Nasce in Veneto la banca del plasma. Stanno partendo le lettere indirizzate ai pazienti che sono guariti dal coronavirus per invitarli a donare il proprio sangue. La lettera arriverà a 3.000 cittadini veneti. L’iniziativa è stata voluta dal Presidente della Regione Zaia.
Si legge nella lettera:
“La Regione Veneto richiede cortesemente la collaborazione della popolazione per compiere un ulteriore passo sul cammino della sfida alla pandemia da virus Sars-COV-2 che è responsabile della malattia Covid 19. Negli ospedali della nostra regione, e in particolare nell’AodP, che ha assunto ruolo di centro coordinatore, è in atto la sperimentazione della trasfusione ai pazienti con forma grave di Covid-19 del plasma raccolto dai pazienti guariti dalla stessa malattia che hanno prodotto nel loro organismo degli anticorpi in grado di neutralizzare il virus. I confortanti risultati ottenuti nel decorso clinico dei pazienti così trattati ci ha dato la forza per sostenere e avviare la ricerca delle persone che hanno superato la malattia e potrebbero divenire sorgente benefica donando un po’ del loro plasma”.
La sperimentazione della terapia con plasma iper-immune al momento è stata eseguita con successo presso l’Azienda Ospedaliera di Padova. Nello specifico la sperimentazione è avvenuta sotto la supervisione di Giustina De Silvestro, direttore dell’Unità operativa immunotrasfusionale.
Si tratterà della prima banca del plasma in Italia per battere il Covid 19.
In tutto il territorio regionale saranno attivati diversi centri trasfusionali. I nominativi di coloro che riceveranno la lettera sono stati scelti dalle Ulss venete.
La Regione del Veneto ha diffuso anche un cartone sui social per spiegare chi è idoneo a donare il sangue. Ovviamente non tutti potranno donare e prima di donare andrà fatta una visita preliminare.
Si tratta di un’iniziativa importante per combattere la pandemia che coinvolgerà un alto numero di persone. In Veneto, dopo le prime settimane drammatiche, la situazione continua a migliorare notevolmente sia per numero di contagi che di morti.
Francesca Romanin