Giovani e salute, buone le relazioni sociali ma difettano nei comportamenti ‘salutari’

Giovani e salute, buone le relazioni sociali ma difettano nei comportamenti ‘salutari’

di Redazione

Roma. 8 Ottobre 2019 – Una fotografia dei comportamenti degli adolescenti italiani scattata dall’Istituto superiore di sanità (ISS) mostra che hanno un’alta percezione della loro qualità di vita, anche se le loro abitudini non sono poi così corrette. Dal 20 al 30 per cento degli studenti tra 11 e 15 anni, infatti, non fa la prima colazione nei giorni di scuola, solo un terzo dei ragazzi consuma frutta e verdura almeno una volta al giorno e meno del 10 per cento svolge almeno un’ora quotidiana di attività motoria, come raccomandato dall’Oms, mentre un quarto di loro supera le due ore al giorno (il massimo raccomandato) davanti ad uno schermo. La fotografia a tutto tondo dei comportamenti degli adolescenti è stata scattata dalla rilevazione 2018 del Sistema di Sorveglianza HBSC Italia (Health Behaviour in School-aged Children – Comportamenti collegati alla salute dei ragazzi in età scolare), promosso dal Ministero della Salute/CCM (Centro per il Controllo e la prevenzione delle Malattie), coordinato dall’Istituto Superiore di Sanità insieme alle Università di Torino, Padova e Siena e svolto in collaborazione con il Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca, le Regioni e le Aziende Sanitarie Locali.

L’indagine mostra oltretutto che aumentano i fenomeni estremi quali il binge drinking e la preferenza, soprattutto tra le ragazze, di trascorrere tempo online con gli amici piuttosto che incontrarsi. Di contro, l’Italia risulta essere tra i paesi meno interessati dal fenomeno del bullismo. Gli studenti, per di più, si sentono supportati da amici e compagni di classe e hanno un buon rapporto con gli insegnanti. Ma vediamo nel dettaglio alcuni dei risultati dell’indagine.

Alimentazione e stato ponderale. Sulla base di quanto auto-dichiarato da 58.976 ragazzi i dati 2018 evidenziano che il 16,6 per cento dei ragazzi 11-15 anni è in sovrappeso e il 3,2 per cento obeso; l’eccesso ponderale diminuisce lievemente con l’età, è maggiore nei maschi e nelle Regioni del Sud. Rispetto alla precedente rilevazione effettuata nel 2014 tali valori sono tendenzialmente stabili. Tra i comportamenti alimentari scorretti, l’HBSC ha evidenziato nel 2018 l’abitudine frequente a non consumare la colazione nei giorni di scuola, con prevalenze che vanno dal 20,7 per cento a 11 anni, al 26,4 per cento a 13 anni e al 30,6 per cento a 15 anni; tale percentuale è maggiore nelle ragazze in tutte le fasce d’età considerate. Questa abitudine, rispetto al 2014, ha subìto un lieve peggioramento. Solo un terzo dei ragazzi consuma frutta e verdura almeno una volta al giorno (lontano dalle raccomandazioni) con valori migliori nelle ragazze. Rispetto al 2014 aumenta il consumo, almeno una volta al giorno, di verdura ma diminuisce quello di frutta in tutte le fasce d’età e per entrambi i generi. Pane, pasta e riso sono gli alimenti più consumati in assoluto (1 ragazzo su 2). Le bibite zuccherate/gassate sono consumate maggiormente dagli undicenni e dai maschi (le consumano almeno una volta al giorno: il 14,3 per cento degli undicenni; il 13,7 per cento dei tredicenni; il 12,6 per cento dei quindicenni). Il trend è però in discesa, già dal 2014, per tutte le fasce d’età e senza differenza di genere.

Attività fisica e sedentarietà. L’OMS raccomanda almeno 60 minuti di attività motoria moderata-intensa tutti i giorni per i giovani (5-17 anni) includendo il gioco, lo sport, i trasporti, la ricreazione e l’educazione fisica praticate nel contesto delle attività familiari, di scuola e comunità. Nel 2018, la frequenza raccomandata di attività motoria moderata-intensa quotidiana è rispettata dal solo 9,5 per cento dei ragazzi 11-15 anni, diminuisce con l’età (11 anni: 11,9 per cento; 13 anni: 6,5 per cento; 15 anni: 6,8 per cento) ed è maggiore nei maschi; tale comportamento risulta in diminuzione rispetto al 2014. Le linee guida internazionali raccomandano di non superare due ore al giorno in attività dedicate a guardare uno schermo (videogiochi/computer/internet). Dai dati 2018 si evince che circa un quarto dei ragazzi supera questo limite, con un andamento simile per entrambi i generi e valori in aumento dopo gli 11 anni. Rispetto al 2014 non si riscontra un cambiamento sostanziale.

Fumo, alcol, cannabis e gioco d’azzardo. La quota totale (11-15 anni) dei non fumatori negli ultimi 30 giorni si mantiene stabile: 89 per cento nel 2018 rispetto al 88 per cento del 2014. Le 15enni italiane fumano di più rispetto ai coetanei maschi; infatti il 32 per cento delle ragazze rispetto al 25 per cento dei ragazzi ha fumato almeno un giorno nell’ultimo mese. Il 16 per cento dei 15enni italiani (e il 12 per cento delle 15enni) ha fatto uso di cannabis nel corso degli ultimi 30 giorni. Aumentano i fenomeni estremi legati al consumo di alcolici tra i giovani. Nel 2018, il 43 per cento dei 15enni (38 per cento nel 2014) e il 37 per cento delle 15enni (30 per cento nel 2014) ha fatto ricorso al binge drinking (assunzione di 5 o più bicchieri di bevande alcoliche, in un’unica occasione) negli ultimi 12 mesi. Più di 4 studenti su 10 hanno avuto qualche esperienza di gioco d’azzardo nella vita, con i ragazzi 15enni che risultano esserne coinvolti maggiormente (62 per cento) rispetto alle coetanee (23 per cento). La quota di studenti a rischio di sviluppare una condotta problematica o che possono già essere definiti problematici (presentano almeno due sintomi del disturbo da gioco d’azzardo come per esempio aver rubato soldi per scommettere) è pari al 16 per cento, con un +10 per cento rispetto al 2014.

Il rapporto tra pari, il contesto scolastico, il bullismo e il cyberbullismo. L’HBSC indaga anche alcuni aspetti del contesto di vita familiare e scolastico, come ad esempio il rapporto con i genitori, con i compagni di classe, gli insegnanti, i pari, il bullismo e il cyberbullismo. Nel 2018 più del 70 per cento dei ragazzi (11-15 anni) parla molto facilmente con i genitori; più dell’80 per cento dichiara di avere amici con cui condividere gioie e dispiaceri e più del 70 per cento di poter parlare con loro dei propri problemi. Infine, oltre il 60% dei ragazzi ritiene i propri compagni di classe gentili e disponibili. Un ragazzo su 2 dichiara che gli insegnanti sono interessati a loro come persone e il 62,4 per cento dei ragazzi dichiara di avere fiducia negli insegnanti. Il bullismo continua a vedere l’Italia tra i paesi meno interessati dal fenomeno rispetto al complesso di quelli coinvolti nella rilevazione. Gli atti di bullismo subìti a scuola nel corso degli ultimi due mesi decrescono con l’età: coloro che dichiarano di essere stati vittima di bullismo almeno una volta negli ultimi 2 mesi sono il 16,9 per cento degli undicenni (erano il 23 per cento nel 2014), il 13,7 per cento dei tredicenni e l’8,9 per cento dei quindicenni. Rispetto al 2014 tale fenomeno è quindi complessivamente in riduzione. La percentuale di coloro che dichiarano di aver subìto azioni di cyberbullismo negli ultimi due mesi diminuisce con l’età (11 anni: 10,1 per cento; 13 anni: 8,5 per cento e 15 anni: 7 per cento).

L’uso problematico dei social media. La diffusione e l’uso dei social media, soprattutto tra i più giovani, richiede un’attenzione particolare; per tale motivo nei questionari HBSC 2018 è stata introdotta un’intera sezione su questo fenomeno. I risultati mostrano che i giovani che fanno uso problematico dei social media sono l’11,8 per cento delle ragazze e il 7,8 per cento dei ragazzi. La preferenza per le interazioni sociali online rispetto agli incontri faccia a faccia è frequentemente considerato un comportamento che contribuisce al rischio di sviluppare un uso problematico dei social media. Infatti, soprattutto le ragazze di 13 anni (19 per cento) dichiarano di essere d’accordo o molto d’accordo nel preferire le interazioni online per parlare dei propri sentimenti. La maggioranza delle ragazze (86,9 per cento) e dei ragazzi (77 per cento) ha dichiarato di avere contatti giornalmente o più volte al giorno con la cerchia di amici stretti che frequentano anche faccia a faccia.

Le abitudini sessuali. Il 21,8 per cento dei 15enni (26,2 per cento maschi vs 17,6 per cento femmine) dichiara di aver avuto rapporti sessuali completi. Il tipo di contraccettivo prevalentemente utilizzato è il preservativo (70,9 per cento dei maschi e il 66,3 per cento delle femmine), seguito dal coito interrotto (37 per cento maschi vs 54,5 per cento femmine), dalla pillola (11,1 per cento maschi vs 11,5 per cento femmine) e poco meno del 6,5 per cento riferisce l’uso di metodi naturali.

Cibo e salute, italiani sempre più attenti “E l’obesità si previene in pausa-pranzo”

Cibo e salute, italiani sempre più attenti E l’obesità si previene in pausa-pranzo”

di Redazione

Torino. 8 Ottobre 2019 – Osservare un regime alimentare legato alla dieta mediterranea aiuta a tenere alla larga sovrappeso e obesità. Gli italiani ne sono sempre più consapevoli, tanto che il 55 per cento sostiene di conoscerla in maniera dettagliata e di seguirne i principi. Ma la vera novità arriva dalle rinnovate abitudini legate alla pausa pranzo: secondo una ricerca dell’Istituto Ixè in collaborazione con il Gruppo Elior, leader in Italia nella ristorazione collettiva, che ha intervistato, per la prima volta, i responsabili di 10 milioni di pasti all’anno, l’85 per cento dei clienti dei ristoranti aziendali ritiene che sposare la dieta mediterranea in pausa pranzo abbia effetti benefici sulla salute; in particolare il 35% ritiene che la stessa dieta possa combattere una malattia come l’obesità. Salute e benessere dell’organismo sono due temi che sempre più italiani hanno a cuore e pretendono soprattutto dalla ristorazione collettiva: il 53 per cento infatti ritiene che la dieta mediterranea abbia effetti positivi sul sistema cardiocircolatorio e cardiovascolare, il 46 per cento sulla longevità, il 37 per cento sulla capacità di controllo del peso e il 31 per cento sulla riduzione dell’incidenza di tumori.

Per questo la ristorazione collettiva pone l’attenzione su uno degli elementi cardine della stessa dieta, ovvero la varietà dei menù, apprezzata dai clienti e grazie alla quale è possibile rilevare un consistente aumento dei consumi di prodotti più sani e leggeri: cresce infatti la richiesta di cereali, legumi e pesce, il 79 per cento degli chef Elior rileva la crescita dei primi due e il 62 per cento per il terzo, mentre cala, a detta del 35 per cento degli chef la carne e per l’82 per cento il burro. Tra gli elementi garanti della salubrità di una pietanza rientrano pienamente le materie prime 100 per cento italiane, di cui si fida il 69 per cento degli italiani, spesso coniugate alla territorialità e alla stagionalità (L’85 per cento degli chef intervistati offre infatti pietanze con ingredienti di stagione e avvalorati dall’80 per cento dei clienti). Dall’analisi degli Chef Ambassador Elior si scopre anche che i consumatori del Bel Paese sono sempre più consapevoli dell’importanza per esempio dell’olio extravergine d’oliva: l’82 per cento, infatti, presta grande attenzione al tipo di olio da utilizzare per condire gli alimenti.

A tutti piace mangiare cose buone, ma sempre più italiani hanno capito che la salute passa per il piatto – afferma Margherita Sartorio Co Founder e CEO Istituto Ixè – Al ristorante, occasionalmente, si può derogare da questa regola, ma nella ristorazione collettiva, così come a casa, la salubrità della cucina è importante e allo stesso tempo assume una notevole importanza anche la leggerezza del piatto. L’importanza della qualità delle materie prime è ormai riconosciuta, ma è fondamentale un altro ingrediente del pasto: il clima che si respira nel locale, l’ambiente, l’accoglienza e la qualità del servizio”. Per promuovere la dieta mediterranea, la ristorazione organizzata – lo sostiene il 68 per cento dei cuochi Elior – deve impegnarsi in prima linea per diffondere l’educazione alimentare all’interno di ogni tipo di struttura, di lavoro, scolastica o sanitaria, abbinata a una continua diversificazione dei menù optando maggiormente per prodotti di origine vegetale.

Oggi non è più possibile pensare di modificare le abitudini alimentari solo attraverso un trattamento individuale, ma è necessario attivare azioni di comunità per migliorare l’alimentazione. Per questo la dieta mediterranea si propone come uno strumento efficace per la prevenzione e la gestione di numerose malattie – sottolinea Maria Luisa Amerio, specialista in Scienza dell’Alimentazione e collaboratrice dell’Università di Scienza Gastronomiche di Pollenzo – Una scelta necessaria che porterà benefici sia legati al benessere del singolo, prevenendo alcune patologie croniche come diabete, ipertensione e malattie cardiovascolari, sia alla collettività, con una maggiore sostenibilità della spesa sanitaria”. Per Elior promuovere i piatti della dieta mediterranea all’interno della ristorazione collettiva rappresenta una scelta responsabile e una partecipazione attiva alla diffusione della cultura del buon cibo e della sana alimentazione. “La dieta mediterranea è un caposaldo dell’alimentazione italiana, è richiesta e amata dai nostri consumatori e si conferma alla base della nostra politica nutrizionale – spiega Rosario Ambrosino Amministratore Delegato di Elior – I nostri menù sono realizzati sugli standard della dieta mediterranea, rispettando la tradizione ma in modo innovativo; in più sono legati al territorio, mantenendo inalterata la qualità delle materie prime e garantendo salubrità e leggerezza. Tutto questo è ciò che promuove la nuova ristorazione collettiva, una responsabilità che sentiamo profondamente nostra”.

Stop al super-ticket in Emilia Romagna:”siamo gli unici in Italia ad averlo fatto”

Stop al super-ticket in Emilia Romagna:siamo gli unici in Italia ad averlo fatto”

di Redazione

Bologna. 8 Ottobre 2019 – Ogni Regione deve domandarsi se sta facendo a sufficienza il proprio mestiere per evitare sprechi e per efficientare le proprie capacità. Per quanto ci riguarda crediamo di averlo fatto sul serio. Con la centrale unica degli acquisti per beni e servizi nelle nostre 14 aziende sanitarie abbiamo risparmiato 680 milioni di euro negli ultimi quattro anni. Questi risparmi ci hanno permesso di avere le risorse per essere gli unici in Italia ad aver eliminato i superticket per le famiglie dell’Emilia-Romagna con un reddito fino a 100 euro, ma soprattutto abbiamo assunto oltre 10 mila professionisti negli ultimi 3 anni, tutti con contratti a tempo indeterminato”. Lo ha dichiarato il presidente della Regione Emilia-Romagna Stefano Bonaccini a margine del 121° Congresso Nazionale della Società Italiana di Chirurgia (Sic) a Bologna.

Di fronte al presidente della Sic Paolo De Paolis e i presidenti del Congresso Elio Giovine e Franceso Minni, Bonaccini ha toccato anche lo spinoso tema dei giovani in chirurgia: “C’è la necessità di garantire l’immissione di forze fresche laddove la chirurgia chiede di avere dei professionisti di qualità. Come Regioni abbiamo presentato una proposta al Governo italiano per incrementare il numero di professionisti nel comparto sanità. I vari governi che si sono succeduti nel corso degli anni hanno colpevolmente trascurato il fatto che, impedendo di assumere per un decennio, hanno di fatto quasi bruciato un’intera generazione. Abbiamo bisogno di evitare che le migliaia di pensionamenti rischino di lasciare vacanti posti di lavoro indispensabili per garantire la qualità del Ssn”. Sulle preoccupazioni relative all’innovazione tecnologica Bonaccini precisa: “Non bisogna aver paura delle nuove tecnologie, bisogna saperle accompagnare con politiche che ad ogni posto di lavoro che si perderà ne garantiscano qualcuno in più. L’obiettivo è la piena occupazione”.

Dopo 15 città in 30 giorni #AdessoBasta arriva in Sardegna al congresso FIMMG

Dopo 15 città in 30 giorni #AdessoBasta arriva in Sardegna al congresso FIMMG

di Redazione

Cagliari. 5 Ottobre 2019 – “Termina alla fine del nostro Congresso Nazionale, la prima fase del Tour #AdessoBasta, con l’ennesima dimostrazione di quanto la figura del medico di famiglia, sia importante, meglio determinante, per la salute dei nostri assistiti. La loro partecipazione nelle piazze ci ha fatto toccare con mano quanto si sia creato un rapporto di fiducia indissolubile tra medico e paziente. La popolazione italiana vuole sia garantita una continuità di cura: per questo è indispensabile sviluppare e migliorare l’organizzazione dell’assistenza sul territorio. Perché ciò avvenga è però necessario che chi governa investa nella medicina di famiglia con azioni nello specifico, non basta il cambiamento del nostro contratto di lavoro ci vogliono interventi sulla finanziaria che usino finanziandola fuori dal FSN la capacità di sviluppo di una medicina di famiglia che possa investire su se stessa considerando il singolo medico come un impresa a esclusivo interesse pubblico e sociale, liberando capacità professionali di assistenza di prossimità grazie a personale e innovazione tecnologica che permettano di poter gestire al meglio le esigenze della nostra gente”, queste le parole del Segretario nazionale FIMMG, Silvestro Scotti. “Proprio per questo con il Tour abbiamo voluto toccare i Comuni più piccoli perché è qui che si amplifica la percezione del bisogno di un’offerta negli studi di nuove tecnologie, come di figure di supporto come collaboratore di studio, l’infermiere o l’assistente sociale. La percezione che in comunità piccole quasi elementari si possano sviluppare migliori modelli di offerta assistenziale è la base perché questi modelli possano essere considerati anche come base per soluzioni anche di aree più complesse sul piano urbanistico, perché in fondo che cosa è una metropoli o una città se non un insieme di comunità di quartiere o addirittura di condomini. Sarebbe fondamentale poter eseguire nei nostri studi, gli esami di diagnostica di I livello come l’elettrocardiogramma o la spirometria o un holter cardiaco o pressorio e ottenere anche pareri o consulenze di second opinion specialistica attraverso la telemedicina. Questo aumento della capacità diagnostica del primo livello di cura anche con processi di integrazione telematica con gli specialisti non può però bloccare il medico alla fase diagnostica rispetto al diritto professionale di offrire la migliore terapia al proprio paziente, quindi ‘adesso basta’ a farmaci, ormai più che consolidati altro che innovativi, bloccati dal piano terapeutico specialistico che costringe i pazienti a rivolgersi ad un secondo livello più burocratico amministrativo che assistenziale che umilia professionalmente sia noi che gli stessi specialisti, aumentando liste d’attesa e ineguaglianza nell’accesso alle cure. Il Tour #AdessoBasta nei prossimi mesi continuerà il suo percorso nel Centro e nel Sud con altre numerose piazze italiane, di fatto accompagnando con il nostro rumor di fondo le scelte della politica nazionale su Patto per la Salute e sulla Legge Finanziaria”, conclude Scotti.

Rifiuti a Roma, allarme di medici e presidi: “Si rischia una vera emergenza sanitaria”

Rifiuti a Roma, allarme di medici e presidi: “Si rischia una vera emergenza sanitaria”

di Redazione

Roma. 5 Ottobre 2019 – Bisogna trovare una soluzione al più presto per il problema dei rifiuti di Roma, altrimenti “si rischia l’emergenza sanitaria”. E’ l’allarme lanciato dall’Ordine dei Medici di Roma e provincia, in una nota. “Il caos in cui versa l’Ama con le ennesime dimissioni dell’ennesimo Cda e la nomina di un nuovo responsabile preoccupa l’Ordine dei medici di Roma e provincia”, affermano il presidente e il vicepresidente Antonio Magi e Pierluigi Bartoletti. Va evitato che “si creino cumuli di immondizia in ogni strada, nei pressi di scuole, ospedali, luoghi pubblici”. L’Ordine dei medici di Roma e provincia continua “a monitorare costantemente la situazione. La raccolta dei rifiuti nella Capitale d’Italia – proseguono il presidente e il vicepresidente Antonio Magi e Pierluigi Bartoletti – si regge, e male, su un fragilissimo equilibrio basato principalmente sulla buona volontà delle Regioni vicine ad accogliere, seppur a caro prezzo, i nostri residui. Non c’è spazio dunque per improvvisi blackout del ciclo di raccolta e smaltimento. Come Ordine dei Medici – proseguono – abbiamo e sentiamo il dovere di rivolgere un appello a tutti i soggetti che ne hanno la responsabilità affinché si siedano intorno a un tavolo e trovino una soluzione in breve tempo. L’Ordine è disponibile a fare la sua parte e incontrare i vertici dell’Ama. Occorre evitare che in breve tempo si creino nella Capitale d’Italia cumuli di immondizia in ogni strada, nei pressi di scuole, ospedali, luoghi pubblici e che un simile degrado diventi attrattivo per gli animali. Non c’è tempo da perdere” concludono Magi e Bartoletti. Allarme anche dei presidi: “Come segnalato da molti presidi di Istituti comprensivi e scuole superiori romane, sia in zone centrali della città sia in periferia la situazione dei rifiuti abbandonati presso gli edifici scolastici o all’interno dei cortili sta aggravandosi di giorno in giorno”, così in una nota l’Associazione nazionale presidi di Roma. “Qualora non venga preso in attenta considerazione organizzativa l’appello dei medici e delle scuole chiediamo che ogni Asl di zona si attivi per verificare lo stato igienico-ambientale ed eventualmente proceda alla richiesta di chiusura degli istituti”.

Malattia renale nelle persone con diabete: documento congiunto nefrologi-diabetologi

Malattia renale nelle persone con diabete: documento congiunto nefrologi-diabetologi

In occasione del primo convegno nazionale della Società Italiana di Nefrologia (SIN) e Società Italiana di Diabetologia (SID), “Presente e Futuro dell’Approccio Integrato Nefro-Diabetologico alla Malattia Renale Diabetica (MRD)”, realizzato nell’ambito del 60° Congresso Nazionale della Società Italiana di Nefrologia (SIN), in corso in questi giorni a Rimini è stato presentato il paper “Storia naturale della malattia renale nei soggetti con diabete e sul trattamento dell’iperglicemia nei soggetti con diabete di tipo 2 e insufficienza”. Il documento messo a punto dal gruppo di lavoro intrasocietario SIN/SID è stato pubblicato in parallelo in lingua inglese sulle due riviste scientifiche internazionali Journal of Nephrology (IF 3.698) e Nutrition Metabolism & Cardiovascular Disease (IF 3.340). “Il documento appena pubblicato sulle riviste delle due Società Scientifiche – dichiara Giuliano Brunori, Presidente della Società Italiana di Nefrologia – è un segno concreto dell’alleanza tra nefrologie e diabetologi, che, come richiesto dal decreto Gelli, si sono poste come traguardo quello di arrivare entro il 2020 alla definizione di linee guida scientifiche condivise. Il documento presentato in questi giorni ha il merito di focalizzare l’attenzione sulla Malattia Renale Diabetica, una patologia, che rappresenta a tutti gli effetti la principale comorbidità del diabete, e che incide in modo importante sul numero di totale di persone in dialisi in Italia”.

I numeri del problema MRD. Circa il 40% dei pazienti con diabete sviluppa malattia renale diabetica (cioè un danno renale di varia entità). Considerando dunque che la prevalenza del diabete in Italia, nella popolazione generale è del 6,2%, la malattia renale diabetica è una condizione che interessa circa 1 milione e mezzo di italiani. Il diabete rappresenta la prima causa di insufficienza renale nel mondo ed è responsabile del 25-40% dei casi di dialisi. La nefropatia diabetica conferisce inoltre un rischio cardiovascolare elevatissimo.

La Malattia Renale Diabetica è un tema di grande attualità sia per il suo impatto sociale, sia per il peso economico che rappresenta per il Servizio Sanitario Nazionale – spiega il professore Luca De Nicola, Presidente scientifico del Congresso SIN 2019– Se infatti nelle ultime due decadi, le complicanze del diabete come l’infarto o ictus hanno registrato un decremento, l’insufficienza renale dialitica non è affatto diminuita. In questo scenario impattante però la disponibilità di nuove efficaci armi terapeutiche, costituite dai farmaci inibitori SGLT-2 che, oltre ad abbassare la glicemia, possono arrivare a ridurre del 30 per cento la progressione verso la dialisi e diminuire il rischio cardiovascolare in pazienti che hanno già un’insufficienza renale, ha posto le premesse per uno sforzo congiunto di nefrologi e diabetologi, con l’obiettivo finale di arrivare insieme ad una migliore gestione della malattia renale diabetica”.

Il trattamento del paziente diabetico nefropatico rappresenta una sfida impegnativa per il diabetologo e il nefrologo – spiega Il professor Giuseppe Pugliese, cSID del Gruppo di lavoro che ha messo a punto il documento per conto delle due società – Da un lato, è necessario evitare o aggiustare la dose di alcuni farmaci anti-iperglicemici, ma anche di altri farmaci, per una serie di ragioni che dipendono dal ruolo centrale del rene nel metabolismo ed escrezione dei farmaci stessi e anche nell’omeostasi glucidica. Dall’altro lato, è importante adottare tutte le misure atte a proteggere il rene al fine di rallentarne il declino funzionale. Sono questi i motivi che ci hanno portato a sviluppare un documento su quegli aspetti della malattia renale nel diabete che, negli ultimi anni, hanno visto le maggiori novità”.

Quest’iniziativa congiunta delle due società vuole mettere a fuoco le principali questioni aperte relative alla malattia renale nel diabete, che rappresenta una delle più temibili complicanze di questa patologia – afferma il professore Francesco Purrello, presidente SID, che prosegue – In particolare, si vuole fornire ai diabetologi e ai nefrologi una visione aggiornata di tutti gli aspetti di una complicanza che è in continuo mutamento e che a tutt’oggi non siamo ancora in grado di controllare in maniera efficace. Per questo è necessario richiamare gli specialisti coinvolti ad uno sforzo unitario e coerente e fornire loro gli strumenti adeguati affinché ciò si traduca in una migliore gestione della malattia renale nel diabete, nelle sue varie fasi, da quelle iniziali, che sono di competenza prevalente del diabetologo, a quelle più avanzate, che sono di competenza prevalente del nefrologo”.

Progetto ICARETE: Le Regioni a confronto sull’emergenza neo-infezioni in ospedale

Progetto ICARETE: Le Regioni a confronto sull’emergenza neo-infezioni in ospedale

 

di Redazione

Udine. 1 Ottobre 2019 – In Italia si stimano circa 10 mila casi di decessi all’anno per infezioni resistenti ai comuni antibiotici, pari al doppio delle morti legate agli incidenti stradali. Per far fronte a questo scenario preoccupante, nel 2017 il Ministero della Salute ha pubblicato il Piano Nazionale di Contrasto dell’Antimicrobico-Resistenza (PNCAR) 2017-20, fissando il percorso che le istituzioni nazionali, regionali e locali, devono compiere per un miglior controllo delle infezioni. Esiste, però, una notevole variabilità tra regioni nelle modalità di attuazione dei programmi di sorveglianza e controllo di questo fenomeno. Vista l’emergenza e con l’obiettivo di fare il punto su ciò che è stato fatto e ciò che c’è ancora da fare a livello regionale, creando una rete di comunicazione sulle infezioni correlate all’assistenza, nasce ICARETE. Progetto, che si compone di 12 incontri regionali, realizzato con il contributo non condizionante di MENARINI, che vede confrontarsi le istituzioni e i massimi esperti del settore. Il Progetto parte dal Friuli-Venezia Giulia una delle Regioni più virtuose nel sistema di controllo delle infezioni.

Partiamo da un dato, impressionante nella sua portata: tra il 15 e il 30% delle in infezioni del sito chirurgico che si manifestano a livello europeo si potrebbero prevenire. Mettendo a confronto questi dati con quelli della mortalità stradale, si scopre che i decessi causati da infezioni ospedaliere sono maggiormente impattanti rispetto ai primi”, queste le parole di Riccardo Riccardi, vicepresidente e assessore alla Salute, Politiche Sociali e Disabilità, Delegato alla Protezione Civile, Regione Autonoma Friuli-Venezia Giulia. “La soluzione? Sta nella prevenzione, nell’applicazione dei rigidi protocolli di prevenzione che sono conosciuti da chi opera in sanità. O meglio, la soluzione sta nella condivisione di un contesto culturale che deve essere fatto proprio da chi opera nel sistema salute, facendolo diventare punto di riferimento per la propria attività quotidiana. L’attenzione alla cura appropriata e appunto la prevenzione, sono elementi fondamentali per controllare l’insorgere di patologie semplici o invalidanti. Sono la porta d’accesso a una futura età avanzata che vogliamo possa essere il più autonoma e sana possibile”.

Le Ica costituiscono un problema di salute pubblica certamente attuale, interessando mediamente l’8% dei pazienti sottoposti a cure mediche in Europa Occidentale. Il fenomeno parallelo della resistenza batterica agli antibiotici colpisce principalmente i Paesi del bacino del Mediterraneo e, soprattutto l’Italia. I dati relativi alla Regione Friuli-Venezia Giulia riportano una prevalenza di ICA nosocomiali pari al 5,7%, in particolare polmoniti e sepsi, con un impiego di antibiotici nel 37,4% dei pazienti ricoverati”, ha detto Roberto Luzzati, direttore malattie infettive e DAI Ematologia, Oncologia e Infettivologia AOU Trieste. La corretta aderenza alle norme igieniche preventive stabilite dall’Organizzazione Mondiali della Salute, un più appropriato utilizzo degli antibiotici sia ad uso umano che veterinario, sono alcuni delle raccomandazioni che emergono dal confronto fra esperti. In aggiunta, nel breve termine, le istituzioni stanno cercando di agevolare le attività di ricerca di nuovi antibiotici, creando anche partnership pubblico/privato. Molto potrebbe essere fatto con le nuove terapie antibiotiche, rendendole disponibili ai pazienti sia a livello Nazionale che regionale-locale, secondo le indicazioni appropriate.

L’iter di approvazione attuale dell’ente europeo per i farmaci è già sufficientemente rapido per gli antibiotici. Al medico utilizzatore spetta posizionare nel modo corretto ed appropriato il nuovo antibiotico da utilizzare, evitando così l’aumento delle resistenze batteriche”, ha aggiunto Paolo Schincariol, responsabile Struttura Complessa Assistenza Farmaceutica Azienda sanitaria universitaria integrata di Trieste. “Da quando il problema dei super batteri resistenti alle terapie disponibili è emerso nella sua estrema gravità, la ricerca farmaceutica ha ripreso vigore e progressivamente sta mettendo a disposizione nuovi e più efficaci antibiotici: è auspicabile che si apra un dialogo fra aziende produttrici ed agenzie regolatorie nazionali e regionali per stabilire nuovi percorsi dedicati che consentano un accesso facilitato e rapido di questi nuovi fondamentali strumenti per la cura dei nostri pazienti, in linea con le azioni intraprese dalla Food and Drug Administration”, ha spiegato Claudio Zanon, Direttore Scientifico MOTORE SANITA’.

Progetto ‘Diabete Integra’ in Lombardia Regione, medici di famiglia e diabetologi

Progetto ‘Diabete Integra’ in Lombardia Regione, medici di famiglia e diabetologi

di Redazione

Milano. 1 Ottobre 2019 – ‘Diabete Integra’ è il primo progetto sul territorio dell’ATS Città metropolitana di Milano, che dà al medico di medicina generale (Mmg) e allo specialista, ma soprattutto al paziente affetto da diabete mellito, uno strumento innovativo che migliora l’integrazione ospedale-territorio. Il Progetto promosso da FIMMG Lombardia, SIFMED (Scuola Italiana Formazione Ricerca Medicina di Famiglia) e il Reparto Diabete dell’ASST Fatebenefratelli Sacco, è stato realizzato grazie al contributo non condizionato di AstraZeneca. “La Regione Lombardia, attraverso il proprio modello di governance che intende superare la frammentazione dei servizi, vuole realizzare un’effettiva integrazione del percorso del paziente, al di là dei classici strumenti di razionalizzazione e razionamento dell’offerta. In quest’ottica, la risposta assistenziale va programmata in funzione della domanda di salute, diversificata per tipologie specifiche di pazienti e personalizzata in base ai bisogni individuali e al contesto familiare e sociale”, dichiara Giulio Gallera, Assessore Welfare – Regione Lombardia. Il Progetto si suddivide in 4 diverse modalità: Prossimità diabetologo, Liste d’attesa zero, App Diabete Integra e Raggiungimento outcome clinici. “L’APP Diabete Integra è uno strumento innovativo ed integrato con la piattaforma della presa in carico, grazie al quale è possibile l’interazione tra il medico di medicina generale che segue il paziente complessivamente e che redige il PAI (Piano Assistenziale Individuale) e lo specialista. Gli obiettivi sono di migliorare gli outcom clinici attraverso una miglior aderenza del percorso di cura di cui la terapia ne è parte, una riduzione dei ricoveri ospedalieri, delle liste d’attesa e dell’inappropriatezza. L’idea è quella di utilizzare la piattaforma della presa in carico e la APP per consentire allo specialista diabetologo l’accesso alle informazioni contenute nel PAI redatto dal medico di medicina generale e di consentire allo specialista stesso di inserire osservazioni e suggerimenti, oltre alla proposta di terapia”, dice Gabriella Levato, Segretario generale regionale FIMMG Lombardia

Con la prossimità del diabetologo vogliamo creare una rete capillare di ambulatori sul territorio milanese da parte dell’ASST Fatebenefratelli Sacco, per garantire una maggior integrazione con il territorio e la figura del medico di medicina generale per migliorare la presa in carico globale del paziente diabetico e raggiungere così gli outcom ottimali clinici e gestionali”, spiega il professor Paolo Fiorina, direttore Malattie Endocrine e Diabetologia ASST Fatebenefratelli Sacco. “Grazie al Progetto Diabete Integra le liste d’attesa saranno ridotte praticamente a zero per la prima visita diabetologica e successivamente anche per quella di controllo. Dobbiamo mettere in funzione un modello in cui la presa in carico si basi sulla capacità di mettersi a “fianco” del paziente, accompagnandolo ed indirizzandolo, in una logica di vera e unica responsabilità di presa in carico”, racconta Davide Lauri, Presidente CMMC – Cooperativa Medici Milano Centro.

Indagine Istat sulla salute nelle Regioni Foto degli ultimi 10 anni con 24 indicatori

Indagine Istat sulla salute nelle Regioni Foto degli ultimi 10 anni con 24 indicatori

di Redazione

 Roma. 1 Ottobre 2019 – La classifica della salute nelle Regioni italiane dal 2005 al 2015 l’ha redatta l’Istat nella sua ultima pubblicazione in cui traccia il bilancio del decennio. Per farlo ha selezionato 24 indicatori di salute – dall’alcol al fumo, dall’eccesso di peso, al diabete all’ipertensione – riferiti a tutta la popolazione, ma pure altri più specifici per alcune classi di età con lo scopo di mettere meglio a fuoco, specie per alcune patologie, aspetti più critici della salute degli adulti o degli anziani. In testa alla classifica si trovano Veneto e Trentino Alto Adige, mentre Lombardia, Piemonte, Friuli-Venezia Giulia, Liguria, Emilia-Romagna, Toscana, Umbria, Marche e Sardegna presentano condizioni di salute discrete, ma anche comportamenti a rischio. Nel Lazio, Abruzzo, Molise, Puglia, Basilicata, Calabria e Sicilia la caratteristica dominante sono le malattie croniche. In Valle d’Aosta invece desta preoccupazione la mortalità prematura e ancora i comportamenti a rischio. Ma chi sta in precarie condizioni di salute – unica Regione – è la Campania.

 

Da una prima analisi di insieme scaturisce un quadro pressoché diviso in due. Quattro regioni, rappresentate da tre gruppi, definiscono due poli opposti nei profili di salute: le condizioni ottimali del Veneto e del Trentino-Alto Adige (gruppo 2) si contrappongono alle condizioni più critiche della Valle d’Aosta (gruppo 1) e della Campania (gruppo 4), caratterizzate da comportamenti profondamente atipici rispetto al contesto generale.


Il resto dell’Italia, a sua volta, si suddivide in due parti geograficamente contigue che tuttavia non ricalcano perfettamente le ripartizioni tradizionali. Le caratteristiche comuni ai due gruppi (3 e 4) sono tendenzialmente polarizzate anche se con un differenziale di salute meno marcato rispetto ai gruppi precedenti.

Al Gruppo 1 (rosso chiaro) “Mortalità prematura e comportamenti a rischio” appartiene la sola Valle D’Aosta segnata da importanti fragilità fra cui emerge l’elevato tasso di mortalità per tumore negli adulti, causa di 20,3 decessi ogni 10 mila abitanti (l’intensità più elevata nel confronto intergruppo), cui si accompagna il primato nel ricorso alle cure ospedaliere per tumore (139,1 per 10 mila persone). Il quadro di vulnerabilità generale è confermato dai valori significativi della mortalità prematura, misurata in 292 anni di vita perduta (APVP) ogni 10 mila, valore che lo posiziona al secondo posto in ordine di gravità dopo il Gruppo 5 (Campania).

Il contesto della morbosità è inoltre caratterizzato da un’elevata ospedalizzazione per malattie neurologiche negli anziani quali Alzheimer e Parkinson (12,2 dimissioni ogni 10 mila residenti) confermate dall’alto tasso di mortalità per disturbi psichici e malattie del sistema nervoso che causa quasi 56 decessi ogni 10 mila residenti della stessa fascia di età, il valore medio più elevato fra i 5 cluster.

Il gruppo detiene inoltre il primato dell’incidenza nel ricorso alle cure ospedaliere al di fuori dei confini regionali che interessa oltre 16 ricoveri ogni 10 mila, così come è caratterizzante lo svantaggio della sopravvivenza maschile con basso titolo di studio a 90 anni che sfiora, ma non raggiunge, i 17 individui su cento.

La speranza di vita in buona salute traccia un profilo regionale in cui la qualità della sopravvivenza assume valori intermedi fra i gruppi: un maschio residente in Valle d’Aosta ha un’aspettativa di vita in buona salute di 60,2 anni mentre una femmina di 57,9.

Il Gruppo 2 (verde) “ Buone condizioni di salute” racchiude due regioni del Nord, Trentino Alto Adige e Veneto, che presentano i migliori valori assunti di quasi tutti gli indicatori scelti per l’analisi, sintetizzati dall’elevata speranza di vita in buona salute per entrambe le componenti di genere (61,7 anni per le femmine e 62,9 per i maschi) e dal minor condizionamento del titolo di studio nella sopravvivenza a 90 anni, soprattutto femminile, che raggiunge una proporzione del 40,1 per cento. Per la descrizione del profilo del gruppo è particolarmente significativo il basso rischio di mortalità prematura (230,3 per 10 mila), accompagnato dai buoni risultati del tasso medio di dimissioni per tumore negli adulti (97,6 per 10 mila) e dalla minore diffusione di due o più malattie croniche rispetto agli altri gruppi (17,7 per cento). Il cluster è caratterizzato positivamente anche da fattori collegati agli stili di vita adottati dalla popolazione fra i quali il buon controllo dell’eccesso ponderale, che si riflette su una prevalenza media di diabete e di ipertensione fra i più contenuti. Da segnalare inoltre la minor propensione media al tabagismo che riguarda poco più di 17 persone su 100. Le aree di fragilità del cluster sono riferite a un consumo di alcol sopra gli standard (quasi il 21% degli individui), alla mortalità per traumatismi (5,6 per 10 mila) e, sul fronte dello stato di salute in senso stretto, a un’elevata incidenza della mortalità per disturbi psichici e malattie del sistema nervoso (44,1 per 10 mila) accompagnate dal più elevato tasso di dimissioni per le stesse patologie (35,8 per 10 mila).


Il Gruppo 3 (giallo) “Discrete condizioni di salute e comportamenti a rischio” si riferisce a un gruppo che comprende la Sardegna più una buona parte dell’Italia centro settentrionale: Toscana, Umbria e Marche per il Centro, Piemonte, Lombardia, Friuli-Venezia Giulia, Liguria, Emilia-Romagna per il Nord. Con i buoni risultati raggiunti nella sopravvivenza in buona salute sia maschile (60,5 anni) che femminile (58,0 anni), confermata anche dall’e-levata quota dei sopravviventi a 90 anni con bassi titoli di studio, il gruppo si colloca al secondo posto nella graduatoria della sopravvivenza rilevata nei diversi cluster. La denominazione del cluster ‘Discrete condizioni di salute’, spiega Istat, è giustificata dai valori intermedi assunti dalla maggior parte degli indicatori di mortalità e di morbosità che descrivono e tipizzano il gruppo. I dati della mortalità prematura sono fra i più confortanti. Infatti, per una persona appartenente alla fascia di età 35-69 anni il rischio di morte determinato dalle cause più frequenti (“maggiori cause”) sfiora i 23 decessi ogni 10 mila residenti e l’indice APVP (Anni Potenziali di Vita Perduti) si attesta a 249 anni ogni 10 mila. Tuttavia, emerge un aspetto di fragilità che deriva dai più elevati tassi di mortalità per tumore negli adulti (18,5%), secondi solo al Gruppo 1 mentre il ricorso alle cure ospedaliere per la medesima patologia (116,2 ogni 10 mila residenti) è fra le più contenute. Risalta nel gruppo un quadro abbastanza rassicurante anche per quanto riguarda le malattie neurologiche, dalle demenze e malattie del sistema nervoso degli anziani alle malattie psichiche, Alzheimer e Parkinson sia in termini di mortalità (42,7 ogni 10 mila) che in ter-mini di ricorso alle cure ospedaliere (27,3 ogni 10 mila). Tra i comportamenti a rischio per la salute emerge la notevole diffusione dall’abitudine al fumo presente quasi nel 21% della popolazione. Positivo anche il ricorso alle cure fuori Regione che riguarda l’8,0% dei ricoveri effettuati dai pazienti residenti.

Il Gruppo 4 (azzurro) “Malattie croniche” è composto da 6 regioni: Molise, Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia e Abruzzo, tutte del Sud Italia e il Lazio, unica rappresentante del Centro. Fatti salvi i due gruppi isolati rappresentati dalla Valle d’Aosta (Gruppo1) e dalla Campania (Gruppo 5), seguendo un ideale asse geografico che parte dall’eccellenza del Gruppo 2, attraversa le discrete condizioni di salute del Gruppo 3 si arriva a definire condizioni del Gruppo 4 che nel complesso racchiude condizioni di fragilità generale. Risultano particolarmente critici i dati di mortalità per le “maggiori cause” negli adulti (24,4 persone per 10 mila) e di vita perduta (276,2 anni per 10 mila), che forniscono elementi di dettaglio in ordine alla stima della mortalità prematura. Anche dall’analisi della sopravvivenza emergono aree di vulnerabilità: la sopravvivenza in buona salute è all’ultimo posto per la componente maschile (56,2 anni) e al penultimo per quella femminile (55,4), confermate dalle mediocri performance della sopravvivenza a 90 anni per bassi titoli di studio. Le condizioni di salute possono definirsi precarie anche in relazione alle circa 48,3 persone ogni 100 che si trovano in condizione di eccesso di peso, cui è associata una prevalenza di diabete del 6,2 per cento. Questo dato, insieme alla presenza di elevati tassi di dimissioni per malattie ischemiche del cuore, all’alta presenza di ipertesi (18,0%) e alla notevole diffusione di persone colpite da due o più malattie croniche (22,0%) concorre a delineare i contorni di un gruppo in cui la salute è maggiormente a rischio. Elementi positivi del gruppo sono invece quelli collegati ad alcuni comportamenti individuali quali l’abitudine al fumo e il consumo di alcol e i dati sulla mortalità per tumore (significativamente inferiore agli altri gruppi) e quella per traumatismi (5,0%). Caratterizza inoltre questo gruppo l’alta mobilità ospedaliera, seconda solo alla Valle d’Aosta.

Il Gruppo 5 (viola) “Precarie condizioni di salute” è composto dalla sola regione Campania che si caratterizza per il suo profilo generale piuttosto critico. Tra i diversi fattori che concorrono a definire la debolezza del gruppo risaltano i 30,4 decessi negli adulti ogni 10 mila imputabili alle “maggiori cause”, cui si aggiunge la più alta propensione alla mortalità prematura, che supera i 315 anni di vita perduta ogni 10 mila e gli alti valori della mortalità e delle dimissioni per tumore. Questi elementi portano a effettuare un parallelo con lo stato di salute del Gruppo 1, costituito dalla Valle d’Aosta, accomunata alla Campania non dalla vicinanza geografica ma dal valore critico assunto da questi indicatori. A eccezione del consumo di alcol, il gruppo è caratterizzato dalla più alta frequenza di comportamenti a rischio e dalla presenza di patologie correlate: oltre metà della popolazione è affetta da eccesso ponderale che si accompagna al più alto tasso di diabete (6,8%) e cobormosità cronica (22,8%). Seguono l’abitudine al fumo, presente nel 22% della popolazione e dal più alto tasso di ipertensione. È invece al di sotto della media il consumo di alcol. I livelli di sopravvivenza in buona salute rispecchiano il quadro tracciato e assumono i valori tra i più bassi per maschi e femmine, rispettivamente di 54,9 e 56,5 anni. Emergono forti disuguaglianze anche nella sopravvivenza senile per condizioni socioeconomiche: un residente campano di 90 anni con un basso titolo di studio ha infatti una probabilità di sopravvivere del 14,7% se maschio e 30,3% se femmina: i valori meno elevati tra le medie dei gruppi. Assieme a questi elementi di debolezza si osservano alcuni fattori positivi: la contenuta mortalità per traumatismi (4,0 per 10 mila), per demenza e malattie del sistema nervoso degli anziani (32,1 per 10 mila) e per le dimissioni dovute a patologie quali Alzheimer e Parkinson.

Quando le persone fanno la differenza per costruire il futuro che è già presente

Quando le persone fanno la differenza
per costruire il futuro che è già presente

di Redazione

Firenze. 1 Ottobre 2019 – La voglia di innovare, di cambiare in meglio la vita delle persone, di riscrivere il presente e guardare al futuro è decisamente contagiosa. Continua inarrestabile l’iniziativa ‘MSD CrowdCaring’, il progetto nato per sostenere il finanziamento dei migliori progetti in settori cruciali per la Salute delle Persone, voluto da MSD Italia in partnership con la piattaforma di crowdfunding Eppela. Ad oggi sono stati già finanziati 5 progetti e raccolti più di 65mila euro (tra donazioni e contributo di MSD Italia) a testimonianza che, tutti insieme, si può davvero fare la differenza nella vita delle persone e, in particolare, in chi sta vivendo un problema di salute. MSD CrowdCaring domenica salirà sul palco del Wired Next Fest che si apre domani, 27 settembre, a Firenze e che quest’anno è dedicato proprio alle Persone, a quelle che hanno saputo regalare strumenti concreti per costruire un futuro migliore che è già nel presente che stiamo vivendo. Persone che hanno fatto la differenza. Come tutte quelle che hanno dato il loro contributo a CrowdCaring come promotori di idee o come sostenitori. «Quando abbiamo pensato all’iniziativa CrowdCaring – ha dichiarato Nicoletta Luppi, presidente e amministratore delegato di MSD Italia – non abbiamo avuto dubbi che si trattasse di una ‘scommessa vincente’. Perché partiva dalle Persone, con idee e soluzioni innovative, per arrivare alle Persone e migliorarne la qualità di Vita. Nel mezzo c’è stata la chiamata alle armi di altre Persone, alle quali è stato chiesto di contribuire al solo scopo di aiutare qualcun altro. Persone: sono quindi loro l’ingrediente distintivo, insieme all’utilizzo dei social network, che fa di CrowdCaring una storia di successo. Siamo davvero orgogliosi di poter raccontare al Wired Next Fest questa nostra esperienza sperando che sia ‘contagiosa’ e diventi sempre di più virale. Perché non c’è vera Innovazione senza mettere al centro il Valore delle Persone. Perché solo così Inventare insieme per la Vita diventa possibile!».

Le storie che accompagnano i progetti di MSD CrowdCaring sono molte ma sul palco del Wired Next Fest ne saliranno tre. I primi due fanno parte della call attualmente in corso, ovvero, sono progetti appena approdati sulla piattaforma Eppela e che stanno in questi giorni raccogliendo il sostegno da parte dei finanziatori. Si parte dal progetto ‘Lady Tourette in tour’: uno spettacolo teatrale che grazie ad un tono ironico consentirà ai più giovani, tourettiani e non, di incontrarsi e di avvicinarsi a questa condizione ancora poco conosciuta e molto stigmatizzata. Il secondo progetto sul palco del Wired Next Fest sarà ‘Ospedali dipinti’ ovvero trasformare il reparto di Neuropsichiatria Infantile del Policlinico Gaetano Martino di Messina in un ambiente accogliente a misura di bambino con corridoi che sembrano boschi incantati, il bunker di radioterapia come un grande acquario e i laboratori diagnostici mascherati da sottomarini, per far dimenticare ai bambini dove sono e trasformarli da pazienti ad esploratori di mondi immaginari. Ed infine la terza storia è quella delle due sorelle Virginia e Martina Di Carlo che hanno partecipato alla seconda call con il progetto ‘Special Angels Dance School’, una scuola di danza per ragazzi con disabilità, ed hanno raccolto tutta la cifra richiesta, e oltre, già prima della scadenza dei termini catturando un entusiasmo collettivo davvero emozionante.

CrowdCaring: cos’è e come funziona. E’ un’iniziativa di MSD Italia e della piattaforma di crowfunding Eppela. Tra tutti i progetti che vengono presentati per ogni raccolta fondi (chiamata ‘call’) vengono selezionati i più meritevoli. A quel punto ci sono 40 giorni di tempo nei quali i progetti, grazie alla piattaforma Eppela https://www.eppela.com/it/mentors/msd-crowdcaring sono messi all’attenzione della Community per essere finanziati. Quelli che riceveranno almeno il 50% del finanziamento totale richiesto da parte degli utenti, quindi un finanziamento collettivo ‘dal basso’, riceveranno un co-finanziamento di MSD Italia fino ad un massimo di 5.000 euro a progetto.