Contro i batteri resistenti agli antibiotici il team di stewardship detta l’uso appropriato dei nuovi farmaci valutando dosaggi e tempi di somministrazione

Napoli, 24 maggio 2022 – Si potrà evitare o quantomeno di ridurre il pesante impatto di quella che è oggi considerata una vera e propria pandemia, l’antimicrobico resistenza (AMR), super batteri resistenti agli antibiotici che mettono in ginocchio i sistemi sanitari di tutto il mondo. Le linee di intervento sono la prevenzione, la ricerca, lo sviluppo e la produzione di nuovi antibiotici capaci di contrastare le infezioni sostenute da patogeni resistenti a maggiore criticità, e la formazione sulle pratiche di controllo del rischio infettivo e di stewardship antimicrobica oltre che sul potenziamento della diagnostica microbiologica. 

Motore Sanità ha aperto un dialogo tra tecnici e dirigenti ospedalieri su questo aspetto cruciale organizzando l’evento NUOVI MODELLI DI GOVERNANCE OSPEDALIERA PER GLI ANTIBIOTICI INNOVATIVI “DA UN ACCESSO RAZIONATO A UN ACCESSO RAZIONALE E APPROPRIATO”, con il contributo non condizionante di MENARINI. L’obiettivo è la ricerca di un corretto e condiviso Place in Therapy che rappresenti un uso ragionato e razionale piuttosto che solamente razionato.
L’antimicrobico resistenza è considerata tra le 10 minacce più gravi alla salute mondiale. La ragione del crescente interesse nei confronti di un uso razionale ed appropriato degli antibiotici origina da numerosi fattori dei quali i più importanti sono l’aumento della diffusione di germi multi resistenti e la mancanza di molecole ad attività antibatterica che possano garantirne la cura. Siamo di fronte a numeri importanti, come stima un articolo di Lancet del Gennaio 2022 con quasi 5 milioni di decessi attribuibili direttamente o indirettamente alla diffusione dell’antibiotico resistenza. A questo scenario d’incremento dell’antibiotico resistenza si è inoltre aggiunto l’impatto della pandemia di Covid-19. Infatti, nonostante la bassa prevalenza di infezioni secondarie nei pazienti con Covid-19, un’alta percentuale di loro hanno ricevuto un trattamento antibiotico. L’enorme aumento dell’uso di azitromicina e di altre molecole come le cefalosporine ha avuto e avrà nei prossimi anni un ruolo sulla resistenza. In ogni caso, la pandemia di Covid-19 e le sue conseguenze sulla resistenza antimicrobica hanno dimostrato la necessità di mantenere i programmi di gestione antimicrobica e di controllo delle infezioni.

Tiziana Ascione, Infettivologa, ha messo in evidenza il ruolo della stewardship team e la necessità di affrontare il problema con comportamenti precisi e condivisi per un utilizzo razionale della terapia antibiotica. 
“Per tentare di arginare questo fenomeno è necessario un approccio globale con schemi di comportamento precisi e condivisi che guidino verso un uso razionale e ragionato della terapia antibiotica evitando la sovraesposizione al trattamento antibiotico che si osserva particolarmente nei pazienti fragili – ha dichiarato Tiziana Ascione -. Affinché avvenga c’è bisogno di nuovi modelli di governance che coinvolgano sia il paziente/utente finale che tutto il personale medico che si adopera nella cura. Le esperienze condotte anche in altre nazioni vedono l’imporsi dello ‘Stewardship team’ nel quale confluiscono le esperienze dei diversi soggetti coinvolti nella cura che seguendo accreditate linee guida suggeriscono scelte appropriate non solo riguardo alla gestione ed al successo del singolo caso, ma in grado di garantire il miglior utilizzo delle risorse garantendo un’alta probabilità di successo terapeutico. Dopo un lungo periodo in cui non è stato possibile contrastare le malattie sostenute da patogeni multi-resistenti per la mancanza di molecole attive, vengono proposti nuovi antibiotici dotati di miglior spettro d’azione il cui uso ad oggi è gravato da alti costi e da limitate indicazioni terapeutiche. Il team di stewardship assume in questo caso un ruolo fondamentale, dettando l’uso appropriato dei nuovi farmaci con valutazione attenta dei dosaggi e dei tempi di somministrazione per garantire la minore pressione di selezione possibile

HIV e PNRR: serve creare percorsi tra specialisti e il territorio per individuare e curare precocemente i pazienti sieropositivi ed evitare altri contagi

È necessario ritornare a parlare delle molte malattie rimaste sottotraccia durante l’immensa tragedia che è il Covid. L’infezione da Hiv è una di queste malattie, che per la natura della sua trasmissione non può rimanere sconosciuta al grande pubblico. Riuscire ad aumentare la consapevolezza dei cittadini su questa malattia non è l’unica grande sfida del momento. Infatti, con una maggiore conoscenza scientifica della malattia ed un armamentario terapeutico sempre più efficace l’aspettativa di vita del paziente Hiv si avvicina sempre di più alla sua controparte sana. Questa situazione, però, deve comportare un cambiamento nel modello di presa in carico del paziente, con la creazione di percorsi tra specialisti e il territorio e potenziando la telemedicina, e per riuscire in questo sarà necessario anche un utilizzo oculato dei fondi destinati dal Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) alla sanità. 
Si è parlato di questo nell’ambito dell’evento UN NUOVO RUOLO DEL TERRITORIO NELLA GESTIONE DELLA SANITÀ. PNRR E HIV: IL RETURN TO CARE. SICILIA E SARDEGNA”, organizzato da Motore Sanità, con il contributo non condizionante di MSD e IT-MeD. 

Ad oggi, sono circa 38 milioni le persone affette da HIV nel mondo, con 690 mila decessi solo nel 2019. Negli ultimi anni, grazie all’introduzione delle terapie antiretrovirali (ART), si è assistiti alla cronicizzazione dello stato di salute dei pazienti HIV+ che oggi hanno una aspettativa di vita paragonabile a quella delle persone sieronegative, con una buona qualità di vita, seppure con maggiori rischi di complicanze legate alle comorbidità. In Italia si registrano circa 125.000-130.000 casi di infezioni da HIV, con una quota di soggetti che vivono con l’HIV senza esserne a conoscenza che oscilla tra l’11% e il 13%, in linea con quanto riscontrato a livello globale. Ad oggi, sono circa 102.000 i pazienti trattati con una spesa farmaceutica che ammonta a 661,2 milioni di euro secondo gli ultimi dati elaborati da AIFA (L’uso dei farmaci in Italia – Rapporto OsMed 2019). 
L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha posto obiettivi importanti da raggiungere entro il 2030: avere il 90% delle persone con l’infezione diagnosticata, il 90% delle persone diagnosticate in terapia ARV e il 90% con soppressione virologica. Di recente, la Global Aids Strategy per il periodo 2021-2026 ha definito un nuovo e più ambizioso target (95-95-95) da raggiungere entro il 2030. L’Italia è ancora lontana dall’obiettivo. Nell’ambito dell’HIV, la pandemia ha avuto un impatto non solo sui pazienti naive, ma anche e soprattutto sui pazienti in trattamento che necessitavano di switch in quanto la chiusura e/o riconversione degli ambulatori HIV in ambulatori Covid-19 ha generato un ritardo nel trattamento di questi pazienti con conseguenze negative sotto il profilo clinico e sociale ed economico. 

Secondo Antonio Cascio, Professore Ordinario e Direttore UOC Malattie Infettive Tropicali e Centro Regionale di Riferimento AIDS AOU Policlinico Giaccone Palermo, è fondamentale individuare quindi curare precocemente i pazienti HIV positivi. “In Sicilia stiamo portando avanti un PDTA che, di fatto, è stato condiviso fra tutte le Unità operative che seguono pazienti HIV e che è già applicato. La telemedicina può essere di grande aiuto per tenere vicino il paziente e per mantenere vivo il rapporto tra specialista e paziente, quindi implementarla è importante. Resta importante il fatto che se cominciamo a curare precocemente un paziente, evitiamo che qualcun altro si contagi. Il vero risparmio sta quindi nell’evitare che altre persone si infettino. Negli ultimi due anni si è registrato un calo dei contagi, dovuto però alla mancanza di diagnosi a causa della pandemia. In realtà l’HIV non ha affatto arrestato la sua corsa. Tra i dati da attenzionare c’è un incremento della mortalità di pazienti HIV ricoverati, registrata dal 2014 al 2021, che è passata dal 2 al 15%. Un dato drammatico dovuto a meno posti letto, quindi meno possibilità di ricoverare, dando perciò precedenza ai pazienti più gravi, poi ha influito la pandemia del Covid”

Motore Sanità lancia l’idea di un fondo vincolato per la Salute Mentale

Psychiatrist trying to help with empathy a patient with mental disorder who refuses help

La Conferenza Stato-Regioni ha già indicato nel 5%, escluse le dipendenze, la quota del fondo sanitario nazionale da destinare alla Salute Mentale. Il problema è che non viene applicata.

23 maggio 2022 – Motore Sanità, in occasione del webinar “CENTRAL-MENTE IN SALUTE. PORTARE LA SALUTE MENTALE AL CENTRO DELL’AZIONE DI GOVERNO E DEL PNRR”, lancia l’idea di un fondo vincolato per la Salute Mentale. Così il Dottor Claudio Zanon, Direttore scientifico di Motore Sanità, rivolgendosi alla Senatrice Paola Boldrini, Vice Presidente 12^ Commissione Igiene e Sanità Senato della Repubblica: “In Italia c’è un 30% di sommerso di pazienti con problemi di Salute Mentale, senza toccare la depressione. Cito i dati della Società Italiana di Psichiatria. Perché non fate un fondo vincolato per le regioni per la Salute Mentale? Così come ad esempio c’è il fondo per i farmaci innovativi oncologici e non oncologici. Un fondo vincolato e adeguatamente finanziato come richiesto alle regioni per la medicina del territorio, che permetta il raggiungimento del 5% concordato fra Conferenza Stato-Regioni e il Governo. Credo che potrebbe essere una svolta importante

La proposta è stata accolta con favore anche dagli altri relatori presenti al webinar, a cominciare da Michele Sanza, Presidente Società Italiana di Psichiatria delle Dipendenze, che ha commentato: “Oggi l’Italia è in fondo alla classifica europea per la percentuale di spesa sanitaria in favore della Salute Mentale (Germania 12 %; Inghilterra 9%…); la spesa media delle regioni nel 2020 si colloca infatti sul 3% (in calo rispetto agli anni precedenti). Con regioni più attente come la Sardegna (4,6%) e altre decisamente all’opposto come la Campania, con solo il 2,1%. Ne derivano profonde differenze e di equità tra le aree geografiche del nostro Paese, con conseguenti differenze in termini di diritto all’accesso alle prestazioni essenziali. Ridurre la disabilità psichica promuovendo le cure appropriate e gli interventi di prevenzione non è una spesa a fondo perduto, ma anzi un risparmio per le future generazioni sulla spesa assistenziale. La proposta di un fondo vincolato per la Salute Mentale che porti le risorse per la SM almeno al 5% della spesa sanitaria nazionale va nella direzione di recuperare quel ruolo di programmazione centrale dello Stato in materia sanitaria che rimane essenziale, a fronte dell’evidente pregiudizio per il diritto alla salute delle persone di disturbi mentali. Le regioni e le aziende sanitarie devono essere obbligate a utilizzare queste risorse per potenziare e qualificare i servizi dei Dipartimenti di Salute Mentale (comprendendo la Salute Mentale adulti, le dipendenze patologiche e la Neuropsichiatria infrantile) tramite un ampio programma di sviluppo e di adeguamento dell’offerta di cure.

“Sono assolutamente d’accordo con la proposta di vincolare un fondo per la Salute Mentale e sorvegliare che venga applicato”, afferma Enrico Zanalda, Copresidente Società Italiana di Psichiatria. Il fondo dovrebbe essere persino del 6% del fondo nazionale o di sanità regionale, se si considerano anche le dipendenze insieme alla salute mentale. In molte regioni è già così: un Dipartimento di Salute Mentale allargato non può non avere al suo interno anche le dipendenze

“La Conferenza Stato-Regioni ha già indicato nel 5%, escluse le dipendenze, la quota del fondo sanitario nazionale da destinare alla Salute Mentale”, precisa Giuseppe Ducci, Direttore Dipartimento di salute Mentale Roma 1. “Il problema è che non viene applicata. È necessario che ci siano un forte monitoraggio ed eventualmente anche penalizzazioni per le regioni, se questa quota non viene effettivamente utilizzata per la Salute Mentale

Intanto, sulla questione, è prevista un’audizione da parte della Psichiatria alla Commissione del Senato. 

Le imprese dei dispositivi medici – un confronto per il futuro della sanità

At the laboratory

Annamaria Parente, Presidente della Commissione Sanità del Senato: “Non dobbiamo più farci trovare impreparati davanti alle emergenze e perciò dobbiamo rilanciare subito la sanità, ascoltando tutte le realtà e le imprese che operano in questo campo”.

Roma, 24 maggio 2022 – I rappresentanti delle imprese dei dispositivi medici sono stati ricevuti dalla Presidente della Commissione Sanità del Senato Annamaria Parente, presso il Senato della Repubblica in Sala Caduti di Nassirya.

Obiettivo dell’incontro “Le imprese dei dispositivi medici per la diagnostica. Un confronto per il futuro della sanità”, promosso in collaborazione con Motore Sanità, è stato fare il punto sulle sfide e le criticità di questo complesso periodo.

Gli equilibri nazionali e internazionali che si sono creati dall’inizio della pandemia ad oggi mettono il settore in una condizione di svantaggio. Da un lato il quadro del commercio internazionale vede la Cina assumere sempre più un ruolo principale: nell’ultimo anno le importazioni provenienti da questo Paese sono aumentate del 15,1%, mentre le esportazioni verso gli USA si sono ridotte del 123%, facendo pensare ad un pericoloso arretramento in termini di quote di mercato globali. Dall’altro, le condizioni produttive in Italia sono progressivamente peggiorate nell’ultimo decennio, a causa del susseguirsi di politiche incentrate sulla spending review, che hanno colpito direttamente le aziende del comparto tramite: il prelievo forzoso del 5,5% sul totale delle spese promozionali delle aziende; l’imposizione del meccanismo delle gare al massimo ribasso, con l’impossibilità di rinegoziare i contratti in corso di fornitura nonostante l’aumento dei costi delle materie prime; l’imposizione dei tetti di spesa in dispositivi medici sia di base nazionale che regionale; l’introduzione del meccanismo del payback a danno delle aziende produttrici e distributrici; il prelievo forzoso fino allo 0,75% sul fatturato. A ciò si è aggiunto, nel corso dei due anni di pandemia, un sostanziale blocco di tutte le prestazioni diverse dal Covid, con una conseguente riduzione dell’utilizzo di dispositivi medici, il cui mercato è rimasto “immobile” per gran parte del periodo emergenziale. La “tempesta perfetta” è stata completata dal contraccolpo subito dalle aziende a causa dell’incremento del costo delle materie prime e dei componenti (e talvolta anche dalla loro carenza) come il ferro (+51,6%), l’alluminio e l’acciaio inox (+39,5% e +36,3%), ma anche dei materiali plastici (+34,8%) e della componentistica elettronica (+32,1% ), che si somma all’impennata dei costi per il trasporti e per le importazioni di componentistica, semilavorati e prodotti finiti che fa registrare mediamente un balzo del 188,9% con picchi che nelle ultime settimane hanno superato il 400%.

Da qui le proposte avanzate da Fernanda Gellona, Direttore Generale di Confindustria Dispositivi Medici, nel corso dell’incontro: “Rifinanziare la salute, abolire i tetti di spesa e il payback, eliminare la tassa dello 0.75% sui fatturati delle nostre imprese, attivare un piano nazionale di Health Technology Assessment (HTA), ridefinire i livelli essenziali di assistenza (LEA) sulla base dei percorsi diagnostici terapeutici assistenziali.È il momento di definire un sistema di governance che garantisca un controllo della spesa non penalizzando il tessuto industriale italiano, l’innovazione e i servizi al cittadino. Parliamo di un settore imprenditoriale che conta in Italia 4.546 imprese e occupa 112.534 addetti.Meccanismi come il payback rendono paradossalmente debitrici le aziende penalizzando ricerca e sviluppo, bloccando l’innovazione e frenando un tessuto industriale fondamentale tanto per la salute economica del Paese quanto per quella dei suoi cittadini.Mettere in capo alle imprese fornitrici una parte degli sforamenti dei limiti di spesa, fissati dalle stesse regioni, non considerando gli attuali bisogni di salute dei cittadini significa trasferire la responsabilità della corretta gestione della spesa pubblica a soggetti privati, quali le imprese”.

Le aziende della diagnostica in vitro”, ha dichiarato Katia Accorsi, Presidente dell’Associazione che rappresenta le imprese della diagnostica in vitro in Confindustria Dispositivi Medici, “stanno operando su un territorio a forte rischio sistemico, che ha visto le proprie fondamenta scuotersi in occasione della pandemia da Covid-19 e che continua a essere tormentato da nuovi eventi geopolitici come la crisi tra la Russia e il mondo Occidentale. I mercati delle materie prime e dei semilavorati vivono da mesi un periodo di tumulti e alta volatilità, e le imprese del settore hanno dovuto ormai imparare a convivere con aumenti indesiderati dei costi di produzione e con difficoltà di approvvigionamento. Non dobbiamo poi dimenticare il ruolo centrale che hanno avuto le aziende della diagnostica allo scoppio della pandemia per lo sviluppo della diagnostica Covid in tempi record: sierologici, antigenici, self test e tamponi molecolari di ultima generazione.Ma la nostra industria è fondamentale non solo in tempi di emergenza: i risultati dei test diagnostici in vitro sono in grado di influenzare fino al 70% delle decisioni cliniche, pur rappresentando solo circa l’1,2% della spesa sanitaria.Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza è la grande occasione che il nostro sistema sanitario ha di fronte per superare le fragilità emerse durante la crisi sanitaria e progettare la sanità del futuro, facendo tesoro delle criticità che il sistema ha mostrato. Ci auguriamo che il PNNR rappresenti l’opportunità per mettere al centro la diagnostica nella gestione del paziente e della sua patologia con una strategia e una visione di lungo termine”.

Confindustria dispositivi medici chiede quindi al Parlamento di intervenire sui decreti in oggetto e sul Governo, affinché accolga e dia seguito alla proposta di collaborazione per la definizione di una governance moderna e virtuosa del settore.

In prima linea la presidente della commissione Sanità del Senato, Annamaria Parente, che ha così commentato: “Dobbiamo sviluppare la diagnostica e per farlo bisogna anche stare accanto alle imprese del settore. Allo stesso tempo bisogna favorire lo sviluppo della ricerca e dell’innovazione. Non dobbiamo più farci trovare impreparati davanti alle emergenze e perciò dobbiamo rilanciare subito la sanità, ascoltando tutte le realtà e le imprese che operano in questo campo”.

Salute Mentale: più del 75% delle patologie di interesse psichiatrico ha radici nell’adolescenza, se non addirittura nell’infanzia

Michele Sanza, Presidente Società Italiana di Psichiatria delle Dipendenze: “E’ necessaria una profonda riflessione sulla psicopatologia in età adolescenziale e sull’offerta di cura per i ragazzi con disturbi psichici e le loro famiglie”.

19 maggio 2022 – La pandemia ha alimentato fenomeni come l’autolesionismo, tentativi di suicidio, la disregolazione emotiva, disturbi del comportamento alimentare e il ritiro sociale. Se queste sono state le conseguenze più drammatiche negli adolescenti, nella popolazione adulta c’è stato un incremento dei disturbi dell’umore e della sfera dell’ansia. 
Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) del governo Draghi, che aveva alimentato la speranza di un incremento delle risorse a disposizione del territorio, non ha portato risorse aggiuntive per la Salute Mentale, se non in maniera irrisoria, ma ha prospettato una modificazione delle caratteristiche organizzative delle strutture territoriali che trovano il centro nelle Case della Comunità. In questo momento storico è fondamentale difendere l’identità specifica dei dipartimenti di Salute Mentale, evitando il rischio di una loro generalizzazione nel calderone più esteso delle funzioni distrettuali. D’altra parte è necessario rilanciare i servizi di Salute Mentale con maggiore incisività sui nuovi bisogni e, sul piano organizzativo, fornire risposte efficaci, moderne e integrate con i servizi di medicina generale, con il dipartimento di emergenza urgenza e con i servizi sociali. 

L’evento “CENTRAL-MENTE IN SALUTE. PORTARE LA SALUTE MENTALE AL CENTRO DELL’AZIONE DI GOVERNO E DEL PNRR”, promosso da Motore Sanità, è nato proprio per dare risposte a questi bisogni. 

Così Michele Sanza, Presidente Società Italiana di Psichiatria delle Dipendenze, nel corso di questa giornata di lavori: Il quadro epidemiologico dei problemi di Salute Mentale in Italia risulta fortemente modificato rispetto al passato, mentre i modelli organizzativi e le modalità di intervento dei Dipartimenti di Salute Mentale hanno risentito poco dell’innovazione. Per questo motivo è molto importante partire da una riflessione complessiva su ciò che è cambiato in termini di bisogni e di conoscenze e aspetti che costituiscono i punti di riferimento obbligati per le strategie di innovazione. Nel campo dei bisogni emergono in primo piano le comorbidità, i quadri clinici caratterizzati da disregolazione emotiva, le disabilità intellettive e in generale le problematiche adolescenziali e della prima età adulta di Salute Mentale. Del resto le conoscenze acquisite sui disturbi mentali permettono di affermare che più del 75% delle patologie di interesse psichiatrico ha radici nell’adolescenza, se non addirittura nell’infanzia. È necessaria una profonda riflessione sulla psicopatologia in età adolescenziale e sull’offerta di cura per i ragazzi con disturbi psichici e le loro famiglie. L’importanza dell’ipotesi delle psicosi schizofreniche come disturbi del neurosviluppo ha avuto un impatto più generale sulla conoscenza della patogenesi dei disturbi mentali, proponendo un nuovo paradigma che, superata definitivamente la dicotomia tra aspetti psicologici e biologici, si impone con una visione unitaria della psicopatologia: l’origine dei disturbi mentali è meglio compresa attraverso l’interdipendenza tra fattori genetici, biologici, esperienziali e ambientali. Ciò pone le basi per nuovi modelli di cura che, portando alle naturali conseguenze il concetto di esordi spostano, ove possibile, l’intervento sulle fasi precoci della formazione dei disturbi e allargano le competenze dei servizi di Salute Mentale dalla cura e la riabilitazione a quelle della prevenzione.
 
Nel Dipartimento che dirigo c’è un servizio unico in Italia che si occupa della presa in carico degli adolescenti: dalla pubertà ai 25 anni, che risponde quindi alle esigenze di questi cambiamenti epidemiologici che il Dottor Michele Sanza descrive, ha commentato Giuseppe Ducci, Direttore Dipartimento di salute Mentale Roma 1. Stiamo sviluppando servizi meticci tra la Salute Mentale e le dipendenze, perché oggi la comorbidità è inestricabile

Schizofrenia, il Lazio sta attuando un’importante revisione del Piano regionale della salute mentale

Con tale approccio, il sistema sarà in grado di intercettare meglio i bisogni insoddisfatti e le famiglie non saranno più lasciate sole.

18 maggio 2022 – La legge 180, unica al mondo, ha abolito i manicomi demandando la cura dei disturbi mentali ai servizi territoriali, ai reparti psichiatrici ospedalieri, ai dipartimenti di salute mentale consentendo ai pazienti di continuare a curarsi vivendo con le loro famiglie. 
Per realizzare tale obiettivo, è importante che i dipartimenti di Salute Mentale operino in modo coordinato in una rete più ampia di servizi sociali e sanitari in grado di offrire risposte efficaci ai diversi bisogni: dalla gestione della crisi e alla riabilitazione del paziente stesso, fino all’obiettivo del definitivo reinserimento sociale. Attraverso progetti integrati, sociali e sanitari, è possibile così sostenere anche le famiglie cui spesso è affidato il gravoso compito assistenziali della persona con disturbi psichici. 

Nasce da questi presupposti l’evento TAVOLO REGIONALE SCHIZOFRENIA – FOCUS LAZIO”, promosso da Motore Sanità, con il contributo incondizionato di Angelini Pharma. Obiettivo fare un’analisi dei bisogni assistenziali e dello stato dell’arte della presa in carico di tali pazienti nelle regioni indicate, oltre a definire insieme agli stakeholder più importanti – istituzionali e clinici – le azioni di miglioramento da intraprendere per migliorare il percorso di cura del paziente schizofrenico.

“La schizofrenia è una patologia trattabile con un approccio integrato e multidisciplinare”, ha esordito nel corso dei lavori tenutisi in mattinata Giuseppe Nicolò, Direttore Dipartimento di Salute Mentale e delle Dipendenze Patologiche ASL Roma 5. “Il Lazio sta attuando in questi giorni un’importante revisione del Piano regionale della Salute Mentale, che prevede una focalizzazione sui temi della prevenzione e diagnosi precoce, nonché un’integrazione con i servizi delle dipendenze patologiche e della neuropsichiatria infantile. Con tale approccio, il sistema sarà ancora più in grado di gestire la domanda e di intercettare con efficacia i bisogni insoddisfatti”. 

Anche per Paolo Girardi, Professore Ordinario Psichiatria Università La Sapienza Roma, è di fondamentale importanza focalizzare l’attenzione sulla prevenzione e diagnosi precoce dei disturbi psichiatrici maggiori. 

“Specialmente se riusciamo a creare un ponte fra quella che è la neuropsichiatria infantile e quella che è la psichiatria degli adulti, onde evitare difficoltà gestionali nel passaggio da un sistema diagnostico-terapeutico come quello della neuropsichiatria infantile a un altro sistema totalmente gestionale che è quello del dipartimento di Salute Mentale. L’iniziativa è importante, soprattutto se sviluppiamo nella nostra Regione dei criteri condivisi per quanto riguarda sia le modalità della diagnostica dei disturbi mentali, sia le modalità del trattamento, soprattutto del follow-up e dei sistemi di ricoveri”.

DONATORI “RE-EVOLUTION” PRESENTATO AL SENATO

Blood donor at the lab

IL PROGETTO DI AVIS LOMBARDIA GRAZIE ALLA TELEMEDICINA MIRA A SOPPERIRE ALLA CARENZA DEI MEDICI DI MEDICINA GENERALE, FACILITANDO L’UTILIZZO DELLA TECNOLOGIA A BENEFICIO DEL DONATORE DI SANGUE

Roma, 18 maggio 2022 – Martedì 17 maggio Avis Regionale Lombardia ha presentato al Senato della Repubblica il progetto Donatori “RE-Evolution” realizzato grazie al supporto medico-scientifico dell’Istituto Superiore di Sanità e con il contributo progettuale di Motore Sanità. Il progetto è di rilevanza strategica ed è strettamente connesso alla capacità dell’Italia di diventare autosufficiente nella risposta al fabbisogno di sangue e plasmaderivati. Un iter lungo e travagliato quello che ha permesso l’accettazione della medicina trasfusionale tra le attività riconosciute di Telemedicina, ma grazie all’approvazione del Decreto Riaperture per il superamento delle misure anti Covid alla Camera, Avis Regionale Lombardia è riuscito ad inserirlo all’interno del PNRR.
Presenti a Palazzo Madama, la Senatrice Alessandra Gallone, Oscar Bianchi Presidente di Avis Regionale Lombardia, il professor Francesco Gabbrielli Direttore Centro Nazionale Telemedicina ISS, Gianpietro Briola Presidente AVIS Nazionale e l’onorevole Elena Carnevali in collegamento video. Letizia Moratti Vicepresidente di Regione Lombardia presento ad inizio lavori con un video messaggio di saluto.

Attraverso la Telemedicina, Donatori “RE-Evolution”, che prevede una prima fase pilota in Lombardia per poi coinvolgere tutto il Paese fino a diventare modello per i sistemi sanitari esteri, ha l’obiettivo di sviluppare una gestione più fluida e snella dei processi di accettazione, application, verifica e follow-up del donatore, oltre che un conseguente incremento degli slot disponibili e delle donazioni di sangue e di emocomponenti.

Esso è rivolto sia ai donatori – early adopter delle innovazioni tecnologiche – che ai medici Avis, professionisti della salute che hanno svolto le loro attività alla visita, al monitoraggio e alla cura dei potenziali donatori. L’integrazione della Telemedicina nel progetto è volta soprattutto a sopperire all’attuale carenza di medici su suolo nazionale, facilitando i processi di formazione del personale riguardo l’utilizzo di devices specifici per l’erogazione delle prestazioni sanitarie; è anche il donatore a trarne beneficio con la televisita – per un controllo periodico dello stato di salute dell’individuo; il teleconsulto – per loro stessi o per eventuali parenti di cui sono caregiver; teleassistenza, telemonitoraggio e via dicendo, includendo tutte le prestazioni che inizialmente venivano svolte in sede ambulatoriale, ora perfettamente integrabili nelle attività fruibili da remoto. Inoltre, per godere a 360°della vasta rosa di possibilità offerte dall’avanzamento tecnologico rappresentato dalla Telemedicina, questo sistema è pensato per essere completamente integrato al Fascicolo Sanitario Elettronico, individuale grazie alla totale interscambiabilità dei dati e delle informazioni raccolte con l’attività Avis e viceversa. 

“La non mercificazione del sangue è un segno tangibile della civiltà del nostro Paese, individuando un popolo solidale e profondamente segnato da un denso patrimonio di civiltà e umanità, caratterizzato da un forte senso civico.” ha commentato il Presidente di Avis Regionale Lombardia, Oscar Bianchi ”La ricchezza di Avis pone le proprie basi sulla rete di donatori volontari che formano la grande famiglia che è la nostra Associazione, rappresentando il principale mezzo di sostentamento delle attività, nonché motore di autonomia e indipendenza. Le attività di Avis sono un elemento di supporto importante per il SSN, è per questo che è di fondamentale importanza facilitarne la fruizione, l’erogazione, l’istituzione e la definizione. La Telemedicina rappresenta una perfetta integrazione con quelle che sono le esigenze a noi contemporanee, ammodernando una pratica necessaria e fondamentale, ma figlia di un tempo pre-pandemico che ora ha bisogno di essere aggiornata”.

“Il progetto di Avis Regionale Lombardia “Donatori “RE-Evolution” dimostra che rivoluzionare i sistemi in maniera virtuosa è possibile. Stiamo affrontando ancora oggi un lungo periodo difficile che ha messo a dura prova il sistema sanitario, facendo affiorare criticità importanti come la carenza dei medici e degli operatori sanitari. – Dichiara la Senatrice Alessandra Gallone – Nello stesso tempo, però, la grande emergenza ha permesso di migliorare servizi, attraverso le innovazioni tecnologiche che avvicinano medici e pazienti anche se fisicamente lontani. La telemedicina, grazie alle televisite e i teleconsulti, sopperisce alla carenza di medici su tutto il territorio nazionale. Assicurare ai donatori di sangue un’assistenza e un monitoraggio continui garantisce sicurezza sanitaria e permette di ampliare la platea di chi decide di fare un gesto di straordinaria generosità come quello di donare il sangue.  Auspico che questo bellissimo progetto superi i confini della Regione Lombardia e abbia una diffusione capillare su tutto il territorio nazionale. Questo nuovo disegno di gestione del donatore è un elemento rivoluzionario nelle pratiche di gestione del donatore e ringrazio profondamente tutti coloro che hanno contribuito all’ideazione: Oscar Bianchi e, in generale tutto lo staff di Avis Regionale Lombardia, Giulia Gioda e Motore Sanità, Francesco Gabbrielli e il Centro Nazionale Telemedicina ISS, Gianpietro Briola e Avis Nazionale, l’Onorevole Elena Carnevali e, non da ultimo, Letizia Moratti e Regione Lombardia”.

“L’integrazione della Telemedicina nelle normali attività trasfusionali – ha detto il presidente di AVIS Nazionale, Gianpietro Briola – pur nell’ottica della massima tutela del donatore, rappresenta un passo in avanti fondamentale non solo in termini di trasparenza, sicurezza e facilità di organizzazione, ma anche una soluzione preziosa a uno dei problemi che, nell’ultimo periodo, stanno affliggendo sempre più questo settore: la carenza di personale sanitario. Dare la possibilità a un medico di valutare, da remoto, limitatamente alla procedura d’idoneità alla donazione, più donatori, significa snellire una serie di procedure che, altrimenti, risulterebbero molto più macchinose. In più, questo progetto porta con sé una natura nuova e digitale che può fornire un’immagine di AVIS ancora più moderna e proiettata verso i giovani che, a loro volta, vedrebbero un’associazione al passo con i tempi, con le esigenze e con gli strumenti comunicativi delle nuove generazioni”.

“L’approvazione dell’emendamento che ho presentato alla Camera al decreto “Riaperture” era fondamentale per poter dare vita alle innovazioni che deriveranno dal lungimirante progetto di Avis Lombardia – dichiara l’On. Elena Carnevali – Senza quell’ emendamento oggi non avremmo la Medicina Trasfusionale tra le prestazioni che la Telemedicina può offrire. Il campo di azione riguarderà sia l’accertamento dell’idoneità alla donazione, produzione, distribuzione e assegnazione del sangue e degli emocomponenti, sia la diagnosi e la cura dei donatori. Questo comporterà enormi vantaggi per il sistema di donazione e raccolta di sangue e plasma, una maggior efficienza dell’organizzazione delle attività e, soprattutto, una più elevata efficacia delle cure e del monitoraggio dei donatori.  Per tali ragioni, sostenere il progetto ideato da Avis Lombardia, Donatori “Re-Evolution”, è davvero importante. Ringrazio il Ministero della Salute per aver sostenuto l’emendamento, operando per la sua definitiva approvazione, e colto le potenzialità che la Telemedicina può offrire al “sistema sangue ed emoderivati”. Il sistema trasfusionale italiano ha retto all’epidemia da Covid-19 ma da tempo in Italia abbiamo segnali di flessione, come ha evidenziato il Centro Nazionale Sangue. Il progetto di Avis e l’innesto della Telemedicina nella Medicina Trasfusionale possono contribuire senza dubbio all’obiettivo strategico di autosufficienza del nostro Paese. Questa collaborazione proficua tra Istituzioni e Avis Lombardia è stata un ottimo esempio di connubio positivo e concreto”. 

Francesco Gabbrielli Direttore Centro Nazionale Telemedicina ISS sottolinea: “La Telemedicina ha moltissime applicazioni nella pratica assistenziale quotidiana, risolve problemi prima impossibili, apre nuove opportunità. Spetta a noi professionisti della sanità realizzarle. Nel caso della donazione di sangue, la Telemedicina può agevolare molte delle attività rendendole più veloci, più efficienti, più sicure. Bisogna sapere però che la progettazione di sistemi di Telemedicina non si improvvisa e ci vogliono le necessarie competenze. AVIS Lombardia ci ha chiesto di dare un contributo tecnico-scientifico, per quanto ci compete, al progetto Donatori RE-Evolution e noi ci siamo resi disponibili con entusiasmo. Ci aspetta una grande sfida in cui ci sarà bisogno della collaborazione di tutti”.

Giulia Gioda, Presidente Motore Sanità afferma “La sinergia tra AVIS e Motore Sanità è foriera di innovazione per la presa in carico dei donatori di sangue, grazie alla tele visita e a sistemi di monitoraggio da remoto per i donatori stessi. Un ringraziamento sincero alle Istituzioni per la sensibilità dimostrata nei confronti delle giuste richieste di AVIS”.

“La proposta AVIS Regionale Lombardia “DONATORI RE-EVOLUTION” presenta più elementi di interesse. – commenta Letizia Moratti, Vicepresidente di Regione Lombardia – L’applicazione della telemedicina anche nella Medicina Trasfusionale è un’opzione da valutare e perseguire. La progettualità espressa da AVIS ben si inserisce nell’ambito delle innovazioni tecnologiche che Regione Lombardia vuole implementare in campo sanitario, compresa la Medicina Trasfusionale in tutti i suoi ambiti di attività, inclusa la donazione. Ringrazio AVIS e AVIS Lombardia per il contributo prezioso e per la costante vicinanza alle Istituzioni, con atteggiamento sempre propositivo e costruttivo”. 

La lotta al gender gap in ambito sanitario comincia dalla formazione

Nurse and doctor in discussion

Rossana Berardi, Presidente di Women for Oncology Italy: “La tematica della cultura di genere va affrontata, in primis, durante i corsi di formazione obbligatori, previsti per la nostra professione. È quanto proponiamo al tavolo tecnico per la valorizzazione professionale delle donne in sanità istituito dal Ministero della Salute”.

17 maggio 2022 – Il 12 aprile è stato istituito dal Ministero della Salute, in particolare dal sottosegretario Sileri, un tavolo tecnico per la valorizzazione professionale delle donne in sanità, con speciale riguardo alla ricerca e alla formazione. Il tavolo si è insediato il 26 di aprile e i lavori sono già all’attivo. L’obiettivo è ambizioso, ovvero fare proposte concrete che possano andare a migliorare la posizione delle donne che lavorano in ambito sanitario. Si tratta di un tavolo qualificato ed eterogeneo, perché sono presenti professioniste sanitarie provenienti dal mondo accademico, direttrici generali ed esperte di tutti i settori del mondo sanitario, che rappresentano tutte le qualifiche professionali e anche le esigenze che si vengono a manifestare. 
“Come Women for Oncology Italy siamo molto orgogliose di avere una rappresentanza attraverso la mia persona all’interno del tavolo, perché può essere importante far presente la voce di chi, come noi, lavora in ambito oncologico”, spiega la Professoressa Rossana Berardi, Presidente dell’Associazione. “Peraltro la survey sul gender gap che stiamo conducendo, con la collaborazione di Mondosanità (https://it.surveymonkey.com/r/JKKNB9F), ha proprio il fine di identificare le possibili aree di miglioramento che potremo presentare nel contesto di questo tavolo tecnico. Le proposte concrete che promuoveremo verteranno in primis sul versante della formazione, a partire dai corsi di formazione obbligatori nell’ambito della nostra professione. Uno di questi, destinato alle Direttrici di struttura, riguarda le figure apicali. Ebbene, in questo contesto riceviamo tante nozioni in merito alla gestione budget e alla possibilità di conoscere meglio gli aspetti medico-legali e gli aspetti legati ai percorsi e alle procedure, ma mai viene affrontata la tematica di come valorizzare il gender gap e di come superarlo in ambito lavorativo. Inoltre ciascuno di noi, nel momento in cui si avvicina alla professione, è obbligato a fare corsi legati alla sicurezza, alle procedure in uso nei vari ospedali, ma ancora una volta non ci sono corsi specifici che possono aiutare le persone sia in un’ottica di parità, sia in un’ottica di conciliazione di tempi di vita lavorativa e personale. Credo molto nella possibilità di formare le persone a vari livelli in ambito sanitario, per migliorare la cultura di genere. In aggiunta a ciò, tra le proposte che sosterremo, c’è anche quella relativa alla valorizzazione mediante strumenti concreti, quali quello di porre degli obiettivi per le figure apicali sia in ambito ospedaliero-assistenziale, sia in ambito accademico, che ci permettano di determinare obiettivi di criteri e di valore per chi favorisce e per chi promuove un avanzamento, indipendentemente dal genere”
Da ricordare poi che la pandemia non ha fatto altro che allargare questo divario di genere. In ambito di ricerca accademica sono emersi dati scientifici che hanno dimostrato infatti come, ancora una volta, le donne siano state penalizzate. 
“Questo perché per loro è stato più difficile portare avanti le attività di ricerca, pubblicare e accedere ai finanziamenti”precisa Rossana Berardi, Presidente di Women for Oncology Italy. “Durante la pandemia, ancora una volta è emerso che il peso dell’accudimento familiare è gravato sul genere femminile e quindi anche questo aspetto andrebbe affrontato, per fare in modo che là dove è presente una difficoltà, questa poi non vada a ripercuotersi inevitabilmente sulle donne”

Batteri resistenti agli antibiotici, una pandemia mondiale. Prima causa di morte nel 2050 con 10 milioni di decessi ogni anno

Epicentro: il 30-50% delle infezioni è prevenibile attraverso buone pratiche preventive  OMS: tornare a concentrare gli investimenti pubblici e privati sullo sviluppo di antibiotici efficaci che, usati appropriatamente, possano invertire le attuali preoccupanti previsioni. 

Padova 17 maggio 2022 – La resistenza antimicrobica (AMR) è una delle principali cause di morte a livello globale, con un carico potenzialmente superiore a quello dell’Hiv o della malaria. I dati sono sorprendenti: nel 2019 i decessi di 4,95 milioni di persone sono stati associati alla concausa di infezioni batteriche resistenti ai farmaci. Mentre 1,27 milioni di decessi sono stati causati direttamente dall’AMR. La minaccia di AMR è stata segnalata da tempo, come pure le misure necessarie per affrontare la resistenza antimicrobica: aumentare la consapevolezza pubblica, una migliore sorveglianza, una migliore diagnostica, un uso più razionale degli antibiotici, accesso ad acqua pulita e servizi igienici, ridurre l’impiego di antibiotici alla sola terapia mirata in zootecnia e per gli animali da compagnia, abbracciare la One Health e investimenti per la ricerca di nuovi antimicrobici e vaccini – sono state costantemente raccomandate in rapporti come The Lancet Infectious Diseases Commission on Antibiotic Resistance nel 2013 e il rapporto O’Neill nel 2016. 
Si torna a parlare di antimicrobico resistenza (AMR) e l’occasione è l’evento di Motore Sanità, “NUOVI MODELLI DI GOVERNANCE OSPEDALIERA PER GLI ANTIBIOTICI INNOVATIVI: “DA UN ACCESSO RAZIONATO A UN ACCESSO RAZIONALE E APPROPRIATO” con focus Veneto, organizzato con il contributo non condizionante di MENARINI. Il tavolo di confronto ha contribuito ad aprire un dialogo tra tecnici e dirigenti ospedalieri su questo aspetto cruciale per il successo di queste terapie innovative. L’obiettivo è stato la ricerca di un corretto e condiviso place in therapy che rappresenti un uso ragionato e razionale piuttosto che solamente razionato.

Epicentro, portale di epidemiologia per la sanità pubblica a cura dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS), sulla base di varie pubblicazioni, da tempo evidenzia come solo il 30-50% delle infezioni sia prevenibile attraverso buone pratiche preventive. Se a questo livello la strada per una buona efficienza del sistema è molto battuta ma ancora lunga, ancor più lunga è, però, quella della ricerca di nuove terapie che riescano ad arginare e limitare questo fenomeno. 
Le proiezioni dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) sono drammatiche sull’impatto futuro dell’antimicrobico resistenza, indicandola come prima causa di morte nel 2050, con 10 milioni di morti ogni anno. 
A queste seguono le allarmanti analisi della Banca mondiale dell’economia: impatto sui costi sanitari con aumenti globali entro il 2050 tra 300 miliardi di dollari a oltre 1 trilione di dollari all’anno
Di fronte a questo scenario i vertici dell’OMS hanno indicato come sia fondamentale tornare a concentrare gli investimenti pubblici e privati sullo sviluppo di antibiotici efficaci che, utilizzati appropriatamente, possano invertire le attuali preoccupanti previsioni, “poiché stiamo esaurendo tutte le opzioni utili”.  Alcune aziende di settore con senso di responsabilità, hanno dato seguito a questi appelli, ricercando e producendo nuovi antibiotici estremamente efficaci per sostenere questa sfida. Ma ora la nuova sfida sarà: come ottenerne un uso appropriato a livello di singolo territorio. 

E ora uno sguardo all’Italia. Secondo le stime, l’Italia è tra i Paesi in senso negativo a livello di antibiotico-resistenza, la superano in Europa solo la Romania e la Grecia. 
I numeri sono impressionanti: un report pubblicato nel 2019 redatto dal Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (ECDC) riportava che circa la metà dei morti europei per infezioni ospedaliere da batteri resistenti agli antibiotici avviene in Italia. Il risultato finale è che chi entra in ospedale rischia, nel 10% dei casi, di contrarre una infezione ospedaliera. Inoltre, si calcola che 1 paziente su 10 quindi, in ospedale, possa infettarsi e molto frequentemente tale germe è resistente agli antibiotici. Lo scenario è allarmante e fa comprendere quanto sia importante non distogliere l’attenzione sull’antimicrobico resistenza (AMR).
Le infezioni correlate all’assistenza, a livello europeo, hanno un impatto economico complessivo per la società pari a 1,5 miliardi di euro all’anno. In Italia una recente analisi condotta dal EEHTA del CEIS dell’Università di Tor Vergata (Mennini FS e Sciattella P, 2021) ha evidenziato come le infezioni correlate all’assistenza compaiono in media in 32 casi ogni 1.000 ricoveri acuti in regime ordinario (52 casi ogni 1.000 ricoveri solo nel 2019). La valorizzazione delle infezioni mediante stima delle giornate aggiuntive per singolo Drg ha comportato una stima media annua pari a circa 600 milioni di euro. 

PNRR & Diabete: 4 milioni di italiani con diabete oggi, con una previsione di crescita esponenziale nei prossimi anni, investire in innovazione genera salute e riduce i costi per il SSN

12 maggio 2022 – Sono 4 milioni gli italiani con diabete, un milione e mezzo non sanno di avere la malattia e altri 4 milioni sarebbero ad alto rischio di svilupparlo. Numeri importanti di un fenomeno in crescita, quelli evidenziati dal bollettino epidemiologico nazionale dell’Istituto Superiore di Sanità, che incide sui costi sanitari per almeno 20 miliardi di euro all’anno e che porta in evidenza la necessità di una presa in carico del paziente in una logica value based che passa attraverso un miglior controllo glicemico grazie all’investimento in innovazione tecnologica. 

Investire in innovazione garantirebbe una riduzione delle ospedalizzazioni e delle prestazioni sanitarie generate oggi da una presa in carico del paziente non ottimale. I numeri dell’ISS fanno comprendere l’impatto socio-assistenziale ed economico-sanitario di questa malattia cronica. Un cambio di paradigma nella gestione value-based delle persone diabetiche in linea con gli obiettivi del PNRR porterebbe ad una riduzione dei costi di gestione, pari a circa 1.600 euro l’anno a paziente come da analisi condotta in regione Toscana su utilizzo del sistema FGM. Le evidenze dell’investimento in innovazione, sia nei farmaci che nei device, dovrebbero garantire un accesso equo ed uniforme in tutte le regioni come già accade nei Paesi europei. Quali opportunità potrà fornire in tal senso il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) con i suoi 15,63 miliardi di euro, di cui 7 miliardi tra reti di prossimità, strutture, servizi di telemedicina e 8,63 miliardi su innovazione, ricerca, digitalizzazione? Come verrà declinato nelle varie regioni? 

Per far conoscere tutte le esperienze promosse in questi anni, Motore Sanità ha promosso il webinar “CENTRO, PNRR E DIABETE”, con il contributo incondizionato di Abbott e Boehringer Ingelheim, dando voce a tutti gli stakeholder di sistema per proporre idee realizzabili subito su questi temi aperti, al fine di evitare sprechi e mantenere la sostenibilità.

“Il diabete è la malattia sistemica per eccellenza, interessando e coinvolgendo tutti gli organi. Per questo è fondamentale il ruolo del Diabetologo all’interno delle strutture ospedaliere, soprattutto di un Diabetologo che sappia gestire il paziente a 360 gradi”, ha spiegato Dario Pitocco, Direttore UOSD Diabetologia Policlinico Gemelli, Roma.
“Gli investimenti previsti dal PNRR su territorio e telemedicina saranno una grande occasione per la presa in carico della cronicità, come il diabete; questi temi saranno alla base dell’organizzazione delle nuove case di comunità”, ha commentato Enrico Sostegni, Presidente III Commissione tutela della Salute Consiglio Regionale, Regione Toscana.