Le sfide del Gender Gap in Sanità

Causa Covid

26 maggio 2021 – Mondosanità e Women for Oncology – Italy hanno organizzato nei giorni scorsi il talk web Le sfide del gender gap. Abbattere i muri anche nel mondo della Sanità e della Scienza. Dal dibattito è emerso come superare gli stereotipi di genere e il gender gap sia una necessità sempre più impellente. Bisogna sottolineare che se gli stereotipi di genere sono trasversali a tutti i settori, sono però particolarmente radicati nell’ambito della medicina e della scienza. Purtroppo tutti i dati fanno emergere come gli squilibri tra uomo e donna continuino a persistere, in particolar modo nelle posizioni apicali. La pandemia non ha fatto che aumentare queste diseguaglianze.

Percorsi di formazione adeguati, iniziative di sensibilizzazione, role model sono strumenti che, se combinati insieme, possono aiutare ad abbattere i muri del gender gap.

Secondo Alessia Mosca, Membro 8ª Legislatura del Parlamento Europeo e Membro Camera dei Deputati XVII Legislatura e Prima firmataria legge Golfo-Mosca sulle disparità di genere “L’esperienza ci ha dimostrato che nelle posizioni apicali, laddove si nota che non si riesce in modo automatico a scalfire una consuetudine, le quote servono come un acceleratore, ma vanno sempre intese come uno strumento e mai come il fine. E i risultati di successo si possono verificare in tempi rapidi. Questo meccanismo non può essere applicato in modo standard in ogni settore, ma bisogna adattarlo alla situazione”. 

“Come intergruppo parlamentare abbiamo inserito la parità di genere come uno dei punti fondamentali con cui guardare a tutti i progetti che si andranno a sviluppare con il Recovery Fund, a partire dall’educazione delle giovani verso tutte quelle materie scientifiche che spesso sono appannaggio degli uomini” ha sottolineato Fabiola Bologna, Componente XII Commissione (Affari Sociali), Camera dei deputati

“Le facoltà di medicina sono per 2/3 formate da donne, anche se i dati mostrano che nelle progressioni di carriera e nelle apicalità la piramide è ribaltata, nonostante tante siano le donne meritevoli. Per questo chiediamo che negli obiettivi dei vertici istituzionali sanitari e universitari siano inclusi parametri come il numero avanzamenti di carriera e di ruoli apicali e assegnati a donne durante il mandato, nonché che il 50% di donne sia previsto negli organi a nomina” ha dichiarato Rossana Berardi, Presidente Women for Oncology Italy. Su questo punto lanceremo una call to action per tutte le donne che hanno un ruolo nel sistema sanitario, e ci faremo portavoci delle richieste di tutte le nostre colleghe con le istituzioni.

Cateteri venosi periferici: “Scegliere il dispositivo appropriato è la sola strategia vincente per ridurre le complicanze e ottimizzare le risorse impiegate”

26 maggio 2021 – I cateteri venosi periferici (CVP) rappresentano dispositivi medici ampiamente diffusi in ambito sanitario. A seconda della tipologia di impiego vi sono diversi dispositivi (CVP) la cui corretta scelta deve essere valutata in base a differenti parametri: valutazione del patrimonio venoso, condizioni cliniche generali, tempi di permanenza del dispositivo, soluzioni da infondere, conoscenze dell’operatore. La sostituzione inattesa provoca dolore e comporta costi aggiuntivi. L’utilizzo dell’antisettico cutaneo con clorexidina gluconato (CHG) al 2% in alcool isopropilico (IPA) al 70% in applicatore monouso sterile ha ridotto il rischio di complicanze infettive. Per discutere della gestione complessiva dei CVP in ambiente ospedaliero, Motore Sanità ha organizzato il webinar ‘Nuove evidenze nella gestione dei cateteri venosi periferici per ridurre il rischio di complicanze infettive’, realizzato grazie al contributo incondizionato di Becton Dickinson. 

“Le infezioni catetere relate rappresentano ancora oggi un aspetto critico per l’aumentato rischio di mortalità, tempi di degenza e costi correlati. Ci troviamo di fronte alla necessità di ridurre tali rischi e il punto di partenza, anche riguardo gli accessi venosi periferici, è rappresentato dall’antisepsi cutanea. Le evidenze hanno dimostrato che una corretta antisepsi effettuata con clorexidina gluconato (CHG) al 2% in alcool isopropilico (IPA) al 70%, è in grado di ridurre drasticamente il rischio di infezione. L’antisettico da solo però non basta per ridurre le complicanze non infettive quali occlusioni, dislocazioni e flebiti. La riduzione delle complicanze, come dimostrato nel recente studio CLEAN-3, pubblicato sulla rivista Lancet nel 2021, può avvenire grazie all’utilizzo in simultanea di strategie comportamentali e di dispositivi per la gestione dell’accesso vascolare periferico”, ha spiegato Giancarlo Scoppettuolo, Dirigente Medico Dipartimento Scienze di Laboratorio e Infettivologia UOC Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS, Roma. Professore Facoltà Medicina e Chirurgia “A. Gemelli”, Roma

“I cateteri venosi periferici rappresentano i dispositivi maggiormente utilizzati in ambito ospedaliero, eppure la pratica clinica e le evidenze scientifiche dimostrano che le complicanze legate ad essi sono frequenti e talvolta sottovalutate per l’impatto clinico ed economico. Una non ottimale scelta del dispositivo e soprattutto una non corretta gestione dello stesso, contribuiscono in modo significativo all’incremento delle complicanze, quali infezioni, dislocazioni precoci, occlusioni e flebiti. Oggi abbiamo a disposizione diversi tipi di dispositivi periferici, che si differenziano in termini di durata, lunghezza, materiale e ambito di utilizzo. Conoscere tali dispositivi, adottare un algoritmo di scelta appropriato, ma soprattutto l’applicazione di un bundle di gestione degli stessi, risultano essere strategie vincenti per ridurre le complicanze e per un’ottimizzazione delle risorse impiegate” ha dichiarato Mauro Pittiruti, Dirigente Medico Chirurgia d’urgenza UOC Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS, Roma. Professore  Facoltà Medicina e Chirurgia “A. Gemelli”, Roma

 

Maculopatia in Regione Piemonte: ‘Quale miglior percorso di cura per i pazienti? Parola agli esperti’

26 maggio 2021 – La maculopatia è caratterizzata dalla progressiva perdita della visione centrale, spesso bilaterale, limitando molto la funzione visiva. La maculopatia senile legata all’età è la forma più frequente e colpisce 25/30 milioni di persone nel solo occidente. Ma esistono diverse altre forme di maculopatia come quella diabetica la cui incidenza in rapporto all’aumento della malattia e all’invecchiamento della popolazione prospetta scenari preoccupanti. Con lo scopo di proporre nuovi assetti organizzativi in Piemonte, Motore Sanità ha organizzato il webinar ‘Focus Patient Journey del paziente maculopatico in Regione Piemonte’ realizzato grazie al contributo non condizionato di NOVARTIS. 
“Tra le più frequenti forme di maculopatie essudative vi sono la degenerazione maculare correlata all’età, che rappresenta la principale causa di perdita visiva nelle persone in età avanzata e la retinopatia diabetica che è la principale causa di perdita visiva nelle persone in età lavorativa. Fortunatamente abbiamo a disposizione terapie estremamente efficaci per trattare tali patologie. Tuttavia, a causa di difficoltà prevalentemente organizzative, dovute all’elevato numero di controlli e trattamenti necessari, ma anche al ritardo nell’inizio del trattamento rispetto alla comparsa della sintomatologia, spesso non è possibile ottenere i benefici attesi da tali trattamenti. Perciò è imperativo cercare di costruire una rete efficiente tra territorio ed Centri di Riferimento, che garantisca da un lato la capacità del territorio di intercettare tempestivamente la patologia e, dall’altro, una rapida presa in carico e gestione appropriata da parte dei Centri di Riferimento. In tal senso la Clinica Oculistica della Città della Salute e della Scienza di Torino avvierà a breve un progetto pilota che, tramite un sito dedicato, permetterà a tutti gli oculisti del territorio e a retinologi di altri Centri di accedere in maniera diretta alle agende dedicate a queste patologie con delle priorità che verranno individuate in base alla condizione clinica del paziente”, ha detto Michele Reibaldi, Direttore Oculistica Universitaria AOU Città della Salute e della Scienza Torino.
“Il percorso di riferimento per i pazienti con sospetto di maculopatia inizia presso tre tipologie di attori presenti sul territorio: i medici di medicina generale, gli oculisti territoriali e altri centri oculistici. Alla visita oculistica di approfondimento, il centro oculistico di II livello con ambulatorio dedicato effettua esami strumentali per confermare o meno il sospetto di diagnosi; in caso di conferma di diagnosi, il centro di II livello procede a raccogliere il consenso informato e fissa il trattamento. Il trattamento intravitreale dovrebbe avvenire entro 20 giorni dall’invio al centro oculistico di II livello con ambulatorio dedicato. A seguito del primo trattamento è previsto, dopo qualche giorno, una visita di controllo, a cui seguono trattamenti e controlli secondo lo schema terapeutico di riferimento. Tale percorso, se implementato in modo uniforme, permetterebbe ai Centri di Riferimento della Regione Piemonte di risolvere alcune delle criticità rilevate a livello quantitativo: 
• Eterogeneità dei centri oculistici di II livello per volumi, canali di ingresso e tempi di attesa 
• Importante riduzione di tutte le attività dal 2019 al 2020, con una maggiore incidenza sulle diagnosi (-63%) e sulle visite (-50%) ma anche sul numero di pazienti trattati, soprattutto se naive (-49%) 
• Numero di trattamenti nell’anno per singolo paziente (in crescita da 2,6 nel 2019 a 3,4 nel 2020) molto inferiore ai target di riferimento”
Ha spiegato Paolo Locatelli, Responsabile scientifico Osservatorio Innovazione Digitale in Sanità del Politecnico di Milano
“Il tema della maculopatia è un tema su cui, sia a livello nazionale che a livello di molte regioni, si sta lavorando molto per coinvolgere tutti gli attori del processo decisionale e gli stessi pazienti con le associazioni di categoria. Questo dimostra che rispetto a tali patologie, negli ultimi anni, è maturato un atteggiamento molto più consapevole da parte delle istituzioni della sanità, sia a livello delle regioni sia a livello parlamentare” ha spiegato Alessandro Stecco, Presidente della IV Commissione Sanità, Regione Piemonte. “Il tema è fondamentale perché la maculopatia è una patologia che può determinare una perdita di capacità lavorativa oltre che della qualità della vita importante. Inoltre una diagnosi precoce permette di poter iniziare prima i trattamenti, purtroppo molto spesso i pazienti si accorgono di questo problema tardivamente, perché evidentemente non c’è ancora una capacità di riconoscere in anticipo la malattia, salvo in occasione di visite oculistiche specialistiche per le categorie a rischio. Questo è un tema di organizzazione sanitaria prima di tutto. È un tema all’attenzione dell’agenda del Consiglio regionale attraverso una mozione che presto verrà discussa”. 
“In Piemonte stiamo già lavorando su un modello di rete oftalmologica a fronte di una serie di sollecitazioni che sono arrivate dai professionisti – ha spiegato Franco Ripa, Responsabile Programmazione dei Servizi Sanitari e Socio Sanitari, Regione Piemonte -. Tengo a precisare che la definizione di reti e percorsi è in carico ai professionisti, questo significa che il modello deve tenere conto della centralità dei professionisti, nonchè degli utenti. Sarà necessario perciò lavorare assieme per fare sì che le risorse, le indicazioni e i modelli di lavoro portino realmente un valore aggiunto. Sarà pertanto fondamentale costruire sistemi e definire indicatori, anche cogenti, per indicare chiaramente il percorso da intraprendere. In questo momento è necessaria una bussola che ci permetta realmente di capire quali sono i livelli di performance, quali sono i punti di criticità e di forza per delineare il giusto percorso da intraprendere”.