Security & Privacy
del dato sanitario
Milano 19 giugno 2017

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Lo sviluppo dei servizi, soprattutto quelli destinati ai cittadini, passa necessariamente attraverso l’analisi dei dati che vengono raccolti in varie forme e da innumerevoli fonti durante la vita di ognuno di noi.

È quindi importante affrontare i temi di cybersecurity e di privacy in parallelo, in quanto vicendevolmente funzionali uno all’altro.

Nessuno è immune dagli attacchi informatici: nemmeno i sistemi più complessi, siano essi gestiti dai governi direttamente, dalla PP.AA. o da una delle grandi aziende della Silicon Valley.

Pochi oggi pensano a definire un sistema in linea con i nuovi dettami europei sulla security e privacy “by design” e “by default”.

Le due tematiche devono convivere in un ecosistema che vede la tecnologia garante dei dati solo in quanto associata a un processo e a un’organizzazione che preveda tale scopo sin dal principio. L’adeguamento alle regole (compliance), qualunque orientamento sottendano, è una delle chiavi di successo: ed è uno dei temi che in futuro farà la differenza.

Il sistema informatico italiano, secondo il rapporto Clusit 2017, è tra i primi 10 per gli attacchi informatici ricevuti. Questo dato, per quanto preoccupante, indica soprattutto quanto i “dati” in possesso dalla PP.AA. a tutti i livelli, siano una fonte di attenzione e di ricchezza da valorizzare e proteggere. Proteggere perché così stabilisce la Carta Costituzionale e valorizzare perché permetterebbe un maggiore sviluppo del Paese, inducendo un’economia di scala e attraendo importanti investimenti, anche e soprattutto stranieri.

La sfida del Governo Italiano è quella di adeguare le organizzazioni ed i sistemi di tutte le PP.AA. (centrali, locali, periferiche…) alle nuove opportunità offerte dalle moderne tecnologie informatiche: il cittadino va sì tutelato in maniera diversa rispetto a quanto fatto fino adesso, ma allo stesso tempo i dati che lo riguardano vanno usati nella maniera migliore per offrire servizi sempre più personalizzati ed efficienti, nonché distribuiti su tutto il “territorio virtuale” della PP.AA.

Un sostanziale indirizzo, sia tecnico che organizzativo, sul come mettere in pratica tali principi è contenuto nelle prescrizioni dettate dal General Data Protection Regulation del 2016, che vedrà la sua effettiva applicazione dal prossimo maggio 2018.

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Innovazione in oncologia
L’esperienza della Regione Toscana
Siena 16 giugno 2017

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Col tema “Innovazione in Oncologia, l’esperienza della Regione Toscana” Motore Sanità affronterà il tema dell’innovazione terapeutica e più strettamente farmacologica con le relative ricadute sia sulla salute dei pazienti sia sulla sostenibilità economica. Il convegno affronterà lo stato dell’arte sulle nuove aree terapeutiche a partire dall’immunoterapia oncologica, vera nuova innovazione destinata a cambiare la sopravvivenza di pazienti affetti da tumori sinora difficilmente curabili, all’impatto organizzativo che le nuove terapie avranno sulla rete oncologica toscana e sulle reti oncologiche in generale, grazie anche ai nuovi network che si stanno creando tra le reti stesse. Infine si affronterà il problema del procurement e delle procedure d’acquisto centralizzate per assicurare con appropriatezza ma rapidamente l’entrata delle nuove procedure e dei nuovi farmaci nelle regioni italiane per colmare il gap temporale con glia altri stati europei e per spingere il sistema dal market access al patient access nell’interesse collettivo dei cittadini e del SSN.

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Il futuro della rete ematologica nella Regione del Veneto
Padova 6 giugno 2017

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L’ematologia e la nuova Rete Ematologica Veneta, oltre all’uso di nuovi farmaci intelligenti che hanno rivoluzionato l’approccio alle patologie ematologiche, sono i temi che verranno affrontati nel corso di questo workshop. Grazie al progressivo miglioramento delle conoscenze dei meccanismi patogenetici che sono alla base dell’insorgenza dei tumori in generale, e di quelli ematologici in particolare, è stata aperta la strada allo sviluppo di terapie “intelligenti” capaci di colpire con precisione specifici bersagli molecolari che connotano la diversità biologica della malattia e che rendono di fatto unico, ai fini dell’approccio terapeutico, ogni singolo paziente. Queste molecole aggrediscono la malattia attraverso specifici meccanismi, spesso diversi ma sempre molto selettivi, avendo come bersaglio specifiche strutture espresse dalla cellula neoplastica, vuoi sulla superficie della cellula che al suo interno. Questi farmaci si stanno imponendo, da soli o in associazione, nel trattamento di molte patologie oncoematologiche, prospettando per il futuro uno scenario in cui si possano raggiungere risultati eccellenti senza l’uso della chemioterapia.

Nel corso del convegno i relatori faranno il punto sulle nuove possibilità terapeutiche per i pazienti affetti da neoplasie del sistema emopoietico, prendendo come modello la leucemia mieloide cronica e il mieloma multiplo, malattie ematologiche che hanno beneficiato dei nuovi farmaci.

La leucemia mieloide cronica è un raro tumore del sangue di cui si diagnosticano circa 850 nuovi casi ogni anno nel nostro Paese. Negli ultimi anni i farmaci disponibili per la cura della leucemia mieloide cronica (imatinib, nilotinib e dasatinib, bosutinib e ponatinib) si sono rivelati così efficaci che si è potuta esplorare l’eventualità di fermare a un certo punto la somministrazione della terapia. Con un duplice vantaggio: per i pazienti e per il Sistema sanitario, che risparmierebbe sui costi. La sopravvivenza di chi si ammala oggi, grazie ai molti farmaci efficaci, è molto vicina all’aspettativa di vita della popolazione generale.

Il mieloma è una malattia rara: rappresenta infatti circa l’1 per cento di tutti i tipi di tumori. Oggi anche il mieloma multiplo ha molte possibilità di cura. Se è vero che la guarigione può essere ottenuta solo da alcuni pazienti, in particolare quelli la cui età permette loro di essere sottoposti a trapianto di midollo da donatore, è altrettanto vero che, in generale, la malattia può essere tenuta sotto controllo per lungo tempo, anche diversi anni. Nel paziente di nuova diagnosi la terapia prevede l’utilizzo di combinazioni di farmaci chemioterapici e biologici.

La Regione Veneto si è dotata di una rete ematologica con individuazione di centri di riferimento secondo il criterio hub and spoke, al fine di ottimizzare le risorse assicurando l’innovazione terapeutica per le malattie ematologiche di cui molte ricadono sotto la catalogazione di malattie rare, come il mieloma multiplo i cui risultati in termini di sopravvivenza e qualità della vita aumentano continuamente in maniera consistente grazie a terapie innovative ad alto costo. Il workshop, dedicato all’organizzazione della rete ematologica veneta, mira ad affrontare i progressi e le problematiche derivate dalle nuove terapie ed ad un processo organizzativo integrato tra ospedale e territorio con un lavoro in rete complesso ma produttivo.

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Attuazione DM 70
Esperienze regionali a confronto
Palermo 26 maggio 2017

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Il D.M. 70 rappresenta il recente tentativo di riorganizzazione della rete ospedaliera nazionale con l’individuazione di criteri omogenei in tutto il territorio italiano. Il decreto ha suscitato ampie perplessità per la sua rigidità, la concezione centralista che tende a limitare le scelte dei cittadini, la presenza di refusi e imprecisioni.

In realtà il D.M. 70 ricalca la legge Mariotti del 1968, all’epoca indubbiamente innovativa, che già allora prevedeva la stratificazione degli ospedali secondo intensità di cura e bacini territoriali, un coordinamento regionale come concetto di organizzazione in rete, e fra l’altro era stabilito per legge uno stanziamento del 4% delle spese per l’ammodernamento delle attrezzature ospedaliere.

Il D.M. 70 nasce datato, con un atteggiamento non certo orientato a favorire il pluralismo degli erogatori, e con una visione particolarmente penalizzante per le piccole strutture ospedaliere, limitatamente però a quelle di diritto privato. Ancora di più preoccupa che i criteri in esso stabiliti non tengano conto dell’adattamento alle differenti realtà regionali, impongano specialità previste secondo bacini d’utenza rigidi senza un’analisi dei flussi dei pazienti, prevedano un numero di posti letto per acuti troppo basso in rapporto ad altre realtà europee senza la certezza di una reale alternativa di cura territoriale, non assicurino una gradualità del processo di riorganizzazione secondo il modello hub and spoke, non considerino le numerose realtà intermedie frutto anche di investimenti sostanziosi, e
comportino il serio rischio di demotivazione della classe medica dovuta all’eccessiva aggregazione delle unità operative.

Per questi motivi è opportuno interrogarsi approfonditamente sulla reale applicabilità del D.M. 70, sulla opportunità di predisporre, presto, una adeguata “manutenzione” e soprattutto sulla necessità di introdurre forti elementi di elasticità applicativa e ripetuti momenti di revisione.

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Medici nel futuro
Farmaci equivalenti-biosimilari
Roma 11 maggio 2017

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Il farmaco equivalente, inizialmente definito generico, è stato introdotto nel mercato farmaceutico italiano nel 1995. In questi 20 anni ed oltre il farmaco ha gradualmente visto aumentare le sue prescrizioni da parte dei medici e l’utilizzo da parte dei pazienti.

La percentuale d’impiego dei farmaci equivalenti in italia a fine 2015 è superiore al 26% del totale dei farmaci di “fascia ” ma nonostante questo, il nostro rimane uno degli ultimi paesi d’europa per uso dei farmaci equivalenti, mentre in inghilterra e in germania la percentuale d’impiego si avvicina al 70%.

Questo ritardo italiano è dovuto ad una percezione non sempre positiva da parte dei medici e dei pazienti, causata a sua volta da un’informazione molto spesso superficiale e in alcuni casi distorta, che ha condizionato la classe medica e l’opinione pubblica.

I farmaci biotecnologici (biotech) rappresentano una delle novità terapeutiche più rilevanti di questi ultimi anni sia per il loro impatto sulla terapia di molte patologie sia perché hanno aperto nuove strade per interventi farmacologici innovativi. La gran parte dei farmaci biotech di prima generazione si sta avvicinando alla data di scadenza della copertura brevettuale e per alcuni di essi tale data è imminente o già scaduta. Ciò rende possibile l’introduzione sul mercato di farmaci definiti biosimilari che come i farmaci generici (oggi definiti equivalenti) potranno essere immessi sul mercato una volta che gli originatori non saranno più coperti da brevetto. I biosimilari, a differenza degli equivalenti, come indicato dall’Agenzia Europea dei Medicinali (EMEA), vengono autorizzati valutando anche dati aggiuntivi, in particolare dati tossicologici e clinici. Per le loro caratteristiche biotecnologiche i farmaci biosimilari sono valutati dall’EMEA tramite procedura centralizzata e se ne può chiedere l’autorizzazione all’immissione in commercio solo in riferimento ad un biotecnologico autorizzato dalla Comunità Europea.

L’evento di formazione rivolto ai futuri medici si pone l’obiettivo di spiegare quale sia la reale efficacia e sicurezza dei farmaci equivalenti, dei farmaci biosimilari, nonché il loro valore farmaco-economico, indispensabile per la sostenibilità dei sistemi sanitari in tutto il mondo.

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Malattie rare e screening neonatale
Padova 5 maggio 2017

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Le malattie rare sono malattie molto eterogenee, generalmente complesse, severe e disabilitanti, che sono caratterizzate dalla loro bassa frequenza. Comprendono dalle 6 alle 8.000 entità diverse e colpiscono quindi un numero consistente di malati di tutte le fasce d’età. Esse costituiscono contemporaneamente una sfida difficile da affrontare e un’opportunità di innovazione e sviluppo rilevante. Sono una sfida perché, a causa della loro rarità e della loro enorme variabilità fenotipica, sono difficili da diagnosticare e ancora più difficili da trattare, sono generalmente forme con una componente genetica e quindi interessano gruppi familiari, rendendo ancora più complessa e onerosa la messa in campo di piani integrati di presa in carico del malato e della sua famiglia. Sono però anche un’opportunità straordinaria di innovazione, poiché lo studio delle malattie rare ha permesso di comprendere meglio meccanismi di trasmissione genetica, di trascrizione del genoma e di patogenesi che sono stati utili per approcciare diversamente molte altre patologie “comuni”. Sono fonte di innovazione anche per quanto riguarda nuovi possibili trattamenti e in particolare su di esse si poggiano le cosiddette terapie innovative, che utilizzano la terapia genica, le cellule staminali, i tessuti modificati come nuove opzioni terapeutiche e speranze di guarigione per questi e per altri malati. Sono, infine, anche stimolo all’innovazione nella sanità pubblica e nella pianificazione degli interventi e dei servizi sociosanitari: lo sono state nel nostro Paese, in Europa e in generale in tutto il mondo occidentale. In Italia a partire dal 2001 sono state attivate le prime politiche riguardo alla creazione di una rete di assistenza e monitoraggio dedicata alle persone con malattie rare. Lo sviluppo di queste politiche ha portato alla creazione di una rete di ospedali di riferimento per gruppi di patologie, formalmente identificati dalle Regioni, e alla creazione di un sistema complesso di monitoraggio che, raccogliendo da parte dei Registri Regionali i dati dei pazienti certificati da tali ospedali, danno avvio a un flusso verso il Registro Nazionale delle Malattie Rare presso l’ISS, che rappresenta un modello unico a livello europeo. Anche a livello europeo a partire dal 2003-2004 sono state intraprese molte azioni a favore dell’assistenza per i malati rari, tra cui la Comunicazione al Parlamento europeo, un sistema di monitoraggio sull’attività svolta da diversi Paesi, la richiesta a tutti gli Stati membri di sviluppare Piani Nazionali e quindi politiche sanitarie dedicate a questo tema. L’iniziativa che sicuramente finora è stata più rilevante, oltre alla legislazione di supporto alla registrazione di farmaci orfani, è stata la creazione di reti europee di riferimento per gruppi di malattie rare (ERN).

Ci troviamo attualmente in un momento critico per lo sviluppo di ulteriori iniziative e per la messa a fuoco e il miglioramento di quanto già intrapreso sia a livello europeo che a livello nazionale. A livello europeo 24 ERN sono state formalmente istituite e si apprestano a iniziare nel loro lavoro. L’Italia è molto rappresentata in queste reti con una cinquantina di propri ospedali: tra questi alcuni sono presenti in un numero impressionante di ERN (fino a 18 in un unico ospedale), entrando in un gruppo ristretto di ospedali europei particolarmente votati all’assistenza di questi malati. Questi ospedali hanno caratteristiche peculiari e assumono e, ancor più assumeranno nel prossimo futuro, la responsabilità di implementare azioni e modalità di assistenza del tutto nuove e peculiari, che richiedono un ripensamento profondo dell’organizzazione e della strutturazione ospedaliera tradizionale e l’implementazione di infrastrutture, politiche, risorse e organizzazione specifiche e del tutto nuove. È quindi indispensabile interrogarsi sugli strumenti, i processi e le opzioni da mettere in campo, anche confrontando esperienze e situazioni differenti in alcuni degli ospedali più coinvolti in Italia. A livello nazionale altre condizioni costituiscono nodi di svolta per le politiche sanitarie del nostro Paese in tema di malattie rare. I nuovi LEA, la redazione del secondo Piano Nazionale Malattie Rare, l’attuazione dell’Accordo sulla consulenza e presa in carico a distanza per gli ospedali sede dei Centri Malattie Rare, la disposizione di costituire Consorzi di grandi ospedali per i malati rari, sono tutte nuove sfide, che il quadro normativo e amministrativo nazionale pone per rispondere più adeguatamente alle necessità di presa in carico dei malati rari e contemporaneamente alle istanze di innovazione del Sistema Sanitario. Anche il tema dell’implementazione omogenea delle politiche e delle azioni in tutto il territorio nazionale richiede una particolare declinazione rispetto alle politiche per i malati rari. Un esempio recente è l’iniziativa legislativa che porta a considerare lo screening neonatale esteso per i disturbi congeniti del metabolismo come un diritto di tutti i nati in Italia e richiede quindi l’omogeneizzazione delle prassi attualmente in vigore nelle differenti parti del nostro Paese. Analogamente un più omogeneo accesso ai trattamenti e alle nuove opportunità diagnostiche si presenta come un problema di equità, che dev’essere affrontato sia con disposizioni legislative e aggiornati livelli essenziali di assistenza, sia usando infrastrutture e tecnologia per rendere disponibile al più alto numero di persone e professionisti, la competenza e la conoscenza che spesso si aggregano in pochi ospedali e pochi Centri mediamente molto lontani dal luogo di vita delle persone con malattie rare. Il convegno, organizzato in Regione del Veneto, mira ad analizzare lo stato attuale delle cose e a mettere in evidenza esperienze di avanguardia esistenti in Italia. In particolar modo attraverso la valutazione e il confronto dei tre principali ospedali italiani sede di Centri europei di riferimento quali l’Azienda Ospedaliera di Padova, l’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma e l’Ospedale Niguarda di Milano si vuole evidenziare gli aspetti comuni, le linee di tendenza e di sviluppo prossime e gli elementi essenziali che favoriranno l’implementazione degli strumenti di rete, la condivisione delle conoscenze e lo sviluppo delle competenze sopra descritti.

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Assicurazioni private e fondi sanitari integrativi
Venezia 21 aprile 2017

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La spesa sanitaria intermediata dalle varie forme di sanità integrativa, secondo i dati dell’OCPS, Osservatorio Consumi Privati in Sanità, ammonta in Italia a circa 4,4 miliardi di euro, pari a circa il 13% della spesa sanitaria privata, che è pari complessivamente a circa 33 mld di euro. Tale fenomeno appare in forte crescita, ed interessa già oggi più di 10 milioni di italiani. L’esborso medio pro capite degli italiani per le cure sanitarie private ammonta quindi a circa 580 euro a persona, con punte minime al Sud (230 euro in Campania) e massime a Nord-Est (700 euro in Veneto). Questi dati evidenziano come il nostro Paese non si sia ancora dotato di un adeguato sistema di sanità integrativa che, attraverso un terzo pagatore specializzato (Fondi Sanitari e/o Compagnie Assicurative), sia in grado di ridurre l’impatto economico, delle cure sanitarie acquistate privatamente, sui redditi della popolazione.

È fondamentale, quindi, mettere a punto una nuova strategia per la sanità italiana che, attraverso un rilancio di una alleanza pubblico – privato promuova lo sviluppo di un Secondo Pilastro di finanziamento dei servizi sanitari, aperto a tutti i cittadini.

Attraverso un’intermediazione più accentuata di una quota rilevante della spesa sanitaria privata attualmente già sostenuta dagli italiani, potrebbero essere recuperate per il sistema sanitario delle preziose risorse aggiuntive che potrebbero essere impiegate nel campo dell’innovazione scientifica, dell’accessibilità alle cure e della prevenzione, qualora Fondi sanitari e Assicurazioni trovassero nei servizi pubblici una risposta tempestiva e qualificata alle richieste dei loro assistiti.

Su questa linea, la Regione Veneto, attraverso l’approvazione dello schema di Accordo quadro con i Fondi sanitari integrativi di natura contrattuale e le Casse di assistenza, e dei relativi schemi di convenzione tra aziende sanitarie ed enti privati, formula una prima ipotesi di modello innovativo di compartecipazione e ottimizzazione delle prestazioni sanitarie (ai sensi dell’articolo 16 della L.R. 29.6.2012, n. 23).

A questo potrà seguire lo sviluppo di forme integrative regionali di assistenza sanitaria e socio-sanitaria, in particolare per la non autosufficienza, coinvolgendo le parti sociali, i soggetti e le organizzazioni finanziarie e assicurative e altri enti e istituzioni, nell’interesse della popolazione e assicurando il coordinamento e l’unitarietà della politica sanitaria del Veneto.

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Nuovi approcci all’antibiotico-terapia:
Padova 20 aprile 2017

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RAZIONALE SCIENTIFICO

La Food and Drug Administration (FDA) definisce l’ABSSSI come un’infezione acuta batterica della cute e dei tessuti molli con un’area di lesione di almeno 75 cm 2. Rientrano nella categoria di ABSSSI:

• Cellulite/erisipela: un’infezione cutanea diffusa che presenta aree di arrossamento, edema, e/o indurimento.
• Ferita infetta: un’infezione caratterizzata da una ferita con secrezione purulenta, arrossamento circostante, edema, e/o indurimento.
• Grande ascesso cutaneo: un’infezione caratterizzata da una raccolta di pus all’interno del derma od ancora più in profondità, accompagnata da arrossamento, edema e/o indurimento.

I batteri che più comunemente causano ABSSSI sono: Streptococcus pyogenes e Staphylococcus aureus, incluse le forme resistenti alla meticillina (MRSA); altri batteri identificati, ma meno frequenti, sono le altre specie di Streptococcus, l’Enterococcus faecalis ed i batteri Gram-.
Nel 2007 Monina Klevens dei Centers for Disease Control and Prevention ha riferito che negli Stati Uniti lo stafilococco MRSA provoca in media 19.000 vittime all’anno: più dell’AIDS. Il dato è allarmante, perché quasi il 20% delle persone con infezioni invasive di questo batterio muore. Un tempo il problema era circoscritto a ospedali e case di riposo, dove molti pazienti risultavano molto più vulnerabili a causa di un sistema immunitario compromesso, adesso invece il trattamento delle infezioni gravi da Gram+ risulta ancora più per lo sviluppo di ceppi batterici antibiotico-resistenti come: Staphylococcus aureus meticillino-resistenti (MRSA), Enterococchi vancomicino-resistenti (VRE), i più recenti MRSA vancomicino-intermedi (VISA) e vancomicino-resistenti (VRSA).
Confrontarsi con questo tipo di infezioni non può limitarsi soltanto a trovare il trattamento più adatto per ciascun paziente ma, comporta anche la definizione di strategie che ottimizzino il percorso diagnostico terapeutico dei pazienti e l’uso delle risorse, per esempio cercando di limitare la degenza in ospedale.
Secondo il National Hospital Ambulatory Medical Care Survey il numero delle visite per infezioni della cute si è triplicato dalla fine degli anni ’90 fino al 2005 e continua a crescere in maniera allarmante, i dati pubblicati nel 2009 mostrano che le ABSSSI sono state responsabili di 870,000 ospedalizzazioni negli Stati Uniti nel 2004. Un paziente che si infetta durante un ricovero rimane in ospedale in media per altri 10 giorni con un costo ulteriore di 30.000 dollari; la spesa complessiva che gli ospedali statunitensi sostengono per curare le infezioni da MRSA è molto rilevante. Secondo un sondaggio effettuato da ePocrates (market research, May 2009, 150 physicians) l’86% dei medici intervistati credono che più del 10% dei pazienti con ABSSSI attualmente ricoverati in ospedale, potrebbero essere trattati in ambulatorio. Ridurre le ospedalizzazioni è una strategia sicuramente vincente, non solo dal punto di vista economico, ma soprattutto clinico, in quanto porterebbe una diminuzione di condizioni acquisite in ospedale (HACs). Una HAC è una situazione indesiderabile che colpisce un paziente, sorta durante un ricovero ospedaliero o in una struttura medica. Non solo le infezioni nosocomiali, ma anche qualsiasi altra complicanza, come ulcera da pressione, embolo, trasfusione con gruppo sanguigno errato o danni iatrogeni possono essere considerate (HACs). Negli Stati Uniti gli ospedali ricevono delle sanzioni economiche in base al numero di riospedalizzazioni o HAC che un paziente subisce.

Diventa quindi fondamentale poter utilizzare antibiotici che possano garantire:

• diminuzione della permanenza in ospedale,
• potenziale elusione del ricovero,
• nessun monitoraggio della terapia,
• meno cateterizzazione,
• riduzione delle prestazioni accessorie,
• riduzione dell’assistenza infermieristica,
• riduzione della frequenza di preparazione dei farmaci,
• ridotto spreco di farmaci,
• miglior compliance e soddisfazione del paziente.

Per questi motivi uno degli obiettivi che ci si può prefiggere nella gestione delle ABSSSI è quello di poter ridurre i costi sanitari, aumentando la compliance dei pazienti sia attraverso la riduzione delle giornate di degenza, sia attraverso il trasferimento dei pazienti dal regime di ricovero all’ambulatorio.

L’incontro vuole quindi essere un momento di confronto multidisciplinare che tenga conto non solo della componente clinica e del miglioramento della qualità di vita e di cura, ma anche di quella sociale ed economica.
Ci si occuperà di analizzare l’impatto economico delle ABSSSI nella rete ospedaliera che verrà presa in esame, quali considerazioni di carattere economico sono ritenute prioritarie nella scelta dell’antibioticoterapia sia valutata per quanto riguarda le infezioni in genere sia nelle ABSSSI in particolare. Analizzeremo il macro-tema del market access per condividere quali siano esattamente le tempistiche di accesso ai farmaci e quali valutazioni di tipo
economico sono funzionali per sostanziare la sostenibilità delle nuove tecnologie sanitarie.

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Rapporto regionale su infezioni correlate all’assistenza
Genova 7 aprile 2017

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Le infezioni correlate all’assistenza (ICA) ed il fenomeno della resistenza agli antimicrobici sono tematiche che destano preoccupazione in tutto il mondo, considerate dall’ECDC (Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie) un vero e proprio pericolo per la salute pubblica, che necessita quindi di specifici interventi. Sebbene il tasso di prevalenza di ICA misurato nel nostro Paese sia in linea con la media europea, l’Italia è uno degli Stati membri che maggiormente si distingue per la circolazione di microrganismi multiresistenti; questo è probabilmente dovuto sia all’incontrollato uso di antibiotici, sia all’incompleta applicazione di misure efficaci per interrompere la trasmissione di infezioni.

In Liguria si sono compiuti molti sforzi in questi ultimi anni per attuare strategie di prevenzione nelle strutture sanitarie liguri, ma molto lavoro resta ancora da fare sebbene i risultati delle sorveglianze regionali e dell’indagine di prevalenza effettuata nel corso del 2016 conducano ad un moderato ottimismo. Ciò richiede l’impiego di misure di sorveglianza efficaci per contenere i focolai, da realizzarsi attraverso la piena comprensione dei tipi di infezione e delle popolazioni di pazienti che ne sono colpite. Inoltre, l’elevato consumo di antibiotici conferma l’urgente necessità di politiche regionali mirate ad un loro uso più razionale, non solo da parte del personale sanitario che li prescrive, ma responsabilizzando anche il singolo cittadino sull’opportunità di preservare la disponibilità di farmaci efficaci.

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La gestione del dato sanitario
Sicurezza e cloud nell’era dei big data
Milano 29 marzo 2017

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La digital transformation in Sanità passa anche attraverso una profonda rivisitazione del ruolo del dato sanitario: la centralità del “documento” cede il posto ad un modello imperniato sulla centralità del dato clinico e sulla capacità di “assemblare” la storia clinica di ciascun singolo paziente, oltre che di aggregare dati e storie cliniche di pazienti differenti in maniera tale da fornire agli operatori sanitari un set di strumenti utili nell’esercizio quotidiano della professione.

Le tecnologie come IoT e Mobile applicate all’ambito sanitario consentono da un lato un monitoraggio continuo da parte delle strutture saniatarie, dall’altro una inclusione sempre piu stringente e consapevole dei pazienti nei percorsi di cura, permettendo di estendere la capacità  di analisi al ciclo completo di informazioni prodotte dai “percorsi diagnostici terapeutici” che si estendono  all’ambito territoriale e domiciliare.

L’inclusione nel processo di Governance sanitaria di queste nuove fonti informative, tramite adeguate infrastrutture e soluzioni analitiche, è garanzia di un cambio di passo da parte delle organizzazioni  in termini di un maggiore controllo sulla conformità della spesa sanitaria. Abilita inoltre un monitoraggio dettagliato sulla efficacia delle cure, non solo in termini quantitativi, ma anche qualitativi per andare a supportare la pianificazione di azioni e campagne sanitarie mirate.

Quella che si prospetta per la sanità è una vera e propria “data revolution”, che si porta appresso una serie di risvolti e problemi non banali a livello di governance dell’infrastruttura IT di ospedali, aziende sanitarie, interi sistemi regionali e centrali. Governo sostenibile di un’infrastruttura destinata a crescere in misura esponenziale, con le relative conseguenze anche in termini di sicurezza e tutela del dato sensibile.

Un contesto reso ancora più articolato e complesso in funzione del fenomeno “Big Data”: quantità sempre più crescenti di dati più o meno strutturati da assemblare e analizzare in tempo quasi reale con l’obiettivo di disporre di strumenti per il supporto decisionale, i controlli di appropriatezza, la predisposizione di scenari.

Questa “data revolution” trova il suo migliore alleato nel Cloud: pubblico, privato od ibrido che sia.
Dalla voce dei protagonisti, una mezza giornata di confronto utile a costruirsi una vision complessiva sulle opportunità fornite dal cloud computing e dai Big Data.

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