Psoriasi, parte dal Piemonte la road map di Motore Sanità per far conoscere meglio la malattia e i bisogni reali dei pazienti

Più informazione e più comunicazione su una malattia impattante come la psoriasi, ma anche inserimento della stessa nel Piano nazionale della cronicità, aggiornamento delle linee guida della malattia, lavorare a un percorso diagnostico terapeutico assistenziale e garantire equità di accesso alle nuove terapie. Attorno alla psoriasi ci sono ancora bisogni insoddisfatti a cui l’innovazione potrebbe fornire risposta. Questi sono i temi che dal Piemonte e per tutto lo stivale saranno trattati nella road map “PSORIASI. IO LA VIVO SULLA MIA PELLE, MA TU SAI COSA VUOL DIRE? – PIEMONTE” dedicata alla malattia infiammatoria della pelle, non contagiosa, autoimmune, genetica e recidiva che colpisce 125 milioni di persone nel mondo e circa 2,5 milioni in Italia con una prevalenza del 3-4%. La serie di eventi, che coinvolgeranno, tra la fine del 2022 e l’inizio del 2023 Piemonte, Veneto, Lombardia, Lazio, Toscana, Puglia, Campania, Sicilia, Emilia-Romagna, Umbria, Marche, Abruzzo, sono organizzati da Motore Sanità con il contributo incondizionato di UCB Pharma, con l’obiettivo di creare tavoli di confronto con clinici, tecnici della programmazione, farmacisti, associazioni di pazienti per condividere le azioni che potrebbero garantire vita nuova per i pazienti, attraverso l’innovazione in arrivo e le “proven practices” organizzative esistenti.

Il quadro di comorbilità che la psoriasi crea, abbinato al peso dei sintomi ed alle implicazioni psicologiche, per dover convivere con una malattia molto visibile e in alcuni casi deturpante, ha un impatto rilevante sulla vita, sulla sua qualità, sugli aspetti sociali dei pazienti e delle loro famiglie. Valeria Corazza, Presidente APIAFCO-Associazione Psoriasici Italiani Amici della Fondazione Corazza lo ha rimarcato: “Di psoriasi, solo in Italia, secondo le più recenti stime del CliCon Economics & Outcomes Research, ne soffrono 1,4 milioni di pazienti dei quali circa 56mila in cura con farmaci biologici (il 4%), ai quali si somma un numero lievemente inferiore di pazienti potenzialmente eleggibili alla terapia biologica (54mila). A peggiorare ulteriormente un quadro che, da paziente, non esito a definire devastante, anche in considerazione del vissuto emotivo di chi soffre di psoriasi, una dimensione troppo spesso sottovalutata, quando non del tutto ignorata, concorrono altri due elementi connaturati alla patologia: la cronicità e la multifattorialità. In quanto malattia cronica, la psoriasi richiede un’assistenza continua e permanente, una condizione che evidentemente deteriora la qualità della vita di chi ne soffre; in quanto malattia multifattoriale è spesso accompagnata da comorbidità, ossia dalla presenza contemporanea di altre patologie, e segnatamente: 1 nel 33% dei pazienti psoriasici, 2 nel 19%, 3 nell’8%. È chiaro che il paziente deve avere, da subito, una presa in carico multidisciplinare. Curare, prontamente, le comorbidità significa potere avere una buona Qol e risparmiare sui costi a lungo termine. Eppure, è proprio su questa opportunità che si registrano le maggiori criticità, in primis l’accesso non equo alle cure sullo stesso territorio nazionale – imputabile alla forte eterogeneità tra le Regioni – e il sotto trattamento nonostante la disponibilità di terapie efficaci e innovative: si può parlare di Pasi 90/100, posizioni e argomenti che Motore Sanità pone meritoriamente al centro del dibattito”.

Comunicazione e informazione sono le parole chiave che sono state portate all’attenzione da Sarah Disabato, Consigliera regionale del Piemonte, componente della IV Commissione Sanità. “Sono 120mila le persone che in Piemonte soffrono di psoriasi, il 10% soffre di una forma più severa. Mi colpisce che una larga percentuale di queste persone non sono prese in carico dal sistema sanitario ma non per mancanza di volontà dello stesso ma perché non sono informate a dovere rispetto a questa patologia. A livello politico dovremmo lavorare per far conoscere meglio la malattia e per ridurre le discriminazioni ad esso legate. Le azioni che potremmo mettere in campo in occasione della giornata mondiale della psoriasi, il 29 ottobre, è un ciclo di informazioni per la popolazione e per il paziente, per portare il messaggio che affidarsi ad uno specialista e al sistema sanitario è importante”. Ma c’è di più. “Dobbiamo assolutamente rilanciare la sanità territoriale – ha aggiunto Disabato -, e i 200milioni legati al PNRR saranno ottimi alleati per creare nuovi ambulatori sul territorio quindi per avvicinare la presa in carico ai pazienti, e dobbiamo anche investire in innovazione e ricerca: lo studio di farmaci innovativi e biologi tramite il tavolo di lavoro che si è appena insediato in Regione Piemonte sicuramente produrrà ottimi risultati dal punto di vista della stesura di linee guida per la presa in cario dei pazienti e per monitorare gli effetti benefici a lungo termine di queste applicazioni mediche”.

“La psoriasi è una patologia rilevante dal punto di vista clinico, sociale e sanitario e nonostante questa rilevanza ci sono dei passi in avanti che bisogna fare in termini di politica Italia – ha sottolineato Tonino Aceti, Fondatore e Presidente di Salutequità -. Oggi abbiamo un atto che è molto importante, il piano nazionale della cronicità che deve essere ammodernato alla luce della pandemia Covid, del PNRR e di tutte le novità avvenute dal 2016 in avanti e alla luce delle patologie specifiche che saranno oggetto del modello. Chiediamo pertanto l’inserimento della psoriasi nel piano nazionale della cronicità, che il piano stesso venga finanziato, si chiede altresì un suo ammodernamento generale e la sua attuazione su tutto il territorio nazionale in attesa che il PNRR sviluppi tutti i suoi effetti e ci vorranno anni. Accanto a questo è importante ragionare anche sull’aggiornamento delle linee guida della psoriasi, lavorare a un percorso diagnostico terapeutico assistenziale e garantire equità accesso alle terapie che sappiamo essere terapie molto importanti. Il tema delle terapie, come il tema della diagnosi e della presa in carico si scontra nel nostro Paese con il tema dell’equità di accesso e quindi anche questo è sicuramente un elemento importante sul quale dovremmo tutti impegnarci”.

Innovazione per una malattia come la psoriasi vuol dire puntare non più solo a PASI 75 o 90 bensì a 100, cioè al perfetto controllo della malattia, con una nuova vita per i pazienti. L’innovazione inoltre sta percorrendo nuove strade con lo studio del ruolo chiave giocato da alcune citochine che coordinano la comunicazione tra le cellule immunitarie durante l’infiammazione e sostengono il processo infiammatorio anomalo alla base della patologia. “La definizione di Pasi 100 si riferisce fondamentalmente alla competa risoluzione del quadro cutaneo del malato psoriasico quindi alla cosiddetta totale pulizia della pelle. Questo è un risultato a cui anelano sia i clinici sia il paziente, ma non deve essere l’unico nostro obiettivo. Il nostro obiettivo deve essere sempre un approccio più olistico alla malattia psoriasica – ha spiegato Paolo Dapavo, Dirigente medico della Dermatologia dell’AOU Città della Salute e della Scienza di Torino -. Dal Pasi 100 si hanno indubbiamente delle ricadute significative sulla qualità di vita del paziente, perché il paziente che si vede totalmente pulito acquisisce fiducia in se stesso e fiducia nella medicina, ricomincia con una vita sociale normale, incomincia a intraprendere rapporti sociali che prima aveva interrotto e soprattutto mantiene una attenzione alla terapia estremamente significativa e il concetto dell’aderenza terapeutica è sempre stato un problema fondamentale per la gestione della malattia”. E le nuove terapie? “Questo è sicuramente il periodo dell’età dell’oro della malattia psoriasica per cui i clinici hanno a disposizione un numero significativo di rimedi terapeutici per gestire la psoriasi. Il compito del clinico è quello di scegliere la migliore terapia per quella tipologia di paziente al fine di evitare eventuali switch o cambiamenti di terapia in corso d’opera. C’è dunque ancora spazio per l’innovazione, perché le risposte che i nostri pazienti ci chiedono sono in termini di velocità, di mantenimento di efficacia e di sicurezza sempre crescente. Per rispondere a queste esigenze terapeutiche nuove molecole, come il Bimekizumab, hanno un comportamento estremamente flessibile e una efficacia estremamente rapida e significativa”. Secondo Dapavo i vantaggi della molecola sono tre: la rapidità, perché nel giro di poche settimane, dopo due sole somministrazioni il paziente si vede totalmente pulito almeno nel 60% dei casi; l’efficacia a lungo termine, perché la psoriasi è una malattia cronica e si deve assicurare una risposta terapeutica prolungata nel tempo; infine, la possibilità di modificare a seconda delle esigenze la terapia allungando anche i tempi di somministrazione “arrivando al risultato di fare sentire il paziente non più malato di psoriasi, ma l’obiettivo è fargli dimenticare la patologia” ha concluso Paolo Dapavo.

Centri di riferimento indispensabili per la presa in carico dei pazienti e nuove terapie: ne ha parlato Paola Savoia, Delegato SiDeMaST Regione Piemonte e Direttore SCDU di Dermatologia AOU Maggiore della Carità di Novara. “La frequenza della psoriasi, il notevole impatto di questa patologia sulla qualità di vita e la frequente associazione con comorbidità sistemiche potenzialmente invalidanti rendono indispensabile la presa in carico dei soggetti affetti da parte di centri di riferimento, e il loro trattamento continuativo, anche dopo la remissione delle lesioni cutanee – spiega Savoia -. Negli ultimi anni, le opzioni terapeutiche disponibili per il trattamento della psoriasi sono incrementate, e ai farmaci sistemici “convenzionali” sono stati progressivamente affiancati numerosi farmaci “biologici”, in grado di agire in maniera specifica sui meccanismi molecolari alla base dei fenomeni infiammatori che caratterizzano questa patologia, garantendone un migliore e più rapido controllo, con minori effetti collaterali. La personalizzazione del trattamento, tenendo conto delle caratteristiche cliniche del paziente (età, sesso, eventuali comorbidità associate, ecc.) e delle diverse modalità e tempi di somministrazione dei farmaci incrementa l’aderenza al trattamento e quindi le possibilità di ottenere un rapido e adeguato controllo della patologia, oltre a consentire l’ottimizzazione delle risorse sanitarie”.

I NUMERI DELLA PSORIASI

La maggior parte delle persone colpite da psoriasi soffre della forma più comune, la psoriasi a placche lieve/moderata, mentre circa il 20% è colpito da una forma grave che si manifesta con placche eritemato-desquamative localizzate su diverse superfici del corpo e che possono apparire in qualsiasi periodo della vita, in entrambe i sessi: dalle pieghe cutanee alle zone palmo plantari, dal cuoio capelluto al volto, dalle unghie alle mucose. Nel 30% dei pazienti la psoriasi ha carattere familiare e molte evidenze la indicano come malattia sistemica con diverse comorbilità (alterazioni distrofiche delle unghie; artropatie; uveiti; malattie infiammatorie croniche intestinali; malattie metaboliche e cardiovascolari; disordini psichiatrici; apnee notturne; osteoporosi; Parkinson). Alcuni passaggi chiave che possono incidere sulla progressione della malattia e ridurre l’efficacia delle terapie sono: correggere stile di vita e fattori di rischio (fumo, alcool, sovrappeso, sindrome metabolica, depressione); intervenire rapidamente e con una terapia che mantenga la sua efficacia nel tempo (durability); per misurare la gravità della malattia, monitorarne l’evoluzione nel tempo nonché l’efficacia delle terapie si utilizza un combinato di elementi: l’estensione della patologia, la sede delle lesioni, il grado di infiammazione e i sintomi, la risposta al trattamento, la durata della malattia, l’impatto sulla qualità della vita.

Dalla telemedicina alla medicina digitale

Tra le sfide maggiori quella di superare la logica della telemedicina come mera modalità di erogazione di prestazioni.

27 settembre 2022 – Di fronte al cambiamento che il Servizio Sanitario Nazionale si appresta a vivere nei prossimi mesi di post pandemia e di potenziale ottimizzazione degli strumenti dovuti al Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, è necessario fornire indicazioni chiare a pazienti e operatori anche riguardo agli strumenti di medicina digitale nel rispetto delle norme sulla riservatezza del dato e in accordo con lo sviluppo del Fascicolo Sanitario Elettronico (FSE). È pertanto doveroso utilizzare i mezzi telematici più moderni che consentano l’introduzione, a tutti i livelli, della TeleMedicina/Medicina Digitale che va intesa non come sostitutiva delle attività e responsabilità proprie del reumatologo, ma come supporto alla sua professionalità e che garantisca un percorso di cura sicuro ed efficiente, ottimizzando l’impiego delle risorse e rafforzando la collaborazione tra i diversi operatori sanitari e centri prescrittori. Si è parlato di questo, e di molto altro, nel corso del webinar “STATO DELL’ARTE DELLA TELEMEDICINA – IL CASO DELLA REUMATOLOGIA” promosso da Motore Sanità e con il contributo incondizionato di Bristol Myers Squibb. Così Francesco Gabbrielli, Direttore Centro Nazionale per la Telemedicina e le Nuove Tecnologie Assistenziali dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS): “Il PNRR in ambito sanitario è dedicato prevalentemente alla realizzazione di nuove strutture sanitarie (case della comunità, ospedali di comunità, centrali operative territoriali) per la complessiva riorganizzazione del sistema sociosanitario territoriale. Il collante operativo che permette alle strutture sanitarie di collaborare è la telemedicina. Affinché questa evoluzione possa realizzarsi, sono necessarie delle premesse fondamentali: ammodernamento delle modalità di utilizzo dei dati provenienti dai pazienti, interoperabilità deisistemi di telemedicina, aggiornamento periodico delle norme in ambito disanità digitale, definizioni delle prestazioni eseguibili in telemedicina e delle relative responsabilità professionali, strategie formative aggiornate per i professionisti, nuove modalità di coinvolgimento dei pazienti nello svolgimento delle attività assistenziali, specialmente per quelle che saranno domiciliari. Il PNRR conferisce alla telemedicina in Italia le risorse per innescare dei processi di modifica della sanità, ma a tali inneschi devono seguire dei programmi strutturati di innovazione digitale nell’ordinaria gestione delle aziende sanitarie e ospedaliere, insieme all’inserimento di prestazioni in telemedicina nei Livelli Essenziali di Assistenza. Chiaramente, ancora prima di tutto questo, dobbiamo superare la logica della telemedicina come mera modalità di erogazione di prestazioni e imboccare con determinazione la via della medicina digitale”. Roberto Gerli, Presidente SIR (Società Italiana di Reumatologia), ha ricordato che: “Lo scoppio della pandemia agli inizi del 2020 e la chiusura di molte attività cliniche ha reso evidenti le carenze del nostro Servizio Sanitario Nazionale, incluse le già programmate, e mai attuate, attività di telemedicina che avrebbero rappresentato una modalità assistenziale in grado di consentire una valutazione del paziente alternativa alla visita in presenza. La Reumatologia è stata tra le discipline maggiormente colpite dalle conseguenze pandemiche e quindi la Società italiana di Reumatologia, prima tra le altre società scientifiche, si è resa protagonista di un’iniziativa attraverso la quale ha messo a disposizione gratuitamente per tutti isoci una piattaforma digitale per la valutazione del paziente reumatologico per cercare di superare gli effetti negativi della chiusura delle attività in presenza. La telemedicina rappresenta indubbiamente uno strumento che, al di là delle urgenti problematiche poste dalla pandemia, potrà costituire una valida implementazione all’assistenza sanitaria. Non a caso nel PNRR la medicina digitale, intesa come televisita, telemonitoraggio, teleconsulto e via dicendo, è stata posta al centro della futura programmazione sanitaria. Tuttavia, è importante ricordare che essa dovrà necessariamente essere strutturata con un sistema a rete che dovrà prevedere la creazione di un’interazione tra le diverse piattaforme”. Un altro aspetto importante è la multicanalità, all’interno della quale un ruolo importante è occupato dalla telemedicina nelle sue varie forme, ma soprattutto attraverso il telemonitoraggio, come ha spiegato Oscar Massimiliano Epis, Direttore Dipartimento Medico Polispecialistico Direttore S.C. Reumatologia ASST Grande Ospedale Metropolitano Niguarda: “I pazienti, per esempio quelli affetti da artrite, necessitano di controlli frequenti (secondo la strategia del tight control); purtroppo queste visite sono spesso difficili da effettuare nei nostri ambulatori, a causa delle numerose richieste e dell’esiguo numero di reumatologi presenti sul territorio. Il telemonitoraggio, attraverso l’inserimento da parte del paziente dei Patient Reported Outcomes (PROs), è uno strumento utile che permette di seguire in tight control il paziente. Il telemonitoraggio dovrebbe pertanto entrare nella pratica clinica quotidiana per la valutazione dei pazienti affetti da artrite”. Un vantaggio, quello del monitoraggio nel tempo di un paziente stabile con la telemedicina, evidenziato anche da Serena Guiducci, Direttore Reumatologia AOU Careggi, Firenze: “Così si evitano tutti i problemi del pendolarismo con l’ospedale”, ha detto Guiducci. “Il Careggi, per esempio, sta lavorando sulla fisioterapia, per permettere appunto ai pazienti stabili di non recarsi troppo spesso in ospedale”. Sul piano pratico, però, persistono ancora grosse difficoltà, come ha sottolineato Giovanni Italiano, Reumatologo Azienda Ospedaliera Sant’Anna e Sebastiano, Caserta: “C’è grande volontà di seguire i pazienti da remoto da parte nostra, ma abbiamo grosse difficoltà. Tuttavia non ci arrendiamo, perché il Covid ci ha insegnato molto e su quella scia dobbiamo porre i nostri sforzi”.

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