La PCR: un semplice esame in farmacia per ottimizzare la terapia antibiotica, utile per i pediatri di libera scelta e per i medici di famiglia

30 marzo 2022 – La proteina C reattiva, detta anche PCR o CRP (C Reactive Protein) è un indice di infiammazione prodotto dal fegato e rilasciato nel circolo sanguigno. In generale, elevati livelli di proteina C reattiva rappresentano un campanello d’allarme per lo stato di salute della persona, che richiede poi adeguati approfondimenti diagnostici. In presenza di una diagnosi certa, come indice di flogosi diventa anche molto interessante dal punto di vista prognostico, per valutare l’andamento e la gravità di un processo infiammatorio o per determinare l’efficacia di una terapia o il rischio cardiovascolare globale (insieme ad altri parametri) anche in una persona sana. 
Uno degli utilizzi più interessanti, sia nei pazienti pediatrici sia negli adulti, potrebbe essere la valutazione dei livelli di CRP, condotta al fine di guidare la prescrizione di antibiotici. Un recente articolo su NEMJ lo indica come parametro utile per ottenere un impiego più parsimonioso di questi farmaci anti-infettivi, essenziali nei pazienti affetti da riacutizzazioni di Bpco. Grazie al test della Proteina C Reattiva è possibile distinguere le infezioni batteriche da quelle virali, un test rapido e mininvasivo che può davvero fare la differenza. Studi scientifici indicano inoltre che il test della PCR riduce la prescrizione di antibiotici, senza compromettere il processo di cura dei pazienti. 
Oggi per il clinico e soprattutto per il paziente si presenta una grande opportunità di semplificazione riguardo all’accesso al test di misurazione della PCR, che può essere effettuata in setting Point of Care, come la farmacia, insieme ai già conosciuti test che valutano il profilo glicemico e quello lipidico. Tutto ciò è molto interessante anche in ottica di spostamento degli esami di primo livello sul territorio, garantire cioè la prossimità di diagnosi e soprattutto accelerare la diagnosi stessa
. Per approfondire il tema, Motore Sanità ha promosso il webinar “PROGETTO CRP”, sponsorizzato da Roche Diagnostic

Si avvicina per il cittadino la possibilità, con un semplice esame eseguito comodamente in farmacia, di poter gestire in appropriatezza l’utilizzo dell’antibioticoterapia, escludendone l’impiego quando non necessaria, aspetto molto importante per la lotta all’antimicrobico-resistenza, ha commentato Claudio Zanon, Direttore Scientifico Motore Sanità. 

Una PCR in costante calo sino a completa normalizzazione permette di dare un giudizio positivo sull’impatto dell’antibioticoterapia, che potrà quindi essere definitivamente interrotta, ha confermato Francesco Menichetti, Presidente GISA. “D’altronde, una mancata discesa e normalizzazione della PCR porrà il clinico di fronte al dilemma relativo a un’errata diagnosi, a una inadeguata scelta della terapia antimicrobica, o ancora a un’infezione barrierata che non ha ricevuto l’adeguato “source control”. Un nuovo incremento dei valori della PCR, specialmente quando si ha a che fare con infezioni correlate a materiale protesico, sarà indicativo della persistenza dell’infezione, assai probabile quando si tenta di controllare queste infezioni, senza ricorrere alla bonifica chirurgica (rimozione della protesi infetta). Se i test microbiologici rapidi con la pronta identificazione del patogeno e l’antibiogramma molecolare rappresentano la nuova frontiera dell’ottimizzazione dell’antibioticoterapia, è evidente che un uso intelligente e sistematico della PCR è in grado di fornire un importante ausilio per il clinico aiutandolo nell’adeguata valutazione dell’efficacia dell’antibioticoterapia e dando importanti indicazioni sulla sua durata. È infatti proprio la durata dell’antibioticoterapia uno dei punti chiavi che un buon programma di stewardship antimicrobica deve perseguire: terapie antibiotiche brevi, se efficaci, impattano meno sulla flora microbica intestinale e contribuiscono nel contenere il fenomeno dell’emergenza dei microbi resistenti

Diritto all’oblio per i malati oncologici: istituzioni e associazioni di pazienti insieme per trasformare il disegno di legge in norma attuativa 

1milione di italiani guariti dal tumore non hanno nessun diritto di mutui, di assicurazioni sulla vita e il diritto ad adozioni.

30 marzo 2022 – “Io non sono il mio tumore”. Lo ripetono a sé stesse le persone che hanno incontrato il tumore nella loro vita e lo vorrebbero ribadire tutte quelle volte che si trovano davanti a chi rivolge loro la domanda “Signora, ha avuto un tumore?”, in procinto di accendere un mutuo, di ottenere un’assicurazione per la vita o di chiedere l’adozione di un bambino.  
La Senatrice Paola Boldrini, Vice Presidente della Commissione Igiene e Sanità del Senato ha presentato in Senato, nella Sala dei Caduti di Nassirya, il disegno di legge sul diritto all’oblio per i pazienti oncologici
Il disegno di legge n. 2548 recante “Disposizioni in materia di parità di trattamento delle persone che sono state affette da patologie oncologiche”, introduce il diritto all’oblio per gli ex pazienti malati di tumore e poi guariti. Nel nostro Paese sono 3.600.000 gli italiani che hanno avuto una diagnosi di tumore e più di un terzo è guarito (25-30%). Con questo testo normativo tutte le persone che abbiano effettuato l’ultimo trattamento attivo in assenza di recidive da dieci anni e guarite, hanno quindi diritto all’oblio: in caso di stipula di mutui, contratti e assicurazioni le informazioni relative alla patologia oncologica non possono essere più utilizzate ai fini del calcolo del rischio o della solvibilità.
 
Secondo i dati di AIRTUM – Associazione Italiana Registri Tumori, in Italia al 2020 erano più di 3.600.000 le persone vive che avevano avuto una diagnosi di tumore (il 6% della popolazione), un numero che sta aumentando di anno in anno (del 3%) sia perché aumenta la quota delle persone over 65 – e aumenterà nei decenni successivi – sia perché in questa fascia di età è maggiore l’incidenza dei tumori negli uomini e nelle donne. Altri dati: il 50% delle nuove diagnosi di tumori maligni fatte nel 2020 hanno riguardato gli ultra 70enni. A questo si associa il fatto che, grazie ai progressi diagnostici e terapeutici, aumenta la sopravvivenza di queste persone che hanno avuto una diagnosi di tumore e le loro esigenze devono essere ascoltate, affrontate e risolte. Chi sono? Uomini che hanno avuto un carcinoma della prostata e del colon retto soprattutto, e donne che hanno avuto un tumore al seno o al colon retto. Una grossa fascia è rappresentata da persone che hanno avuto una diagnosi da oltre 10 anni (1,5 milioni). Infine, il 27% può essere considerato guarito. 

Questo disegno di legge è un segnale importante di civiltà”, secondo la Senatrice Paola Boldrini. “È un obiettivo molto importante in quanto riconosce il diritto all’oblio per le persone che si sono ammalate di tumore e che sono anche guarite. L’evoluzione scientifica e quella sanitaria portano ad avere sicuramente un risvolto positivo in queste patologie e quindi è giusto riconoscere quei diritti che vengono ricompresi nei diritti del paziente che è guarito, ma che nelle leggi vigenti attualmente non sono ricompresi. Nel redigere questo testo di legge ci siamo ispirati alle richieste del Cancer Plan for Europee e al contenuto di una risoluzione recentissima del Parlamento europeo che chiede alla Commissione europea determinate azioni e fra queste ce ne sono di importantissime, come quelle al paragrafo 125 che chiede proprio agli stati membri di legiferare sul diritto all’oblio e di farlo con dei tempi precisi. Il Parlamento europeo chiede infatti alla Commissione che gli stati membri possano legiferare entro il 2025. Si tratta di una strategia globale e di una opportunità di adeguarsi da parte del nostro Paese. Francia, Belgio, Lussemburgo, Paesi Bassi e Portogallo hanno già legiferato in merito al diritto all’oblio”.