In vista della prossima legge di bilancio Governo e Regioni raggiungono l’accordo

In vista della prossima legge di bilancio Governo e Regioni raggiungono l’accordo

di Redazione

Roma. 18 Ottobre 2019 – In 9 punti i temi centrali per lo sviluppo ed il futuro delle Regioni “Accordo centrale ed importante fra Governo e Regioni in vista della prossima legge di bilancio e per la programmazione regionale. Un’intesa che coglie aspetti importanti di merito e che innova il metodo della concertazione istituzionale. Di questo do atto al Presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, al Ministro dell’Economia e delle Finanze, Roberto Gualtieri, al Ministro della Salute, Roberto Speranza, al Ministro per gli Affari Regionali e le Autonomie, Francesco Boccia, e ai componenti dell’esecutivo interessati”, lo ha dichiarato il Presidente della Conferenza delle Regioni e delle Province autonome, Stefano Bonaccini, che ha voluto sottolineare anche l’opera di mediazione portata avanti insieme al Sottosegretario di Stato per l’Economia e le Finanze, Antonio Misiani. “L’accordo – ha concluso Bonaccini – riguarda 9 temi centrali per lo sviluppo dei territori e per il futuro delle istituzioni regionali”. I temi inclusi nell’accordo sono i seguenti:


1 Salvaguardia dei trasferimenti in favore delle Regioni a partire dalle Politiche sociali e dal TPL, come da tabella allegata.

2 Tutela dell’incremento delle risorse già previsto dalla legge 30 dicembre 2018, n.145 del fabbisogno sanitario nazionale per gli anni 2020 (con un incremento di 2 miliardi) e 2021 e conseguente differimento del termine di cui all’articolo 1, comma 515, della legge n. 145 del 2018 dal 31 marzo 2019 al 31 dicembre 2019 per la stipula del Patto della salute.

3 Incremento di 2 miliardi del livello delle risorse destinate agli interventi di edilizia sanitaria e di ammodernamento tecnologico di cui all’articolo 20 della legge n. 67 del 1988

4 Anticipo al 2020 degli effetti delle sentenze della Corte costituzionale n. 247/2017 e n. 101/2018 in materia di pieno utilizzo dell’avanzo di amministrazione e del fondo pluriennale vincolato di entrata e di spesa questo consentirà di sbloccare una serie significativa di investimenti sul territorio (oltre 800 milioni).

5 Attuazione dei meccanismi di finanziamento delle funzioni regionali, come disciplinati dal decreto legislativo 6 maggio 2011, n. 68, rinviati all’anno 2021.

6 Entrata in vigore dall’anno 2021 della disciplina dei meccanismi di riparto del fondo per il finanziamento del trasporto pubblico locale.

7 Adeguamento delle priorità di investimento secondo gli obiettivi indicati dalla nota di aggiornamento al DEF 2019, con particolare riguardo al green new deal.

8 Istituzione di un Tavolo Stato, Regioni ed Enti locali, al fine di accelerare gli investimenti nazionali e comunitari, anche attraverso la definizione di procedure di semplificazione.

9 Individuazione di possibili soluzioni per consentire la riduzione degli oneri del debito in modo da liberare risorse in favore della crescita sostenibile e degli investimenti.  “Siamo di fronte ad una giornata molto importante per la sanità italiana perché l’insieme delle misure contenute in questo accordo – unitamente a quelle decise oggi, sempre in Conferenza Stato-Regioni, sul payback farmaceutico – assicura una quantità di risorse come da tempo non accadeva, fondi che – conclude Bonaccini – saranno a disposizione per investimenti e servizi ai cittadini”.


Un tassello importante di questa intesa, come ha sottolineato Bonaccini, è stato sicuramente aver dato il via libera al decreto con il quale vengono ripartite tra le Regioni le risorse versate dalle aziende farmaceutiche per il ripiano dello sfondamento della spesa farmaceutica per gli anni 2013-2017, già disponibili in un apposito capitolo di bilancio del ministero dell’Economia. “Si tratta di più di 1.650 milioni di euro. E siamo già al lavoro per definire il payback farmaceutico relativo al 2018”, ha dichiarato il Presidente delle Conferenza delle Regioni e delle Province autonome, Stefano Bonaccini. “Il decreto si è sbloccato – ha spiegato Donato Toma (Presidente del Molise che oggi ha presieduto la Conferenza delle Regioni) – grazie al lavoro di confronto costante delle Regioni, del Governo e della rappresentanza delle aziende farmaceutiche. Si tratta di una cifra importante per i bilanci regionali e per il servizio sanitario”.

9a edizione Bandi Gilead: scienza solidarietà per migliorare la qualità di vita del paziente

9a edizione Bandi Gilead: scienza solidarietà per migliorare la qualità di vita del paziente

di Redazione

Roma. 18 Ottobre 2019 – L’innovazione digitale è entrata nella vita dei pazienti ed è destinata a rimanervi, cambiando radicalmente la gestione della malattia e il rapporto medico paziente. E’ il caso dei pazienti oncologici. Unosu 3 utilizza almeno una app dedicata alla salute ma circa 7 su 10 le ritengono strumenti utili per capire il proprio stato di salute e migliorare l’aderenza al trattamento. Sei su 10 utilizzano strumenti avanzati di comunicazione nel rapporto con il medico (WhatsApp e mail in testa). Internet è un punto di riferimento per 3 malati su 4 e Google è lo strumento più utilizzato per la ricerca di informazioni ma sono poi i siti web istituzionali e le online communities a riscuotere maggior affidabilità. Molto meno credito hanno social network e YouTube. E i medici? Non sembrano governare questo fenomeno: appena il 5% dei pazienti ha ricevuto dal proprio oncologo un consiglio su dove approfondire tematiche legate alla propria salute e il 3% suggerimenti sulle app. Sono alcuni dei risultati emersi dall’indagine realizzata dall’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri di Milano su un campione di 537 pazienti oncologici coinvolti attraverso Aimac (Associazione Italiana Malati di Cancro, parenti e amici), una delle organizzazioni più importanti in italia.

Condotta allo scopo di comprendere l’impatto dell’innovazione digitale sulla gestione della malattia oncologica, la ricerca, la prima in Italia svolta direttamente su pazienti oncologici, è stata presentata oggi a Milano in occasione della Cerimonia di Premiazione dell’Edizione 2019 dei 2 bandi di concorso che da 9 anni Gilead Sciences promuove in Italia nell’ambito delle malattie infettive, epatiche e onco-ematologiche. Due iniziative – Fellowship Program e Community Award – il cui scopo è di riconoscere e sostenere-le eccellenze italiane nell’ambito della ricerca scientifica e delle Associazioni pazienti, promuovendo l’innovazione medico-scientifica e socio-assistenziale. Il Fellowship Program, alla 9a edizione, è il bando rivolto alle ricercatrici e ai ricercatoridel nostro Paese. Seleziona e premia le migliori e più innovative progettualità in ambito medico-scientifico che dimostrino ricadute positive su qualità di vita, outcome clinici e assistenza terapeutica del paziente. La selezione dei progetti è affidata ad una commissione indipendente.

Alle Associazioni pazienti è invece dedicato il Community Award Program, attivo dal 2012. Un’iniziativa unica in Italia con con cui Gilead, anche in questo caso grazie ad esperti indipendenti, seleziona e sostiene la realizzazione di progetti e iniziative innovative a utilità diffusa che impattino positivamente sulla qualità di vita del paziente. In nove anni i due Bandi hanno consentito la realizzazione di oltre 400 progetti grazie a un finanziamento di oltre 10 milioni di euro. 53 sono i progetti vincitori all’edizione 2019 – 18 associazioni e 35 tra ricercatrici e ricercatori – a cui sono stati destinati più di un milione e mezzo di euro. I premi speciali per l’etica, dedicati all’infettivologo “Mauro Moroni”, caratterizzano in modo unico i due bandi: oltre 20 riconoscimenti in nove anni ai progetti che meglio hanno saputo gestire problematiche di natura etico-giuridica tra cui il trattamento dei dati personali, il coinvolgimento di minorenni o la discriminazione di genere tra il personale di ricerca.

Non posso nascondere l’orgoglio per il sostegno e la collaborazione che da nove anni Gilead,attraverso i due Bandi, riserva alla ricerca e alle associazioni del nostro Paese – sottolinea Valentino Confalone, Vice President e General Manager di Gilead Italia – Condividiamo tutti uno stesso obiettivo, quello di migliorare la qualità di vita e la salute dei pazienti. Per raggiungerlo crediamo che non vi sia altra strada se non quella dell’innovazione. Noi ci impegniamo in quella terapeutica ma attraverso i due bandi vogliamo promuovere anche quella che sostiene l’ambito medico-scientifico, sociale e assistenziale”. Ad oggi i progetti realizzati grazie ai due Bandi hanno consentito significativi risultati nei rispettivi ambiti. Il Fellowship ha reso disponibili nuove evidenze scientifiche con concrete applicazioni nella pratica clinica e frequenti pubblicazioni e presentazioni a congressi. I progetti del Community si sono concretizzati in iniziative originali,spesso metodologicamente innovative, finalizzate all’educazione, alla formazione e all’assistenza del paziente e del caregiver .L’innovazione digitale ha spesso fatto da trait- d’union per entrambi i bandi: molti i progetti che hanno generato tools digitali, da App per la gestione della malattia a chat bot per la comunicazione medico paziente a programmi di intelligenza artificialeper supportare il lavoro della ricerca clinica.

Autostrada Diabete: “Dall’innovazione tecnologica, necessari nuovi modelli di assistenza”

Autostrada Diabete: “Dall’innovazione tecnologica, necessari nuovi modelli di assistenza”

 

In Italia oltre 3.2 milioni di persone dichiarano di esserne affetti, ma stime attendibili, parlano di circa 5 milioni, con un costo per il SSN stimato di circa 9 miliardi l’anno e una spesa pro-capite più che doppia rispetto ad un pari età non malato, provocando inoltre ben 73 decessi al giorno

di Redazione
Firenze, 15 ottobre 2019 – Prevenire precocemente la progressione della malattia diabete e le sue principali complicanze, progettare modelli di assistenza moderni e vicini alle persone con diabete, che utilizzino appropriatamente le innovazioni tecnologiche, rappresenta una sfida importante ed attuale per i Servizi Sanitari Regionali. Questi saranno alcuni dei temi, motivo di confronto tra decisori regionali e tecnici di riferimento del mondo salute, durante la Serie di 6 incontri regionali
‘HIGHWAY DIABETES: IL PAZIENTE AL CENTRO?’, Progetto realizzato da MOTORE SANITA’, con il contributo non condizionato di Lilly, che oggi fa tappa in Toscana. In tema di gestione della cronicità, il diabete, rappresenta sicuramente un caso paradigmatico in cui, si rende necessario ammodernare il sistema assistenziale, migliorando l’efficienza dei percorsi di collegamento tra ospedale e territorio. Un aspetto importante da rivedere e monitorare è rappresentato dal rispetto dell’aderenza alle cure indicate. Infatti, secondo dati EFPIA solamente le complicanze dovute alla scarsa aderenza alla terapia rappresentano un costo pari al 14% del totale della spesa sanitaria dei Governi Europei, circa 125 miliardi di euro all’anno. Secondo il rapporto dell’osservatorio dei medicinali, In Italia, la percentuale di aderenza per i farmaci antidiabetici è del 63% (OSMed 2015) e questo comporta: il raddoppio nel numero di ricoveri ospedalieri e dei costi del trattamento per il SSN, un aumento ogni anno di circa 6 giorni di assenza dal lavoro ed infine un aumento del 30% della mortalità per tutte le cause (dati SID). Tra i fattori che impattano sull’aderenza terapeutica, un ruolo importante potrebbero avere le differenze regionali nella efficienza dei servizi di presa in carico delle persone con diabete e nell’accesso all’innovazione. In questi ultimi 10 anni infatti, le numerose innovazioni su farmaci ed apparecchiature, hanno fornito strumenti in grado di cambiare l’evoluzione della malattia, restituendo alle persone con diabete una qualità di vita decisamente superiore. Ma tutto ciò potrà arrivare a tutte le persone con diabete solamente se l’innovazione avrà un accesso uniforme ed una collocazione appropriata e sostenibile. “Negli ultimi anni la cura del diabete ha avuto un elevato tasso di innovazione che si è concentrata soprattutto in due settori: i farmaci per il diabete di tipo 2 e le tecnologie per il diabete di tipo 1”, ha
detto Edoardo Mannucci, Direttore Diabetologia AOU Careggi Firenze “Sia le nuove tecnologie che i nuovi farmaci infatti, hanno modificato l’approccio clinico al diabete, permettendo miglioramento della qualità della vita delle persone con diabete. Inoltre, i nuovi farmaci per il diabete di tipo 2 consentono di ridurre il rischio di malattie cardiovascolari e la mortalità. Le nuove tecnologie e i nuovi farmaci costano mediamente di più rispetto ai precedenti. Considerando che circa il 7% della popolazione adulta in Toscana soffre di diabete, in particolare di tipo 2, che rappresenta oltre il 90% di tutti i casi), l’innovazione pone un potenziale problema di sostenibilità. A questo riguardo, occorre però tenere presente che l’adozione dell’innovazione ha un impatto positivo sul percorso di cura. Ad esempio, l’impiego di un farmaco antidiabetico che riduce il rischio di malattie cardiovascolari, diminuisce la spesa per ricoveri; l’uso di un farmaco che non genera rischi di ipoglicemia riduce il consumo di dispositivi per la misurazione del glucosio, e così via. Complessivamente, quindi, l’adozione dell’innovazione può comportare aggravi di spesa meno grandi di quanto potrebbe apparire a prima vista. Per rendere sostenibile l’innovazione, però, è necessario comprenderne bene le ricadute organizzative e adattare il sistema sanitario. Ad esempio, l’impiego dei nuovi farmaci per il diabete di tipo 2, che permettono di ottenere un controllo più duraturo e migliore della glicemia, può avvenire solo attraverso piani terapeutici, la cui abolizione potrebbe accompagnarsi ad una riduzione della necessità di inutili visite specialistiche. In conclusione, nonostante l’impatto epidemiologico della malattia, l’innovazione in Diabetologia può essere sostenibile, se il sistema riuscirà a adottare soluzioni organizzative adeguate”, ha concluso Edoardo Mannucci “Il diabete è sicuramente la patologia cronica più conosciuta e rimane una delle sfide maggiori per i sistemi sanitari di tutto il mondo sia per la sua complessità clinica che per l’organizzazione delle cure assistenziali richieste. Infatti, come per tutte le patologie croniche, occorre trovare sinergie e collaborazione non solo all’interno del mondo sanitario, ma anche all’esterno. In primis tra le persone affette dalla malattia e nella loro famiglia, così come nel contesto sociale e lavorativo. Il mondo della scienza mette a disposizione dei pazienti un sempre maggior numero di soluzioni innovative per migliorare il rapporto con la malattia, ponendo al tempo stesso, nuovi problemi soprattutto in termini di sostenibilità dell’innovazione, per cui è necessario capirne il reale valore aggiunto a livello individuale per non dissipare le risorse disponibili. Proprio per questo è necessario abbandonare la logica prestazionale dei silos professionali, per abbracciare una logica di servizi di erogazione del tipo full-inclusive ad alta integrazione e comunicazione, che vedano anche il paziente come parte attiva del processo di cura”, ha spiegato Carlo Tomassini, Direttore Generale Diritti di Cittadinanza e Coesione Sociale, Regione Toscana

Terapie geniche: finanziamento per l’accesso all’innovazione e alla sostenibiltà per il Ssn

Terapie geniche: finanziamento per l’accesso all’innovazione e alla sostenibiltà per il Ssn

di Redazione

Roma. 14 ottobre 2019 – Presentata una nuova analisi condotta dall’Alta Scuola di Economia e Management dei Sistemi Sanitari (ALTEMS) dell’Università Cattolica del Sacro Cuore sul modello di pagamento value-based: un approccio innovativo in grado di tenere conto dell’impatto a lungo termine di questi nuovi trattamenti capaci di cambiare definitivamente la vita dei pazienti. In questa occasione alcuni dei più autorevoli esponenti del sistema salute si sono riuniti per confrontarsi su come il sistema sanitario debba affrontare le opportunità e le sfide aperte dall’arrivo delle terapie avanzate in termini di accesso e sostenibilità. L’evento è stato promosso da ALTEMS, Università Cattolica del Sacro Cuore, in collaborazione con lo studio legale LS Cube e realizzato con il contributo incondizionato di bluebird bio, azienda biotech focalizzata nella ricerca sulla terapia genica per lo sviluppo di trattamenti per gravi patologie genetiche rare e tumori. Le terapie avanzate stanno ormai diventando una realtà in grado di modificare la storia naturale di diverse patologie gravi, con opzioni di trattamento fino ad oggi limitate e con importanti bisogni di salute non soddisfatti. Si tratta della frontiera più avanzata della cosiddetta medicina personalizzata: trattamenti basati su metodologie e tecniche complesse sviluppate a partire dalle cellule stesse dei singoli pazienti e in grado di agire sulla causa genetica all’origine delle patologie, determinando benefici per i pazienti potenzialmente a vita.

Nel prossimo decennio si prospetta un’ondata di terapie avanzate: entro il 2030 potrebbero essere lanciate a livello globale fino a 60 nuove terapie cellulari e genetiche, curando complessivamente circa 350.000 pazienti e circa 50.000 pazienti all’anno. Ma l’introduzione di queste terapie – che segnano un passaggio epocale nel trattamento di diverse malattie rare e oncologiche – non può prescindere da un ripensamento dell’intero sistema salute che deve essere preparato ad accogliere queste innovazioni rendendole effettivamente disponibili per i pazienti. In particolare, i modelli di pagamento e finanziamento tradizionali, pensati per farmaci in grado di trattare patologie acute o croniche e basati sul costo unitario del prodotto o della procedura, non considerano in modo adeguato l’impatto a lungo termine dei trattamenti innovativi. L’analisi “Value-Based Pricing per la terapia genica per i pazienti affetti da β-talassemia trasfusione dipendenti”, elaborata da ALTEMS, ha l’obiettivo di definire uno schema di pagamento per una terapia genica per i pazienti affetti da β- talassemia che possa garantire da un lato l’accesso dei pazienti al farmaco e, dall’altro, la sostenibilità per il Servizio Sanitario Nazionale e il rispetto del principio di salute universale che caratterizza il sistema italiano.

Sulla base delle evidenze reperite in letteratura e di un modello che simula l’impatto sul budget del SSN in due differenti scenari, un sistema di finanziamento basato su una rateizzazione annuale è risultato, ad oggi, il modello più adatto per garantire equilibrio tra l’accesso per i pazienti alle cure più innovative e la sostenibilità del Sistema Sanitario Nazionale. Tale modello si basa sul rimborso della terapia su un orizzonte temporale pluriennale, dando così valore a terapie in grado di rispondere a bisogni di salute non ancora soddisfatti e al tempo stesso garantendo, nel breve termine, lo sblocco e la riallocazione di risorse da investire in altri ambiti sanitari. I vantaggi di questo modello includono il potenziale di premiare l’innovazione realmente funzionante e di allineare meglio i costi con il periodo di tempo oltre il quale i benefici sono tangibili nel paziente, riducendo così il budget di impatto iniziale e il costo, considerato, nel caso di terapie geniche o altamente innovative, la principale barriera di accesso per i pazienti idonei al trattamento”, ha spiegato il Professor Americo Cicchetti, direttore ALTEMS, Università Cattolica del Sacro Cuore.

Nello specifico, il modello ha simulato l’impatto economico per il SSN della terapia genica per la β- talassemia trasfusione-dipendente in due differenti scenari. Nel primo, il costo pieno della terapia genica è sostenuto interamente al momento della somministrazione al paziente e del compimento delle procedure insite nel processo di cura. Nel secondo, tale pagamento viene rateizzato in un orizzonte temporale di 5 anni e legato all’efficacia del trattamento. “Le terapie avanzate rappresentano una rivoluzione epocale nell’ambito della medicina essendo destinate a cambiare la storia naturale di molti pazienti affetti da patologie neoplastiche o non maligne, migliorandone significativamente la prospettiva e qualità di vita. Si tratta di una vera opportunità per i pazienti, ma anche di una sfida per il nostro SSN, a oggi meritoriamente orientato in una prospettiva solidaristica che garantisce indistintamente a tutti i cittadini del nostro Paese l’accesso ai migliori trattamenti e che, ancora una volta, potrebbe avere il primato a livello internazionale, come già avvenuto con l’introduzione dei MEA, criteri di innovatività per i farmaci innovativi e lo screening neonatale. Studiare modelli innovativi di pagamento per le terapie avanzate che garantiscano da un lato l’accesso dei pazienti a queste nuove terapie e, dall’altro, la sostenibilità per il SSN è, dunque, quanto mai prioritario”, ha spiegato Franco Locatelli, ordinario di Pediatria, Università ‘La Sapienza’ di Roma e Direttore del Dipartimento di Oncoematologia e Terapia Cellulare e Genica dell’Ospedale Bambino Gesù di Roma.

“Usando il Dna come se fosse un farmaco, la terapia genica è vicina a diventare realtà non pretendendo di inventare nuovi geni, ma di correggere quelli che non funzionano, moltiplicando l’efficacia di alcuni e riducendo al silenzio altri. Cura, mettendo la persona in condizione di curare se stessa con il suo DNA, dopo averlo riparato in una logica di medicina che è al tempo stesso di altissima precisione e di massima personalizzazione. Un piccolo capolavoro in cui natura e cultura trovano un nuovo punto di equilibrio. In questa ottica il costo della terapia genica non può rappresentare un ostacolo all’accesso a terapie innovative potenzialmente curative per i pazienti. Pensare a modelli di pagamento innovativi come una soluzione è un obbligo sociale e i pagatori devono iniziare a mettersi in discussione cambiando il paradigma: sviluppare modelli non su orizzonti temporali brevi in linea con i loro budget di spesa annuali, ma per un più lungo periodo di tempo, in modo che i costi possano essere coperti insieme alla realizzazione di benefici, non solo clinici ma anche sociali, come la capacità produttiva nei giovani pazienti”, ha concluso la senatrice Paola Binetti, Presidente dell’Integruppo parlamentare malattie rare e membro della Commissione Permanente Igiene e Sanità del Senato.

I prodotti medicinali per le terapie avanzate, cioè terapia genica, medicina rigenerativa e cellulare, immunoterapia, rappresentano una nuova frontiera e una nuova speranza, non solo per i pazienti affetti da malattie rare, ma per tutti i pazienti. La medicina “personalizzata”, non è più il futuro, ma sta diventando il presente e rappresenta la vera sfida per la sostenibilità del SSN. Per vincerla, va ripensato il sistema di valutazione della spesa sanitaria, non più costo ma investimento che può migliorare la salute e la vita non solo per il singolo paziente, ma per tutta la società in cui vive”, ha affermato l’onorevole Rossana Boldi, Vice Presidente Commissione Affari Sociali, Camera dei Deputati.

In aumento il numero delle donne medico ma solo una su dieci riesce a fare carriera

In aumento il numero delle donne medico ma solo una su dieci riesce a fare carriera

di Redazione

Roma. 14 ottobre 2019 – Il numero delle donne medico in Italia aumenta di anno in anno. Nel 2017 sono il 44% (ultimi dati della Ragioneria Generale dello Stato elaborati dall’Anaao Assomed) dei 105 mila camici bianchi dipendenti del SSN. Le Regioni con il maggior numero di “camici rosa” sono la Sardegna (56%), seguita da Emilia Romagna (51%) e Veneto (50%). Chiude la classifica la Campania con il 31%. Nella fascia d’età 40-44 anni le donne sono il 60% del totale dei medici, mentre dopo i 50 anni la prevalenza è maschile, con una rappresentanza di medici uomini tra i 55-59 anni del 64%  e dopo i 60 anni del 72%. Ma il sorpasso, che sarà nei prossimi anni sempre più evidente, è ancora solo nei numeri. Alle donne è infatti preclusa la possibilità di fare carriera: solo 1 su 50 diventa Direttore di Struttura Complessa e 1 su 13 responsabile di Struttura Semplice. E anche nelle discipline in cui è più elevata la quota di donne tra i medici, la loro presenza nelle posizioni apicali è molto bassa (Pediatria 10%, psichiatria 25%, Ginecologia e ostetricia 17%).

Sono questi i numeri che aprono la terza Conferenza Anaao Donne in programma oggi e domani a Genova. Un’occasione per fare il punto sugli ostacoli della vita in corsia, sui problemi che inibiscono il decollo professionale delle donne medico e le soluzioni che il sindacato può e deve trovare. Il contratto di lavoro siglato il 24 luglio va proprio in questa direzione, grazie anche all’intervento dell’Anaao Assomed: salario intero, compreso il trattamento accessorio, per il congedo di maternità e di paternità; monte ore annue di 18 ore per assenze per visite, terapie e prestazioni specialistiche senza decurtazioni stipendiali; ulteriore monte ore di 18 ore annue per assenze per particolari motivi personali e familiari retribuite; ferie estive garantite (15 giorni) nel periodo 15 giugno–15 settembre per i dipendenti con figli nella scuola dell’obbligo. Inoltre l’Organismo Paritetico potrà avanzare proposte su temi importanti come: conciliazione dei tempi di vita e lavoro; esenzione dalle guardie a 62 anni; incremento della percentuale di part time dal 3 al 7%.

A partire dal titolo di questa Conferenza ci schieriamo per un futuro che sia sempre più orientato dalle donne. Curiosamente – fa notare Sandra Morano, coordinatrice dell’Area –  il momento della massima svalutazione del SSN coincide con la più grande ondata di mano d’opera sanitaria femminile. Le donne scelgono la professione di cura come prima, e forse più congeniale, opzione, mentre gli uomini la stanno abbandonando perché meno prestigiosa, anche economicamente. Ma per la professione medica non passa solo da qui l’urgenza di un necessario recupero di autorevolezza. Recupero non facile né scontato, ma che toccherà giocoforza alle donne, in maggioranza nei prossimi anni, mettere in atto”.

Il cambiamento necessario – commenta Carlo Palermo, Segretario Nazionale Anaao Assomed – richiede tempo, ma soprattutto politiche che lo assumano come necessità per trasferire una visione di genere nei contratti di lavoro, nelle leggi, nella prassi, ed evitare che la crescita delle donne in sanità sia derubricata a semplice fenomeno di costume. È giunto il momento che la sanità  abbandoni  un  modello  unicamente  maschile e  si  avvii  velocemente  verso  la  declinazione  di  ritmi  e  organizzazione del lavoro che tenga conto della presenza delle donne. E il sindacato di fronte a questi numeri deve ripensare se stesso, in termini di servizi offertie di obiettivi organizzativi su cui impegnare 

energie e risorse per creare migliori condizioni lavorative per i medici del SSN, uomini o donne che siano”.

Per l’Eurostat sono la Sicilia e la Campania le regioni più povere del continente europeo

Per l’Eurostat sono la Sicilia e la Campania le regioni più povere del continente europeo

di Redazione

Napoli. 14 ottobre 2019 – In Sicilia e Campania più del 40 per cento della popolazione è a rischio povertà, ha cioè un reddito disponibile dopo i trasferimenti sociali inferiore al 60% di quello medio nazionale. Si tratta del livello più alto in Unione Europea. Lo si legge nei dati Eurostat 2018 sul rischio di povertà nelle Regioni che spiegano come il dato sia legato al confronto nazionale e non implichi quindi necessariamente un basso tenore di vita. In Campania la percentuale di coloro che sono a rischio povertà è del 41,4% (era 34,3% nel 2017) mentre in Sicilia è in calo al 40,7%. La situazione migliora in Calabria dove le persone a rischio di povertà sono il 36,4%.

Esaminando il rischio di povertà ed esclusione sociale che tiene conto non solo del reddito disponibile confrontato con la media nazionale ma anche della grave deprivazione materiale e delle famiglie nelle quali è molto bassa l’intensità di lavoro Campania e Sicilia rimangono  comunque le regioni europee nelle quali questa percentuale è più elevata. In Campania è a rischio di povertà o esclusione sociale più della metà della popolazione (il 53,6%) con un incremento significativo rispetto al 2017 (era il 46,3%) e il dato peggiore dal 2004, anno di inizio delle serie storiche. In Sicilia il tasso di povertà o esclusione sociale è al 51,6%, in flessione dal 52,1% del 2017. Secondo l’Eurostat mentre migliora complessivamente il risultato italiano (dal 28,9% al 27,3% le persone a rischio di povertà o esclusione nel complesso nel 2018) in Campania la situazione peggiora.

Osservando le persone che vivono in famiglie nelle quali vi è una bassa intensità di lavoro (dove le persone che hanno tra i 18 e i 60 anni, esclusi gli studenti, hanno lavorato meno del 20% del loro potenziale negli ultimi 12 mesi) Campania e Sicilia sono comunque tra le tre peggiori in Europa. Dopo la regione spagnola di Ceuta (34,6%) c’è la Sicilia dove oltre un quarto della popolazione vive in famiglie con bassa intensità di lavoro (il 25,8%, in crescita dal 23,7% del 2017). In Campania è in questa situazione un quinto della popolazione (il 20,9%, in calo rispetto al 23,5% del 2017). In Italia la percentuale nel 2018 è all’11,3%, in calo rispetto all’11,8% del 2017.

Obesity Day: quindici società scientifiche firmano la carta della persona con obesità

Obesity Day: quindici società scientifiche firmano la carta della persona con obesità

di Redazione

Roma. 10 ottobre 2019 – “L’obesità è una malattia potenzialmente mortale, riduce l’aspettativa di vita di 10 anni, ha gravi implicazioni cliniche ed economiche, è causa di disagio sociale spesso tra bambini e gli adolescenti e favorisce episodi di bullismo. Eppure, l’Italia e l’Europa, sino ad oggi, hanno guardato altrove! Per questo si richiede un impegno sinergico da parte delle Istituzioni, delle Società Scientifiche, delle Associazioni di Pazienti e dei Media che tuteli la persona con obesità e ne riconosca i diritti di paziente affetto da patologia”. Con questo appello l’ADI, Associazione Italiana di Dietetica e nutrizione clinica, la sua Fondazione e l’Italian Obesity Network, IO-NET hanno sottoscritto alla Camera dei Deputati la “Carta dei diritti e dei doveri della persona con obesità”, insieme ad altri 12 firmatari tra società scientifiche, associazioni di pazienti e cittadini, fondazioni e CSR attive nella lotta all’obesità in Italia: Intergruppo parlamentare “Obesità e Diabete”- ANCI; Amici Obesi; CittadinanzAttiva; CSR Obesità; SIEDP; SIMG; SICOB; SIE; IBDO Foundation; FO.RI.SIE e OPEN Italia; ADI; SIO; IWA.

La Carta firmata in occasione della presentazione della 19ma edizione dell’Obesity Day, la campagna di sensibilizzazione e prevenzione dell’obesità, promossa tutti gli anni il 10 ottobre dall’ADI, per tramite della sua Fondazione, vuole essere uno strumento di advocacy, sensibilizzazione e dialogo con le istituzioni per:

. riconoscere l’obesità come malattia cronica caratterizzata da elevati costi economici e sociali;

. definire i ruoli degli specialisti che si occupano di tale patologia; assicurare alla persona il pieno accesso alle cure e ai trattamenti dietetico-alimentari, farmacologici e chirurgici e definire le prestazioni di cura e le modalità per il rimborso delle stesse;

. promuovere programmi per la prevenzione dell’obesità infantile e per la lotta alla sedentarietà; implementare un Piano Nazionale sull’obesità condiviso con tutte le Regioni per sviluppare interventi basati sull’unitarietà di approccio e una migliore organizzazione dei servizi;

. tutelare la persona in tutti gli ambiti sociali, culturali e lavorativi, da fenomeni di bullismo e combattere lo stigma del peso.

Se vogliamo porre fine allo stigma dell’obesità – ha dichiarato Antonio Caretto, presidente della Fondazione ADI – È importante adeguare il nostro linguaggio e i nostri comportamenti aumentando la consapevolezza e migliorando la nostra conoscenza dell’impatto che la patologia ha sulla salute e tutelando i diritti della persona con obesità.” Il documento prende, infatti, spunto dalla Dichiarazione universale dei diritti umani; dalla Costituzione Italiana; dalla Carta Europea dei Diritti del Malato; dallo Studio ACTION-IO; dalla roadmap elaborata da OPEN Italia e dalle raccomandazioni della World Obesity Federation per la lotta allo stigma e alla discriminazione della persona con obesità. “La Carta, richiamandosi ai diritti della persona, si appella implicitamente al principio di uniformità delle azioni in essa contenuta affinché vengano applicate e rispettate su tutto il territorio nazionale – ha sottolineato Giuseppe Fatati, presidente IO-NET – Inoltre candida le associazioni e le società scientifiche a un ruolo di controllore di queste azioni, attraverso una attività di advocacy, perché i diritti delle persone con obesità sono gli stessi dei diritti umani e sociali delle persone senza obesità”.

Per affrontare la malattia è necessario investire sulla formazione, sull’ampliamento e sul coordinamento delle organizzazioni sanitarie del Paese affinché vengano offerti ai pazienti cure e trattamenti appropriati e omogenei su tutto il territorio – aggiunge Giuseppe Malfi, presidente ADI – Non tutte le strutture sanitarie sono ancora dotate di centri di dietetica e nutrizione clinica, mentre tra quelle esistenti sono rari i casi di reale interdisciplinarità degli ambiti medici. Solo riconoscendo l’obesità come malattia possiamo rendere omogenea l’assistenza sanitaria e abbattere le barriere dei sensi di colpa, dei pregiudizi socio-culturali”.

Cancro alla prostata, un nuovo metodo diagnostico potrebbe sostituire il test PSA

Cancro alla prostata, un nuovo metodo diagnostico potrebbe sostituire il test PSA

di Redazione

Roma. 10 ottobre 2019 – Un nuovo Test ideato nei laboratori dell’Istituto Superiore di Sanità, potrebbe essere in grado di diagnosticare il tumore alla prostata senza ricorrere alla biopsia. Il metodo, i cui risultati sono stati pubblicati su ‘Cancers’ è stato messo a punto grazie a uno studio clinico prospettico frutto di una collaborazione con l’Unità di Neuroimmunologia dell’IRCCS Fondazione Santa Lucia e con il Dipartimento di Scienze Urologiche del Policlinico Umberto I di Roma. Il nuovo test è stato applicato su 240 campioni, dimostrandone la precisione diagnostica pari al 100 per cento di specificità (nessun falso positivo) e al 96 per cento di sensibilità. In base a questi risultati su 100 pazienti 96 potrebbero non avere bisogno di ulteriori approfondimenti diagnostici e con l’allargamento della base dei dati si potrà arrivare, in tempi relativamente brevi, a una procedura decisionale ottimale che renderà necessarie ulteriori analisi invasive a numero minimo di pazienti. Ciò renderà possibile cambiare in modo significativo la gestione clinica del paziente colpito da cancro alla prostata consentendo anche di intervenire con una prevenzione secondaria molto più efficace basata sia su terapia chirurgica che medica.

Fino ad oggi il dosaggio della PSA sierica – cioè il dosaggio dell’antigene prostatico specifico non era in grado di operare efficacemente la discriminazione tra le patologie maligne e quelle benigne che spesso coesistono nello stesso paziente – afferma Stefano Fais del Dipartimento Oncologia e Medicina Molecolare dell’Istituto Superiore di Sanità – grazie a questo nuovo test, invece, attraverso un semplice prelievo ematico è possibile diagnosticare la natura della neoplasia grazie alla possibilità di caratterizzare e quantificare i livelli plasmatici di exosomi che esprimono la PSA”. Gli exosomi (vescicole extracellulari di dimensioni nanometriche), che la gran parte delle cellule del nostro organismo rilasciano, servono infatti a trasportare e a scambiare diversi tipi di molecole tra le cellule, tanto da essere considerate ormai la principale sorgente di biomarcatori di malattia. Nel caso del cancro prostatico trasportano una PSA che per molti aspetti è diversa dalla classica PSA solubile presente nel siero. Nello studio sono state dimostrate, grazie al confronto dei valori della PSA sierica con quelli degli EXO-PSA, l’elevata sensibilità e la specificità del Test rispetto all’incapacità della PSA sierica nel distinguere il cancro della prostata da tutte le altre condizioni, compresa l’iperplasia prostatica benigna.

Si tratta di un Test di altissima precisione – afferma Alessandro Sciarra del Dipartimento di Scienze Materno infantili e Scienze urologiche del Policlinico Umberto I – vantaggioso innanzitutto per i pazienti che non devono sottoporsi a ulteriori indagini invasive e psicologicamente non devono sopportare lo stress dell’attesa dei risultati. Inoltre, l’uso diffuso di questo test può notevolmente ridurre la spesa sanitaria, evitando cioè i costi di ulteriori approfondimenti diagnostici”. Quindi, in base ai dati dello studio pubblicato su Cancers saranno possibili studi di screening basati su EXO-PSA sulla popolazione maschile a livello mondiale. Per l’Istituto Superiore di Sanità hanno partecipato al lavoro, oltre a Stefano Fais, Mariantonia Logozzi, dello stesso dipartimento che ha messo a punto ed eseguito la totalità dei test, mentre l’analisi statistica è stata eseguita, in collaborazione con il Dipartimento Ambiente e Salute, da Alessandro Giuliani. Il policlinico Umberto I ha curato sia la raccolta dei dati clinici dei pazienti che la raccolta dei campioni e L’IRRCS Fondazione Santa Lucia di Roma, grazie alla collaborazione di Daniela Angelini, ha messo a punto le analisi cito-fluorimetriche.

Studio Fimmg, cadute degli anziani ridotte del 20 per cento grazie al medico di famiglia

Studio Fimmg, cadute degli anziani ridotte del 20 per cento grazie al medico di famiglia

di Redazione

Roma. 10 ottobre 2019 – Il medico di famiglia, attraverso un’attività di informazione e prevenzione, può contribuire a ridurre di circa il 20% il numero delle cadute degli anziani e di circa il 45% il numero di accessi al pronto soccorso. È quanto emerge dallo studio PREMIO (Studio di Prevenzione primaria delle cadute domiciliari in pazienti anziani a rischio), realizzato dalla Scuola di Ricerca della FIMMG in collaborazione con il Centro Ricerche San Raffaele Roma e presentato nell’ambito del 76° Congresso nazionale FIMMG-Metis a Villasimius (Cagliari). «FIMMG, considerando come il medico di medicina generale per il suo ruolo sul territorio caratterizzato dal rapporto di fiducia con l’assistito e la continuità nel tempo dell’assistenza sia l’interlocutore privilegiato per l’implementazione di programmi di prevenzione, ha voluto realizzare questo studio che ha l’obiettivo primario di analizzare la differenza annuale, in termini di tasso di cadute riportate, tra un gruppo di pazienti non informati (CONTROLLO) e un gruppo di pazienti a cui viene offerto un programma di intervento coordinato dal MMG (INTERVENTO)» sottolinea una nota della federazione.

«118 ricercatori – spiega – hanno arruolato 1747 pazienti di oltre 65 anni, divisi in due gruppi, seguendoli nell’arco di 12 mesi. Al gruppo di intervento è stata offerta una serie di iniziative informative – educazionali finalizzate a ridurre il rischio ambientale di cause di cadute e un programma settimanale di attività fisica da svolgere a casa». «I risultati preliminari dello studio PREMIO – continua il comunicato – mettono in evidenza una riduzione di circa il 20 per cento di cadute complessive degli anziani appartenenti al Gruppo di intervento, con una significativa riduzione degli accessi al pronto soccorso, tra i due Gruppi di circa il 45 per cento, oggi intasati a causa degli innumerevoli accessi impropri». «La medicina generale ha condotto con grande impegno questo studio dimostrando capacità di svolgere studi di popolazione – ha sottolineato Walter Marrocco, direttore della Scuola di Ricerca della FIMMG – pur affrontando una serie di difficoltà, tra cui la mancanza di un quadro normativo che faciliti l’attività di ricerca e l’assenza degli elenchi dei medici ricercatori in medicina generale non presente in tutte le ASL, come previsto dalla legge». Lo Studio sembra altresì dimostrare come l’intervento del Medico di Medicina Generale sia particolarmente efficace nella prevenzione delle conseguenze legate all’invecchiamento della popolazione e agli effetti negativi delle condizioni di cronicità e complessità dei pazienti reali.

Dopo aver toccato 15 città in 30 giorni di viaggio, il Tour #AdessoBasta arriva in Sardegna al Congresso della FIMMG

Dopo aver toccato 15 città in 30 giorni di viaggio, il Tour #AdessoBasta arriva in Sardegna al Congresso della

FIMMG

Silvestro Scotti: “I nostri assistiti, meglio le nostre comunità, chiedono garanzie al Governo sul futuro del proprio medico di famiglia”

Villasimius, 4 ottobre 2019 – Arriva in Sardegna, da lunedì a venerdì prossimi, al Congresso Nazionale della Federazione Italiana Medici Medicina Generale, il Camper del tour #AdessoBasta. Dopo aver ascoltato i reali bisogni sanitari e sociosanitari della popolazione e degli amministratori locali del nord Italia, la FIMMG tira le somme per poter avanzare al Governo del Paese le richieste dei loro pazienti e delle loro comunità di assistenza. “Termina alla fine del nostro Congresso Nazionale, la prima fase del Tour #AdessoBasta, con l’ennesima dimostrazione di quanto la figura del medico di famiglia, sia importante, meglio determinante, per la salute dei nostri assistiti. La loro partecipazione nelle piazze ci ha fatto toccare
con mano quanto si sia creato un rapporto di fiducia indissolubile tra medico e paziente. La popolazione italiana vuole sia garantita una continuità di cura: per questo è indispensabile sviluppare e migliorare l’organizzazione dell’assistenza sul territorio. Perché ciò avvenga è però necessario che chi governa investa nella medicina di famiglia con azioni nello specifico, non basta il cambiamento del nostro contratto di lavoro ci vogliono interventi sulla finanziaria che usino finanziandola fuori dal FSN la capacità di sviluppo di una medicina di famiglia che possa investire su se stessa considerando il singolo medico come un impresa a esclusivo interesse pubblico e sociale, liberando capacità professionali di assistenza di prossimità grazie a personale e innovazione tecnologica che permettano di poter gestire al meglio le esigenze della nostra gente”, queste le parole del Segretario nazionale FIMMG, Silvestro Scotti “Proprio per questo con il Tour abbiamo voluto toccare i Comuni più piccoli perché è qui che si amplifica la percezione del bisogno di un’offerta negli studi di nuove tecnologie, come di figure di supporto come collaboratore di studio, l’infermiere o l’assistente sociale. La percezione che in comunità piccole quasi elementari si possano sviluppare migliori modelli di offerta assistenziale è la base perché questi modelli possano essere considerati anche come base per soluzioni anche di aree più complesse sul piano urbanistico, perché in fondo che cosa è una metropoli o una città se non un insieme di comunità di quartiere o addirittura di condomini. Sarebbe fondamentale poter eseguire nei nostri studi, gli esami di diagnostica di I livello come l’elettrocardiogramma o la spirometria o un holter cardiaco o pressorio e ottenere anche pareri o consulenze di second opinion specialistica attraverso la telemedicina. Questo aumento della capacità diagnostica del primo livello di cura anche con processi di integrazione telematica con gli specialisti non può però bloccare il medico alla fase diagnostica rispetto al diritto professionale di offrire la migliore terapia al proprio paziente, quindi “adesso basta” a farmaci, ormai più che consolidati altro che innovativi, bloccati dal piano terapeutico specialistico che costringe i pazienti a rivolgersi ad un secondo livello più burocratico amministrativo che assistenziale che umilia professionalmente sia noi che gli stessi specialisti, aumentando liste d’attesa e ineguaglianza nell’accesso alle cure. Il Tour #AdessoBasta nei prossimi mesi continuerà il suo percorso nel Centro e nel Sud con altre numerose piazze italiane, di fatto accompagnando con il nostro rumors di fondo le scelte della politica nazionale su Patto per la Salute e sulla Legge Finanziaria”. Conclude Scotti