La Presidente Rossana Berardi: “Ci uniamo a tutti gli appelli delle istituzioni e dei politici sia a livello nazionale sia internazionale e chiediamo che tra i parametri di valutazione possa essere inserito come valore la capacità di far crescere tutti, a dispetto del genere in maniera equa”.
2 marzo 2022 – La Giornata internazionale dei diritti della donna ricorre l’8 marzo di ogni anno per ricordare sia le conquiste sociali, economiche e politiche, sia le discriminazioni e le violenze di cui le donne sono state e sono ancora oggetto in ogni parte del mondo.
“Oggi più che mai, le celebrazioni in occasione di questa festa dovrebbero far riflettere in merito al gender gap e alle equiparazioni salariali e sociali”, spiega Rossana Berardi, Presidente di Women for Oncology Italy. “Nel mondo della medicina, il genere femminile di base è sempre stato associato con un aspetto più di accoglienza, di presa in carico e di cura delle persone. Non è un caso che nei secoli scorsi la donna in ambito sanitario sia sempre stata associata con la figura dell’infermiera, mentre l’uomo con il medico e la scienza. Questa è una visione tradizionale che stiamo cercando di superare, tenendo conto del fatto che le donne hanno skills trasversali che andrebbero valorizzate e incentivate. Vorrei sottolineare il fatto che qui non è in discussione la contrapposizione di genere. Noi come Women for Oncology Italy pensiamo che ci siano donne di grande valore come il contrario e la stessa cosa negli uomini. Quello che vorremmo proporre come donne e professioniste è un’equità che è al di là del genere. Tradotto significa che se il 70% di donne entrano nell’ambito sanitario, diventando medici o ricercatrici, non è pensabile che solo il 16% abbiano una posizione apicale. Questo è iniquo, come lo sarebbe se riguardasse un uomo. Non è una contrapposizione di genere, ma dare a tutti la pari opportunità di fare un percorso dimostrando il proprio valore e venendo riconosciuti per il proprio merito. Le nostre doti ci portano a occuparci di attività lavorative che magari ci vengono più congeniali e che ci permettono di esprimere al meglio queste doti di accoglienza e di comunicazione, ma certamente ciò non vuol dire che non possiamo essere abili anche in altri settori, così come non possano essere abili gli uomini in settori prettamente più femminili. Dove c’è un’abilità è giusto che venga esplicitata, così come anche nel mondo dell’educazione e della formazione, a mio avviso importantissimi e che sono prevalentemente femminili. È altrettanto evidente però che non ci sono lavori da donna e lavori da uomini, ci sono lavori per le persone che sono portate, hanno capacità, abilità e professionalità in quel tipo di attività, a dispetto del genere”.
Stiamo quindi andando nella giusta direzione e il numero di donne in sanità raggiungerà quello degli uomini? La Professoressa Berardi non ha dubbi: “Stiamo andando in questa direzione e lo dimostra il fatto che ne stiamo parlando con un’ottica di equità che superi il gender gap. Il problema è che dalle stime che gli esperti fanno, per arrivare a una vera equità passerà tanto tempo. Si parla addirittura di 200 anni. Bisogna quindi premere sull’acceleratore. Ci uniamo a tutti gli appelli delle istituzioni e dei politici sia a livello nazionale sia internazionale e chiediamo che tra i parametri di valutazione possa essere inserito come valore la capacità di far crescere tutti a dispetto del genere in maniera equa”.