra i vari referenti della catena assistenziale, con l’utilizzo di nuove tecnologie (farmaci, devices, telemedicina, informatizzazione, etc.) e una maggior diffusione degli expertise consolidati. Le risorse in arrivo dal PNRR rappresentano una grande opportunità per tutti, malati in primis, ma come utilizzarle al meglio?

Per rispondere a questa e ad altre domande, con il supporto della Comunità Scientifica, delle Associazioni Pazienti, degli operatori sanitari e delle Istituzioni, Motore Sanità ha promosso l’incontro PNRR FOCUS ON BPCO, NOTA 99: COME CAMBIA LO SCENARIO – VENETO”, con il contributo incondizionato di GSK, CHIESI e IT-MeD. 

Luciano Flor, Direttore Generale Area Sanità e Sociale Regione del Veneto, è intervenuto al tavolo di lavoro parlando di servizi ai cittadini, di Lea come livello di garanzia di salute e ha sottolineato il ruolo della centralità di tutti gli operatori professionali nel garantire tutto questo, ricordando che sono importanti sì gli aspetti tecnico-professionali (il cosa si fa) ma soprattutto gli aspetti organizzativi (il come si fa). 
“Bisogna che incominciamo a pensare intanto se siamo capaci di organizzare servizi omogenei per i cittadini, quindi Il PNRR è una occasione per confrontarsi su cosa fare e con tempi definit, ma i modelli organizzativi non li detta il PNRR, li creano le persone che hanno piena consapevolezza di che cosa si può fare. Inoltre, dovremmo dare piena attuazione ai Lea, quindi essere in accordo tutti su che cosa garantire al cittadino in ogni sede; dobbiamo essere capaci di concordare tra professionisti di tutti gli ambiti, specialistici e neospecialistici, ciò che garantiamo al cittadino, in modo che la presa in carico non sia un modo di dire ma un modo di fare. Infine, credo che dovremmo superare il concetto dei silos e pensare alle reti che non hanno soltanto il significato di condivisione clinica ma anche il significato di condivisione organizzativa, e su queste reti dovrà esserci il cittadino”

Dunque essere in rete. Secondo Claudio Micheletto, Direttore UOC Pneumologia AOU Verona, “per affrontare la cronicità e nello specifico la BPCO, l’occasione può essere la Nota 99 per impostare anche proprio un diverso rapporto tra territorio e ospedale, così da raggiungere importanti obiettivi, ovvero la prevenzione, per ridurre il rischio di ammalarsi di BPCO; trovare i pazienti mancanti attraverso l’identificazione precoce: basti pensare che il problema numero 1 della Bpco è proprio la sotto-diagnosi che riguarda il 75% dei pazienti, la sfida è quindi intercettare i pazienti precocemente attraverso la spirometria; poi avere cura e un supporto di alta qualità e una gestione proattiva ed integrata del paziente. La Nota 99 può essere una opportunità in questo senso. Voglio infine ricordare che la porta di ingresso per i pazienti sono i medici di medicina generale, che hanno tra le mani un importante opportunità e strumento operativo: sono convinto che la collaborazione tra medici di medicina generale e gli ospedali è fondamentale per una diagnosi precoce della malattia”

PNRR e diabete: potenziare la rete diabetologica territoriale ed investire risorse per garantire accesso a tutti i pazienti all’innovazione tecnologica per una esperienza di cura omogenea su tutto il territorio

Investire in innovazione garantirebbe un cambio di paradigma nella gestione value-based delle persone diabetiche in linea con gli obiettivi del PNRR, riducendo inoltre i costi di gestione di circa 1.600 euro l’anno a paziente. 

In 6 punti come potenziare e rafforzare l’offerta di salute dedicata alla cronicità di cui il diabete rappresenta il modello per eccellenza. 

5 maggio 2022 – Potenziare la rete diabetologica, articolarla in centri multi-professionali, aumentando il numero di personale dedicato all’assistenza ed investire nella digitalizzazione e nella telemedicina. Queste sono alcune delle sfide che il Servizio Sanitario Nazionale deve affrontare per garantire ai malati di diabete la migliore presa in carico sul territorio. 

Si torna a parlare di diabete, una malattia cronica che rappresenta la prima causa di cecità, la prima causa di amputazione non traumatica degli arti inferiori, la seconda causa di insufficienza renale terminale fino alla dialisi o al trapianto, la concausa di metà degli infarti e degli ictus.  
In Europa interessa circa 60 milioni di adulti. Gli italiani con diabete sono circa 4 milioni, e si stima che un ulteriore milione abbia la malattia senza che essa sia mai stata diagnosticata. La complessità nella gestione del diabete rappresenta una sfida per l’intero ecosistema sanitario e impegna risorse sempre più rilevanti: in Italia ogni paziente genera per i soli costi diretti un impatto economico per il Servizio Sanitario Nazionale pari a circa 3.500 euro all’anno per un totale di circa 14 miliardi di euro annui. 
L’attuale pandemia ha fatto emergere tutte le debolezze del sistema assistenziale, molto legate in particolare alla presa in carico territoriale ed in risposta a questo il nuovo Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) stanzia 15,63 miliardi di euro (7 miliardi tra Reti di prossimità, strutture, servizi di telemedicina e 8,63 miliardi su innovazione, ricerca, digitalizzazione). Investire in innovazione garantirebbe un cambio di paradigma nella gestione value-based delle persone diabetiche in linea con gli obiettivi del PNRR, riducendo inoltre i costi di gestione di circa 1.600 euro l’anno a paziente, come da analisi condotta in regione Toscana sull’utilizzo del sistema FGM.  Questi numeri fanno comprendere l’impatto socio-assistenziale ed economico-sanitario di questa malattia cronica. Motore Sanità ha fatto il punto sul “mondo diabete” in occasione dell’evento “Nord – PNRR e Diabete” del 5 maggio, organizzato con il contributo incondizionato di Abbott e Boehringer Ingelheim

“La recente esperienza, maturata a causa dell’emergenza pandemica da Covid-19, ha fatto emergere la necessità di ripensare il rapporto tra assistito e territorio al fine di renderlo più sinergico con i servizi attualmente offerti dai centri diabetologici multi-professionali e di garantire maggiore integrazione tra le strutture diabetologiche e la medicina del territorio ha spiegato Angelo Avogaro, Presidente Eletto SID e Professore di Endocrinologia e Malattie del Metabolismo presso Università di Padova. “La Missione 6 del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) impone di ragionare in ottica di potenziamento e rafforzamento dell’offerta di salute dedicata alla cronicità di cui il diabete rappresenta il modello per eccellenza. È necessario quindi 1. potenziare la rete diabetologica; 2. ottimizzare la rete diabetologica inserendo i professionisti isolati nei centri multi professionali; 3. implementare e potenziare la digitalizzazione; 4. articolare la rete diabetologica in 350-400 centri multi-professionali, ognuno dei quali assiste circa 15.000 persone; 5. allocare fondi per ampliare il reclutamento e la formazione di personale dedicato all’assistenza al diabete; 6. rafforzare le funzioni e la professionalità del diabetologo nel suo ruolo di coordinatore dell’intero percorso di cura”.

“Il PNRR – ha commentato Elena Frattolin, Presidente CRAD (Coordinamento Regionale Associazioni Diabete) Friuli Venezia Giulia – non è solo un’opportunità per rendere le strutture più moderne, digitali e inclusive, e adeguare le infrastrutture ospedaliere contro gli eventi sismici, ma è soprattutto un’opportunità per rendere la sanità pubblica più moderna e più vicina alle persone e un’occasione per sviluppare quell’integrazione tra ospedali e territorio che, di fatto, non è mai stata realizzata.” 

Nasce “io RARO”: l’Associazione a supporto dei malati di tumori rari e delle loro famiglie

4 maggio 2022 – È stata presentata questa mattina, con un’anteprima riservata alla stampa, l’Associazione “io Raro”, nata sulla base della convinzione di estendere la positiva ed efficace esperienza dell’Associazione Prevenzione Tumori ODV. Obiettivo: dare una risposta ai bisogni dei malati di tumori rari e un supporto alle loro famiglie. 
La presentazione si è svolta nel cuore di Roma, a due passi da piazza di Monte Citorio e al cospetto di Istituzioni, clinici e autorità, a conferma del fatto che il tema è molto sentito. 
L’ha spiegato bene, numeri alla mano, il Professor Paolo Pronzato
, Coordinatore DIAR Oncoematologia Regione Liguria, Direttore Oncologia Medica IRCCS San Martino Genova: Ogni anno in Italia si osservano oltre 350mila nuovi casi di tumore (1000 al giorno!). Di questi il 20% sono definiti come rari in base alla bassa incidenza e prevalenza: si tratta di neoplasie sia dell’adulto sia del bambino, sia tumori solidi sia neoplasie ematologiche. I Paesi europei, tra i quali l’Italia nello specifico, si sono dati un’organizzazione speciale: per l’Europa le reti ERN, e in particolare la rete EURACAN; per l’Italia la Rete Nazionale dei Tumori Rari, costituita dal Ministero della Salute presso AGENAS. Perché sono necessarie queste organizzazioni a Rete? Perché il trattamento dei tumori rari richiede competenze specifiche per la diagnosi e la terapia, competenze che sono presenti in pochi centri. La Rete dovrebbe assicurare punti di accesso facili a raggiungersi e percorsi scorrevoli verso il luogo di cura più appropriato. Ovviamente la telemedicina (ad esempio per gli aspetti di teleconsulto, teleimaging o telepatologia) può essere di aiuto per la gestione del paziente in Rete”.
“Le persone con malattie e tumori rari hanno bisogno, nello sconcerto che la scoperta della diagnosi comporta, di informazioni certe e di una Rete di supporto che fornisca aiuti concreti”
, ha confermato Annalisa Scopinaro, Presidente UNIAMO Federazione Italiana Malattie Rare. La fondazione dell’Associazione io Raro aggiunge un altro tassello al complesso puzzle della presa in carico delle persone con rarità. Come UNIAMO, Federazione delle Malattie Rare, abbiamo attivato da tempo servizi di supporto psicologico: saremo lieti di metterci in Rete anche con questa nuova realtà.
Una nuova realtà, spiegata così dal suo presidente Walter Locatelli: “io Raro si propone di offrire un punto di riferimento a tutti quei cittadini e alle loro famiglie che si trovano ad affrontare, nel percorso della vita, situazioni in ambito oncologico, in particolare per quel che riguarda i tumori rari. In un settore così complesso, il nostro obiettivo non è dare risposte né proporre diagnosi, ma dare un supporto alla ricerca di quelle risposte e di quelle diagnosi che possono essere corrette ed efficaci. In ambito europeo, nazionale e regionale il tema legato ai tumori rari è affrontato con strumenti scientifici, organizzativi e di coordinamento appropriati. Inoltre, nel nostro Paese, vi sono Centri che possono mettere a disposizione grandi competenze in materia, spesso in un’efficace contesto di “Rete” che via via si sta strutturando. Numerose sono anche le Associazioni di cittadini e famiglie di pazienti che operano in ambito regionale o provinciale, o legato alle singole realtà specialistiche; ecco quindi l’importanza di mettere a disposizione quelle competenze e professionalità di altissimo livello che con noi sono disponibili a percorrere questo cammino. Sarà sicuramente posta attenzione e impegno a curare quella comunicazione efficace che possa essere utilmente fruibile a chi ne ha bisogno, che tenga conto di tutti quegli aspetti di prevenzione, studio, ricerca, terapia e innovazione fondamentali per dare quelle indicazioni utili sempre più necessarie. Saranno curati specifici momenti informativi, di incontro, sperimentando un “centro di ascolto” per i cittadini e per le Associazioni operanti in questo impegnativo ambito”. 
Parlando di Associazioni, Manuela Lanzarin, Assessore Sanità e Sociale Regione del Veneto, ha aggiunto che esse “Rappresentano un tassello importante all’interno del Sistema Sanitario, ponte ideale tra i bisogni dei cittadini/pazienti e il mondo della Sanità. Motivo per cui la nascita di una nuova realtà, soprattutto se rivolta a offrire una risposta ai bisogni dei malati di tumori rari e un supporto alle loro famiglie, deve essere accolta come un arricchimento. Una nuova realtà che assume il compito di dare voce a chi si trova a lottare con patologie gravi e poco conosciute e che, proprio per questo, merita di essere ascoltata”.

Per maggiori informazioni, visita il sito dell’Associazione “io Raro”: www.ioraro.it

Alla fine della mattinata è stata presentata anche “Issiamo le vele!”, campagna informativa sulle malattie rare. Ne ha parlato Giuseppe Limongelli, Responsabile Centro coordinamento malattie rare Regione Campania: “Issiamo le vele nasce quasi per caso, dalla volontà di due medici campani di unire una passione, quella della vela, a un bisogno, quasi “un’emergenza sociale”: quella di fare informazione nel mondo della disabilità e delle malattie rare nella comunità. Da una semplice chiacchierata con loro e con la Lega Navale, nasce oggi questo progetto ambizioso a tappe (Campania, Lazio, Toscana, Liguria con tappa finale a Marsiglia, in Francia) che vedrà impegnati i Centri di coordinamento delle regioni e le Università che hanno dato il patrocinio, con l’obiettivo comune di “issare le vele”, portando avanti un messaggio: “pensa raro, le malattie rare sono più comuni di quanto credi

In allegato il comunicato stampa della presentazione.

Clicca al seguente link per scaricare l’intervento di Annamaria Parente, Presidente della 12^ Commissione Igiene e Sanità Senato della Repubblica: INTERVENTO ANNAMARIA PARENTE

Clicca al seguente link per scaricare le slides dell’Associazione “io Raro”ASSOCIAZIONE “io Raro”

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SCREENING MAMMOGRAFICO, L’ADESIONE MIGLIORA CON STRUMENTI PIU’ EFFICACI

“Diagnosi precoce e screening” è il progetto di EUROPA DONNA ITALIA frutto del confronto tra Associazioni pazienti, Società scientifiche e specialisti sulle criticità che portano le donne a disertare lo screening e sulle azioni da sviluppare per incrementarne l’adesione. 
Da qui, la formulazione di tre richieste presentate oggi a Roma alle Istituzioni, che ne discuteranno durante la tavola rotonda organizzata da EUROPA DONNA ITALIA insieme a Motore Sanità

Roma, 3 maggio 2022. La lettera d’invito che arriva ancora in formato cartaceo via posta, un numero per le informazioni con disponibilità limitata solo ad alcune fasce orarie, la richiesta via telefono a presentarsi per un secondo esame, senza possibilità di chiedere delucidazioni. Non c’è che dire, per il Programma di Screening Mammario Organizzato, cioè con chiamata da parte del Servizio Sanitario Nazionale, è arrivato il momento dei cambiamenti, con l’obiettivo di renderlo più efficiente e, di conseguenza, di incrementare il numero di adesioni.  Per parlarne, Europa Donna Italia insieme a Motore Sanità, ha organizzato la tavola rotonda “Screening mammografico: l’adesione aumenta con strumenti più efficaci”, un progetto ad ampio respiro sviluppato grazie al lavoro in sinergia di Associazioni pazienti e Specialisti, con il patrocinio delle Società scientifiche GISMA (Gruppo Italiano Screening Mammografico), SIRM (Società Italiana di Radiologia Medica), AITeRS (Associazione Italiana Tecnici di Radiologia Senologica) e ONS (Osservatorio Nazionale Screening), con il supporto non condizionato di Bayer. 
«Oggi l’obiettivo è di condividere con le Istituzioni le richieste delle donne, per iniziare un percorso di miglioramento del servizio di diagnosi e di screening», dichiara Rosanna D’Antona, Presidente Europa Donna Italia«Queste richieste sono state formulate grazie al lavoro congiunto tra società scientifiche e associazioni e raccolte in un dossier, che rappresenta un policy brief per i diversi destinatari che vorremmo prendessero in carico l’area di miglioramento di loro competenza.»

Tutte le raccomandazioni sono state redatte in un’ottica di partecipazione attiva con gli attori del Servizio Sanitario Nazionale, i medici, le società scientifiche, le istituzioni e le associazioni all’interno del nostro sistema sanitario che, in questa fase di revisione e trasformazione digitale, potrebbe usufruire di agevolazioni concrete per migliorare il nostro servizio di diagnosi precoce e screening. 
Il progetto è iniziato a maggio 2021 e si è sviluppato in due fasi. La prima, di formazione scientifica, è stata focalizzata sulle linee guida e sulle evidenze supportate dalla ricerca internazionale, relative allo screening mammografico e alla diagnosi precoce. La seconda, che si è svolta tra novembre e gennaio 2022, ha avuto invece l’obiettivo di identificare tramite workshop specifici, le principali criticità avvertite dalle donne nei confronti dei programmi di screening, che ne ostacolano l’adesione e la fidelizzazione. A fare da chairman al Progetto, la dottoressa Livia Giordano e il dottor Pietro Panizza, del Comitato Tecnico Scientifico di Europa Donna Italia. 
È stato un esempio di forte e vera sinergia tra le donne delle associazioni, il cosiddetto terzo settore e il mondo sanitario, con una corrente benefica bidirezionale», interviene Livia Giordano, Responsabile SSD Epidemiologia e Screening AOU Città della Salute e della Scienza, CPO Piemonte-Torino e Membro Coordinamento GISMA, Gruppo Italiano Screening Mammografico«È stato un bel modo di partire dalle esigenze sentite dalle donne e dai loro bisogni per sensibilizzare i professionisti coinvolti nei percorsi di screening e i decisori politici e trovare “insieme” delle soluzioni.»

Un grande lavoro, che ha portato alla stesura di una lista di sei richieste che rappresentano gli obiettivi da realizzare per migliorare l’adesione allo screening mammografico. Da queste sono state estrapolate le tre prioritarie, le più urgenti, da sottoporre alle Istituzioni e ai decisori nazionali e regionali dai quali dipende l’applicazione delle soluzioni proposte. Riguardano l’invito ad aderire al Programma di Screening Mammografico del Servizio Sanitario Nazionale, con la richiesta di aggiornare le modalità di recapito dell’invito e dell’esito e di rimodulare il messaggio, la formazione dei tecnici di radiologia, l’attivazione della connessione tra Centri screening e Breast Unit. 
«Da anni si cerca di trovare il modo di offrire un percorso personalizzato allo screening mammografico ma le donne ci chiedono una modernizzazione globale dei programmi di screening anche in termini di umanizzazione ed empatizzazione dell’intero percorso», sottolinea Pietro Panizza, Medico Radiologo, Primario di Radiologia a indirizzo Senologico, IRCCS Ospedale San Raffaele, Milano. «Queste proposte vogliono essere un primo passo in questa direzione.»

Il problema della mancata aderenza è a monte del Covid e quindi antecedente al 2020, come dimostrano i dati di Sorveglianza Passi relativi al triennio 2017-2020: quasi la metà delle donne tra i 50 e i 69 anni non afferisce allo screening organizzato. E fino a quando su tutto il territorio nazionale non verrà raggiunta la copertura del 100% per quanto riguarda l’invio delle lettere di adesione al Programma, non sarà possibile l’estensione in ogni Regione alla fascia 45-49 e 69-74, come sottolineato nel Piano Nazionale Prevenzione 2020-2025, esponendo le donne che rientrano in queste fasce a un potenziale maggiore rischio di diagnosi tardive. 

All’incontro i tre promotori sottopongono richieste ben precise alle istituzioni presenti, che dovrebbero contribuire a migliorare l’adesione in termini quantitativi per numero di donne partecipanti e qualitative in termini di miglioramento del funzionamento dei centri diagnostici stessi. 

EUROPA DONNA ITALIA 
EUROPA DONNA ITALIA è un’Associazione di Promozione Sociale nata nel 1994 a Milano da un’idea di Umberto Veronesi e per iniziativa della European School of Oncology. Fin dalla fondazione, il suo obiettivo è rispondere efficacemente alle esigenze delle donne con tumore al seno, proponendosi come il principale movimento di opinione sul tema. Attualmente, coordina una rete di 180 associazioni su tutto il territorio nazionale.
Per informazioni alla stampa: 02-36709790 / [email protected]

GISMA
GISMA, “Gruppo Italiano per lo Screening Mammografico”, Associazione scientifica per la prevenzione, la diagnosi e la cura del carcinoma della mammella nell’ambito di programmi organizzati. Riunisce, sotto un’unica veste, tutte le diverse professionalità coinvolte a vari livelli nei programmi di screening per offrire e garantire l’incontro e il confronto tra le diverse competenze ed esperienze al fine di migliorare la qualità dei programmi stessi. 

SIRM
SIRM, Società italiana di Radiologia Medica e Interventistica, è la società dei medici radiologi e conta, al 2018, più di 11000 soci, rappresentando una delle principali società scientifiche italiane, accreditata presso il Ministero della Salute. È articolata in 20 sezioni di studio e 18 gruppi regionali. Fondata nel 1913, il suo scopo è la ricerca scientifica, l’aggiornamento culturale e la formazione allo studio dell’imaging biomedico, nei suoi aspetti fisici, biologici, diagnostici, radioprotezionistici e informatici. 

In allegato il comunicato stampa dell’evento.

Clicca al seguente link per scaricare la scheda del progetto “Diagnosi precoce e screening. Un percorso formativo e di ricerca – Le tappe”SCHEDA DEL PROGETTO

Clicca al seguente link per scaricare il manifesto “Screening mammografico – Le richieste”MANIFESTO SCREENING MAMMOGRAFICO