Individuare nuovi target e indicatori nella ricerca clinica al passo con l’innovazione

25 Marzo 2022 – La terapia medica dei tumori è un campo in cui si sono alternati periodi di avanzamenti dirompenti e di lenti e graduali progressi. L’individuazione di bersagli molecolari specifici dei tumori presenta alcuni esempi di introduzione di farmaci innovativi che hanno chiaramente segnato un punto di svolta nel trattamento di alcune forme tumorali. Una storia esemplificativa di una scoperta rivoluzionaria comincia con l’identificazione alla fine degli anni ’50 di un’anomalia cromosomica presente quasi sempre nella leucemia mieloide cronica la cui caratterizzazione molecolare negli anni ’70 ha condotto alla realizzazione di un farmaco che ha cambiato la storia clinica della malattia. Prima della sua introduzione, all’inizio degli anni 2000, la leucemia mieloide cronica aveva una sopravvivenza a cinque anni del 20% che oggi, grazie ai nuovi farmaci a bersaglio molecolare, è intorno al 90%.  Nella seconda giornata di “ONCOnnection 2022 – Disruptive innovation in oncologia”, organizzata da Motore SanitàMauro Biffoni, Direttore del Dipartimento Oncologia Medicina Molecolare dell’Istituto Superiore di Sanità, ha aperto i lavori spiegando come individuare nuovi target e indicatori nella ricerca clinica in rapporto all’innovazione

“L’enorme aumento di potenza delle tecnologie per la caratterizzazione molecolare dei tumori ha accelerato l’identificazione di potenziali bersagli molecolari e favorito lo sviluppo di nuovi farmaci specifici – ha spiegato Mauro Biffoni -. Dei 14 nuovi farmaci oncologici autorizzati dall’EMA nel 2020 ben 8 prevedono la valutazione di un biomarcatore predittivo della risposta. Lo spostamento verso terapie a bersaglio è testimoniato dalla crescita progressiva dei farmaci autorizzati da FDA con utilizzo raccomandato sulla base dell’individuazione di un biomarcatore, che nel corso di venti anni sono aumentati di oltre 10 volte (da 7 a 79). La sperimentazione clinica in corso fa ritenere che altri se ne aggiungeranno nei prossimi anni”

Continuando nella sua relazione, il dottor Biffoni ha spiegato che l’approvazione dei farmaci oncologici si muove in un precario equilibrio tra bisogni che spesso sono in contrasto tra di loro: quello di avere evidenze solide di efficacia e sicurezza e quello di rendere disponibili con rapidità farmaci che rispondono a necessità terapeutiche non soddisfatte. 
“La via ottimale prevede una ricerca clinica di potenza adeguata condotta con studi clinici di confronto diretto con uno o più comparatori attivi adeguati, con attribuzione casuale ai bracci di trattamento e la valutazione di esiti solidi di efficacia e di sicurezza prolungati nel tempo – ha puntualizzato Biffoni -. L’indicatore di efficacia più solido in oncologia è ovviamente la capacità di prolungare la sopravvivenza dei pazienti rispetto ai trattamenti più efficaci già disponibili. Per alcune patologie per le quali anche stadi relativamente avanzati consentono sopravvivenze prolungate questo parametro potrebbe richiedere dei tempi di studio molto lunghi o arruolamenti molto grandi e può rendersi necessario ricorrere a dei parametri surrogati dei quali però deve essere dimostrata la correlazione con il parametro più indicativo. Purtroppo con una frequenza non trascurabile farmaci autorizzati con procedure accelerate e basate su parametri surrogati di sopravvivenza non confermano a distanza di tempo le promesse di efficacia che ne avevano motivato l’approvazione. Un aspetto molto rilevante ma ancora poco utilizzato negli studi registrativi è la valutazione della qualità della vita dei pazienti conseguente ai diversi trattamenti. Una valutazione della qualità della vita condotta su parametri solidi potrebbe rappresentare un importante supporto alla validità di parametri di sopravvivenza surrogati”

Pur rimanendo lo studio clinico randomizzato in doppio cieco un riferimento metodologico per l’acquisizione di evidenze che consentono di comprendere il potenziale ruolo nella terapia, in diversi ambiti nei quali la rarità della patologia rende difficoltoso adottare questo tipo di disegno è talora accettabile ricorrere a studi di confronto indiretto o storico. 
“Questo approccio – ha ammesso il Direttore Biffoni – sta diventando più frequente in oncologia perché ai tumori rari per incidenza complessiva si aggiungono quelli pur essendo frequenti hanno sottopopolazioni caratterizzate dalla comparsa di specifiche alterazioni genetiche suscettibili di terapie a bersaglio molecolare. Talora i tumori che presentano queste alterazioni genetiche sono caratterizzati da storie naturali diverse da quelle che complessivamente hanno i tumori dello stesso istotipo e quindi anche i controlli indiretti ricavati da studi clinici precedenti nei quali non era stata eseguita un’adeguata caratterizzazione molecolare perdono di significato. In questi casi a volte si può ricorrere alla valutazione di parametri surrogati insoliti come la comparazione dell’effetto in linee di terapia avanzate rispetto a quello ottenuto con le precedenti linee”

“La valutazione del valore innovativo dei farmaci oncologici ed in particolare di quelli rivolti verso bersagli molecolari – ha concluso Mauro Biffoni, Direttore del Dipartimento Oncologia Medicina Molecolare dell’Istituto Superiore di Sanità – può in definitiva essere complessa ma deve essere condotta comunque sulla base delle evidenze disponibili e probabilmente richiederà l’attuazione di procedure più flessibili di autorizzazione al fine di garantire l’ingresso nella clinica di trattamenti più efficaci, di non alimentare speranze non fondate e di garantire la sostenibilità dei sistemi sanitari”

Ucraina: i tavoli di guerra dove le donne non ci sono

25 marzo 2022 – Ognuno di noi, ormai da 30 giorni a questa parte, sta guardando attonito al conflitto in Ucraina e ognuno di noi sta cercando di fare la sua parte
“Siamo a conoscenza delle grandi difficoltà dei colleghi e delle colleghe del mondo medico ucraino e russo e alcuni di noi hanno dato la propria disponibilità ad accogliere i profughi”, spiega Nicla La Verde, Direttore Unità Operativa Complessa Oncologia, Ospedale Luigi Sacco di Milano e tesoriere di Women for Oncology Italy“Nello specifico accogliamo pazienti, che arrivano dall’Ucraina e che hanno bisogno di continuare le cure che, per via della guerra in corso, sono stati costretti a interrompere. Abbiamo esempi virtuosi, a partire dalla Professoressa Rossana Berardi, Presidente di Women for Oncology Italy, che ha accolto un paziente ucraino nel suo reparto per il proseguo delle cure. Da un lato abbiamo questo fronte che seguiamo noi, dall’altro vediamo anche donne medico sul campo di guerra che aiutano i loro connazionali a livello sanitario. E questo, in particolare, stride con un’informazione di retaggio maschilista tra i nostri mass-media. Spesso e volentieri, noto che le intervistate non sono le giornaliste e le dottoresse del luogo. Non si dà spazio nemmeno alla vicepremier ucraina. Eppure, sul fronte della guerra, sono impegnate tutte le donne, a qualsiasi livello: abbiamo una presenza femminile sul territorio molto ampia. Come tesoriere di Women for Oncology Italy, questo continua a farmi specie, perché è un chiaro indicatore che qualcosa non va nel nostro sistema. E non solo da noi. Le donne ucraine, al pari degli uomini, stanno combattendo questa guerra a discapito della propria vita, ma non sono presenti ai tavoli importanti, dove avvengono le trattative internazionali. Le poche eccezioni di donne con un ruolo apicale, non ricoprono alcun ruolo fondamentale. Si tratta dell’ennesima prova che, nonostante i nostri studi, le carriere e gli impegni, qualcosa blocca il raggiungimento degli obiettivi finali

Il sistema è pronto a ricevere l’innovazione nella cura dei tumori?

I numeri: 3milioni e 600mila malati di tumore. Gli esperti: prevedere nuovi setting assistenziali che vanno dai letti di cure intermedie a case di comunità, al domicilio assistito del paziente.

24 Marzo 2022 – Nella prima delle due giornate dell’evento ONCONNECTION 2022 Disruptive Innovation in Oncologia, organizzato da Motore Sanità, l’oncologia territoriale è stato il tema principale al centro del dibattito. La nuova oncologia ospedale/territorio è un cambiamento organizzativo ineludibile che nasce dal cambiamento epidemiologico (cronicizzazione delle patologie oncologiche, età), dal progresso della ricerca scientifica con le nuove tecnologie messe in campo.

Le CAR-T costituiscono un bellissimo modello da tutti i punti di vista. Con l’oncoematologia da una parte e le innovazioni dall’altra, arriveremo a farmaci molto innovativi e potenti”, è il commento di Giuseppe Longo, Coordinatore GREFO. Ma c’è un ma:se noi partecipiamo allo sviluppo del farmaco, anche il farmaco deve costare di meno. Se si crea questa partnership, è chiaro che come sistemi sanitari abbiamo dato un contributo al valore terapeutico di quel farmaco, che ci deve essere riconosciuto. Questo è uno degli aspetti a cui dovremo sempre più pensare in futuro. Ci vuole una Disruptive Innovation per rompere questo sistema”.

Parla delle CAR-T anche Franca Fagioli, Direttore SC Oncoematologia Pediatrica e Centro Trapianti AOU Città della Salute e della Scienza di Torino – Direttore Rete Oncologica Pediatrica Piemonte e Valle D’Aosta: “Le CAR-T, così come dice il Dottor Longo, possono essere un modello. Ma per permetterci un cambio reale, molto importante è anche il ruolo delle Associazioni dei pazienti, che sono parte integrante di tutti quelli che sono i nostri atti terapeutici: dalla gestione alla condivisione dei Percorsi Diagnostico Terapeutici Assistenziali”.

Il cambiamento rappresenta una necessità anche per Gianni Amunni, Direttore Generale ISPRO Regione Toscana che, dati alla mano, rivela:“3milioni e 600mila casi prevalenti oncologici rappresentano una domanda rilevante, ma soprattutto caratterizzata da bisogni assistenziali molto diversi che vanno dall’alta intensità (Car-T) a esigenze più di tipo socio-sanitario. Occorre riorganizzare l’intera oncologia (ora solo ospedaliera) prevedendo nuovi setting assistenziali che vanno dai letti di cure intermedie a case di comunità, fino al domicilio (protetto e assistito) del paziente. Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) ha focalizzato l’attenzione sul tema della medicina territoriale e sempre di più occorre riempire di contenuti e di funzioni i “nuovi luoghi di cura” che si stanno costruendo. L’oncologia è pronta a una nuova organizzazione che prevede nel territorio non solo psiconcologia, riabilitazione oncologica, supporto nutrizionale, cure sintomatiche e palliative, ma anche ladelocalizzazione di alcuni trattamenti specifici per la cura dei tumori”.

In oncologia si sta assistendo ad innovazioni mai viste prima: dalla biologia molecolare ai farmaci innovativi, a cambiamenti organizzativi con ricadute di grande impatto favorevole per i malati”,chiosa Luigi Cavanna, Presidente CIPOMO – Collegio Italiano Primari Oncologi Medici Ospedalieri. “Nel nostro Paese sono attive reti oncologiche in diverse Regioni, in altre Regioni le reti oncologiche sono in via di implementazione/realizzazione. È fondamentale organizzare la presa in carico del paziente oncologico, date le grandi criticità che la malattia cancro comporta, una presa in carico che sia omogenea e riproducibile su tutto il territorio nazionale e questo è possibile attraverso il modello di rete, solo cosi vi sarà equità di accesso alle cure, continuità assistenziale e ricerca clinica diffusa”.

Convinti dell’importanza delle reti oncologiche anche Pietro Giurdanella e Stefano Moscato, Componenti del Comitato Centrale FNOPI:

L’oncologia territoriale ha bisogno delle Reti oncologiche che svolgono un ruolo prioritario, anche per non determinare situazioni di mobilità regionale per ottenere cure di cui i pazienti dovrebbero usufruire con la massima prossimità. E nelle Reti l’introduzione dell’infermiere di famiglia e di comunità (IFeC) rappresenta un cambiamento epocale nella cura della malattia oncologica e nella restituzione di una vita quasi normale per milioni di persone che, purtroppo, hanno incontrato nella loro vita il cancro e che desiderano riappropriarsi di una migliore qualità della vita”.

Per Pietro Giurdanella e Stefano Moscato, l’infermiere di famiglia e di comunità in ambito oncologico è garante della risposta assistenziale, secondo un protocollo di intervento, dell’efficacia e dell’appropriatezza delle prestazioni, dell’efficienza dei percorsi assistenziali, dell’ottimizzazione delle risorse, dell’integrazione tra bisogni e realtà assistenziale e dell’umanizzazione dell’assistenza. “Il problema è la carenza di infermieri: per un’assistenza di qualità in tutto mancherebbero, secondo fonti istituzionali, tra i 20 e i 30.000 infermieri di famiglia e di comunità, almeno 6-9000 infermieri per l’ADI. La FNOPI ha messo a punto alcune proposte a breve, medio e lungo termine, con particolare attenzione a residenzialità e alle aree interne e disagiate. La Federazione è pronta a dare soluzioni, ora attende solo di essere ascoltata”.