Nota 97: luci e ombre ad un anno dalla sua applicazione

23 marzo 2022 – Il problema della gestione delle cronicità è stato messo a dura prova durante il periodo pandemico, il quale ha evidenziato anche la necessità di ampliare i servizi sanitari a scenari diversi, implementando la cosiddetta prossimità delle cure. Per fare questo devono essere valorizzate tutte le tecnologie (farmaci e device) che facilitano la presa in carico territoriale del paziente con patologie croniche. La pandemia ci ha poi insegnato che c’è sì un problema di sostenibilità, ma che c’è anche un problema dell’economia legata alla salute. Senza la salute l’economia non c’è, quindi investire sulla salute è un investimento che crea valore e maggior sicurezza per il paziente. Cogliendo la necessità di questi cambiamenti l’Agenzia Italiana del Farmaco (Aifa), attraverso la Nota 97, ha aperto la prescrivibilità dei farmaci NAO (Nuovi Anticoagulanti Orali) alla medicina di famiglia. 
Attraverso questa nuova Nota l’obiettivo era garantire l’appropriatezza e la sostenibilità in un unico percorso di continuità delle cure, soprattutto per ciò che riguarda i pazienti con fibrillazione atriale non valvolare (FANV), che sono pazienti ad alto rischio di eventi cardiovascolari. Infatti la FANV è una delle più importanti patologie croniche del paziente anziano (prevalenza del 5% negli over 65) e rappresenta la terza causa di morte cardiovascolare in Italia. È inoltre un importante fattore di rischio per ictus, patologia che nel 50% dei pazienti sopravvissuti porta a disabilità, per cui la terapia anticoagulante per tutti questi pazienti è preventiva e salvavita.
 
Nonostante questo, i dati epidemiologici italiani stimano che più del 30% della popolazione con FANV non assuma la terapia in maniera adeguata, non riuscendo così a controllare correttamente il rischio di evento cardiovascolare e generando un inutile spreco di risorse. Per tutti questi motivi l’obiettivo atteso era ed è migliorare/semplificare la gestione della patologia, facilitandone l’accesso e offrendo al paziente terapie di maggior efficacia e sicurezza, restituendo ai medici di medicina generale un ruolo chiave nel processo di prescrizione, monitoraggio della corretta e di aderenza alle terapie. 
Ma ad ormai quasi un anno dall’uscita della Nota 97, questo nuovo scenario da tempo auspicato, si è realizzato? Per rispondere a questo e ad altri interrogativi cruciali, Motore Sanità ha promosso il webinar “NOTA 97 AD UN ANNO DALLA SUA APPLICAZIONE”, con il contributo non condizionato di Daiichi SankyoAnna Maria Marata, Coordinatore Commissione Regionale del Farmaco Emilia Romagna e Componente Commissione Tecnico Scientifica Agenzia Italiana del Farmaco, ha commentato: “La spesa per anticoagulanti nel 2020 è stata di 861,5 milioni di euro, di cui 556 per i NAO. Le criticità evidenti che si sono presentate a giugno 2020 erano che avevamo a che fare con una patologia dell’età avanzata con pazienti che dovevano rinnovare i piani terapeutici e quindi dovevano accedere a strutture ospedaliere, la difficoltà di fare i controlli e quindi la necessità di organizzare un modo più diretto e più vicino ai pazienti per gestire in sicurezza questi farmaci, in un momento in cui era anche molto difficile fare formazione. Queste sono state le basi che hanno portato rapidamente alla stesura della Nota 97, per agevolare l’accesso della terapia anticoagulante in modo guidato in un periodo in cui c’era ampia circolazione del virus ed era opportuno che le persone anziane non frequentassero le strutture ospedaliere, se non strettamente necessario”. Così invece Anna Baldini, Segretaria Regionale Cittadinanzattiva Emilia-Romagna: Dal punto di vista del paziente è un grande vantaggio, perché le persone che hanno necessità di questa terapia sono anziane, spesso non autosufficienti, con difficoltà a raggiungere percorsi complessi per avere un piano terapeutico. Il fatto che in una condizione di assoluta emergenza sia stata introdotta questa novità prescrittiva da parte dei medici di medicina generale è stato un grande vantaggio, ma è avvenuto in una nazione che ha un sistema sanitario non omogeneo. Il problema è di dare a tutte le regioni le stesse possibilità di agire. Ci sono delle diversità di procedure, che poi si riflettono sul diverso modo di gestire la patologia. L’appropriatezza della prescrizione, l’aderenza alla terapia, la sanità di prossimità, devono passare in un processo di semplificazione, ma anche di omogeneizzazione e dialogo tra le diverse procedure che regolano le diverse regioni d’Italia. Tutta questa diversità e disparità di organizzazione crea poi una disparità nell’accesso alle cure delle persone. Il nostro sistema sanitario è particolarmente complesso, ha fatto tanti passi per avere una omogeneizzazione e ha fatto tante normative per amalgamarlo, in modo che fosse più agevole per i pazienti. Il Piano Nazionale sulle Cronicità sarebbe uno strumento eccezionale, ma non è recepito in tutte le regioni. Se le norme non vengono attuate, è chiaro che quel processo di semplificazione poi si scontra contro un ostacolo che è la burocrazia”.