Le opportunità della Rete Sclerosi Multipla lombarda, che mette in comunicazione i centri e i professionisti per una presa in carico efficace degli ammalati.

Oltre 20.000 pazienti sono in cura presso i centri della Rete, numero che ogni anno si accresce di circa 1.000 nuove diagnosi di malattia 

Milano, 25 maggio 2022 – La Regione Lombardia ha scelto un’assistenza capillare per le persone con Sclerosi Multipla, attraverso centri specialistici presenti su tutto il territorio. È inoltre attiva una Rete spontanea formalizzata nel progetto “Rete Sclerosi Multipla Lombardia” e finalizzata a condividere un sapere che oggi evolve rapidamente e che, con un programma multidisciplinare (Rete dei Farmacisti ospedalieri) supportato dall’Agenzia italiana del farmaco (AIFA), analizza in tempo reale l’applicazione di terapie sempre più innovative. A questo quadro così organizzato si aggiunge il fatto che l’Agenzia Nazionale per i Servizi Sanitari Regionali (AGENAS) ha recentemente pubblicato un Percorso diagnostico terapeutico assistenziale (PDTA) specificamente dedicato alle persone con Sclerosi Multipla, che vuole porle al centro delle attività assistenziali: si tratta di un percorso che prevede l’accesso alle migliori competenze possibili e ai più avanzati servizi in campo diagnostico, terapeutico e riabilitativo. 
Si torna a parlare di Sclerosi Multipla, una malattia tra le più comuni e più gravi del sistema nervoso centrale: è cronica, imprevedibile, progressivamente invalidante. In Italia si stima che ne siano affette circa 130.000 persone, con circa 3.400 nuove diagnosi all’anno. Questa malattia ha un elevato impegno assistenziale e sanitario e comporta un impatto negativo sulle attività quotidiane e sulla qualità di vita della persona con Sclerosi Multipla. Inoltre, si stima che questa malattia costi circa 45.000 euro per paziente, quindi circa 6 miliardi di euro l’anno, ossia circa lo 0.28% del Prodotto Interno Lordo (PIL) Italiano. Una diagnosi precoce, una terapia tempestiva, un corretto monitoraggio, un maggior accesso alla riabilitazione ed una migliore gestione del paziente sul territorio potrebbero ridurre la disabilità e i costi indiretti della malattia e migliorare la qualità della vita dei pazienti. Come viene affrontata la malattia e come vengono gestiti i pazienti in regione Lombardia è il tema affrontato durante l’evento FOCUS LOMBARDIA: SCLEROSI MULTIPLA, L’EVOLUZIONE DI NUOVI MODELLI ORGANIZZATIVI TRA EFFICIENZA DI INTERDISCIPLINARIETÀ E RISPOSTA DI SALUTE”, organizzato da Motore Sanità, con il contributo incondizionato di NOVARTIS, che ha messo in luce le opportunità e gli obiettivi. 

La Rete lombarda dei centri di Sclerosi Multipla è una realtà presente dal 2017 ed è costituita da tutti i 30 centri Sclerosi Multipla operanti sul territorio regionale. Oltre 20.000 persone con Sclerosi Multipla sono in cura presso i centri della Rete, numero che ogni anno si accresce di circa 1.000 nuove diagnosi di malattia. Obiettivo della Rete è realizzare il miglior benessere per chi è affetto da Sclerosi Multipla, attraverso una progettualità condivisa tra i centri Sclerosi Multipla della Regione, ma anche con enti di governo della salute e società scientifiche. La Rete promuove l’elaborazione di protocolli di intervento e cura basati sull’evidenza, ed identifica eccellenze e competenze specifiche dei singoli centri (“nodi di rete”), mettendole a disposizione dell’intera comunità delle persone affette da Sclerosi multipla che vivono in Lombardia.  Inoltre, la Rete promuove attività di ricerca clinica e lo scambio di informazioni medico-scientifiche attraverso convegni e progetti di governance e formativi, come ad esempio il programma di Farmacovigilanza attiva sui farmaci per la Sclerosi multipla, che ha aiutato a definire ulteriormente il profilo di sicurezza e tollerabilità delle cure per la malattia, o l’iniziativa di standardizzazione degli esami di Risonanza magnetica per le persone affette da questa patologia.
La Rete Sclerosi Multipla rappresenta quindi la risposta alla necessità di consolidare una gestione eccellente e multidisciplinare delle problematiche cliniche ed assistenziali delle persone con Sclerosi Multipla, anche nell’ottica delle indicazioni del Piano Nazionale per la Cronicità – ha commentato il Professor Pietro Annovazzi, Centro Sclerosi Multipla ASST Valle Olona – Gallarate (VA) -. La Rete opera tenendo conto di priorità ed appropriatezza delle cure, nell’ottica di ottimizzare la gestione delle risorse e garantire sia il mantenimento dei più elevati standard di cura, sia la sostenibilità degli stessi”.

Il tema sul nuovo PDTA nazionale AGENAS in Sclerosi Multipla è stato affrontato da Massimo Filippi, Professore Ordinario di Neurologia e Direttore della Scuola di specializzazione in Neurologia presso l’Università Vita-Salute San Raffaele e Direttore Unità di Neurologia, Neuroriabilitazione, Neurofisiologia, Stroke Unit e Centro Sclerosi Multipla, IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano, ha messo in evidenza. “L’Agenzia Nazionale per i Servizi Sanitari Regionali (AGENAS) ha recentemente pubblicato un Percorso diagnostico terapeutico assistenziale (PDTA) specificamente dedicato alle persone con Sclerosi Multipla, redatto fra un gruppo di esperti altamente qualificati. Il PDTA vuole porre la persona con Sclerosi Multipla al centro delle attività assistenziali definendo un percorso che preveda l’accesso alle migliori competenze possibili e ai più avanzati servizi in campo diagnostico, terapeutico e riabilitativo. Il documento vuole offrire indicazioni per rendere i servizi per la Sclerosi Multipla equamente accessibili, omogenei e di qualità su tutto il territorio nazionale, attraverso la multidisciplinarietà e la collaborazione tra i centri Sclerosi Multipla ed il territorio. Inoltre vuole definire l’insieme di procedure, competenze, tecnologie e setting assistenziali necessari al soddisfacimento dei bisogni delle persone con SM durante i percorsi diagnostici, terapeutici e riabilitativi. Il PDTA – ha concluso il Professor Filippi – fornisce utili indicazioni per ottimizzare le risorse umane, strutturali ed economiche e per incentivare la collaborazione tra i Centri Sclerosi Multipla e la Medicina del territorio e promuove l’utilizzo di varie modalità di telemedicina per la gestione del paziente con Sclerosi Multipla per rispondere alle varie esigenze della malattia”.

La pandemia Covid-19 ha testato la resilienza della “Rete Sclerosi multipla Lombardia. 
“L’emergenza sanitaria ha permesso di sviluppare, grazie a nuovi percorsi amministrativi, il supporto domiciliare telematico, rafforzando la presa in carico territoriale che è già patrimonio dei Centri di Sclerosi Multipla ed accelerando lo sviluppo del monitoraggio clinico informatizzato – ha aggiunto il Professor Ruggero Capra della Rete Sclerosi Multipla Lombardia e Centro Regionale Sclerosi Multipla Montichiari (BS) -. La telemedicina è diventata quindi strumento quotidiano più facilmente apprezzato dal paziente (semplifica, ove possibile, l’accesso sanitario) e dovrebbe essere un cardine dell’approccio assistenziale del prossimo futuro, sia nel consulto domiciliare che nel rapporto con le Case di Comunità. La Sclerosi multipla è una malattia con episodi acuti imprevedibili in un contesto di cronicità: per quest’ultimo aspetto la telemedicina potrà essere fulcro tra l’integrazione delle conoscenze specifiche della Rete e quelle sviluppate nelle Casa di Comunità, sia sotto il profilo medico che infermieristico per un’assistenza multidisciplinare che si estenda dalle comorbidità spingendosi al domicilio della persona con forme più severe di disabilità, attraverso il supporto dell’Assistenza domiciliare integrata. Questa evoluzione del prendersi cura della persona evita la dispersione delle risorse sanitarie, preserva terapie ad alta complessità con la migliore aderenza, coinvolge e responsabilizza tutti gli attori del sistema, si adatta alle peculiarità individuali, custodendo un sistema efficace che non ha pari in Europa”

Fermiamo lo stigma dei malati mentali

Enrico Zanalda, Direttore DSM Interaziendale ASL TO 3 – Past President SIP: “In Regione Piemonte abbiamo un progetto di reinserimento lavorativo, per rinforzare la possibilità che pazienti anche con schizofrenia possano essere inseriti nel mondo del lavoro”.

25 maggio 2022 – La legge 180, unica al mondo, ha abolito i manicomi demandando l’onere e il compito di gestire i pazienti psichiatrici ai servizi territoriali, ai reparti psichiatrici ospedalieri, ai dipartimenti di salute mentale e alle famiglie. 
Per realizzare tale obiettivo, è importante che i dipartimenti psichiatrici lavorino coordinati all’interno di una rete che dia risposte efficaci dalla gestione della crisi e alla riabilitazione del paziente stesso, aiutando il gravoso compito delle famiglie e supportando anche economicamente i vari attori del sistema. Nasce da questi presupposti l’evento TAVOLO REGIONALE SCHIZOFRENIA – FOCUS PIEMONTE”, promosso da Motore Sanità, con il contributo incondizionato di Angelini Pharma. Obiettivo fare un’analisi dei bisogni assistenziali e dello stato dell’arte della presa in carico di tali pazienti nelle regioni indicate, oltre a definire insieme agli stakeholder più importanti – istituzionali e clinici – le azioni di miglioramento da intraprendere per migliorare il percorso di cura del paziente schizofrenico.

“In Piemonte, come anche nelle altre Regioni d’Italia, uno dei problemi maggiori che abbiamo per una buona prognosi del trattamenti di pazienti con schizofrenia o con psicosi, è intercettarli dopo pochi anni o mesi dall’esordio della sintomatologia psicotica”, spiega Enrico Zanalda, Direttore DSM Interaziendale ASL TO 3 – Past President SIP. “Questo si chiama periodo di non trattamento ed è uno degli aspetti che rende la prognosi meno favorevole, nonostante i trattamenti. In media, un paziente arriva ad avere la diagnosi del trattamento corretto a 8-10 anni dall’esordio. Molto tempo dopo quindi di quello che potrebbe essere l’esordio della patologia o, quantomeno, i primi sintomi che sono anche dei sintomi prodromici che insorgono anche in età giovanile. Un altro aspetto che mi preme sottolineare è quello dell’inserimento lavorativo anche in pazienti che sono in carico ai Servizi di Salute Mentale, quindi con diagnosi fatta e anche con invalidità della Legge 68, invalidità lavorativa con obbligo di assunzione: c’è una grossa difficoltà da parte delle aziende a inserire tra i loro dipendenti persone che abbiano questo tipo di invalidità legato alla patologia mentale. In Regione Piemonte abbiamo in corso un progetto di reinserimento lavorativo, utilizzando le multe che le aziende pagano per non ottemperare la Legge 68 e quindi rinforzare la possibilità che pazienti anche con schizofrenia possano essere inseriti nel mondo del lavoro”.

E poi ci sono altri problemi ancora, che si ingranano l’uno nell’altro, come racconta Vincenzo Villari, Direttore SC Psichiatria-Servizio Psichiatrico di Diagnosi e Cura afferente al Dipartimento Neuroscienze e Salute Mentale AOU Città della Salute e della Scienza di Torino: Il primo è l’emergenza-urgenza che si determina sui territori e l’esecuzione dei TSO (Trattamento sanitario obbligatorio) e ASO (Accertamento sanitario obbligatorio) che sono problemi distinti, che però spesso vengono sovrapposti o confusi e questo è un problema per tutto l’ambito delle malattie mentali. C’è poi l’intercettazione precoce degli esordi, altro problema molto ampio, che non necessariamente deve comportare l’ospedalizzazione, ma che spesso viene intercettato in occasione di un ricovero o di un passaggio in Pronto Soccorso. In questo caso la continuità ospedale-territorio assume una importanza primaria, che viene ulteriormente ribadita nella fase delle dimissioni. Deve essere utilizzato il ricovero per costruire già un’ipotesi di trattamento in post acuzie, che sia rappresentato da una solida presa in carico dei Centri di Salute Mentale e, ovviamente, presa in carico del paziente e del suo contesto familiare e relazionale. Inoltre c’è un problema di costruire una continuità e una integrazione degli interventi nei vari servizi, perché spesso abbiamo comorbidità con disturbo da uso di sostanze e c’è tuttora qualche difficoltà di integrazione tra i SerD (Servizi per le dipendenze Patologiche) e la Psichiatria Adulti e poi c’è anche un problema di continuità di cure con la neuropsichiatria infantile, visto che l’età di esordio, spesso, avviene in età minore”.