Sclerosi multipla: servono prevenzioni e diagnosi sempre più precoci

La Sardegna detiene il triste primato di regione con la più alta incidenza di malati, conta oltre 6.500 casi e ogni anno si aggiungono 200 nuove diagnosi tra i giovani

1 giugno 2022 – La Sclerosi Multipla è una malattia cronica ad alta complessità che presenta in Sardegna una delle frequenze più alte al mondo rappresentando pertanto per l’isola un importante problema sanitario e sociale. Ad oggi oltre 6.500 persone convivono con la malattia e ogni anno si aggiungono circa 200 nuovi diagnosticati giovani adulti. Esistono nell’Isola tre centri riconosciuti per la diagnosi e la cura della Sclerosi multipla, a Cagliari, Nuoro e Sassari, in particolare quest’ultimo riveste particolare importanza per la diagnosi e la cura in età pediatrica. Ma il Covid non ha risparmiato neanche la Sclerosi Multipla, in quanto ha tolto cure e assistenza inevitabilmente, per questo l’appello è forte e chiaro: è necessario individuare forme di prevenzione e di diagnosi sempre più precoci e garantire una informazione puntuale che sostenga i pazienti.
Motore Sanità fa dunque tappa in Sardegna con l’evento “#Multiplayer. La Sclerosi Multipla si combatte in squadra”, evento organizzato con il contributo incondizionato di Celgene | Bristol Myers Squibb Company. Obiettivo: evidenziare le criticità e mettere in campo quelle strategie che permettano di affrontare la malattia con un altro tipo di approccio, in particolare dopo la pandemia. 

La Regione Sardegna da diversi anni detiene il triste primato di regione con la più alta incidenza di malati di sclerosi multipla, e più esattamente in una misura doppia rispetto alla penisola ed è una della più alte in Europa. Se in ambito nazionale si contano circa 200 casi per 100 mila abitanti, nell’Isola se ne contano 370 con una incidenza molto elevata di diagnosi in età pediatrica. A Cagliari il centro per la sclerosi multipla soffre le conseguenze della pandemia che ha visto la trasformazione del P.O. Binaghi in ospedale Covid, con il conseguente dislocamento ad altra sede di altri essenziali servizi, compreso il centro di riabilitazione per la Sclerosi Multipla, trasferito al Businco nei locali precedentemente allestiti dal centro di neuroriabilitazione dell’Azienda Brotzu. 
“Lo sconvolgimento degli assetti ha creato non pochi disagi ai pazienti, ritardando visite e diagnosi – ha spiegato Rossella Pinna, Segretario VI Commissione Salute e Politiche Sociali Regione Autonoma della Sardegna -. Ora la fine della pandemia impone la riorganizzazione e il riavvicinamento dei servizi a partire dalla necessità di riportare nella sua sede originaria il centro di riabilitazione, e potenziarne gli organici già scarni. Oggi serve recuperare velocemente ciò che la pandemia ha tolto alla cura della Sclerosi multipla perciò è necessario individuare forme di prevenzione e di diagnosi sempre più precoci e garantire una informazione puntuale che sostenga i pazienti sotto tutti gli aspetti. Questo mi auguro voglia fare la Regione e certamente è questo il senso del mio impegno”

Sull’approccio alla malattia è intervenuta Eleonora Cocco, Professore Associato Neurologia Università degli Studi di Cagliari Direttore SC “Centro per la Diagnosi e la Cura della Sclerosi Multipla” Ospedale Binaghi ATS Sardegna, ASSL Cagliari.
“Nel corso degli ultimi anni l’approccio alla malattia è profondamente cambiato grazie da un lato all’introduzione di criteri diagnostici che permettono di fare la diagnosi sempre più precocemente e dall’altro per la disponibilità di terapie farmacologiche capaci di modificare il decorso della malattia. Sono ormai disponibili evidenze solide che supportano la necessità di iniziare molto precocemente le terapie e che questa strategia sia quella ottimale per cambiare la storia naturale di malattia e prevenire la disabilità nel lungo termine. Dall’altro lato però le terapie presentano profili di efficacia e di sicurezza estremamente diversi oltre che modalità differenziate di somministrazione e monitoraggio (controlli clinici, strumentali e laboratoristici) comportando quindi, un incremento della già importante complessità nella gestione della malattia. In questo ambito si colloca la necessità di un sistema sanitario capace, in primis, di prendersi cura e accogliere la persona con Sclerosi Multipla tramite la costruzione e l’attuazione di percorsi diagnostici terapeutici assistenziali (PDTA) adeguati al territorio e attraverso il consolidamento della rete tra i centri sclerosi multipla e tra questi e la medicina territoriale”

Sul ruolo strategico della rete dei Centri clinici di riferimento e sui bisogni dei malati di Sclerosi Multipla è intervenuto Mario Alberto Battaglia, Presidente Nazionale FISM. 
“La Sardegna è la regione più colpita dalla Sclerosi Multipla, ad oggi oltre 6.500 persone convivono con la malattia e ogni anno si aggiungono circa 200 nuovi diagnosticati giovani adulti. La rete dei Centri Clinici di riferimento è fondamentale riferimento per esse e necessita di risorse umane ed organizzative adeguate al volume di attività. Un nuovo Percorso Diagnostico Terapeutico Assistenziale è stato definito negli scorsi anni e un processo di revisione del PDTA deve essere condotto a breve, sempre con la collaborazione della Associazione Italiana Sclerosi Multipla. Le persone oggi devono poter ricevere la terapia farmacologica personalizzata migliore per loro, avere una terapia precoce che significa ritardare la progressione della malattia e della disabilità, avere i servizi del territorio e la riabilitazione per una migliore qualità di vita. Le persone devono poter vivere la loro vita oltre la malattia e oggi per la sclerosi multipla si può programmare e attuare percorsi di salute dalla diagnosi alla cronicità e questo anche in ottica di sostenibilità”

Farmaci equivalenti: il trend è in ascesa, ma per certe categorie di persone la mentalità è ancora dura da cambiare

1 giugno 2022 – L’ingresso dei farmaci equivalenti nel mercato farmaceutico mondiale è un fenomeno di notevole interesse in termini economico-sociali, che dovrebbe aver modificato significativamente sia le strategie aziendali, sia i comportamenti di tutti gli attori coinvolti nella filiera assistenziale. 
Eppure, ad oggi, esistono ancora grosse sacche di resistenza nel nostro Paese tra operatori del settore e soprattutto pazienti, ai quali le informazioni arrivano senza opportuni approfondimenti e da fonti spesso prive di autorevolezza in materia. 
Motore Sanità, in occasione dell’evento con focus Veneto “IL RUOLO SOCIALE DEL FARMACO EQUIVALENTE – CALL TO ACTION, ha voluto fare chiarezza su questi aspetti con il supporto dei più autorevoli esperti, condividendo strumenti utili per una migliore scelta e buone pratiche disponibili già messe in atto. Questo progetto è stato realizzato grazie al contributo incondizionato di Teva Italia S.r.l.

Così Francesca Bano, Direttore Assistenza Farmaceutica Territoriale ULSS 6 Euganea: “I farmaci equivalenti sono terapie efficaci a costi contenuti e rappresentano un’opportunità per liberare risorse per il Servizio Sanitario Nazionale, mantenendo invariata la qualità dell’assistenza. Nell’ULSS 6 Euganea vi è una buona adesione all’utilizzo dei farmaci equivalenti rispetto alle media nazionale e regionale, ma la spesa per la compartecipazione alla spesa da parte del cittadino per il ricorso al brand risulta comunque ancora molto elevata; vi è pertanto la necessità a livello aziendale di mettere in atto iniziative per una corretta informazione e maggior sensibilizzazione all’utilizzo dei farmaci equivalenti”
“Con l’avvento ufficiale dei generici (Legge 405 del 2011), è mancata la vera e corretta comunicazione”, spiega Franco Gariboldi Muschietti, Presidente di FarmacieUnite. “Da qui la diffidenza del cittadino, del farmacista stesso e penso anche dei medici. Adesso invece siamo in un momento di crescita, anche se non paragonabile alla situazione di altri Paesi europei, dove il generico è molto più utilizzato. La cultura del generico in Italia è recente. Ci sono in questo momento 3 categorie di persone: i giovani orientati al generico, i meno giovani che a volte hanno qualche titubanza e gli anziani che hanno molta difficoltà al cambio. La possibilità di incentivare i generici dipende proprio da queste propensioni: molto può fare prima di tutto il medico di base, che è il primo contatto diretto con il paziente, ma anche il farmacista, che gode di molta credibilità e di fiducia. Purtroppo la media si abbassa in certe zone d’Italia, dove molte persone non vogliono il generico perché pensano che il farmaco che funzioni meglio sia quello che costa di più. La mentalità è dura da cambiare”. 

Diffidenze, fra l’altro, tipiche di noi italiani, ha sottolineato Andrea Bellon, Presidente Federfarma Veneto: Che riflettono le statistiche sull’indice di fiducia delle Istituzioni. In generale più basso al Sud rispetto che al Nord. Credo che come farmacisti potremmo fare di più”. 

D’accordo su questo concetto anche Maria Teresa Gallea, FIMMG Padova: La differenza la fanno i professionisti, molti dei quali sono riusciti a far passare il concetto che l’equivalente ha la stessa efficacia del branded. Resta però il fatto che ci sia ancora molto da lavorare”. 

Parità di genere: conto alla rovescia per il rapporto sulla situazione nelle aziende

Cleaning part In in word Inequality on white background

1 giugno 2022 – Entro il 30 settembre di quest’anno le aziende pubbliche e private con oltre 50 dipendenti devono redigere un rapporto biennale sulla situazione del personale maschile e femminile. È quanto stabilito da un decreto del Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, pubblicato in Gazzetta Ufficiale sabato 28 maggio, che dà attuazione a quanto previsto nell’art. 46 del D.lgs 198/2006, il cosiddetto “codice delle pari opportunità”. 
In sostanza, queste imprese dovranno indicare, ogni due anni: la situazione del personale maschile e femminile “in ognuna delle professioni e in relazione allo stato di assunzioni, della formazione, della promozione professionale, dei livelli, dei passaggi di categoria o di qualifica, di altri fenomeni di mobilità, dell’intervento della Cassa integrazione guadagni, dei licenziamenti, dei prepensionamenti e pensionamenti, della retribuzione effettivamente corrisposta”. 
Le società devono produrre il rapporto esclusivamente in modalità telematica e l’applicativo informatico sarà operativo dal 23 giugno 2022. L’ispettorato del Lavoro, le figure istituzionali preposte e il ministero del lavoro potranno visionare i rapporti, al fine di valutare lo stato di avanzamento delle politiche volte alle pari opportunità. Il rapporto deve essere redatto sia in relazione al complesso delle unità produttive e delle dipendenze, sia in riferimento a ciascuna unità produttiva con più di 50 dipendenti. Le aziende pubbliche e private che occupano fino a 50 dipendenti possono redigere il rapporto su base volontaria. La mancata trasmissione – anche dopo l’invito alla regolarizzazione da parte dell’Ispettorato del Lavoro competente per territorio – comporta sanzioni. Se nell’arco di un anno l’azienda non trasmette il rapporto, vede sospesi per un anno i benefici contributivi eventualmente goduti. L’Ispettorato Nazionale del Lavoro verifica la veridicità dei rapporti e, in caso di rapporto falso o incompleto, è prevista una multa da 1.000 a 5.000 euro. 
“Il decreto vuole dunque certificare”, commenta la Professoressa Rossana Berardi, Presidente di Women for Oncology Italy. “Auspichiamo che queste direttive, mirate ad avere un quadro più esaustivo del mercato del lavoro, servano a spingere le aziende ad assumere più donne”. 
Nel 2021, come registra l’Istat, il tasso di occupazione femminile è al 50,5%. Il dato più alto di sempre, in risalita rispetto al 49% del 2020. Ma molto ancora c’è da fare e al Sud le medie scendono particolarmente. “Un problema di efficienza ma, molto probabilmente, anche culturale”, continua la Professoressa Berardi. “E che risente delle mancanze di strutture di welfare, il più possibile integrate con le esigenze femminili”
Il divario di genere in quarant’anni è sceso da 41 punti a 18. Nel 1977 l’occupazione femminile era al 33,5%. Fino al 2018 è aumentato di 16 punti. Mentre per gli uomini nel complesso è sceso. Molto giocheranno in futuro gli incentivi e le condizionalità date dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza ai fondi e agli investimenti, unitamente a politiche sempre più volte a favorire l’integrazione delle donne nelle varie attività sociali. I risultati verranno monitorati anche dagli osservatori esterni al Paese. 

Malattie rare: parte “Issiamo le vele! Vento in poppa per la ricerca #thinkrare”

Al via la campagna di informazione organizzata dalla Direzione Generale della Tutela della Salute e il Centro di Coordinamento Malattie Rare della Regione Campania, in collaborazione con l’Università degli Studi della Campania “Luigi Vanvitelli” e la delegazione della Lega Navale Italiana di Torre Annunziata e con il supporto di Motore Sanità.  Con l’obiettivo di promuovere la conoscenza e la diagnosi precoce per queste patologie, l’iniziativa prevede la partenza di due imbarcazioni a vela, condotte in solitario, che dal porto di Torre Annunziata (NA) arriveranno a Marsiglia dopo circa 20 tappe tra cui Roma, Livorno e Genova.

31 maggio 2022 – È stato presentato questa mattina, presso l’Auditorium della Regione Campania – Centro Direzionale Isola C3 di Napoli, il progetto “Issiamo le vele! Vento in poppa per la Ricerca #thinkrare”: campagna di informazione attuata dalla Direzione Generale della Tutela della Salute e il Centro di Coordinamento Malattie Rare della Regione Campania, in collaborazione con l’Università degli Studi della Campania “Luigi Vanvitelli” e la delegazione della Lega Navale Italiana di Torre Annunziata e con il supporto di Motore Sanità.

Una malattia si definisce “rara” quando la sua prevalenza, intesa come il numero di casi presenti su una data popolazione, non supera una soglia stabilita. In Europa la soglia è fissata allo 0,05 per cento della popolazione, ossia 5 casi su 10mila persone. 
Il numero di Malattie Rare conosciute e diagnosticate oscilla tra le 7.000 e le 8.000, ma è una cifra che cresce con l’avanzare della scienza e, in particolare, con i progressi della ricerca genetica. Stiamo dunque parlando del 6-8% della popolazione, quindi non di pochi malatima di milioni di persone in Italia e addirittura decine di milioni in tutta Europa.
La possibilità di attuare interventi terapeutici in fase iniziale può migliorare sensibilmente lo stato di salute e la qualità di vita del paziente. Per tale motivo è fondamentale promuovere la conoscenza e la diagnosi precoce per queste patologie. 

Negli ultimi anni la Regione Campania ha fatto enormi passi in avanti nel campo delle Malattie Rare, attraverso una programmazione mirata alla riorganizzazione della rete e alla costruzione di percorsi diagnostico terapeutico assistenziali dedicati alle Malattie Rare”, sottolinea Antonio Postiglione, Direttore Generale Tutela della Salute e Coordinamento SSR, Regione Campania. “Tutto questo anche attraverso l’emanazione di decreti volti all’approvazione del Piano Regionale Malattie Rare e relative integrazioni. Inoltre a partire dal 2018 è stato riorganizzato il Centro di Coordinamento Malattie Rare, che ha trovato una nuova collocazione presso l’AORN dei Colli di Napoli con la direzione del Professor Giuseppe Limongelli. Questo progetto rientra, infatti, all’interno di una più ampia pianificazione di interventi di informazione e sensibilizzazione, temi per noi di fondamentale importanza

“Issiamo le vele! Vento in poppa per la Ricerca #thinkrare è un’iniziativa nata dalla volontà di un medico e di un imprenditore campano di unire una passione, quella della vela, a un bisogno, quasi un’emergenza sociale: quella di fare informazione nel mondo della disabilità e delle Malattie Rare nella comunità”, racconta a tal proposito il Professor Giuseppe Limongelli, Direttore Centro di Coordinamento Malattie Rare, Regione Campania. “Da una semplice chiacchierata con loro e con la Lega Navale, nasce oggi questo progetto ambizioso a tappe, che vedrà impegnati i Centri di coordinamento delle regioni e le Università che hanno dato il patrocinio, nell’obiettivo comune di “issare le vele” portando avanti un messaggio: pensa raro: pensa alle Malattie Rare.

La prevenzione e l’informazione sono fondamentali per la cura delle Malattie Rare, ha detto il Rettore dell’Università degli Studi della Campania “Luigi Vanvitelli”, Gianfranco Nicoletti“Iniziative di questo genere, che vanno in questa precisa direzione, sono necessarie e vanno anzi valorizzate e incrementate. Plaudo dunque all’idea dei nostri docenti e al messaggio che essi porteranno in tutto il Paese”.

L’iniziativa “Issiamo le vele! Vento in poppa per la Ricerca #thinkrare” prevede la partenza di due imbarcazioni a vela, condotte in solitario, che dal porto di Torre Annunziata (NA) arriveranno a Marsiglia dopo circa 20 tappe tra cui Roma, Livorno e Genova (grazie alla collaborazione con la Regione Lazio, Toscana e Liguria).
La traversata, dal 6 giugno al 7 luglio, sarà affiancata da diverse iniziative e incontri, in occasione delle soste nei porti, che puntino a promuovere la ricerca sulle malattie rare. 
Al fine di raggiungere e sensibilizzare una platea più vasta, sarà possibile seguire il viaggio sui canali social creati appositamente e sul sito: https://sito.libero.it/comet333/.

“Abbiamo scelto il mare come veicolo di comunicazione e diffusione di questa campagna per il suo grande impatto”, spiega Antonella Giglio, Presidente Lega Navale “Delegazione Torre Annunziata”. “Perché il mare unisce, il mare traina, il mare salva. Da qui vorremmo portare avanti l’dea del mare guaritore, grazie al suo potere taumaturgico.

“Sono felice di rendere questo servizio sociale”, confessa Mario Santini, Professore Ordinario di Chirurgia Toracica dell’Università degli Studi della Campania “Luigi Vanvitelli”, nonché appassionato velista che condurrà in solitaria una delle due imbarcazioni. “Obiettivo di tutto questo, stimolare e far capire l’importanza della ricerca clinica e preclinica nel campo delle Malattie Rare”

⇒ Per scaricare la locandina del progetto, clicca al seguente link: LOCANDINA ISSIAMO LE VELE!

Lotta ai “superbugs”: serve un confronto multidisciplinare sulle strategie per ridurne la diffusione e stimolare la ricerca sui nuovi farmaci antinfettivi

La Città della Salute e della Scienza di Torino ha deliberato gruppi di lavoro interdisciplinari sull’antimicrobial stewardship e sulla gestione del dato per affrontare il problema dei batteri resistenti agli antibiotici

Torino, 31 maggio 2022 – L’emergenza sempre più evidente di microrganismi resistenti alla terapia antibiotica rappresenta un importante problema della medicina moderna con conseguente impatto sulla sanità pubblica e coinvolge, in modo trasversale, i diversi ambiti ospedalieri superando i confini dei singoli reparti di Malattie Infettive. Alcuni report dichiarano che nel 2050 ci saranno fino a 10milioni di morti all’anno per infezioni da germi resistenti. L’Italia è tra i Paesi in senso negativo a livello di antibiotico-resistenza: la superano in Europa solo la Romania e la Grecia. I numeri sono impressionanti: un report pubblicato nel 2019 redatto dal Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (ECDC) riportava che circa la metà dei morti europei per infezioni ospedaliere da batteri resistenti agli antibiotici avviene in Italia. Il risultato finale è che chi entra in ospedale rischia, nel 10% dei casi, di contrarre un’infezione ospedaliera. Inoltre, si calcola che 1 paziente su 10 quindi, in ospedale, possa infettarsi e molto frequentemente tale germe è resistente agli antibiotici. Lo scenario è allarmante e fa comprendere quanto sia importante non distogliere l’attenzione sull’antimicrobico resistenza (AMR). 
Per questo Motore Sanità ha voluto aprire un dialogo tra tecnici e dirigenti ospedalieri con l’evento NUOVI MODELLI DI GOVERNANCE OSPEDALIERA PER GLI ANTIBIOTICI INNOVATIVI: DA UN ACCESSO RAZIONATO A UN ACCESSO RAZIONALE E APPROPRIATO” con focus Piemonte, organizzato con il contributo non condizionante di MENARINI.

Le mono e le multi-resistenze antimicrobiche (AMR) vengono oggi considerate non solo un rischio per la salute globale, ma anche un rischio globale generale. Il problema, infatti, ha raggiunto una dimensione anche extra-ospedaliera che interessa globalmente l’umanità. Si è passati da una percezione di rischio apparentemente limitata e prettamente ospedaliera ad una diffusione che può raggiungere non solo gli ospedali, ma anche il territorio, con una percezione di necessità di modelli gestionali integrati, frutto anche dell’esperienza Covid. Inoltre, sono in costante aumento le segnalazioni di microrganismi che mostrano una resistenza marcata ai farmaci attualmente disponibili, soprannominati dai media internazionali come “superbugs” e, purtroppo, associati a morbidità e mortalità rilevanti, soprattutto tra i pazienti più fragili ed immunocompromessi.

“Il contrasto alle mono e multi-resistenze antimicrobiche è oggi una priorità di salute pubblica ed una seria azione su ogni singolo “campo” non può che iniziare dalla conoscenza approfondita dell’argomento, segnatamente dall’uso giudizioso degli antibiotici anche attraverso programmi di gestione antibiotica, e proseguire con una organizzazione interdisciplinare che coinvolga in modo paritario e vincolante Infettivologi, Igienisti e Microbiologi – ha spiegato Giovanni La Valle, Direttore Generale AOU Città della Salute e della Scienza di Torino -. Da questo punto di vista, si presentano delle sfide importanti per il Servizio sanitario nazionale, come ad esempio quella della gestione quotidiana ed immediata del dato nella sua interezza epidemiologica e diagnostico-terapeutica. I dati attualmente prodotti in quantità dai moderni sistemi diagnostici, assieme a quelli raccolti nel percorso clinico e terapeutico dei pazienti, sono associati ad un potenziale enorme per il miglioramento delle terapie e per l’accelerazione della ricerca scientifica e farmaceutica. In questo contesto, l’AOU Città della Salute e della Scienza ha già deliberato dei gruppi di lavoro interdisciplinari sull’antimicrobial stewardship e sulla gestione del dato e dei molteplici software oggi utilizzati, anche al fine di rendere la problematica delle infezioni da MDR quotidianamente quantificabile. Solo un corretto approccio metodologico interdisciplinare, anche amministrativo e tecnico-gestionale, è in grado di assicurare la compatibilità di un’organizzazione per percorsi clinici e la messa a punto delle migliori condizioni per soddisfare i due principali portatori di interesse: il paziente e l’azienda sanitaria”.

L’utilizzo razionale e corretto della terapia antibiotica deve rappresentare un momento di riflessione fondamentale per fronteggiare l’emergenza e limitare i danni della farmaco-resistenza che attualmente riguarda sia i batteri Gram-negativi che positivi. Questi ultimi, con particolare riferimento allo Staphylococcus spp. e all’ Enterococcus spp., seppur favoriti da più numerose possibilità terapeutiche, mantengono elevata mortalità e morbosità in settori sanitari quali la chirurgia più o meno protesica, la medicina interna, la pneumologia e le malattie infettive in senso stretto” ha spiegato Francesco Giuseppe De Rosa, Professore Associato, Malattie Infettive, Direttore AOU Città della Salute e Scienza – Presidio Molinette – Torino – Ospedale Cardinal Massaia, Asti -. Inoltre, un confronto polispecialistico sull’emergenza dei Gram-negativi MDR, sull’impiego delle nuove molecole anti-infettive e sulle strategie per ridurne la diffusione, rappresenta un punto fondamentale per affrontare questa attuale problematica in ottica multidisciplinare e costruttiva”.

Secondo l’esperto, se nell’ambito dei microrganismi Gram-positivi la questione della resistenza si può identificare nella meticillino-resistenza e nella diminuita sensibilità ai glicopeptidi in stafilococco e nella vancomicina-resistenza in enterococco, tra i batteri gram-negativi il problema è di gran lunga più complesso (E. coli chinoloni-resistenti, P. aeruginosa MDR e pan-drug-resistant, Gram-negativi ESBL+, Enterobacterales carbapenemasi-produttori KPC, OXA-48, KPC+, Acinetobacter spp. resistenti ai carbapenemi). “Di fronte a questo scenario risulta importante stimolare la ricerca per individuare nuove molecole antinfettive, utilizzando correttamente quelle già conosciute e valorizzando al meglio i nuovi antibiotici. Bisogna quindi calcolare, in un’ottica di stewardship delle molecole antimicrobiche, la quantità di pazienti colonizzati e infetti, la quantità di colonizzazioni ed infezioni “evitabile” con l’ottimizzazione delle modalità di prevenzione delle infezioni e quindi l’appropriatezza terapeutico in un contesto di utilizzo “eterogeneo” delle molecole vecchie e nuove, con delle regole il più possibile condivise dalla comunità scientifica” ha concluso il Professor De Rosa.

Da quasi due decenni l’equilibrio fra la selezione di nuove resistenze antimicrobiche e lo sviluppo di nuove molecole in grado di porvi rimedio è purtroppo venuto meno, in particolare sul versante dei germi gram-negativi. A spiegarlo è stato Giovanni Di Perri, Professore Ordinario Dipartimento Discipline Medico Chirurgiche-Divisione Universitaria degli Studi di Torino, Direttore del Dipartimento di Malattie Infettive Ospedale Amedeo di Savoia:
“Le categorie dei farmaci ad azione antibiotica sono rimaste pressoché le stesse ed i recenti miglioramenti in sede di farmacopea antibiotica sono soprattutto riconducibili a sintesi di nuove molecole accessorie nell’ambito degli inibitori delle beta-lattamasi. Se è vero che alcune nuove molecole hanno di fatto creato valide opzioni nella terapia delle infezioni da germi farmaco-resistenti, è anche vero che il vantaggio apportato non concede dei margini di lunga durata. Ciò pone il problema di implementare una serie di passaggi operativi tesi a salvaguardare per quanto possibile l’efficacia delle nuove molecole. Il termine di stewardship antimicrobica vuole in tal senso comprendere quel continuum procedurale il cui fine principale, accanto all’interesse prioritario di ogni singolo paziente, è appunto la salvaguardia del margine di attività che alcune di queste nuove molecole possiedono”.
Sul versante dei germi gram-positivi il Professor Di Perri ha sottolineato che “la situazione è certamente migliore in termini di sensibilità ai farmaci ad azione antibiotica, ed in questo ambito l’innovatività viene soprattutto dalla nuova disponibilità di farmaci a cessione protratta, in grado di garantire, anche con una sola infusione, la presenza di concentrazioni utili di antibiotico necessaria a coprire i tempi di terapia. È intuitivo come soluzioni del genere di fatto alleggeriscono la necessità ed i tempi di assistenza ospedaliera, così come semplificano le attività in sede di Day Hospital, senza trascurare i vantaggi logistici per lo stesso paziente. La lettura “amministrativa” di questa specifica innovazione deve essere in grado di recepire i risparmi in termini di ridotto impegno assistenziale, in un periodo in cui iniziano ad assumere valori preoccupanti sia la scarsità di personale specialistico che l’insufficienza attuale della rete assistenziale” ha concluso il Professor Di Perri.