Sempre più donne oncologhe che ricoprono un ruolo apicale

Group of four multiethnic medics having consilium in clinic

La bella storia di Federica Grosso, referente della regione Piemonte di Women for Oncology Italy, appassionata da sempre del suo lavoro. 

15 giugno 2022 – Nell’ottica della lotta al gender gap, è sempre una soddisfazione quando una professionista meritevole raggiunge ruoli apicali anche se, intendiamoci, in una società ideale questo non dovrebbe fare notizia. Oggi però vi raccontiamo la storia di Federica Grosso, responsabile della SSD sarcoma, mesotelioma, melanoma nell’Ospedale di Alessandria – Azienda ospedaliera Santi Antonio Biagio e Cesare Arrigo – nonché responsabile di SSD mesotelioma presso l’Ospedale Santo Spirito di Casale Monferrato e referente della regione Piemonte per conto di Women for Oncology Italy“La promozione a responsabile di SSD mesotelioma presso l’Ospedale Santo Spirito di Casale Monferrato è arrivata circa due mesi fa, facendo seguito a un progetto nato nel 2014, voluto e supportato dalle vittime dell’amianto di Casale che è stato poi integrato all’interno del Servizio sanitario nazionale”, spiega la Dottoressa Grosso. “Devo dire che, nel mio settore, la regione Piemonte spicca per le tante posizioni apicali ricoperte dalle donne anche se, a onor del vero, essere apicali in oncologia oggi significa più oneri che onori: ovvero non un ruolo di ‘potere’, ma una mole di lavoro di tipo organizzativo notevole”.
Come è stato il suo percorso? 
“Sicuramente travagliato”, risponde l’oncologa. “Lavoro presso l’Ospedale di Alessandria dal 2009 e mi sono sempre occupata dei tumori rari, fin dai tempi della tesi in medicina. Questa passione mi ha portata poi a lavorare presso l’Istituto Nazionale dei Tumori con il Professor Paolo Casali dove mi sono formata, dedicandomi della rete nazionale dei tumori rari. Successivamente sono arrivata ad Alessandria per occuparmi del mesotelioma, che è un tumore globalmente molto raro ma frequente in questa provincia. Ho tenuto duro, non è stato facile far capire che c’è bisogno di un riferimento sul territorio per i tumori rari e in particolare per il mesotelioma che qui è 10-20 volte più alto di quella che è la media nazionale, per via di una fabbrica di cemento e amianto rimasta attiva per molto tempo e che miete vittime ancora adesso. C’è da dire inoltre che i passi della ricerca, per quanto riguarda il mesotelioma, sono stati molto pochi e forse solo negli ultimi anni c’è un po’ più di attenzione, grazie anche a un’Associazione delle vittime di amianto (AFEVA) che ha fatto scuola nel mondo. Aggiungo a questo proposito che, come la Professoressa Rossana Berardi, Presidente di Women for Oncology Italy, sono stata insignita del titolo di Cavaliere della Repubblica per il mio impegno sociale rivolto alle vittime di amianto e per l’umanizzazione dei malati, aspetto per me molto importante”. 
Crede che una donna, per arrivare dove è arrivata lei, faccia più fatica rispetto a un uomo?
“Gli sforzi sono sicuramente maggiori”, replica Federica Grosso. “Ho sempre sacrificato tanto della mia vita personale e questo non sempre viene capito. Ho pagato accuse come quella di trascurare la famiglia, per esempio. E se da una parte, forse questo è vero, ho sottratto tempo alle mie due figlie, non ho mai sottratto loro la qualità del tempo insieme. Tant’è che la più grande sta seguendo le mie orme professionali, il che dimostra che forse non sono stata un cattivo esempio”
E poi recentemente è stata ricevuta dal Papa…
“Questa per me è stata un’esperienza bellissima”, conferma la referente della regione Piemonte di Women for Oncology Italy“È da qualche anno che abbiamo fondato un coro formato dai malati di mesotelioma che si chiama FuckCancer, nato per raccogliere fondi destinati alla ricerca. Non pensavamo di avere un così grande seguito e invece… abbiamo persino suscitato le attenzioni del Papa e il richiamo mediatico del mondo intero

La BPCO è diagnosticata tardi quando i danni sono molto evidenti: serve migliorare la sotto-diagnosi e il sotto-trattamento

Il ricorso alla spirometria non è ottimale: la Bpco è correttamente diagnosticata solo nel 40% dei casi, secondo dati internazionali che riguardano tutta Europa

Osservatorio sul consumo dei farmaci: l’aderenza alla terapia inalatoria è sempre inferiore al 50% determinando aumento delle riacutizzazioni e delle ospedalizzazioni.


Roma, 14 giugno 2022 – In Italia i dati Istat stimano una prevalenza della Broncopneumopatia cronico-ostruttiva (BPCO) del 5,6% e indicano una mortalità che pesa per il 55% nel totale delle malattie respiratorie. La prevalenza è verosimilmente più elevata in quanto la BPCO viene spesso diagnosticata casualmente ed in fase di ricovero per riacutizzazione. L’aderenza alla terapia resta assolutamente insoddisfacente e soprattutto bassa nel panorama delle malattie croniche, attestandosi in percentuali non superiori al 20%. Tutto questo porta ad uno scarso controllo e ad un aumento del rischio di riacutizzazioni e ricoveri, generando un prevenibile consumo di risorse. Diagnosi e di presa in carico appropriate devono essere implementati attraverso una maggiore integrazione tra i vari referenti della catena assistenziale con l’utilizzo di nuove tecnologie (farmaci, devices, telemedicina, informatizzazione, etc.) ed una maggior diffusione degli expertise consolidati. 
Le risorse in arrivo dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) rappresentano una grande opportunità per tutti, malati in primis, ma per utilizzarle al meglio è necessaria una programmazione a livello regionale che investa anche nella medicina di iniziativa, potendo in questo modo risparmiare molte risorse dovute ad ospedalizzazioni e riacutizzazioni da poter investire in altro modo. 
Motore Sanità ha organizzato per questo una serie di incontri sul tema che giungono a termine con l’ultimo, di respiro nazionale, dal titolo PNRR FOCUS ON BPCO, NOTA 99: COME CAMBIA LO SCENARIO con il contributo incondizionato di MENARINI GSK.

La BPCO è quasi sempre legata al fumo, la gestione è nettamente migliorata ma, secondo gli esperti, rimangono degli aspetti fondamentali da migliorare: la sotto-diagnosi ed il sotto-trattamento
“Queste sono le sfide per il prossimo futuro – ha rimarcato Claudio Micheletto, Presidente Eletto AIPO – Direttore UOC Pneumologia AOUI Verona – “La malattia viene diagnosticata spesso molto tardi, quando i danni sono molto evidenti. La spirometria dovrebbe essere eseguita nelle persone a rischio alla comparsa dei primi sintomi, che sono la tosse e la difficoltà respiratoria da sforzo. L’altro aspetto da migliorare rimane l’aderenza, purtroppo la terapia inalatoria molto spesso viene usata al bisogno, non regolarmente. L’aderenza alla terapia inalatoria, secondo gli ultimi dati dell’Osservatorio sul consumo dei farmaci, risulta sempre inferiore al 50%, determinando aumento delle riacutizzazioni e delle ospedalizzazioni. Anche il ricorso alla spirometria risulta non ottimale: la Bpco è correttamente diagnosticata solo nel 40% dei casi, secondo dati internazionali che riguardano tutta Europa”.

In merito alla nota 99 il Dottor Micheletto ha aggiunto: “La nota 99 arriva in un momento particolare perché i reparti di Pneumologia devono smaltire il lavoro arretrato post-Covid. Nel periodo di pandemia le spirometrie sono state bloccate, le prenotazioni erano riservate solo ai casi urgenti ed ora molti pazienti richiedono test di funzionalità respiratoria. La nota 99 stabilisce però un principio fondamentale: il trattamento farmacologico è corretto e adeguato solo dopo una precisazione diagnostica. Per la BPCO la diagnosi non può essere solo clinica ma con la spirometria e la dimostrazione di un deficit ostruttivo”.

“La corretta diagnosi e un appropriato trattamento sono alla base di un miglior decorso clinico della patologia e si associano ad un miglioramento della qualità della vita del paziente – ha ribadito Francesco Colasuonno, Responsabile PO Registri di Monitoraggio AIFA e Centri Prescrittori Sezione Farmaci, Dispositivi Medici e Assistenza Integrativa, Regione Puglia -. Il livello di diagnosi e di presa in carico appropriate deve essere implementato attraverso una maggiore integrazione tra i vari referenti della catena assistenziale, con l’utilizzo di nuove tecnologie (farmaci, devices, telemedicina, informatizzazione, etc.) e una maggior diffusione degli expertise consolidati. Le risorse in arrivo dal PNRR rappresentano una grande opportunità per tutti ma soprattutto per i malati con una organizzazione dei servizi omogenei per gli stessi. Si deve puntare sulla deospedalizzazione e l’integrazione, puntando sulle reti cliniche e sui percorsi diagnostico terapeutici assistenziali (PDTA) coinvolgendo gli specialisti e i medici di medicina generale. Le patologie croniche compresa la BPCO si potranno governare principalmente sul territorio e questo cambiamento sarà spinto anche dal PNRR”

Malattie rare: il progetto “Issiamo le vele” arriva in Senato, nel cuore delle istituzioni

Si parla di malattie rare con il linguaggio “universale” del mare grazie all’iniziativa condivisa da Regione Campania insieme alle Regioni Lazio, Toscana e Liguria, Università Vanvitelli e Lega Navale.

Roma, 14 giugno 2022 – Su iniziativa della Senatrice Annamaria Parente, Presidente della 12^ Commissione Igiene e Sanità Senato della Repubblica, e con la partecipazione di Motore Sanità, questa mattina in Senato è stato presentato nel corso di una conferenza stampa il progetto Issiamo le vele! Vento in poppa per la ricerca” #thinkrare, nato con l’obiettivo di promuovere la conoscenza e la ricerca delle malattie rare. Hanno organizzato il progetto la Direzione Generale della Tutela della Salute e il Centro di Coordinamento Malattie Rare della Regione Campania, in accordo con i Coordinamenti Malattie Rare delle Regioni Lazio, Toscana e Liguria, in collaborazione con l’Università degli Studi della Campania “Luigi Vanvitelli”, l’Università di Marsiglia e la Delegazione della Lega Navale di Torre Annunziata, con il supporto di Motore Sanità e con il contributo incondizionato di Amicus Therapeutics, Chiesi, Takeda e Medisol.

Il Centro di Coordinamento Malattie Rare della Regione Campania ha avviato la campagna informativa sulle malattie rare finalizzata alla divulgazione e sensibilizzazione sui contenuti relativi a tali patologie, in particolare, sull’eventuale presenza di campanelli di allarme (storia familiare, sviluppo psicomotorio, sintomi e segni) che, se presenti in concomitanza nel quadro clinico di un paziente, possono condurre al sospetto di una patologia rara. 
I due velisti Mario Santini, Professore Ordinario di Chirurgia Toracica, Università degli Studi della Campania “Luigi Vanvitelli” e l’imprenditore campano Rosario Gracco, che sono partiti con le loro barche, in solitario, dal Porto di Torre Annunziata il 6 giugno, arriveranno a Marsiglia il 5 luglio dopo circa 20 tappe, tra cui RomaLivorno (21 giugno), Genova (27 giugno), grazie alla collaborazione con la Regione Lazio, Toscana e Liguria. 
La traversata è affiancata da diverse iniziative e incontri, in occasione delle soste nei porti, che puntano a promuovere la ricerca sulle malattie rare. Per raggiungere e sensibilizzare una platea più vasta è possibile seguire il viaggio sui canali social, creati appositamente dove saranno presentati di volta in volta i risultati del progetto.

“Il Progetto “Issiamo le vele! Vento in poppa per la ricerca” che fa tappa a Roma è una occasione molto importante per sensibilizzare ulteriormente tutti gli attori che si occupano di malattie rare. La ricerca, la diagnosi precoce e il ruolo delle associazioni di pazienti rappresentano i principali drivers di questo insieme di aree terapeutiche – ha spiegato Andrea Lenzi, Direttore Centro MR Policlinico Umberto I – Sapienza – Coordinatore TT MinSal per MR -. La tappa di Roma riveste particolare importanza in quanto è ospitata nel cuore delle istituzioni a testimonianza del fatto che le malattie rare in Lazio rappresentano una priorità sanitaria. Oggi, nella Regione Lazio, dove risultano presi in carico oltre 30.000 pazienti affetti da malattie rare, sono operativi 89 centri di riferimento distribuiti in 16 istituti, tra i quali sono rappresentati i maggiori poli universitari, attivi sia in ambito diagnostico che di ricerca, oltre ad importanti centri ospedalieri. Siamo certi che la Legge sulle malattie rare, che ha tra gli obiettivi principali quello di favorire la ricerca scientifica e rendere omogeneo il trattamento delle malattie rare su tutto il territorio nazionale, costituirà un ulteriore motivo di riflessione per il Centro di coordinamento regionale delle Malattie rare affinché si possano introdurre ulteriori correttivi utili ad un miglioramento continuo della assistenza ai pazienti affetti da malattie rare residenti nella regione Lazio”

“L’emozione della partenza si è rapidamente stemperata nelle incombenze necessarie per una navigazione in solitario – ha raccontato Mario Santini, Professore Ordinario di Chirurgia Toracica, Università degli Studi della Campania “Luigi Vanvitelli” -. Purtroppo siamo rimasti fermi per alcuni giorni al Circeo per il cattivo tempo, abbiamo atteso le condizioni migliori per raggiungere poi Ostia in unica tirata. Ci ha fatto molto piacere l’accoglienza che ci è stata riservata dalle diverse sedi della Lega Navale Italiana, dove abbiamo potuto distribuire il materiale illustrativo della manifestazione”

“Parlare di malattie rare non è mai semplice per la complessità ed eterogeneità di queste patologie, che colpiscono milioni di pazienti in Europa, ma che spesso richiedono un’attenzione “individuale”, mero esempio di quella che oggi è definita “medicina di precisione” – ha sottolineato Giuseppe Limongelli, Direttore Centro di Coordinamento Malattie Rare Regione Campania -. Oggi parliamo di malattie rare con un linguaggio “universale”, quello del mare, grazie ad un’iniziativa condivisa dalla Regione Campania, insieme alle Regioni Lazio, Toscana e Liguria, all’Università Vanvitelli e la Lega Navale, che porterà quest’idea (#thinkrare) in giro per i porti italiani e fino a Marsiglia”

“La Direzione Generale Tutela della Salute ha da poco potenziato il Centro di Coordinamento Regionale Malattie Rare allocato presso l’AO dei Colli con ulteriori finanziamenti, con l’obiettivo di continuare a potenziare la rete delle malattie rare e di migliorare l’assistenza verso i pazienti rari che tanto rari non sono – ha infine detto Barbara Morgillo, Direzione Generale Tutela della Salute Regione Campania -. Abbiamo provveduto a licenziare due nuovi PDTA (Leber e cardiopatie congenite) e a revisionare, grazie ad un monitoraggio continuo, due PDTA licenziati nell’anno 2020. Altresì, abbiamo messo in campo un’azione di informazione con i medici di medicina generale e siamo in continuo contatto con le aziende sanitarie affinché ci sia una supervisione costante dei punti di forza e i punti di debolezza in modo che possiamo partire con iniziative sempre più dirette al potenziamento dell’assistenza dei malati rari. Lavorare in sinergia con tutti gli attori coinvolti nella Rete delle Malattie Rare, soprattutto con le associazioni dei pazienti, ci consentirà di realizzare una sanità in Regione Campania più forte e più resiliente”

⇒ Per scaricare la locandina con le tappe del progetto, clicca al seguente link: LOCANDINA ISSIAMO LE VELE!

Contro i super batteri servono programmi per una corretta gestione delle terapie antibiotiche e il controllo ambientale per la presenza di germi multiresistenti

Roma, 13 giugno 2022 – Rispetto a Covid-19, l’antimicrobico resistenza (AMR) è una pandemia continua, silente ma annunciata ormai da anni e che richiede, per essere affrontata, impegno comune e azioni concrete non più rimandabili. Quando si affronta il problema dell’AMR la prevenzione è senz’altro un aspetto chiave di questo fenomeno, ma solo il 30%-50% delle infezioni è prevenibile attraverso buone pratiche. Se a questo livello la strada per una buona efficienza del sistema è ancora lunga, ancor più lunga è però quella della ricerca di nuove terapie che riescano ad arginare e limitare questo fenomeno. Oggi i pazienti che muoiono per AMR hanno un problema simile a quello dei pazienti colpiti dal virus Sars-Cov-2 che muoiono: non hanno trattamenti efficaci.
Motore Sanità ha voluto aprire un dialogo tra tecnici e dirigenti ospedalieri su questo aspetto cruciale con l’evento “NUOVI MODELLI DI GOVERNANCE OSPEDALIERA PER GLI ANTIBIOTICI INNOVATIVI: DA UN ACCESSO RAZIONATO A UN ACCESSO RAZIONALE E APPROPRIATO con focus LAZIO, organizzato con il contributo non condizionante di MENARINI. L’obiettivo è la ricerca di un corretto e condiviso place in therapy che rappresenti un uso ragionato e razionale piuttosto che solamente razionato.

L’antibiotico resistenza è un problema globale che interessa tutti i Paesi del mondo. Alcuni report dichiarano che nel 2050 ci saranno fino a 10milioni di morti all’anno per infezioni da germi resistenti. L’Italia è tra i Paesi in senso negativo a livello di antibiotico-resistenza: la superano in Europa solo la Romania e la Grecia. I numeri sono impressionanti: un report pubblicato nel 2019 redatto dal Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (ECDC) riportava che circa la metà dei morti europei per infezioni ospedaliere da batteri resistenti agli antibiotici avviene in Italia. Il risultato finale è che chi entra in ospedale rischia, nel 10% dei casi, di contrarre una infezione ospedaliera. Inoltre, si calcola che 1 paziente su 10 quindi, in ospedale, possa infettarsi e molto frequentemente tale germe è resistente agli antibiotici. Lo scenario è allarmante e fa comprendere quanto sia importante non distogliere l’attenzione sull’antimicrobico resistenza (AMR).

“La resistenza antimicrobica (AMR) è un fenomeno naturale, ma le principali cause del suo sviluppo sono imputabili ad un uso inappropriato di antibiotici su uomini, piante ed animali – ha dichiarato Giuseppe Quintavalle, Direttore Generale Policlinico Tor Vergata -. È facile dunque capire come la AMR ad oggi rappresenti una minaccia a livello globale di vasta portata contribuendo a quasi 5 milioni di morti ogni anno, dato che nei prossimi decenni è destinato ad aumentare esponenzialmente, portando ad una futura pandemia. Tale emergenza comporta sia una sfida per la ricerca e le aziende farmaceutiche, impegnate nello sviluppo di nuove molecole, sia per tutti gli altri attori coinvolti nella Sanità, chiamati ad elaborare nuovi modelli di governance. Per ottimizzare tali azioni correttive è necessario un approccio multidisciplinare, che coinvolge tutte le figure che operano in ambienti ospedalieri, e si traduce nell’ormai nota Antimicrobial Stewardship. Quest’ultima prevede un insieme di interventi che devono necessariamente rispondere all’epidemiologia dell’ospedale che li adotta. Non sarà sufficiente l’introduzione di farmaci innovativi se non verranno assunti comportamenti idonei: col supporto della microbiologia rapida è possibile ridurre la durata delle terapie, empiriche e non, e permettere la somministrazione degli antibiotici secondo una medicina di precisione. Tali strategie mirano ad un uso appropriato del farmaco, che non è sinonimo di uso razionato bensì di una razionale razionalizzazione: il farmaco giusto, alla persona giusta, al momento giusto”.

La crescente diffusione di ceppi batterici multi-resistenti (MDR) in ambito ospedaliero rappresenta quindi una delle maggiori sfide che il clinico si trova a dover affrontare
“Un trattamento antibiotico inappropriato iniziale che non provveda a fornire un’adeguata attività verso patogeni multi-resistenti è spesso responsabile dell’aumentata mortalità. Per contro un eccessivo uso degli antibiotici, spesso utilizzati per contrastare delle semplici colonizzazioni batteriche che come tali non necessitano di alcun trattamento, facilita l’emergenza di antibiotico-resistenza – ha spiegato Massimo Andreoni, Direttore Dipartimento Clinico di Malattie Infettive Policlinico Tor Vergata -. Tra i microrganismi che potenzialmente possono presentare maggiori problemi per il trattamento delle infezioni da essi provocati, devono essere annoverati, a titolo esemplificativo, i cocchi Gram-positivi come lo Staphylococcus aureus meticillino-resistente (MRSA) e i bacilli Gram-negativi tra cui gli enterobatteri produttori di carbapenemasi. Si comprende come un elemento chiave nella lotta alle infezioni correlate alle pratiche assistenziali è la appropriatezza prescrittiva delle terapie antibiotiche al fine di ridurre la pressione selettiva che favorisce l’emergenza di ceppi resistenti. In questo scenario, programmi per una corretta gestione delle terapie antibiotiche – antimicrobial stewardship – e il controllo ambientale per la presenza di germi multiresistenti – infection control – rappresentano uno strumento imprescindibile”

PNRR e HIV: il piano della Campania e della Puglia per migliorare le cure e la qualità di vita dei pazienti

13 giugno 2022 – La recente esperienza della pandemia ha convinto tutti che una riforma del sistema di cure territoriali non sia più procrastinabile e che questa debba essere fatta con i giusti investimenti, ma in tempi brevi.  Molte sono le risorse dedicate nel PNRR a questo scopo, a cui le regioni potranno attingere. Ad oggi, però, il quadro dei diversi territori regionali presenta realtà assistenziali completamente diverse, con servizi per nulla omogenei, che non sono in grado di garantire universalità di cure ai cittadini.
Inoltre nell’affrontare i problemi della sanità territoriale, nonostante le revisioni legislative, i tavoli di trattativa, i più o meno ampi coinvolgimenti degli stakeholder interessati, ha prevalso spesso uno spirito corporativo basato sulla difesa di specifici interessi e segnato dalla mancanza di trasversalità degli intenti. 
La domiciliarità era ed è la scelta auspicata dalle persone, quella più desiderata e anche la più sostenibile per il Sistema. Le diverse esperienze di gestione della pandemia ci hanno dimostrato che è anche la più corretta in termini di sicurezza e benessere dei cittadini. Ma per governare questi cambiamenti in tempi rapidi e in maniera efficiente è necessario che tutti gli attori si mettano in gioco andando incontro insieme alle esigenze di un mondo profondamente cambiato, dove orizzonti e saperi devono combinarsi. Tutte le componenti che a livello territoriale agiscono (MMG, PLS, infermieri, farmacisti, assistenti sociali, ginecologi, ostetriche, psichiatri, neuropsichiatri infantili, medici delle dipendenze e psicologi, fisiatri e terapisti della riabilitazione, educatori professionali e tutti gli altri professionisti e operatori sanitari) devono raggiungere una vera integrazione
E in tutto questo percorso, un passaggio fondamentale sarà non solo la presenza al tavolo decisionale delle associazioni di pazienti, ma anche dell’industria che produce tecnologia e innovazione (farmaci e device), due componenti spesso messe a margine delle decisioni strategiche che impattano sull’intero sistema. Per tutti questi motivi Motore Sanità ha realizzato l’incontro UN NUOVO RUOLO DEL TERRITORIO NELLA GESTIONE DELLA SANITÀ. PNRR E HIV: IL RETURN TO CARE – CAMPANIA E PUGLIA, con il contributo non condizionante di MSDGilead e IT-MeD, al fine di raccogliere idee realizzabili subito: dalla diagnostica, alla presa in carico, dal follow-up, alla condivisione dati, al supporto tecnologico.

Così Angelo D’Argenzio, Direttore UOD Prevenzione e Igiene Sanitaria – prevenzione e tutela della salute e della sicurezza negli ambienti di vita e lavoro – O.E.R., Regione Campania: L’obiettivo generale della Delibera di Giunta Regionale Campania n. 1 del 2022 (Percorso attuativo dell’assistenza domiciliare per pazienti affetti da Hiv/Aids) è di migliorare la qualità della vita dei pazienti affetti da Hiv/Aids in una fase post acuta, attraverso l’attuazione di una forma di assistenza sanitaria, psicologica e sociale erogata al domicilio del paziente in modo continuo e integrato, con la possibilità di fornire cure appropriate da parte del medico di famiglia, dallo specialista infettivologo e di altri operatori (medici specialisti, psicologi, infermieri, assistenti sociali, fisioterapisti),  dei servizi ospedalieri, territoriali e delle associazioni di volontariato secondo le necessità rilevate. Tale forma di assistenza, oltre che erogare le cure sanitarie, si concretizza nel fornire un supporto formativo, fornire adeguata educazione sanitaria al soggetto e alla sua famiglia, favorire il mantenimento delle relazioni umane e facilitare l’aderenza alle terapie antiretrovirali”.

“Sicuramente il Covid ha bloccato gran parte delle nostre attività, ma tutto quello che avevamo costruito come gli ambulatori specialistici HIV ha permesso di raggiungere risultati importantissimi, ha spiegato Giovanni Battista Buccoliero, Direttore UOC malattie infettive e tropicali PO San G. Moscati Taranto. Dobbiamo recuperare quel rapporto di fiducia tra medico-paziente, che si è creato nel corso del tempo. In questo momento un coordinamento clinico regionale, una rete di malattie infettive legata alle tematiche dell’HIV potrebbe essere molto utile per uniformare i comportanti anche in termini di terapia”

Terapie antitumorali: negli studi clinici le donne sono sottorappresentate

Female Doctor Consulting Patient

Rossana Berardi, Presidente di Women for Oncology Italy: “Non c’è una preclusione di genere, perché i protocolli di accesso agli studi sono uguali per uomini e donne, ma le condizioni di base e la posizione della donna nella famiglia possono influenzare la scelta”.

13 giugno 2022 – Le donne sono state spesso sottorappresentate negli studi clinici che hanno portato all’approvazione da parte dell’Fda, l’ente statunitense per i farmaci, delle terapie antitumorali contemporanee: in media, sono sottorappresentate del 16,5% rispetto all’incidenza proporzionale di cancro registrata. Ad accendere i riflettori sulla scarsa presenza del sesso femminile in questo ambito di ricerca è un recente studio presentato al Congresso mondiale dell’American Society of clinical oncology (Asco), condotto dalla Ohio State University James Cancer CenterI farmaci antitumorali contemporanei, sottolineano gli autori dello studio, hanno spesso efficacia ed effetti collaterali diversi negli uomini e nelle donne. Tuttavia, le donne non sono ben rappresentate negli studi cardine a sostegno dei nuovi farmaci antitumorali. Per giungere a tale conclusione, gli autori hanno valutato retrospettivamente tutti gli studi di fase II e III a sostegno dell’approvazione della Fda di farmaci antitumorali dal 1998 al 2018. In totale, i partecipanti agli studi erano 97.566, arruolati in 189 studi clinici per valutare 123 terapie antitumorali. Il sesso è stato riportato in 182 (96,3%) studi clinici: il 43,4% (42.299) dei partecipanti erano donne, rispetto al 55,6% (55.267) di uomini. Complessivamente, concludono gli autori, le donne erano sottorappresentate negli studi clinici sulle terapie antitumorali in media del 16,5% rispetto all’incidenza proporzionale di tutti i tumori nel sesso femminile. Le donne erano le più sottorappresentate negli studi sul cancro gastrico e del fegato. L’analisi dell’efficacia dei farmaci basata sul sesso è stata pubblicata solo nel 36,8% degli studi. Nel tempo, commentano i ricercatori, “la tendenza della percentuale di donne reclutate negli studi clinici è aumentata, ma non a un tasso paragonabile alla prevalenza dei tumori, e si sta ampliando il divario. Sono necessari ulteriori studi per comprendere l’impatto della sottorappresentazione delle donne sugli esiti dei farmaci antitumorali contemporanei”.
Quanto all’Italia, “Pur non essendoci dati conclusivi in ambito oncologico, il tasso di arruolamento negli studi clinici risulta globalmente inferiore delle donne rispetto agli uomini”, spiega Rossana Berardi, Presidente di Women for Oncology Italy. “Le motivazioni sono molteplici e, tra le altre, esistono delle difficoltà oggettive all’accesso agli studi legate, ad esempio, al fatto che in varie situazioni è necessario spostarsi in centri ad hoc, magari lontani dalla propria casa, o intraprendere un percorso che implica una moltiplicazione di procedure e visite. Questi elementi potrebbero contribuire a spiegare come mai le donne, quasi sempre il perno della famiglia o caregiver al suo interno, hanno più difficoltà ad accedere in generale agli studi sperimentali. Non c’è insomma una preclusione di genere, perché i protocolli di accesso agli studi sono uguali per uomini e donne, ma le condizioni di base e la posizione della donna nella famiglia possono influenzare la scelta. Le difficoltà si riproducono anche, più in generale, per le donne arruolate negli studi clinici che impiegano farmaci non oncologici: in questi casi la partecipazione delle donne agli studi clinici è limitata in buona parte anche per l’esclusione delle donne incinte e in età fertile. Oggi più che mai dobbiamo imparare a gestire in maniera personalizzata non solo la malattia tumorale, ma anche la persona, tenendo conto delle differenze legate al genere, favorendo la possibilità di accedere anche alle donne a protocolli sperimentali. Tutto ciò passa indubbiamente attraverso una maggiore conoscenza della medicina di genere e in questo senso stiamo lavorando in ambito interministeriale (con Ministero Salute e Ministero Università) per licenziare quanto prima un Piano Formativo Nazionale per la Medicina di Genere, affinché gli operatori sanitari possano essere formati su questa rilevante tematica”

Epatite C, ci sono farmaci efficaci ma servono test rapidi per identificare il sommerso

Il Covid ha avuto un effetto dannoso sulla prevenzione delle malattie infettive, una fra tutte l’HCV quindi anche sull’impiego dei test per la diagnosi precoce dell’infezione. Oggi davanti ad una malattia come l’epatite C, l’imperativo è fare test al di fuori dagli ospedali per identificare quei pazienti con epatite C non ancora raggiunti dai servizi sanitari. L’imperativo è raggiungendo le strutture sul territorio, come i SerD e i Centri di malattie sessualmente trasmesse – perché l’obiettivo è eradicare il virus. 

Le malattie croniche del fegato rappresentano un’emergenza epidemiologica e clinica sia a livello mondiale che nazionale. I dati del Global Burden of Diseases indicano che nel 2016, nel mondo, sono decedute 1.256.850 persone per cirrosi epatica e stima per il 2040 un incremento del numero di decessi per cirrosi epatica del 50%
Le stime riferite all’Italia sulle persone colpite da cirrosi epatica ci descrivono circa 180mila casi con un tasso di prevalenza dello 0,3% nella popolazione totale. L’Epatite acuta C causa di gran parte delle malattie croniche del fegato cronicizza in circa 70-80% degli adulti ed una minoranza di questi (20-30%) progredirà in cirrosi dopo parecchi decenni. L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) per questo ha definito la strategia per l’eradicazione dell’epatite virale (obiettivo riduzione 90% nuove infezioni e 65% decessi causati da epatite virale entro il 2030). Al 2017, solo 9 Paesi a livello globale, fra cui l’Italia, sono in linea con il raggiungimento degli obiettivi OMS. Per questa ragione Motore Sanità ha organizzato l’evento IL PERCORSO AD OSTACOLI DEL MALATO DI FEGATO. HCV: DALLA DIAGNOSI, ALLA RIVOLUZIONE DELLA CURA, ALL’EMERSIONE DEL SOMMERSO con la sponsorizzazione non condizionante di Alfasigma e Intercept, perché ritiene che è fondamentale un confronto che focalizzi l’attenzione sulle attuali e future strategie nazionali/regionali che, sfruttando le risorse del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), consentano la revisione organizzativa necessaria per l’emersione del sommerso attraverso la creazione di percorsi facilitati per l’individuazione, la presa in carico e l’immediato trattamento di questi pazienti. 

“Viste le efficaci terapie e visto che lo stesso schema nel seguire il paziente in trattamento è stato molto semplificato nel corso degli ultimi anni proprio grazie alla semplicità e alla maneggevolezza dei farmaci che stiamo utilizzando, eradicare la malattia è l’imperativo – ha spiegato Sergio Lo Caputo, Professore Malattie Infettive Università di Foggia -. Oggi è fondamentale estendere una rete che sia in grado, al di fuori dell’ospedale, di raggiungere il sommerso, penso ai SerD e ai centri di malattie sessualmente trasmesse. Quello che noi dobbiamo fare è testare ma anche mettere in campo un sistema che permetta dal test rapido di agganciare il paziente e rapidamente portarlo ad un trattamento, che abbiamo già visto essere rapido ed efficace, ed è proprio su questo passaggio su cui dobbiamo lavorare. E dove dobbiamo concentrare i nostri sforzi? In quei soggetti che sono spesso restii al trattamento. Molto importanti sono inoltre le attività di screening durante i ricoveri ospedalieri”

Secondo il Professor Caputo il concetto del test rapido diventa fondamentale in questo scenario. “Perché permette di uscire dall’ospedale e di andare a trovare la persona con epatite cronica. Un altro aspetto importante è valutare se c’è l’HCV Rna perché in questo modo è possibile trattare rapidamente il paziente. Tutto questo porta ad un percorso che va dalla diagnosi al trattamento che può essere risolto in pochi giorni” ha concluso Lo Caputo. 

Salute mentale: la regione Campania e il modello di Healthcare 5.0 che guarda al futuro

8 giugno 2022 – La legge 180, unica al mondo, ha abolito i manicomi demandando l’onere e il compito di gestire i pazienti psichiatrici ai servizi territoriali, ai reparti psichiatrici ospedalieri, ai dipartimenti di salute mentale e alle famiglie. 
Per realizzare tale obiettivo, è importante che i dipartimenti di salute mentale lavorino coordinati all’interno di una rete che dia risposte efficaci: dalla gestione della crisi, alla riabilitazione del paziente stesso, aiutando il gravoso compito delle famiglie e supportando anche economicamente i vari attori del sistema. 
Nasce da questi presupposti l’evento TAVOLO REGIONALE SCHIZOFRENIA – FOCUS CAMPANIA, promosso da Motore Sanità, con il contributo incondizionato di Angelini Pharma. Obiettivo fare un’analisi dei bisogni assistenziali e dello stato dell’arte della presa in carico di tali pazienti nelle regioni indicate, oltre a definire insieme agli stakeholder più importanti – istituzionali e clinici – le azioni di miglioramento da intraprendere per migliorare il percorso di cura del paziente con schizofrenia.

Così Giulio Corrivetti, Direttore DSM di Salerno: “Il modello di Healthcare 5.0 è ripreso dalla teorizzazione di una società trasformata con una visione olistica che pone al centro la persona, lo sviluppo umano, la sostenibilità e la società. Questo modello di cura che la Regione Campania sposa anche per le politiche della salute mentale, si pone in continuità con la rapida e profonda evoluzione tecnologica del XXI secolo, secondo un principio di innovazione e inclusione mediante le nuove tecnologie (la cosiddetta rivoluzione digitale). L’obiettivo della regione Campania, nell’adeguarsi a questa prospettiva, è quello di sviluppare modelli di cura sistemici che siano centrati su un cambio di paradigma culturale, scientifico, normativo ed organizzativo, ponendo al centro la persona e il suo benessere e tenendo conto della sua dimensione relazionale. La Regione Campania si pone così l’obiettivo di sviluppare un modello innovativo con una visione di salute mentale che guarda al futuro, e con una programmazione sostenibile relativamente al fronteggiamento di vecchie e nuove cronicità. Soprattutto nel campo delle schizofrenie e delle psicosi maggiori ed in altri problemi del neurosviluppo, come lo spettro dell’autismo che rappresenta una reale e drammatica esplosione dell’incidenza, si sta imprimendo un impegno istituzionale pubblico, nella prospettiva della presa in carico precoce e della continuità delle cure lungo tutto l’arco della vita. L’obiettivo oggi è aver chiarezza e competenza su cosa fare quando si individuano dei soggetti ad altissimo rischio di sviluppo di schizofrenia. Gli sforzi della programmazione regionale sono orientati a ridisegnare le strategie operative, tese ad arrestare la transizione dalle forme ad alto rischio alla malattia conclamata, o a migliorare il decorso del disturbo. Puntare sui giovani, quindi, sui loro linguaggi e capire gli stili di vita ed i valori dominanti, per riuscire a decodificare quali sono i veri fattori di rischio e quali, invece i fattori di protezione. Dalla gestione della cronicità all’intervento precoce, pertanto, con servizi altamente specializzati per età evolutiva e per l’adolescenza. Nel futuro prossimo abbiamo ancora molto da lavorare sul superamento di storiche criticità, quali il superamento di tutte le barriere all’accesso, anche quelle culturali, il superamento dei ritardi nel ricevere cure adeguate, evitare che molti percorsi di cura siano compromessi da una cessazione anticipata. Appare necessario, altresì, favorire fino in fondo il dialogo tra servizi per adulti e servizi per adolescenti, valorizzando le differenze nell’approccio a queste diverse età della vita. Infine, anche nella prospettiva di un cambio generazionale degli operatori, impostare la visione, la programmazione e la gestione dei nuovi servizi per i giovani sulla base delle prove scientifiche nella dimensione della cura”.

Pensa ai giovani, in particolare alle loro famiglie, anche Carmela Bravaccio, Professore di neuropsichiatria infantile Azienda Ospedaliera Universitaria Federico II di Napoli: “Non bisogna dimenticare che la sintomatologia spesso comincia da bambini e che il ruolo delle famiglie è importantissimo. Purtroppo una delle problematiche è che spesso le famiglie non vengono supportate. Diventa quindi difficile a sua volta la gestione, perché si pensa solo al ragazzo (il malato-paziente) e ci si dimentica che dietro c’è una famiglia che lo deve supportare. Se non mettiamo in condizione le famiglie di aiutarle nella gestione del quotidiano di questi ragazzi, diventa tutto più difficile

Issate le vele per la ricerca delle malattie rare!

È partito oggi da Torre Annunziata (Na) il progetto “Issiamo le vele per la ricerca” che in 20 tappe attraverserà le coste italiane arrivando a Marsiglia il 5 luglio

Torre Annunziata (Na), 6 giugno 2022 – Sono partite dal Porto di Torre Annunziata (Na) due barche a vela, per portare lungo le coste italiane, arrivando fino a Marsiglia, il messaggio che è importante fare conoscere le malattie rare, che sono cruciali la diagnosi precoce per giungere ad una cura tempestiva della malattia e la ricerca scientifica per trovare nuove possibilità di cura
Le malattie rare e i malati rari sono al centro dello straordinario progetto “Issiamo le vele! Vento in poppa per la Ricerca #thinkrare”, la campagna di informazione attuata dalla Direzione Generale della Tutela della Salute e il Centro di Coordinamento Malattie Rare della Regione Campania, in collaborazione con l’Università degli Studi della Campania “Luigi Vanvitelli” e la Delegazione della Lega Navale Italiana di Torre Annunziata, con il supporto di Motore Sanità e con il contributo incondizionato di Amicus TherapeuticsChiesiTakeda Medisol.

Le due barche a vela sono condotte in solitario dal chirurgo Mario Santini, 70 anni, Professore Ordinario di Chirurgia Toracica dell’Azienda ospedaliera universitaria “Luigi Vanvitelli” di Napoli e dall’imprenditore campano Rosario Gracco, 74 anni, che dal Porto di Torre Annunziata (Na) arriveranno a Marsiglia (il 5 luglio) dopo circa 20 tappe, tra cui Roma (14 giugno), Livorno (21 giugno), Genova (27 giugno), grazie alla collaborazione con la Regione Lazio, Toscana e Liguria. 

“Siamo felicissimi di intraprendere questa grande sfida – hanno spiegato con entusiasmo il Professor Mario Santini e l’imprenditore Rosario Gracco -. Ci accomuna non solo l’età ma anche il grande amore per la vela. È un anno che ci stiamo preparando per questo straordinario evento che unisce la passione per la vela con l’aspetto sociale”. Paure? “Certamente – ha confessato il Professor Santini -: andare per mare è come entrare in sala operatoria, significa aver previsto tutto per affrontare ogni situazione. Ci auguriamo che questo progetto possa permettere la realizzazione di borse di studio per un ricercatore di Napoli e un ricercatore di Marsiglia affinché questo gemellaggio permetta di far confluire competenze e saperi per la ricerca di nuove cure per i malati rari”.  

“Con #thinkrare questo progetto ci ricorda di pensare alle malattie rare perché queste patologie hanno un percorso che va dal sospetto alla diagnosi alla presa in carico del paziente. Purtroppo, però, tale percorso si rivela molto spesso tortuoso e questo crea una serie di problematiche ai pazienti e alle loro famiglie con una diagnosi tardiva che arriva a sette anni – ha spiegato Giuseppe Limongelli, Direttore del Centro di Coordinamento Malattie Rare di Regione Campania -. C’è pertanto la necessità di creare dei percorsi per le patologie rare e la regione Campania ha costruito un percorso generale nel Piano regionale Malattie rare (Decreto 48/2017) che sta cominciando a declinare percorsi per specifiche malattie rare, e oggi ne abbiamo sette. Inoltre c’è una grossa attenzione verso i percorsi di telemedicina e alla rete di emergenze. Siamo agli inizi, ma siamo convinti che raggiungeremo importanti risultati insieme anche alle Associazioni di pazienti”

“Questo progetto ci sta molto a cuore e si inserisce nel quadro delle attività che abbiamo messo in campo per potenziare la rete dell’assistenza sanitaria per le malattie rare – ha spiegato Antonio Postiglione, Direttore Generale per la Tutela della Salute e il Coordinamento del Sistema Sanitario Regionale di Regione Campania -. Da poco abbiamo potenziato il Centro Regionale situato presso il presidio ospedaliero Monaldi con ulteriori finanziamenti, con la speranza di continuare a migliorare l’assistenza verso quei pazienti che prima erano considerati di “serie B”. Abbiamo perfezionato due PDTA, messo in campo un’azione di informazione con i medici di medicina generale e siamo in continuo contatto con le aziende sanitarie affinché ci testimonino quali sono i punti di forza e i punti di debolezza in modo che possiamo partire con iniziative sempre più dirette al potenziamento dell’assistenza dei malati rari. Siamo sicuri che lavorando in sinergia con gli stakeholders del settore continueremo ad affermare una sanità di qualità in regione Campania”

“Questo progetto – ha aggiunto Pietro Buono, Dirigente Staff tecnico Operativo Salute Regione Campania – nasce da una importante esigenza, quella di sensibilizzare le istituzioni e l’opinione pubblica sulle malattie rare e dare una mano alle famiglie dei pazienti. Per le malattie rare, che tanto rare non sono in quanto raggiungono il 6-8% dei pazienti malati in Italia, è necessario, oltre alla legge e al Coordinamento regionale e nazionale, porre un’attenzione specifica su tutte le esigenze dei malati rari. Sono convinto che questo viaggio ci porterà sicuramente ad una maggiore consapevolezza di queste malattie”.  

“La Lega navale di Torre Annunziata si è resa promotrice di organizzare la logistica di questa straordinaria traversata per la diffusione dei campanelli di allarme delle malattie rare – ha concluso Antonella Giglio, Presidente Delegazione Lega Navale di Torre Annunziata (Na) -. Il mare ci permetterà di toccare i porti delle coste laziali, toscane e liguri fino ad arrivare a Marsiglia e di organizzare in ogni attracco eventi di promozione sulle malattie rare al fine di coinvolgere tutte le famiglie e fornire consigli utili affinché possano affrontare al meglio il percorso delle malattie rare”

⇒ Per scaricare la locandina del progetto, clicca al seguente link: LOCANDINA ISSIAMO LE VELE!

Sclerosi multipla: servono prevenzioni e diagnosi sempre più precoci

La Sardegna detiene il triste primato di regione con la più alta incidenza di malati, conta oltre 6.500 casi e ogni anno si aggiungono 200 nuove diagnosi tra i giovani

1 giugno 2022 – La Sclerosi Multipla è una malattia cronica ad alta complessità che presenta in Sardegna una delle frequenze più alte al mondo rappresentando pertanto per l’isola un importante problema sanitario e sociale. Ad oggi oltre 6.500 persone convivono con la malattia e ogni anno si aggiungono circa 200 nuovi diagnosticati giovani adulti. Esistono nell’Isola tre centri riconosciuti per la diagnosi e la cura della Sclerosi multipla, a Cagliari, Nuoro e Sassari, in particolare quest’ultimo riveste particolare importanza per la diagnosi e la cura in età pediatrica. Ma il Covid non ha risparmiato neanche la Sclerosi Multipla, in quanto ha tolto cure e assistenza inevitabilmente, per questo l’appello è forte e chiaro: è necessario individuare forme di prevenzione e di diagnosi sempre più precoci e garantire una informazione puntuale che sostenga i pazienti.
Motore Sanità fa dunque tappa in Sardegna con l’evento “#Multiplayer. La Sclerosi Multipla si combatte in squadra”, evento organizzato con il contributo incondizionato di Celgene | Bristol Myers Squibb Company. Obiettivo: evidenziare le criticità e mettere in campo quelle strategie che permettano di affrontare la malattia con un altro tipo di approccio, in particolare dopo la pandemia. 

La Regione Sardegna da diversi anni detiene il triste primato di regione con la più alta incidenza di malati di sclerosi multipla, e più esattamente in una misura doppia rispetto alla penisola ed è una della più alte in Europa. Se in ambito nazionale si contano circa 200 casi per 100 mila abitanti, nell’Isola se ne contano 370 con una incidenza molto elevata di diagnosi in età pediatrica. A Cagliari il centro per la sclerosi multipla soffre le conseguenze della pandemia che ha visto la trasformazione del P.O. Binaghi in ospedale Covid, con il conseguente dislocamento ad altra sede di altri essenziali servizi, compreso il centro di riabilitazione per la Sclerosi Multipla, trasferito al Businco nei locali precedentemente allestiti dal centro di neuroriabilitazione dell’Azienda Brotzu. 
“Lo sconvolgimento degli assetti ha creato non pochi disagi ai pazienti, ritardando visite e diagnosi – ha spiegato Rossella Pinna, Segretario VI Commissione Salute e Politiche Sociali Regione Autonoma della Sardegna -. Ora la fine della pandemia impone la riorganizzazione e il riavvicinamento dei servizi a partire dalla necessità di riportare nella sua sede originaria il centro di riabilitazione, e potenziarne gli organici già scarni. Oggi serve recuperare velocemente ciò che la pandemia ha tolto alla cura della Sclerosi multipla perciò è necessario individuare forme di prevenzione e di diagnosi sempre più precoci e garantire una informazione puntuale che sostenga i pazienti sotto tutti gli aspetti. Questo mi auguro voglia fare la Regione e certamente è questo il senso del mio impegno”

Sull’approccio alla malattia è intervenuta Eleonora Cocco, Professore Associato Neurologia Università degli Studi di Cagliari Direttore SC “Centro per la Diagnosi e la Cura della Sclerosi Multipla” Ospedale Binaghi ATS Sardegna, ASSL Cagliari.
“Nel corso degli ultimi anni l’approccio alla malattia è profondamente cambiato grazie da un lato all’introduzione di criteri diagnostici che permettono di fare la diagnosi sempre più precocemente e dall’altro per la disponibilità di terapie farmacologiche capaci di modificare il decorso della malattia. Sono ormai disponibili evidenze solide che supportano la necessità di iniziare molto precocemente le terapie e che questa strategia sia quella ottimale per cambiare la storia naturale di malattia e prevenire la disabilità nel lungo termine. Dall’altro lato però le terapie presentano profili di efficacia e di sicurezza estremamente diversi oltre che modalità differenziate di somministrazione e monitoraggio (controlli clinici, strumentali e laboratoristici) comportando quindi, un incremento della già importante complessità nella gestione della malattia. In questo ambito si colloca la necessità di un sistema sanitario capace, in primis, di prendersi cura e accogliere la persona con Sclerosi Multipla tramite la costruzione e l’attuazione di percorsi diagnostici terapeutici assistenziali (PDTA) adeguati al territorio e attraverso il consolidamento della rete tra i centri sclerosi multipla e tra questi e la medicina territoriale”

Sul ruolo strategico della rete dei Centri clinici di riferimento e sui bisogni dei malati di Sclerosi Multipla è intervenuto Mario Alberto Battaglia, Presidente Nazionale FISM. 
“La Sardegna è la regione più colpita dalla Sclerosi Multipla, ad oggi oltre 6.500 persone convivono con la malattia e ogni anno si aggiungono circa 200 nuovi diagnosticati giovani adulti. La rete dei Centri Clinici di riferimento è fondamentale riferimento per esse e necessita di risorse umane ed organizzative adeguate al volume di attività. Un nuovo Percorso Diagnostico Terapeutico Assistenziale è stato definito negli scorsi anni e un processo di revisione del PDTA deve essere condotto a breve, sempre con la collaborazione della Associazione Italiana Sclerosi Multipla. Le persone oggi devono poter ricevere la terapia farmacologica personalizzata migliore per loro, avere una terapia precoce che significa ritardare la progressione della malattia e della disabilità, avere i servizi del territorio e la riabilitazione per una migliore qualità di vita. Le persone devono poter vivere la loro vita oltre la malattia e oggi per la sclerosi multipla si può programmare e attuare percorsi di salute dalla diagnosi alla cronicità e questo anche in ottica di sostenibilità”