Investire in innovazione garantirebbe un cambio di paradigma nella gestione value-based delle persone diabetiche in linea con gli obiettivi del PNRR, riducendo inoltre i costi di gestione di circa 1.600 euro l’anno a paziente.
In 6 punti come potenziare e rafforzare l’offerta di salute dedicata alla cronicità di cui il diabete rappresenta il modello per eccellenza.
5 maggio 2022 – Potenziare la rete diabetologica, articolarla in centri multi-professionali, aumentando il numero di personale dedicato all’assistenza ed investire nella digitalizzazione e nella telemedicina. Queste sono alcune delle sfide che il Servizio Sanitario Nazionale deve affrontare per garantire ai malati di diabete la migliore presa in carico sul territorio.
Si torna a parlare di diabete, una malattia cronica che rappresenta la prima causa di cecità, la prima causa di amputazione non traumatica degli arti inferiori, la seconda causa di insufficienza renale terminale fino alla dialisi o al trapianto, la concausa di metà degli infarti e degli ictus.
In Europa interessa circa 60 milioni di adulti. Gli italiani con diabete sono circa 4 milioni, e si stima che un ulteriore milione abbia la malattia senza che essa sia mai stata diagnosticata. La complessità nella gestione del diabete rappresenta una sfida per l’intero ecosistema sanitario e impegna risorse sempre più rilevanti: in Italia ogni paziente genera per i soli costi diretti un impatto economico per il Servizio Sanitario Nazionale pari a circa 3.500 euro all’anno per un totale di circa 14 miliardi di euro annui.
L’attuale pandemia ha fatto emergere tutte le debolezze del sistema assistenziale, molto legate in particolare alla presa in carico territoriale ed in risposta a questo il nuovo Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) stanzia 15,63 miliardi di euro (7 miliardi tra Reti di prossimità, strutture, servizi di telemedicina e 8,63 miliardi su innovazione, ricerca, digitalizzazione). Investire in innovazione garantirebbe un cambio di paradigma nella gestione value-based delle persone diabetiche in linea con gli obiettivi del PNRR, riducendo inoltre i costi di gestione di circa 1.600 euro l’anno a paziente, come da analisi condotta in regione Toscana sull’utilizzo del sistema FGM. Questi numeri fanno comprendere l’impatto socio-assistenziale ed economico-sanitario di questa malattia cronica. Motore Sanità ha fatto il punto sul “mondo diabete” in occasione dell’evento “Nord – PNRR e Diabete” del 5 maggio, organizzato con il contributo incondizionato di Abbott e Boehringer Ingelheim.
“La recente esperienza, maturata a causa dell’emergenza pandemica da Covid-19, ha fatto emergere la necessità di ripensare il rapporto tra assistito e territorio al fine di renderlo più sinergico con i servizi attualmente offerti dai centri diabetologici multi-professionali e di garantire maggiore integrazione tra le strutture diabetologiche e la medicina del territorio” ha spiegato Angelo Avogaro, Presidente Eletto SID e Professore di Endocrinologia e Malattie del Metabolismo presso Università di Padova. “La Missione 6 del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) impone di ragionare in ottica di potenziamento e rafforzamento dell’offerta di salute dedicata alla cronicità di cui il diabete rappresenta il modello per eccellenza. È necessario quindi 1. potenziare la rete diabetologica; 2. ottimizzare la rete diabetologica inserendo i professionisti isolati nei centri multi professionali; 3. implementare e potenziare la digitalizzazione; 4. articolare la rete diabetologica in 350-400 centri multi-professionali, ognuno dei quali assiste circa 15.000 persone; 5. allocare fondi per ampliare il reclutamento e la formazione di personale dedicato all’assistenza al diabete; 6. rafforzare le funzioni e la professionalità del diabetologo nel suo ruolo di coordinatore dell’intero percorso di cura”.
“Il PNRR – ha commentato Elena Frattolin, Presidente CRAD (Coordinamento Regionale Associazioni Diabete) Friuli Venezia Giulia – non è solo un’opportunità per rendere le strutture più moderne, digitali e inclusive, e adeguare le infrastrutture ospedaliere contro gli eventi sismici, ma è soprattutto un’opportunità per rendere la sanità pubblica più moderna e più vicina alle persone e un’occasione per sviluppare quell’integrazione tra ospedali e territorio che, di fatto, non è mai stata realizzata.”