7 dicembre 2021 – La terapia per l’epatite C nel 2017 è stata allargata a tutti i soggetti portatori di HCV, indipendentemente dal grado di malattia epatica. L’obiettivo oggi è l’eradicazione dell’epatite C, ma ciò richiede l’identificazione e successivo trattamento di almeno l’80/90% dei soggetti infetti. Per raggiungere questo risultato è indispensabile far emergere l’”HCV sommerso”, dato che l’infezione corre spesso in modo del tutto asintomatico e silente. È inoltre essenziale creare percorsi facilitati per la presa in carico e l’immediato trattamento dei casi identificati. Con l’obiettivo di analizzate le strategie per l’emersione del sommerso e l’ottimizzazione della presa in carico dei soggetti con HCV, Motore Sanità ha organizzato, in Regione Veneto, l’evento ‘EPATITE C COME RIPARTIRE?’, realizzato grazie al contributo incondizionato di GILEAD e IT-MeD.
“Modelli di stima attualizzati suggeriscono che in Italia rimangono ancora 100.000 pazienti con malattia di fegato avanzata da un’infezione da HCV attiva ancora non diagnosticata, la maggior parte di età fra i 60 e i 70 anni e altri 280.000 individui con infezione da HCV attiva con età media di 46 anni, ignari di una potenziale malattia in quanto asintomatica, ma del tutto reversibile dopo una terapia che garantisce l’eradicazione virale in poche settimane e senza effetti collaterali. Sebbene la scelta di attribuire priorità nello screening ad alcune popolazioni ad alto rischio e alla coorte 1969-1989 sia stata dettata da fondate considerazioni di tipo epidemiologico ed economico, è essenziale ribadire l’assoluta importanza di garantire dopo il primo biennio l’accesso allo screening per HCV alla coorte dei nati fra il 1948 e il 1968 e ad altri gruppi ad alto rischio quali coloro con un danno del fegato, potenzialmente da virus dell’epatite C non diagnosticato e popolazioni con caratteristiche di vulnerabilità (migranti, lavoratrici/lavoratori del sesso, uomini che fanno sesso con altri uomini), garantendo una ulteriore programmazione e dei fondi dedicati. Le Regioni sono ora chiamate a stilare una strategia e definire un modello organizzativo per realizzare gli screening attraverso anche un piano di comunicazione strategica efficace e indispensabile per evitare di non beneficiare dei fondi stanziati dallo Stato”, ha dichiarato Loreta A. Kondili, Istituto Superiore di Sanità
“L’introduzione dei nuovi farmaci orali ad azione antivirale diretta (DAA), caratterizzati da un eccellente profilo di sicurezza ed efficacia, ha reso concreto e raggiungibile l’obiettivo, fissato dalla OMS per il 2030, della definitiva eliminazione della epatite C. Ad oggi in Italia sono stati trattati con questi farmaci oltre 230.000 pazienti, ma il programma di eliminazione di HCV nel nostro Paese, rallentato purtroppo dalla pandemia in corso, è ancora lontano dal traguardo. Infatti, se la maggior parte dei casi noti sono stati trattati, va ricordato che l’infezione decorre spesso in modo asintomatico, ed ancora elevato è il numero di persone inconsapevoli di essere serbatoio per il virus, essendo a rischio di complicanze e al tempo stesso fonte di nuovi contagi. Al fine di raggiungere anche questi pazienti, il Governo ha stanziato di recente un fondo ad hoc destinato allo screening gratuito per HCV di tutta la popolazione nata dal 1969 al 1989, oltre che dei soggetti di qualsiasi età seguiti dai Servizi per le Dipendenze o detenuti in carcere, in quanto categorie ritenute a maggior rischio di infezione e di progressione della malattia. È ora prioritario ed urgente definire le strategie più adeguate a utilizzare questi fondi nel modo più efficiente ed efficace”, ha detto Alfredo Alberti, Senior Professor Università di Padova