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Aumentano i bisogni dei malati oncologici. Dal Centro Sud: garantire le migliori cure e accesso ai test il più vicino possibile al domicilio del paziente

Nuove conoscenze scientifiche e quindi nuove terapie dai risultati promettenti: il volto dell’oncologia sta cambiando in maniera dirompente. E cambia anche dal punto di vista dell’epidemiologia, dal punto di vista dei bisogni del malato oncologico e delle difficoltà che incontra lungo il percorso. Tutto questo richiede un cambiamento organizzativo e tecnologico con attenzione al territorio.

Napoli, 29 novembre 2022 – Ogni giorno in Italia oltre 1.000 persone ricevono una diagnosi di tumore maligno; oltre 3 milioni e 600mila persone vivono con una pregressa diagnosi di tumore. Si tratta di persone con bisogni molto diversi e con unico punto di riferimento l’oncologia dell’ospedale. L’incidenza dei tumori aumenta con l’età ma dopo i 60 anni c’è anche un aumento di copatologie con aumento di fragilità e aumento di farmaci che si assumono. Come può rispondere il territorio di fronte a tutto questo? Perché l’accesso ai test diagnostici, in particolare a quelli a target molecolare, è tutt’altro che equo? Se n’è parlato al convegno ONCOnnection Stati generali dell’Oncologia SUD: CAMPANIA, MARCHE, PUGLIA, SICILIA”, organizzato da Motore Sanità con la sponsorizzazione non condizionante di Janssen Pharmaceutical Companies of Johnson & Johnson, GSK, Bristol Myers Squibb, Takeda, AstraZeneca e Daiichi-Sankyo.

La medicina territoriale, in un’ottica di prossimità e di assistenza domiciliare e di telemedicina è un tema cruciale in campo oncologico – ha spiegato Rossana Berardi, Presidente Associazione Women for Oncology Italy, Professore Ordinario di Oncologia Università Politecnica delle Marche e Direttore della Clinica Oncologica AOU Ospedali Riuniti di Ancona -. Su questo le Marche sicuramente hanno lavorato tanto, anche soprattutto in questo periodo di pandemia che ha messo a dura a prova tutti i sistemi

sanitari ma che ha premiato la possibilità di lavorare più vicino del territorio dei pazienti, del domicilio dei pazienti”. La professoressa Rossana Berardi ha inoltre sottolineato come il PNRR possa rappresentare una opportunità importante di sostegno sia per la sanità sia per il mondo universitario, “tuttavia ci sono delle criticità legate alla parcellizzazione dei finanziamenti, al fatto che i finanziamenti sono principalmente destinati a beni, apparecchiature, a edilizia, piuttosto che a personale che possa stabilmente poi nel tempo dare continuità alle progettualità”.

“La Sicilia è in rete – ha spiegato Livio Blasi, Direttore UOC Oncologia Medica ARNAS Civico Palermo -. sappiamo dove sono gli studi clinici ma ancora oggi difettiamo sulla logistica, per questo dobbiamo rendere più accoglienti più accoglienti i nostri ospedali. Inoltre è un momento anche di migrazione e dobbiamo lavorare anche su questo aspetto. Stiamo cercando di creare dei percorsi virtuosi per avere una risposta omogenea su tutto il territorio. Se le reti oncologiche e i Pdta non trovano una piattaforma di dialogo siamo al punto di partenza. Una piattaforma di questo tipo è essenziale per dare risposte unitarie e omogenee ai bisogni dei malati oncologici e di accesso alle cure che non devono essere diverse”.

“I numeri sono considerevolmente in aumento e per quanto riguarda la patologia mammaria i numeri sono altissimi, 55mila donne in Italia si ammalano di tumore al seno – ha spiegato Alessandra Ena, Europa Donna Italia -. L’età di insorgenza di questa patologia, inoltre, si è abbassata notevolmente e allora entra in gioco l’innovazione tecnologica che può aiutare la donna a gestire al meglio le sue terapie e soprattutto a coinvolgere un territorio che si sta adeguando a questa innovazione farmacologica in oncologia”. Cosa succede in Puglia? “Sono presenti numerose Brest Unit e le donne vengono accolte in strutture in grado di poter gestire la patologia del tumore della mammella all’interno di gruppi multidisciplinari, diminuendo così la migrazione fuori regione. La Regione Puglia è avanti attraverso l’organizzazione di una rete oncologica pugliese che sta portando avanti il Pdta per la mammella e per tutte le patologie come il tumore del polmone, del colon retto, dell’ovaio e dell’utero. Perché è stato dimostrato che il modello di Pdta del seno è un modello vincente”.

Se le reti oncologiche hanno la finalità di garantire equità nell’accesso dei pazienti a cure appropriate e di qualità, è necessario altresì garantire uguali opportunità di accesso ai test diagnostici, in particolare a quelli a target molecolare.

Purtroppo in Italia, ma anche in gran parte delle nazioni europee, l’accesso ai test con target molecolari è tutt’altro che equo – ha affermato Alfredo Zito, Direttore di Anatomia patologica dell’Istituto Tumori Giovanni Paolo II di Bari -. Le motivazioni vanno ricondotte essenzialmente all’assenza di criteri di rimborsabilità e ad una carente organizzazione sul territorio che individui i centri di patologia molecolare dotati di idonea strumentazione, ma soprattutto di adeguate competenze. Come possiamo immaginare una rete oncologica che non ha a disposizione per tutti i pazienti i test necessari per la miglior terapia al momento possibile? Quante volte si è mandato in giro il paziente o i suoi familiari per recuperare nelle Anatomie patologiche il campione tumorale per queste indagini con notevole perdita di tempo prima di iniziare la terapia più idonea? Perché l’AIFA nel momento in cui approva un farmaco a target molecolare, non si attiva nel segnalare a chi compete che è necessario anche rimborsare il test? Occorre una revisione organizzativa che individui su tutto il territorio nazionale i centri in grado di erogare i suddetti test con criteri di appropriatezza, qualità, equità e omogeneità nelle procedure su tutto il territorio nazionale, evitando non solo la mobilità passiva dei pazienti, ma anche dei loro campioni tumorali”.

Manuela Bignami, Direttrice operativa Associazione Pazienti Loto Onlus, ha sottolineato che “È necessario garantire alle pazienti l’accesso a test che permettano di individuare le mutazioni, così da selezionare chi può beneficiare di trattamenti mirati. Anche i Molecular tumor board, team multidisciplinari che esaminano e interpretano la profilazione genomica, non sono ancora capillari in tutto il territorio nazionale. L’obiettivo è garantire l’accesso a questi strumenti e la loro presenza perché è un diritto dei malati ricevere le migliori cure il più vicino possibile alla propria residenza. In questo modo si garantisce la terapia giusta al paziente giusto e la sostenibilità del sistema sanitario nazionale”.

Infine, sul ruolo del patologo molecolare è intervenuto Umberto Malapelle, Patologo, ricercatore in Anatomia patologica presso l’Università degli Studi di Napoli Federico II. “Negli ultimi venti anni si è assistito ad una rivoluzione nella gestione e nel trattamento di pazienti affetti da neoplasia maligna in stadio avanzato e l’identificazione di un numero sempre maggiore di biomarcatori che possono fungere da bersaglio per terapie personalizzate ha aumentato significativamente il numero di paziente che riesce, oggi, a ricevere un trattamento alternativo al classico schema chemioterapia e/o radioterapia, aumentando il beneficio clinico in termini di sopravvivenza libera da progressione e sopravvivenza globale al prezzo di un minor numero ed intensità degli effetti collaterali. Questa evoluzione si riflette nello sviluppo di una figura in ambito sanitario che ha il compito di creare un ponte tra il mondo del laboratorio e quello della clinica, rappresentato dal patologo molecolare”.

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