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In Reumatologia reti ancora non omogenee e diffuse sul territorio. 

“C’è ancora molto da fare” l’appello delle associazioni dei pazienti 

Pollenzo, 11 febbraio 2022 – “Le reti in reumatologia possono offrire l’opportunità di attivare percorsi che le evidenze scientifiche hanno ampiamente codificato ma che trovano difficile applicazione pratica: in primis la diagnosi precoce delle artriti iniziali e il riconoscimento della lombalgia infiammatoria, ma nel futuro sarà determinante attivare modelli di gestione integrata al pari di altre patologie croniche quali diabete, scompenso cardiaco e BPCO” 
Enrico Fusaro, Direttore della SC di Reumatologia AOU Città della Salute e della Scienza di Torino, ha aperto con queste parole la sessione “Il valore delle reti di patologia nella medicina attuale in Reumatologia”, alla Winter School 2022 di Pollenzo, dal titolo ‘Oltre la logica dei silos per un’offerta integrata di salute’, organizzata da Motore Sanitàcon il contributo incondizionato di Celgene Italia e Bristol Myers Squibb“Il valore di una rete in reumatologia è quello di offrire, quantomeno a livello regionale, un’omogeneità di offerta e una condivisione dei comportamenti clinici attraverso PDTA”.

Facendo un esame del quadro generale, il professore Fusaro mette in evidenza alcune criticità che devono essere affrontate sul piano organizzativo e assistenziale: disomogeneità nell’attivazione delle reti, disomogeneità nella distribuzione dell’offerta e l’aumento costante della domanda di cura da parte dei pazienti che chiedono delle risposte concrete
A livello nazionale le reti sono presenti solo in alcune regioni, con vari livelli di operatività. “Assistiamo al fenomeno per cui vi sono sia reti regionali formalizzate con atti deliberativi senza che vi sia un’attuazione pratica, sia attività spontanee non formalizzate – spiega il medico -. L’obiettivo è naturalmente quello che formalizzazione ed operatività vadano di pari passo in modo che sia garantita la continuità e il mantenimento dei risultati progressivamente raggiunti. Una criticità dell’assistenza reumatologica è la disomogeneità dell’offerta, spesso concentrata nei capoluoghi di provincia e in alcuni casi nei capoluoghi di regione. Il significato di una rete è pertanto anche quello di analizzare dove l’offerta sia allocata e che potenzialità di risposta possa dare e quindi, in sinergia con le Associazioni di Tutela, stimolare l’apertura di nuove strutture o ambulatori specialistici. La domanda di prestazioni reumatologiche è in costante aumento, questo è dovuto sia all’evoluzione delle conoscenze scientifiche, senz’altro ad una maggiore conoscenza da parte dei medici di medicina generale delle patologie reumatiche, che induce maggiore domanda. L’aumento della domanda a fronte di un territorio disomogeneo nell’offerta porta ad un prolungarsi dei tempi di attesa”.

Secondo il Professor Fusaro è necessario che la rete comprenda il medico di medicina generale in modo che sia coinvolto nel percorso del paziente. 
“Le reti devono farsi carico anche della formazione dei medici di medicina generale con particolare riferimento ad alcune condizioni cliniche. In questo ambito è determinante agire sull’appropriatezza, prendendo spunto dai documenti esistenti e in particolare il Piano Nazionale per il Controllo dei tempi di attesa e le sue declinazioni regionali, in quanto nel piano vi è un riferimento fondamentale, i RAO (Raggruppamenti di attesa omogenei), da cui partire per favorire l’appropriatezza dell’invio a visita reumatologica, sia per quanto attiene l’indicazione clinica in sè sia per quanto attiene l’attribuzione delle classi di priorità. La pandemia ha creato delle evidenti difficoltà nella gestione specialistica delle malattie croniche, con interruzioni o quantomeno diradamento dei follow up. Nel futuro il modello pre-Covid non potrà riproporsi; è il momento quindi di individuare modelli di gestione integrata in cui il medico di medicina generale e lo specialista collaborino per ridurre la pressione di follow up sui centri specialistici e favorire i primi accessi in modo che sia maggiormente soddisfatto il bisogno di diagnosi precoce”.

“L’implementazione delle reti come nel caso dei PDTA per patologia e del PNC se fossero in alcune regioni attuati, o deliberati, avrebbero potuto evitare una serie di problematiche che in epoca Covid sono state amplificate. Voglio ricordare che i pazienti reumatologici da 2 anni sono alle prese con ambulatori chiusi o in forte difficoltà” è il commento di Silvia Tonolo, Presidente ANMAR. 
“Sappiamo che le reti sono sistemi organizzativi che servono a facilitare il percorso di diagnosi e di cura del paziente, supportando la persona affetta da patologia cronica nel migliore percorso. La rete con la suddivisione del territorio in Hub e Spoke facilita la comunicazione, agevola l’implementazione dei PDTA e PNC, e coinvolge il medico di medicina generale. Dal punto di vista dei costi, l’implementazione delle reti, sapendo che le nostre patologie costituiscono la seconda causa più frequente di disabilità, garantirebbero una migliore presa in carico e gestione del paziente, l’organizzazione sanitaria per una diminuzione di costi e una maggiore appropriatezza nelle cure e una presa in carico a 360 gradi del paziente, e specialisti e medici di medicina generale in collaborazione dalla diagnosi alla gestione della cronicità” conclude Silvia Tonolo. 

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