Interstiziopatie polmonari: la Regione Campania in prima linea per batterla

La grande rivoluzione

2 luglio 2021 – Le interstiziopatie polmonari, malattie rare dell’apparato respiratorio, sono patologie a complessa gestione.
Come tutte le malattie rare colpiscono tra i pazienti più fragili. Per la loro gestione è fondamentale l’approccio di un team multidisciplinare.
I numeri della fibrosi polmonare idiopatica in Italia registrano tra i 15 e i 18 mila pazienti. Però solo 5.000 di questi hanno una diagnosi accertata. Nella Regione Campania si stimano circa 1.200 pazienti affetti da questa patologia. Fondamentale per la cura di queste persone è una diagnosi precoce.

«Penso che la parte politica debba sensibilizzarsi rispetto a questa esigenza», ha confermato Vincenzo Alaia, Presidente V Commissione Sanità e Sicurezza Sociale Consiglio Regionale Campania, intervenuto al webinar: ‘INTERSTIZIOPATIE POLMONARI: FOCUS CAMPANIA’, promosso da Motore Sanità. E ancora: «Sono patologie che devono essere gestite adeguatamente sul territorio attraverso percorsi ben stabiliti, così da dare risposte adeguate ai pazienti che ne soffrono, evitando che afferiscano ai pronto soccorsi, sovraccaricandoli». 

«La sfida per il futuro è proprio questa», ha ribadito Antonio Postiglione, Direttore Generale per la Tutela della Salute e il Coordinamento del Sistema Sanitario Regionale: «rivedere in un’ottica moderna l’organizzazione sanitaria. Per tempo abbiamo registrato una visione ospedalocentrica, senza casi intermedi: la Casa della salute, la Casa della comunità, il Distretto, un territorio che dreni tutte le esigenze primarie della prima cura del cittadino, per destinare poi le risorse alle strutture ospedaliere per cure ad alta intensità». 

Trattandosi di pazienti cronici, partiamo da un livello di complessità che richiede un impegno multidisciplinare molto elevato. È indispensabile per tanto garantire l’accesso alle cure a tutti con una diagnosi rapida, condividendo anche quelle che sono le best practice Regionali.

È quanto sottolinea Maria Rosaria Romano, Responsabile Assistenza Ospedaliera Regione Campania: «L’approccio multidisciplinare è fondamentale un po’ per tutte le patologie, a maggior ragione per le malattie rare, dove il tempo che intercorre tra la presa in carico del paziente e la diagnosi è fondamentale, per evitare che la malattia possa andare avanti, senza essere trattata. Sarebbe bello se riuscissimo a creare, nell’ambito della Rete che è già esistente, dei gruppi multidisciplinari. Un po’ come la Regione Campania sta già facendo per la Rete oncologica».

«La Regione Campania guarda a nuovi processi di sviluppo e di potenziamento dell’assistenza territoriale, lavorando anche insieme alle Associazioni dei pazienti, che rappresentano lo strumento per la raccolta dei bisogni ma anche l’opportunità per arrivare a soluzioni condivise sostenibili», ha aggiunto Ugo Trama, Responsabile Area Farmaci e Dispositivi Medici Regione Campania. «Un approccio che deve essere sempre più interdisciplinare e anche interconnesso con un potenziamento del percorso di digitalizzazione finalizzato alla realizzazione di una sanità di prossimità, attraverso piani di cura personalizzati e cure a distanza». 

“C’è volontà di cambiare rispetto a come era prima della pandemia”: settembre e dicembre saranno i due mesi chiave della Regione Piemonte per una nuova Medicina Territoriale

2 luglio 2021 – 93 case della comunità, 43 centrali operative territoriali e 27 ospedali di comunità: è questa la cornice pensata dall’Agenzia Nazionale per i Servizi Sanitari Regionali (Agenas), in cui l’assistenza territoriale del Piemonte dovrà muoversi. 2milioni e mezzo i soldi a disposizione per ogni Ospedale di comunità – con un modulo tipo di 20 posti letto, 1 milione e mezzo per le Case di comunità e 150mila euro per le Centrali operative territoriali.

«Agenas, che in questo caso fa da braccio operativo del Ministero della Salute, ci ha anche informati che i 15miliardi che saranno a disposizione con la missione salute (M6) – componenti 1 e 2 – dovranno essere spesi correttamente e interamente, previo il rischio che questi soldi non vengano ristorati a livello del governo regionale e nazionale, andando ad alimentare il debito pubblico», ha precisato Mario Minola, Direttore degli Assessorati alla Sanità e alle Politiche Sociali del Piemonte, nel corso del webinar FOCUS PIEMONTE: “Verso una costituente della medicina territoriale. Un cantiere nelle varie Regioni per un nuovo modello”, promosso da Motore Sanità«Abbiamo settembre come deadline per individuare delle localizzazioni a livello di azienda sanitaria locale di queste strutture e dicembre per andare a localizzarle fisicamente nelle località dove devono essere fatte. Questo dimostra la volontà di cambiare, rispetto a come era prima della pandemia, tenendo conto che dovremo poi anche pensare a come formare tutti i professionisti che andranno a popolare queste strutture». 

Si lavora dunque per una sanità proiettata nel futuro, che deve tenere conto di quello che ci ha insegnato il Covid 19, per non farci più trovare impreparati di fronte a nuove potenziali sfide future. 

Alessandro Stecco, Presidente IV Commissione Regionale Sanità e Assistenza Sociale, Regione Piemonte: «Non ci sono più alibi per nessuna sanità regionale: se le Regioni saranno brave potranno effettivamente mettere a sistema ottimi risultati, soprattutto per quanto riguarda la sanità territoriale. Quello che forse manca è il Piano Sanitario Nazionale, fermo al 2006-2008 e che andrebbe rimodulato, tenendo conto anche delle nuove figure professionali nate in questi ultimi 10 anni e di quella che oggi è l’assistenza sanitaria nel complesso». 

Non è l’unico punto in discussione. «Siamo di fronte all’ultima occasione per rimodernare la nostra sanità, che però è gestita e declinata in modi vecchi. Mi spiace dirlo, ma a mio avviso bisognava puntare fortemente su progetti di telemedicina», ha fatto notare Carlo Picco, Direttore Generale ASL Città di Torino Regione Piemonte. «Prima che questi modelli, che devono essere ponderati bene, vengano calati dall’alto uguali a tutto il territorio – mentre noi sappiamo che i territori sono molto diversi tra loro: che le città sono diverse dalle province, dalle regioni, dalle aree montane, dalle aree peninsulari – auspico la possibilità di maggiori riflessioni, anche con i colleghi di medicina generale. Ricominciare a declinare elementi non elastici, ma percorsi obbligati per tutti, credo non sia un elemento di forza». 

Sclerosi multipla: “Gioco di squadra e terapia precoce, le armi a disposizione per rallentare la progressione della malattia”

Aderenza e appropriatezza terapeutica

2 luglio 2021 – La Sclerosi Multipla (SM) può esordire ad ogni età, ma è più comunemente diagnosticata nel giovane adulto tra i 20 e i 40 anni. Ci sono circa 2,5-3 milioni di persone con SM nel mondo, di cui 1,2 milioni in Europa e circa 130.000 in Italia. Il numero di donne con SM è doppio rispetto a quello degli uomini, assumendo così le caratteristiche non solo di malattia giovanile ma anche di malattia di genere. Esistono varie forme di malattia, ma la pratica clinica ha evidenziato come iniziare la terapia il più precocemente possibile porti ad un rallentamento della progressione della disabilità, ricordando che ogni individuo richiede un programma di cura personalizzato. Al fine di sensibilizzare le istituzioni verso un trattamento precoce ed efficace, Motore Sanità ha organizzato il primo di 10 appuntamenti regionali dal titolo ‘Focus Puglia: #MULTIPLAYER – La Sclerosi Multipla si combatte in squadra’, realizzato grazie al contributo incondizionato di Celgene | Bristol Myers Squibb Company. 

“La Sclerosi Multipla è una malattia disabilitante cronica ad alta complessità, legata a processi patogenetici infiammatori e neurodegenerativi del Sistema Nervoso Centrale che si intersecano lungo tutto il corso della malattia, con espressioni cliniche diverse da paziente a paziente, e con una imprevedibile variabilità di decorsi anche nel singolo paziente. Nell’ultimo decennio c’è stato uno straordinario progresso nel trattamento della SM grazie al crescente numero di farmaci immunosoppressori e immunomodulatori approvati per le forme recidivanti e progressive di malattia e alle migliori conoscenze dei meccanismi immunopatologici. L’obiettivo terapeutico del neurologo che cura i pazienti con SM è progressivamente cambiato, passando dalla semplice prevenzione delle ricadute cliniche e dell’infiammazione visibile alla Risonanza Magnetica, alla prevenzione della progressione della disabilità. Questo nuovo scenario impone un uso precoce dei farmaci più efficaci, scegliendo il farmaco “più giusto” sulla base delle caratteristiche della malattia e del paziente, ed un attento e complicato monitoraggio dei possibili eventi avversi dei nuovi farmaci. L’alta complessità di questa patologia rende necessaria una gestione clinica multi specialistica che deve, sempre più, prevedere una riorganizzazione del SSN secondo un modello sanitario incentrato sui territori e sulla costituzione di “reti tra centri SM”, anche attraverso un rafforzamento di strumenti digitali di telemedicina, allo scopo di fornire una adeguata assistenza ai pazienti, nelle varie fasi di evoluzione della malattia, in accordo a Percorsi Diagnostico Terapeutici Assistenziali e Riabilitativi (PDTA) predeterminati”, ha spiegato Maria Trojano, Direttore Clinica Neurologica e Neurofisiopatologia Policlinico di Bari, Università degli Studi di Bari “Aldo Moro”