HIV: in Veneto bisogna puntare sulla prevenzione

Di Malta

21 giugno 2021 – Nonostante l’impegno importante che si è portato avanti negli anni nella lotta contro l’HIV, il Veneto ha un’incidenza di 5,5 casi per 100.000 abitanti, mentre in Italia la media è di 4,2 casi. Inoltre ha una percentuale più alta della media di pazienti diagnosticati a causa della tossicodipendenza e ogni anno si registrano tra i 180 e i 200 nuovi casi l’anno. 9 sono, sul territorio regionale, le Unità operative di Malattie Infettive che si occupano della presa in carico dei pazienti con HIV e AIDS. Durante l’incontro online “HIV: una pandemia silenziosa”, organizzato da Motore Sanità si è fatto il punto della situazione sullo stato dell’arte in Regione

Secondo il Direttore Generale dell’Area Sanità e Sociale della Regione del Veneto Luciano Flor: “Dagli anni 80 molte cose per fortuna sono cambiate quando si parla di Hiv e Aids. La legge 135/90 ad esempio ha permesso che si costruissero molti ospedali nuovi per le malattie infettive, ha fatto sì che nascessero i corsi obbligatori per il personale delle malattie infettive. Molto si è lavorato in Veneto a livello ospedaliero e territoriale. Il Veneto ha: 79 punti dove è possibile fare il test per l’HIV, 11 reparti di malattie infettive, ha un PDTA regionale che funziona. Ogni volta però che viene diagnosticato un nuovo caso bisogna dire che la prevenzione non ha funzionato. Dobbiamo lavorare molto su informazione, formazione e comunicazione per far passare il messaggio che il problema ci sia ancora, nonostante ci sia una cura” 

“La Regione Veneto si è mossa ormai da tempo nell’ambito dei PDTA dal paziente adulto affetto da HIV/AIDS. Dalle ricerche effettuate è emerso la gravità della presenza di comorbilità. Paradigmatico è il caso della presenza del diabete mellito nella popolazione HIV positiva. Nella popolazione HIV positiva il diabete mellito è sottotrattato e poco aderente agli standard di percorso. Bisogna quindi progettare nuovi modelli di cura per i pazienti HIV che hanno delle comorbidità, integrando la gestione dell’HIV delle comorbidità all’interno di percorsi di cura cronica standard gestiti dagli infettivologi”, ha dichiarato Annamaria Cattelan, Direttore UOC Malattie Infettive Tropicali, AOU Padova

Tumori – Women for Oncology premia un film a tema oncologico Rossana Berardi, al Bardolino Film Festival per sottolineare l’impegno di W4O nella lotta contro il cancro

Causa Covid

Women for Oncology Italy – il network a sostegno delle professioniste dell’oncologia italiana – promuove il ruolo sociale del cinema nella lotta contro il cancro, nell’ambito della prima edizione del Bardolino Film Festival, nella magica cornice del Lago di Garda.
Si tratta di un festival polivalente, organizzato dal Comune di Bardolino e con il patrocinio di Regione Veneto e Women for Oncology Italy, che si terrà dal 16 al 20 giugno. Un calendario fitto di eventi dove Rossana Berardi, in qualità di Presidente di Women for Oncology Italy e a nome dell’Associazione, premierà questo fine settimana “Cosa sarà”, film italiano del 2020, diretto da Francesco Bruni e che vede in qualità di attori Kim Rossi Stuart, Raffaella Lebboroni, Nicola Nocella, Lorenza Indovina, Barbara Ronchi. Il film è un racconto autobiografico del regista, in passato affetto da leucemia e pone il tema del paziente oncologico al centro, senza cadere nella retorica.
Ancora una volta Women for Oncology Italy è in prima linea per favorire una diffusa sensibilizzazione e conoscenza nei confronti delle malattie oncologiche.

“Un plauso al comune di Bardolino e all’Assessore Domenica Currò per aver organizzato un festival in cui con linguaggio cinematografico si celebra la “ripartenza” dopo un lungo e difficile periodo di pandemia. Women for Oncology ha immediatamente accolto l’invito a patrocinare l’iniziativa e a consegnare il premio concesso da GSK al regista e agli attori del film “Cosa sarà”. Crediamo infatti nel potere della comunicazione anche cinematografica per far crescere la sensibilità sulle tematiche oncologiche e per portare l’attenzione verso il paziente oncologico, reso ancor più fragile e a rischio in questo periodo pandemico e verso gli operatori sanitari che hanno sempre continuato a lavorare con grande spirito di dedizione. Il cinema ci insegna che qualunque sia la trama che ci troviamo a vivere, noi possiamo comunque e sempre scrivere la sceneggiatura”, ha sottolineato Rossana Berardi, Presidente di Women for Oncology Italy, ordinario di Oncologia all’Università Politecnica delle Marche e direttrice della Clinica Oncologica degli Ospedali Riuniti di Ancona