Avocado, una risorsa per obesità e diabete Lo dimostra uno studio scientifico canadese

Avocado, una risorsa per obesità e diabete Lo dimostra uno studio scientifico canadese

di Redazione

Ottawa. 4 Novembre 2019 – Un guacamole anti-chili di troppo e diabete. E’ quanto suggerisce uno studio condotto dall’Università di Guelph (Canada) che ha dimostrato come il consumo di avocado sia in grado di bloccare i processi cellulari alla base al diabete. Responsabile di queste proprietà benefiche è una molecola presente solo nell’avocado e per questo denominata avocatina B (o AvoB). La ricerca è stata condotta su animali da esperimento (topi),sottoposti ad una dieta ricca di grassi per otto settimane, allo scopo di renderli obesi e di far sviluppare loro insulino-resistenza, una condizione di pre-diabete, caratterizzata dall’incapacità dell’organismo di utilizzare in maniera appropriata il glucosio in circolo. Obesità e insulino-resistenza  compaiono quando i mitocondri, gli organelli che fungono da centrale elettrica della cellula, non riescono a bruciare completamente il loro ‘combustibile’, rappresentato dagli acidi grassi.

Ma i ricercatori canadesi hanno scoperto che l’avocatina B riesce a correggere almeno in parte questa ossidazione incompleta degli acidi grassi a livello dei muscoli e del pancreas, riducendo in questo modo l’insulino-resistenza. Aggiungendo AvoB alla dieta ‘grassa’ dei topi per 5 settimane, gli autori hanno infatti scoperto che gli animali ingrassavano meno e presentavano una maggior sensibilità all’insulina rispetto ai loro ‘colleghi’ che non ricevevano il supplemento di AvoB. I ricercatori canadesi hanno dunque valutato l’effetto del supplemento a base di avocado su un gruppo di persone sane, dimostrandone innanzitutto la sicurezza.  Anche nell’uomo, l’assunzione di AvoB determina una blanda riduzione di peso. Il prossimo passo consisterà nell’organizzare uno studio per valutare l’effetto di AvoB su pazienti affetti da problemi di metabolismo. Il composto è stato già approvato come ‘supplemento dietetico’ dalle autorità regolatorie canadesi e arriverà sul mercato già dal prossimo anno. “Ma qualunque supplemento – ammoniscono i ricercatori canadesi – non potrà mai sostituirsi ad una dieta sana e alla pratica di un regolare esercizio fisico per mantenersi in forma e in salute”. La ricerca, firmata dal professor Paul Spagnuolo del Dipartimento di scienza dell’alimentazione della University of Guelph, è pubblicata su Molecular Nutrition and Food Research.

Il punto sul vaccino antinfluenzale 2019-20 “L’Italia è lontana dagli obiettivi dell’Oms”

Il punto sul vaccino antinfluenzale 2019-20 L’Italia è lontana dagli obiettivi dell’Oms”

 

di Redazione

Roma. 4 Novembre 2019 – È partita la campagna contro i virus che circoleranno nel 2019 e nel 2020. Si calcola che in questa stagione l’influenza colpirà circa sei milioni di italiani. A questi si aggiungeranno le sindromi parainfluenzali, provocate dalle altre centinaia di virus in circolazione, come ad esempio Adenovirus, Rhinovirus, virus sinciziale respiratorio, che colpiranno otto milioni di persone. Per tenere il più possibile alla larga l’influenza o, se non altro, per renderne minore l’impatto, l’arma vincente è giocare d’anticipo. E il miglior modo per farlo è senza dubbio sottoporsi al vaccino antinfluenzale. «Ogni anno sono quattro i virus contro i quali ci dobbiamo immunizzare. Due del ceppo A (H1N1 e H3N2) e due del ceppo B, che sono contenuti nel vaccino quadrivalente», spiega Roberto Burioni, ordinario di microbiologia e virologia all’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano. «La vaccinazione, la cui protezione inizia nell’arco di due settimane dall’inoculazione e dura circa otto mesi, non garantisce la protezione totale dal virus, ma riduce notevolmente la probabilità di contagio. È indispensabile per le persone più a rischio. A loro è offerto gratuitamente dal Servizio sanitario nazionale. Le categorie comprendono:  anziani, malati cronici affetti, ad esempio, da patologie dell’apparato cardiovascolare, del fegato, dell’apparato respiratorio, da diabete e da insufficienza renale, malati di tumore, donne in gravidanza».

Nell’ultima campagna è stato vaccinato in media solo il 23% di loro, andando dal 27,1% nel caso dei diabetici a un misero 13,6% nei pazienti affetti da patologie del fegato. Bassissima la copertura tra le donne in gravidanza, che a stento raggiunge l’1,7%. Risultati, questi, assai lontani dall’obiettivo di copertura minima del 75% (l’ideale sarebbe il 95%). Questa metà è stata fissata dall’Organizzazione mondiale della sanità per anziani e persone a rischio. «Per far sì che le vaccinazioni antinfluenzali aumentino, occorre puntare soprattutto su comunicazione e informazione ai cittadini – sostiene Burioni – senza dimenticare che un ruolo fondamentale nel promuovere i vaccini viene svolto dal medico di famiglia, che è prossimo al paziente e che conosce i suoi bisogni assistenziali».

Per comprenderlo inizia a partire dal virus dell’influenza, una particella sferica controllata, all’interno, da proteine ​​(matrice) che determinano il tipo di virus:

A, che provoca epidemie e pandemie;

B, che causa piccole epidemie soprattutto nei bambini;

C, che provoca forme più lievi.

«All’esterno, invece, il virus influenzale è rivestito da un involucro formato da un doppio strato di lipidi, ricoperto da una sorta di colonna vertebrale costituite da due proteine, emoagglutinina (H) e neuraminidasi (N), che ha esaminato il virus dell’aggregato l’organismo », prosegue l’esperto. «In particolare, la proteina H mostra al virus di aderire, tramite alcuni recettori, alla superficie delle cellule che rivestono l’apparato respiratorio, mentre la proteina N prova la liberazione del virus dalle cellule infetta una volta avvenuta la replicazione virale». Ebbene, gli attuali vaccini, formati da frammenti inattivati ​​da emoagglutinina e neuroaminidasi, puntano a stimolare il sistema immunitario.

Una causa della camaleontica trasformazione delle proteine ​​non è mai una perfetta coincidenza tra l’ipotesi e la realtà, con il risultato che il sistema di difesa dell’organismo è in grado di riconoscere il virus, e quindi di contrastarli, solo parzialmente. Quanto più le modificazioni sono rilevanti tanto più l’epidemia sarà forte. Se i cambiamenti sono sostanziali, come accade quando i virus umani si combinano con quelli animali (riassortimento genico), ad esempio degli uccelli o dei maiali, può originarsi in un nuovo virus particolarmente aggressivo, in grado di provocare un’epidemia anche a livello mondiale, ovvero una pandemia. Per dare un’idea della grande mutevolezza del virus, basti pensare che dal 1968 oggi sono verificate oltre 4mila mutazioni e quattro pandemie.

Già da alcuni anni gli studiosi di Vaccitech, fondata su alcuni di quelli del Jenner Institute dell’Università di Oxford, in Inghilterra, stanno sperimentando un vaccino che, usano tenere conto delle proteine ​​esterne del virus, è costruito sulla base di quelle interne , che sono invariabili. Per intenderci, possiamo fare un paragone con il corpo umano: è come se il vaccino tradizionale fosse costruito su una caratteristica esterna variabile, come i capelli neri o gli occhi azzurri, mentre quello in sperimentazione fosse focalizzato sugli organi interni, quali cuore, polmoni, fegato. Nel primo caso, risulterebbero riservati solo gli individui portatori di determinate caratteristiche, nel secondo tutte le persone. Tuttavia, se tutto andrà bene, il nostro prodotto potrebbe essere pronto per il 2024-2025 ».

Ecco le regole d’oro della prevenzione

Oltre al vaccino, resta un caposaldo della prevenzione, non mancano altri consigli utili per rinforzare le difese immunitarie e tenere alla larga i virus familiari.

Alimentazione

In generale, è bene limitare il consumo di zuccheri e di grassi e consumare tre porzioni di verdura e due di frutta al giorno, meglio se di stagione. Bando alle diete drastiche (sotto le 1.200 calorie giornaliere), che hanno l’effetto di indebolire l’organismo, rendendolo più vulnerabile alle infezioni.

Integratori

In caso di particolari carenze, sempre dietro il consiglio del medico, si può ricorrere a integratori di vitamine C, D, E, zinco, probiotici, carotenoidi, omega 3. Ci sono anche integratori a base di piante, come echinacea, ginseng, olivello spinoso, bacche di goji, papaia fermentata. Questi prodotti si acquistano in farmacia, parafarmacia, erboristeria senza ricetta. Di solito è consigliato l’assunzione in cicli, con un periodo di sospensione, rispettando i dosaggi indicati nel «bugiardino».

Stili di vita

Lavate regolarmente le mani con acqua e sapone. Il lavaggio, della durata di almeno 40-60 secondi, deve prevedere accurato sfregamento, abbondante risciacquo, attenta asciugatura.

Non mangiate le unghie per evitare di presentare, attraverso la bocca, germi e virus presenti su superfici e oggetti.

Evita gli sbalzi termici che, nel passaggio dal caldo al freddo, favoriscono l’attacco dei virus.

Dormite otto ore. Non riposare a sufficienza porta un possibile cedimento delle difese immunitarie.

Fate movimento. L’attività motoria aumenta la funzionalità dei macrofagi, le cellule che ricoprono il ruolo di «spazzini» dell’organismo.

Combattere lo stress, aumentando la quantità di cortisolo in circolo, un ormone che interferisce con la risposta immunitaria e aumenta la suscettibilità alle infezioni. Provate a praticare yoga o pilates oppure semplicemente a fare una passeggiata nel verde.

In casa

Arieggiate la casa ogni giorno per circa 45 minuti, il tempo giusto per consentire il ricambio di aria e allontanare gli agenti infettivi.

Mantenete le giuste umidità e temperatura. In casa, d’inverno, stabilito esserci non più di 20-22 gradi con il 40-50% di umidità relativa. Per mantenere gli ambienti necessari umidificati si può usare, al bisogno, un umidificatore.

Tenete la casa pulita, spolverando regolarmente i mobili e le suppellettili.

In attesa del vaccino universale gli esperti stanno studiando il modo per rendere più semplice e rapida la vaccinazione annuale contro l’influenza. Una ricerca americana ha testato con successo su 100 persone di età compresa tra i 18 e i 49 anni il cerotto a micro-aghi. Si tratta di un supporto adesivo di circa un centimetro quadrato ricoperto di 100 microscopici aghi che incapsulano il vaccino antinfluenzale. Una volta applicato il dispositivo sulla cute, in una ventina di minuti gli aghi si dissolvono rilasciando il farmaco. Il principio attivo stimola una risposta immunitaria simile a quella provocata dalla tradizionale vaccinazione con fa e siringa. Il patch si conserva per un anno e ha il vantaggio di poter essere applicato a casa, senza necessità di recarsi in ambulatorio, e di essere accettato con facilità anche dai bambini. I risultati di sicurezza ed efficacia devono ora essere confermati da indagini più ampie.

FONTE: Ministero della Salute

Magi (Omceo Roma): “Azioni concrete contro pubblicità per chiedere risarcimenti infondati”

Magi (Omceo Roma): “Azioni concrete contro pubblicità per chiedere risarcimenti infondati”

di Redazione

Roma. 29 Ottobre 2019 – “Malasanità, denunciandola la combatti, fatti risarcire, rivolgiti all’agenzia di zona”; “Ti senti da solo contro i più forti? Proteggiti con noi, denuncia la malasanità!”; “Tutela legale malato: se pensi di aver subito un e danno derivante da casi di malasanità contattaci subito, zero spese di anticipo, pensiamo a tutto noi”. E ancora “Vittima di errore medico? Contattaci, hai dieci anni per ottenere un risarcimento!”. Questi sono alcuni claim pubblicitari in cui è facile imbattersi sfogliando un giornale, girando per le strade delle nostre città o guardando la televisione. In sostanza si tratta di inviti a fare causa ad una struttura o ad un medico qualora si ritiene di aver subito un danno derivante dalla cosiddetta “malasanità”. Intervenuto ad un Convegno sulla Legge Gelli e parlando di pubblicità ingannevoli nei casi di malasanità, il presidente Magi ricordando le iniziative messe in campo dalla Federazione e dagli ordini dei medici ha chiesto alla politica norme in grado di disincentivare il fenomeno delle cause temerarie. 

Pubblicità realizzate da società che lucrano sul dolore personale, per un intervento dall’esito inaspettatamente negativo, o sul dolore di chi ha perso una persona cara. “Vietare la pubblicità ingannevole,vietare per legge il patto quota-lite, sanzionare chi promuove cause temerarie, prevedere il risarcimento del danno al medico accusato ingiustamente”. Con queste quattro proposte si è chiuso l’intervento del Presidente dell’Ordine dei Medici e Odontoiatri della provincia di Roma, Antonio Magi, al Convegno sulla “Gestione della responsabilità professionale in un’azienda sanitaria a due anni dall’entrata in vigore della legge Gelli”, organizzato dall’Asl Roma 1.  In particolare Magi è intervenuto sul fenomeno delle pubblicità ingannevoli nei casi di malasanità ricordando le iniziative di contrasto che la Fnomceo e l’Ordine di Roma hanno messo in piedi. Tra queste l’accordo tra Omceo e Ordine degli avvocati capitolini per frenare le richieste di risarcimento infondate, firmato lo scorso giugno, e le campagne che la Federazione nazionale dei medici ha promosso per mettere in guardia contro le “bufale” sul web e i consigli di “Dr Google”.

Parlando di pubblicità ingannevoli e di società “spregiudicate” che spingono i malati (o i loro congiunti) a chiedere risarcimenti per ipotetici interventi medici malriusciti, Magi ha ricordato come tutto questo si riverberi in costi per il Ssn (la famosa medicina difensiva) e in costi per la giustizia (con migliaia di cause, sia civili che penali, che a stragrande maggioranza si risolvono in un nulla di fatto). Il fenomeno, ha ribadito Magi, è però difficile da eradicare specie in quelle aree del Paese, in particolare nel mezzogiorno, dove la causa contro il medico o la struttura, in tempi di crisi, è vista come una possibilità di welfare. Da qui la richiesta alla politica – è la conclusione del presidente – di mettere in campo quei provvedimenti atti a “vietare la pubblicità ingannevole,vietare per legge il patto quota-lite, sanzionare chi promuove cause temerarie, prevedere il risarcimento del danno al medico accusato ingiustamente”.

L’AIFa cerca un nuovo direttore generale: pubblicato l’avviso per sostituire Li Bassi

L’AIFa cerca un nuovo direttore generale: pubblicato l’avviso per sostituire Li Bassi

di Redazione

Roma. 29 Ottobre 2019 – La decisione viene dallo stesso ministro della salute roberto Speranza, che fa valere lo ‘spoil system’ e decide di cambiare il direttore gednerale dell’AIFa scelto non più di un anno edue mesi fa dal ministro della salute precendente, la grillina Giulia Grillo. Ecco il testo dell’avviso pubblicato sul sito del Ministero della Salute:

Con il presente avviso, il Ministero della Salute invita tutti i soggetti che, ai sensi dell’art. 10, del decreto ministeriale del 20/09/2004, n. 245, sono in possesso di diploma di laurea specialistica, con qualificata e documentata competenza ed esperienza sia sul piano tecnico-scientifico nel settore dei farmaci, sia in materia gestionale e manageriale, a presentare una manifestazione di interesse a ricoprire l’incarico di Direttore generale dell’Agenzia Italiana del Farmaco – AIFA; incarico che si renderà disponibile a decorrere dal 9 dicembre 2019. Il Direttore generale dell’Agenzia Italiana del Farmaco sarà nominato con decreto del Ministro della Salute, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome, ai sensi dell’articolo 48, comma 4, lettera a), del decreto legislativo 30 settembre 2003, n.269. La manifestazione deve essere inviata, tramite posta elettronica certificata, entro le ore 18 del 15 novembre 2019 al seguente indirizzo pec: [email protected], corredata da:

  • curriculum vitae del candidato

  • dichiarazione sulla insussistenza di cause di inconferibilità e incompatibilità, da rilasciarsi ai sensi dell’articolo 20 del decreto legislativo 8 aprile 2013, n. 39

  • copia di un documento d’identità in corso di validità

La presentazione della manifestazione di interesse non vincola in alcun modo questa Amministrazione a conferire l’incarico di Direttore generale al soggetto richiedente.

Il presente avviso è da intendersi come procedura pubblica finalizzata all’acquisizione di manifestazioni di interesse per il conferimento, ai sensi del richiamato articolo 48, dell’incarico di Direttore generale dell’Agenzia Italiana del Farmaco.

Dal ministero della Salute un decalogo sugli integratori alimentari: non curano

Dal ministero della Salute un decalogo sugli integratori alimentari: non curano

 

di Redazione

Roma. 29 Ottobre 2019 – Capsule, compresse, fialoidi e simili. Sono gli integratori alimentari “fonti concentrate di nutrienti o altre sostanze ad effetto fisiologico che non hanno una finalità di cura, prerogativa esclusiva dei farmaci”. Lo chiarisce il ministero della Salute in un ‘Decalogo per un uso corretto degli integratori alimentari 2019’ pubblicato sul proprio sito. Gli integratori “sono ideati e proposti per favorire nell’organismo il regolare svolgimento di specifiche funzioni o la normalità di specifici parametri funzionali o per ridurre i fattori di rischio di malattia. L’impiego di integratori, per risultare sicuro e adatto alle specifiche esigenze individuali, deve avvenire in modo – chiariscono gli esperti – consapevole e informato sulla loro funzione e sulla valenza degli effetti svolti, senza entrare in contrasto con l’esigenza di salvaguardare abitudini alimentari e comportamenti corretti nell’ambito di uno stile di vita sano e attivo”. Ecco il decalogo del ministero per consumare gli integratori alimentari in modo sicuro e consapevole:

1) Ricorda che una dieta varia ed equilibrata fornisce, in genere, tutte le sostanze nutritive di cui l’organismo ha bisogno e che è fondamentale per tutelare e promuovere la tua salute e il tuo benessere nel contesto di uno stile di vita sano e attivo. Di conseguenza, per poterne ricavare complessivamente un vantaggio, l’uso di un integratore alimentare per i suoi effetti nutritivi o fisiologici deve avvenire nel contesto sopra descritto e non deve mai essere dettato dalla convinzione, erronea, di poter ‘compensare’ gli effetti negativi di comportamenti scorretti.

2) Se intendi far uso di un integratore, accertati che gli effetti indicati in etichetta rispondano effettivamente alle tue specifiche esigenze di ottimizzazione della salute e del benessere e non superare le quantità di assunzione indicate. Gli integratori alimentari possono rivendicare in etichetta solo gli effetti benefici sulla salute preventivamente autorizzati dalla Commissione europea per i loro costituenti, dopo l’accertamento del fondamento scientifico da parte dell’European Food Safety Authority (Efsa).

E ancora: 3) “Leggi sempre per intero l’etichetta e presta particolare attenzione alle modalità d’uso, alle modalità di conservazione e agli ingredienti presenti, anche in considerazione di eventuali allergie o intolleranze, e a tutte le avvertenze. Diversi integratori, per la presenza di specifici costituenti, possono riportare avvertenze supplementari per un uso sicuro. Nel caso in cui un integratore richieda un uso continuativo, ad esempio per favorire la normalità del livello di colesterolo nel sangue o della pressione arteriosa, consulta periodicamente il tuo medico per valutare l’andamento della situazione e lo stato delle tue condizioni generali; 4) Chiedi consiglio al tuo medico per l’uso di un integratore se non sei in buona salute o sei in trattamento con farmaci per accertarti che non ci siano controindicazioni nella tua condizione. In ogni caso informa il medico se fai uso di integratori, soprattutto in occasione della prescrizione di farmaci.

5) Per la somministrazione di integratori ai bambini senti il consiglio dei pediatra; se sei in stato di gravidanza o stai allattando è comunque bene sentire il consiglio del medico;

6) Ricorda che un prodotto non è sicuro solo perché è naturale ma che, anzi, proprio per il suo profilo di attività fisiologica, potrebbe determinare effetti inattesi e indesiderati in determinate condizioni. Pertanto, se in concomitanza con l’assunzione di un integratore rilevi qualcosa che non va, di diverso dagli effetti attesi, sospendine l’assunzione e informa tempestivamente il medico o il farmacista (possibilmente portandogli la confezione impiegata), che potranno segnalare l’evento al sistema di fitovigilanza dell’Istituto superiore di sanità (Vigierbe).

7) Ricorda che gli integratori sono concepiti per contribuire al benessere e non per la cura di condizioni patologiche, che vanno trattate con i farmaci. L’uso di integratori in quantità superiori a quelle indicate in etichetta ne snatura il ruolo senza offrire risultati fisiologicamente migliori. Può anzi diventare svantaggioso, soprattutto se si prolunga nel tempo;

8) Ricorda che per ridurre il sovrappeso e smaltire il grasso in eccesso devi ridurre l’apporto calorico con una dieta nutrizionalmente adeguata e, nel contempo, aumentare la spesa energetica dell’organismo con un buon livello di attività fisica. L’uso di qualunque integratore alimentare, ai fini della riduzione del peso, può avere solo un effetto secondario e accessorio per le specifiche indicazioni riportate in etichetta. Non seguire diete ipocaloriche per periodi prolungati senza sentire il parere del medico per valutarne l’adeguatezza in funzione delle tue specifiche esigenze. Ricorda che per mantenere il risultato raggiunto in termini di calo ponderale devi modificare stabilmente le tue abitudini alimentari e seguire uno stile di vita attivo, rimuovendo comportamenti sedentari.

9) Anche se fai sport, con una dieta varia ed equilibrata puoi soddisfare le esigenze nutrizionali dell’organismo. L’eventuale impiego di integratori alimentari per le indicazioni riportate in etichetta che ne giustificano l’uso in ambito sportivo deve tenere comunque conto del tipo di sport praticato, della sua intensità e durata, nonché delle specifiche condizioni individuali;

10) Gli integratori, come tanti altri prodotti, oggi sono reperibili anche al di fuori dei comuni canali commerciali, quali ad esempio la rete internet. Diffida di integratori e prodotti propagandati per proprietà ed effetti mirabolanti o come soluzioni “miracolose” dei tuoi problemi.

Sul portale del Ministero della Salute (www.salute.gov.it) trovi utili informazioni sui costituenti ammessi all’impiego negli degli integratori e il Registro, che puoi consultare, in cui vengono riportati i prodotti regolarmente notificati per l’immissione sul mercato italiano.

“3 casi di infezioni post-operatoria ogni 1.000 interventi, aumento della durata di degenza pari a 12 giornate, incremento del costo per singolo ricovero pari a 9.000 euro: adottare protocolli comuni di prevenzione!”

 “3 casi di infezioni post-operatoria ogni 1.000 interventi, aumento della durata di degenza pari a 12 giornate, incremento del costo per singolo ricovero pari a 9.000 euro: adottare protocolli comuni di prevenzione!” 

 

di Redazione

Milano, 25 ottobre 2019 – Limitare al minimo l’impatto economico correlato alle infezioni correlate all’assistenza (ICA), individuando obiettivi e progetti di miglioramento e promuovendo l’adozione di linee guida e protocolli comuni, in aderenza alla normativa nazionale e regionale. Questo il tema del Convegno ‘INFEZIONI OSPEDALIERE: QUALE CLINICAL GOVERNANCE?” organizzato da MOTORE SANITA’, grazie al contributo non condizionato di 3M.

“Un recente studio del EEHTA del CEIS ha analizzato il peso economico delle infezioni ospedaliere e i principali risultati fanno emergere un problema molto importante, tanto per il SSN che per i pazienti. Le infezioni correlate all’assistenza compaiono in media in 32 casi ogni 1.000 ricoveri acuti in regime ordinario, con un trend sempre crescente negli ultimi 10 anniLa valorizzazione di queste infezioni, mediante stima delle giornate aggiuntive per singolo DRG, ha comportato una stima media annua pari a 550 milioni di euro. Utilizzo di tecnologie avanzate che permettano la riduzione delle infezioni accompagnate da interventi di carattere “preventivo” (monitoraggio dei pazienti all’accettazione dell’ospedalizzazione) garantirebbero una forte riduzione delle infezioni ospedaliere migliorando la salute dei pazienti e riducendo fortemente i costi, tanto diretti quanto indiretti. Lo studio ha avuto anche un focus specifico sull’insorgenza di infezioni post-operatorie a seguito di intervento chirurgico su 6 patologie: diverticolite, appendicite, colecistite, calcolosi della colecisti, ernia, laparocele. Per ogni patologia e relativo intervento chirurgico, è stata stimata l’incidenza di infezioni post-operatorie e il conseguente impatto in termini di durata della degenza, spesa e mortalità intraospedaliera. Il focus su 6 interventi selezionati ha evidenziato una prevalenza di 3 casi di infezioni post-operatoria ogni 1.000 interventi selezionati accompagnati da un aumento preoccupante (tanto dal punto di vista degli esiti quanto dei costi) della durata di degenza pari in media a 12 giornate. È stato poi stimato un incremento del costo medio per singolo ricovero pari a 9.000 euro. L’analisi ha anche evidenziato un incremento del rischio mortalità”, ha detto Francesco Saverio Mennini, Professore di Economia Sanitaria, EEHTA CEIS; Università di Roma “Tor Vergata”, Kingston University London UK

In Lombardia è in vigore il Progetto Check List Chirurgia Sicura 2.0, sviluppato dal gruppo regionale Risk Manager di Regione Lombardia, con l’obiettivo di analizzare il rischio per la sicurezza del paziente in sala operatoria.

L’intervento chirurgico comprende una serie di attività che devono essere svolte in una sequenza prestabilita con elevata interazione multiprofessionale, utilizzando tecnologie sempre più complesse. In tale condizione di complessità è necessario adottare uno strumento che riporti in modo puntuale le condizioni strutturali/organizzative da verificare, le attività da svolgere, i controlli da eseguire, assicurando la tracciabilità delle azioni: tale strumento è rappresentato dalla check list. La Check List Chirurgia sicura 2.0, si compone di due strumenti “Check List di Sistema” e “Check List Paziente”: la prima esplora 3 macroaree (Protocolli/Procedure, Monitoraggio e Formazione), valuta quindi anche l’operato del “Management” nell’investire risorse per l’implementazione di Raccomandazioni, disponibilità di sistemi di monitoraggio della macchina organizzativa, formazione del personale anche alla cultura del rischio, presenza di sistemi di segnalazione dei possibili errori. La Check List del Paziente analizza le 3 fasi Preoperatoria, Intraoperatoria e Postoperatoria, verificando che tutte le attività delle 3 fasi siano eseguite nei tempi e nei modi previsti utilizzando le migliori evidenze di efficacia a disposizione. Serve a valutare la corretta esecuzione di attività e utilizzo di risorse in sinergia con quanto esplicitato nella Check List di Sistema”, ha spiegato Enrico Comberti, Direttore UOC Qualità, Formazione e Gestione del Rischio, ASST Spedali Civili di Brescia

“Gli acquisti centralizzati dei dispositivi medici hanno un gran valore per il farmacista ospedaliero perché vanno visti come un miglior allocamento delle risorse disponibili. Il farmacista, nella sua funzione di fornire la più recente tecnologia nel campo delle ICA, fa riferimento alle gare centralizzate applicando valutazioni di HTA proprie della struttura in cui opera. Poiché molte strutture hanno linee guida interne, la conoscenza di queste, correlando la valutazione sulla base di questi protocolli, permette il miglior utilizzo delle tecnologie innovative”, ha raccontato Vito Laudisa, Direttore struttura complessa Farmacia, Istituto Nazionale Tumori Milano

‘Allerta 2’ dall’Istituto Superiore di Sanità su sostanze illegali utilizzate per lo svapo

Allerta 2’ dall’Istituto Superiore di Sanità su sostanze illegali utilizzate per lo svapo

di Redazione

Roma. 22 Ottobre 2019 – Le sigarette elettroniche possono causare gravi lesioni polmonari. A lanciare l’allerta di grado 2 (sul massimo di 3) al ministero della Salute e agli assessorati competenti è stato il ‘Sistema Nazionale di Allerta Precoce’ dell’Istituto Superiore di Sanità (Iss). L’obiettivo è “vigilare sulla grave malattia polmonare tra le persone che utilizzano le sigarette elettroniche”, e in particolare alcuni liquidi, e monitorare l’insorgenza delle gravi lesioni polmonari riscontrate in Usa. L’allerta, confermata all’Ansa, è stata diramata lo scorso 10 ottobre. La decisione è stata assunta sulla base delle segnalazioni ricevute dall’Osservatorio Europeo delle droghe e delle tossicodipendenze di Lisbona. Il grado 2 indica il rischio di lievi danni per la salute e di diffusione di sostanze nel mercato illecito. Quelli registrati negli Usa sono circa 1300 casi e 26 morti da polmonite chimica, soprattutto tra i più giovani. La maggior parte ha utilizzato prodotti per e-cig contenenti THC (tetraidrocannabinolo), molti hanno usato prodotti a base sia di THC che nicotina e altri solo nicotina. I Centers for diseases control (Cdc) segnalano inoltre che molti casi sono collegati all’uso di prodotti acquistati su canali non ufficiali e rivenditori non autorizzati. Gli esperti però avvertono: ciò che è stato registrato negli Stati Uniti per ora non ha alcun riscontro in Italia e in Europa, perché il problema negli Usa è rappresentato dall’uso senza regole dell’e-cigarette, spesso legato al consumo di stupefacenti. Nel nostro Paese i controlli sulla vendita nei canali ufficiali delle sostanze con cui sono caricati questi strumenti sono molto più rigorosi. L’assenza di un nesso di causalità, scrive l’Iss, tra i casi di malattia polmonare e una singola sostanza, marchio o metodo di utilizzo lascia i Paesi europei, tra cui l’Italia, in una situazione di allerta. Per questo anche le strutture sanitarie italiane dovranno vigilare e denunciare eventuali casi. Intanto è salito ad almeno 33 negli Usa il numero delle persone decedute per la malattia polmonare chiamata Evali e legata alle sigarette elettroniche. Lo rendono noto le autorità sanitarie federali che parlano di 1.479 casi in tutto il Paese.

Danni al cervello più frequenti nei calciatori a causa di colpi di testa e di scontri di gioco

Danni al cervello più frequenti nei calciatori a causa di colpi di testa e di scontri di gioco

di Redazione

Londra. 22 Ottobre 2019 – Secondo uno studio inglese sul cervello di sei calciatori che hanno sviluppato la demenza dopo anni di attività agonistica, i cui risultati sono stati pubblicati dal Guardian, i colpi di testa e scontri di gioco con gli avversari potrebbero causare nei casi estremi danni al cervello dei calciatori, con conseguenti rischi di demenza. Certamente una ricerca su 6 persone rappresenta un campione troppo ristretto per giungere a conclusioni definitive, ma dagli esami autoptici eseguiti dai ricercatori della Queen Square Bank per gli studi neurologici della University College London Institute of Neurology, si è scoperto che tutti e sei erano affetti dal morbo di Alzheimer, e, in quattro casi su sei, è stata riscontrata encefalopatia traumatica cronica, una malattia degenerativa secondo gli studiosi legata ai ripetuti colpi di testa. Entrambe le malattie sono caratterizzate dalla formazione di grumi di particolari proteine nel cervello e il posizionamento di queste proteine può essere stabilito solo dopo la morte. “I risultati della nostra ricerca mostrano un potenziale legame tra i ripetuti impatti della testa con il pallone e lo svilupparsi della encefalopatia traumatica cronica”, ha dichiarato Helen Ling, co-autore della ricerca. Il quotidiano britannico precisa che non c’è totale convergenza sulle conclusioni della ricerca: in molti si sono affrettati a sottolineare che non esistono prove evidenti del fatto che giocare a pallone può aumentare il rischio di sviluppare la demenza. Anche gli autori dello studio hanno precisato, secondo quanto riferisce il quotidiano ‘La Repubblica’, che non è ancora chiaro se i soggetti analizzati avrebbero sviluppato la malattia se non avessero giocato a calcio. Per avere maggiori certezze, spiega Ling, si dovrebbero effettuare studi su calciatori ritiratisi dall’attività agonistica.


Quello dei colpi alla testa subiti dagli sportivi è un filone che negli ultimi anni è stato oggetto di numerosi studi, in particolare nel football americano e nel pugilato. In particolare ha fatto scalpore la ricerca della Boston University che ha rivelato come 90 ex giocatori della Nfl su 94 siano stati trovati positivi alla encefalopatia. La stessa lega di Footbal americano ha riconosciuto l’anno scorso il legame tra il trauma cranico e la malattia, in un caso che è stato raccontato nel film ‘Zone d’ombra’ con Will Smith. Secondo un altro studio, il calciatore inglese Jeff Astle, centravanti icona del West Bromwich (soprannominato ‘The King’), è stato il primo calciatore a morire prematuramente per una malattia professionale: il suo decesso, nel 2002, è stato legato ai troppi colpi di testa che lo avevano reso celebre e che costituivano buona parte dei suoi 174 gol in 361 partite. Gli esperti una dozzina di anni dopo hanno accertato la relazione con i piccoli ma regolari traumi cranici al cervello, poi degenerati in demenza.

Un altro studio, finanziato dalla Fondazione Drake, effettuato da un team di ricercatori britannici e pubblicato sulla rivista Acta Neuropalhologica, ha evidenziato nei sei calciatori la presenza di altri fattori che avrebbero contribuito allo sviluppo della demeneza, come la presenza di uno strappo del setto pellucido, una sottile membrana che si trova al centro del cervello, “una caratteristica moloto comune nei pugili professionisti e legata a ripetuti traumi cerebrali”, ha osservato Ling, ammettendo comunque che lo studio non è in grado di stabilire con quale frequenza e quale forza di impatto i colpi di testa possono essere collegati allo sviluppo della malattia. Peter Jenkins, neurologo e ricercatore dell’Imperial College di Londra, specializzato nei traumi cranici e non coinvolto nello studio, ne ha sottolineato inoltre l’esiguo campione.

Dopo l’intesa della conferenza Stato-Regioni Domenico Mantoan nuovo presidente di AIFa

Dopo l’intesa della conferenza Stato-Regioni Domenico Mantoan nuovo presidente di AIFa

di Redazione

Roma. 22 Ottobre – L’Agenzia italiana del farmaco ha finalmente il nuovo presidente: è Domenico Mantoan, attualmente direttore generale dell’Area Sanità e Sociale della Regione Veneto. Dopo l’ok delle Regioni alla proposta di nomina avanzata dalla Regione Veneto, nel pomeriggio è arrivato prima l’ok del Ministro della Salute Roberto Speranza e poi il via libera dalla Stato-Regioni. Ora manca solo il decreto di nomina del Ministro della Salute per rendere effettivo l’incarico. “Il ministro per gli Affari regionali Francesco Boccia ha appena nominato, su indicazione unanime della Conferenza delle Regioni, Domenico Mantoan, tecnico della regione Veneto di alta qualità e professionalità, presidente di Aifa, l’Agenzia italiana del farmaco”. Ha annunciato il presidente della Conferenza delle Regioni Stefano Bonaccini, al termine della Conferenza Stato-Regioni convocata da Boccia al palazzo della Stamperia, sede del ministero per gli Affari regionali.

“Tra l’altro – ricorda Bonaccini – era previsto nell’accordo che avevamo raggiunto in precedenza; poi avevo ricoperto io la carica quale presidente pro-tempore per qualche mese, per garantire che il Cda fosse `facente funzioni´ e prendesse alcune decisioni importanti e urgenti. Dopo la nomina `de facto´ del presidente Mantoan, la prossima settimana integreremo il consiglio di amministrazione”. “Abbiamo dato l’indicazione per la nomina alla presidenza di Aifa e la Conferenza dei presidenti ha indicato Domenico Mantoan che è il segretario regionale della sanità del Veneto. È un riconoscimento alla carriera, alla professionalità. È un tecnico puro e peraltro essendo in pensione da aprile prossimo avrà molto tempo da dedicare ad Aifa”. Aveva detto il presidente della Regione Veneto, Luca Zaia uscendo dalla Conferenza delle Regioni.

Domenico Mantoan, 62 anni, è direttore generale dell’Area Sanità e Sociale della Regione Veneto. La proposta di nomina infatti spettava alla Regione Veneto. Per quanto riguarda invece gli altri due posti in Cda riservati alle Regioni la decisione è stata rinviata alla prossima settimana ma secondo i rumors sarebbe riconfermato Davide Caparini, assessore all’Economia della Regione Lombardia e l’altro posto dovrebbe andare alla Regione Emilia Romagna.

Salute mentale in Italia: “Necessaria visione a 360° a tutela degli oltre 850mila pazienti, servizi e terapie garantiti a macchia di leopardo”

Salute mentale in Italia: “Necessaria visione a 360° a tutela degli oltre 850mila pazienti, servizi e terapie garantiti a macchia di leopardo”

 

Dall’approvazione nel 2014 del documento di programmazione sui percorsi di cura per i pazienti affetti da disturbi mentali, c’è ancora molta strada da fare

di Redazione
Roma, 17 ottobre 2019 – Per affrontare i problemi legati ai disturbi mentali, in particolare alla qualità dell’offerta di cura nei sevizi italiani, Motore Sanità ha organizzato in Senato, con il contributo incondizionato di Angelini, il Convegno ‘EVOLUZIONE E FUTURO DELLA CURA DEI DISTURBI MENTALI’ che, vede il coinvolgendo di istituzioni, clinici e rappresentanti dei cittadini.
In Italia, i dati del rapporto sulla Salute Mentale del 2017 dicono che i pazienti psichiatrici assistiti dai servizi specialistici siano oltre 850mila; di cui 336mila entrati in contatto con i servizi per la prima volta; le persone di sesso femminile rappresentano il 54% dei casi; il 68% dei pazienti sono al di sopra dei 45 anni. La spesa complessiva è stata di 4 miliardi di euro, di cui l’assistenza ambulatoriale ben il 47% del complessivo, il residenziale il 40% e il semiresidenziale il 13%. Il costo medio annuo per residente dell’assistenza psichiatrica, territoriale e ospedaliera, è pari a 78 euro. Il disturbo mentale deve essere considerato una malattia cronica a tutti gli effetti e non un problema, perché così facendo si rischiano tardiva diagnosi e bassa aderenza alla terapia. Le persone con psicopatologia non hanno colpe, devono essere considerate affette da patologia così come molti altri: bisognerebbe pensare a terapie croniche già in età giovanile, in modo da non dover rinunciare a vivere normalmente e a formare nuovi specialisti oltre che in accademia direttamente sul campo. “La psichiatria moderna è una scienza che sta vivendo una straordinaria rivoluzione teoretica, metodologica e scientifica. Come la medicina generale, che negli anni 50 con la scoperta del genoma ha rivoluzionato i confini del sapere medico, oggi la psichiatria con la scoperta del Connettoma, la rete neuro-biologica che collega tra di loro i centri cerebrali ed elabora il pensiero e le nostre azioni, costruisce una conoscenza ultrastrutturale del cervello ed inizia a spiegare i meccanismi più’ profondi delle malattie psichiche. Questo enorme cambiamento conoscitivo impone radicali cambiamenti nella metodologia e nella prassi della formazione dei nuovi psichiatri del terzo millennio. Infatti, i nuovi specialisti in formazione psichiatrica devono formarsi in una scuola inserita sia nel mondo accademico sia nel mondo del servizio sanitario nazionale, che comprende le nuove realtà ospedaliere e quelle territoriali”, ha detto Massimo Di Giannantonio, Copresidente Società Italiana di Psichiatria
“Il loro orizzonte mentale e la loro cultura devono essere aperti a tutte queste realtà, affinché possa esistere una rete di collaborazione tra tutti questi setting differenti, con il fine ultimo di assicurare una vera continuità assistenziale. La formazione dei nuovi specialisti deve dunque passare, con rigore metodologico, attraverso didatti universitari, ospedalieri e territoriali. Infine, Il nuovo specialista psichiatra deve sapersi muovere con agilità non solo negli ambiti della psicopatologia e della psicofarmacologia, ma anche della psicoterapia”, ha concluso Massimo Di Giannantonio Le cure e i servizi, pur avvicinandosi ai modelli individuati, purtroppo non sono garanti allo stesso modo su tutto il territorio nazionale: non è un problema economico, è che i soldi sono utilizzati in modo errato, l’impatto sulla gestione della patologia è il vero costo.
“I Percorsi Diagnostico Terapeutici Assistenziali sono garanzie di qualità delle cure perché riflettono gli standard più adeguati, per il trattamento dei disturbi mentali gravi e persistenti, ma le Regioni devono attrezzarsi per adeguare i servizi a quegli standard attraverso azioni progressive di avvicinamento ai modelli individuati. Bisogna aumentare le risorse disponibili per i Servizi di Salute Mentale ampiamente sotto finanziati rispetto allo standard atteso del 6% del fondo sanitario nazionale. Riformare l’organizzazione dipartimentale creando presupposti per una vera integrazione tra sevizi per l’adolescenza e quelli dell’adulto; oggi è necessario ridurre il tempo che intercorre tra la comparsa dei primi sintomi e l’inizio delle cure. La separazione dei servizi al 18° anno di vita è un vero ostacolo al raggiungimento di questo obiettivo. Formare professioni sanitarie specifiche per la Salute Mentale, sia medici attraverso rapporti più organici con Università e scuole di specializzazione che personale del comparto che arriva a lavorare nei Centri di Salute Mentale con un bagaglio di poche ore di in-formazione sui disturbi mentali e nessuna conoscenza tecnico pratica. Potenziare le infrastrutture, perché per applicare i PDTA è necessario avere standard numerici di riferimento che indichino quanta di quella strada di avvicinamento ai contenuti delle Linee Guida è stata percorsa e si è tradotta in offerta di servizi di qualità. Infine, il destino dei disturbi psichici dipende solo in una certa misura dai trattamenti terapeutici; è necessaria la collaborazione dei Dipartimenti di Salute Mentale con gli Enti Locali per favorire politiche di accesso al lavoro, per attuare il diritto all’abitare e spazi di vita che favoriscano piena integrazione delle persone con disturbi psichici nel tessuto umano e culturale della Comunità”, ha dichiarato Michele Sanza, Direttore Unità Operativa Servizio Dipendenze Patologiche, Azienda Unità Sanitaria Locale Romagna – Cesena “Occorre innanzitutto riportare l’attenzione sul grave sottofinanziamento che affligge da anni il settore della salute mentale: i dati più recenti indicano che la spesa media nazionale si attesta al 3,6% del fondo sanitario. Va tuttavia analizzata anche la composizione della spesa e la reale produzione di valore che gli investimenti determinano: parte significativa dei circa 2 miliardi di euro impegnati nella residenzialità psichiatrica potrebbero essere meglio utilizzati in progetti personalizzati sostenuti da budget individuale di salute, perseguendo obiettivi di autonomia e qualità di vita”, ha detto Fabrizio Starace, Presidente Società Italiana di Epidemiologia Psichiatrica