Diagnosi precoce dei tumori. Scopriamo il test non invasivo. Alcuni studiosi dell’Università di Bologna hanno elaborato un test non invasivo ed efficiente in grado, mediante un esame del sangue, di prevenire il tumore del colon-retto.
Il test brevettato dai ricercatori dell’Università di Bologna ha dimostrato di essere adeguato, ottenendo risultati rassicuranti in maniera semplice. La ricerca, divulgata sul Journal of Advanced Research con il titolo “Colorectal cancer screening: Assessment of CEACAM6, LGALS4, TSPAN8 and COL1A2 as blood markers in faecal immunochemical test negative subjects”, è risultata efficace controllando un numero di persone che sono risultati negativi di screening per questo di cancro.
La ricercatrice Rossella Solmi, una degli autori della ricerca, ha sottolineato che questo tipo di esame, risultato anche economico, possa, grazie alla sua efficacia e rapidità, determinare i soggetti in buona salute da quelli che sono a rischio.
Come sappiamo prevenire è meglio che curare. In questo ambito si sono registrati 1,8 milioni di nuovi casi e con 880.000 decessi solo nel 2018, classificando al terzo posto la malattia (tumore del colon-retto), per diffusione nel mondo e al secondo posto per mortalità. La soluzione in questo momento è fare il test immunochimico fecale che consente di verificare la presenza o non di sangue occulto nelle feci. In caso di positività del test, occorrerà procedere ad una colonscopia.
È anche possibile, in aggiunta, effettuare un recente esame che si fonda sull’analisi del livello di espressione di quattro marcatori genetici (CEACAM6, LGALS4, TSPAN8 e COL1A2) collegati alla presenza del tumore.
In precedenza questi marcatori venivano selezionati mediante un’analisi bioinformatica e si sono rivelati efficaci testandoli con risultati soddisfacenti su un numero di soggetti in buona salute e altri che presentavano il tumore del colon-retto. Successivamente è stata eseguita una nuova verifica sui pazienti che erano risultati positivi al test Fit e poi sottoposti a colonscopia, facendo emergere il fatto che il test fosse in grado di individuare i pazienti sani da quelli che avevano ottenuto risultati falsi-positivi.
La ricercatrice Solmi sostiene che lo scopo dello studio fosse quello di valutare la capacità dell’esame individuando i pazienti risultati negativi all’esame Fit. Questo è stato raggiunto grazie alla collaborazione di 174 volontari.
Gli autori dello studio sono Enea Ferlizza, Rossella Solmi, Gabriella Mattei, Michela Sgarzi e Mattia Lauriola del Dipartimento di Medicina Specialistica, Diagnostica e Sperimentale, insieme a Rossella Miglio e Elena Nardi del Dipartimento di Scienze Statistiche “Paolo Fortunati”. Hanno collaborato inoltre le dottoresse Daniela Solmi e Maria Carmen Biffoni del Laboratorio Analisi Sant’Antonio (Bologna). Il progetto è stato realizzato con il contributo della Fondazione Enzo Piccinini.
Marco Biondi