urante la prima ondata sono state garantite le cure ai pazienti oncologici. Lo studio CIPOMO: tasso di infezione tra i pazienti inferiore all’1%

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30 aprile 2021 – La cura dei tumori ha subito un rallentamento dovuto alla pandemia da Covid-19: interventi chirurgici rimandati nella prima ondata, pazienti malati di tumore che non si sono presentati negli ospedali a fare chemioterapia per paura del Covid-19, liste di attesa notevolmente aumentate a causa della riconversione di alcune strutture ospedaliere in Covid hospital. Oggi è sempre più impellente il bisogno di rimettere la cura dei tumori al centro dell’agenda di Governo e ripensare ad un nuovo percorso dell’oncologia, che vada oltre l’ospedale. Perché oltre ai bisogni di cura, ci sono necessità sociali e perché alcune ricerche europee predicono per i prossimi anni un aumento del 20% della mortalità dei pazienti colpiti da tumore a causa della pandemia.
È necessario discutere di queste tematiche unendo tutti gli attori della Sanità, istituzioni, specialisti, rappresentanti dei pazienti, cittadini. Cosa bisogna fare è stato messo in evidenza durante il talk web organizzato da Mondosanità dal titolo “Cancro & Covid L’emergenza nell’emergenza”, in collaborazione con il Collegio Italiano dei Primari Oncologi Medici Ospedalieri (CIPOMO): recuperare il parco sale operatorie nella sua pienezza, usare altre soluzioni per le terapie intensive liberando posti per interventi complessi, non impegnare il personale attivo nella cura dei tumori in attività Covid per quanto possibile, follow-up per lo più gestito a livello territoriale (telemedicina), vaccinare i pazienti oncologici secondo score di possibilità di cura; usare anticorpi monoclonali al sorgere della malattia, coinvolgere gli oncologi nella consulenza di pazienti tumorali con Covid, riprendere a pieno ritmo gli screening e riesaminare le liste d’attesa secondo  livello di urgenza e possibilità di cure.

In occasione dell’incontro, CIPOMO ha messo in evidenza i dati di uno studio sull’incidenza dell’infezione da SARS-CoV-2 tra i pazienti sottoposti a trattamento antitumorale attivo in Italia che riflette le misure di riorganizzazione delle unità di oncologia in Italia nel primo momento della pandemia e rafforza l’importanza di continuare le cure. I dati sono stati pubblicati sulla rivista Jama Oncology.
Per calcolare il tasso di infezione da SARS-CoV-2 tra i pazienti in trattamento antitumorale, sono stati raccolti i dati sui pazienti trattati presso 118 Unità di Oncologia Medica affiliate al Collegio Italiano dei Primari Oncologi Medici Ospedalieri (CIPOMO) e raccolti in uno studio retroprospettivo (CI- POMO) – ONCO-COVID-19). Per ogni centro, sono stati registrati dati aggregati su tutti i pazienti che hanno ricevuto almeno un ciclo di un trattamento antitumorale attivo tra il 15 gennaio e il 4 maggio 2020. I dati individuali sono stati raccolti per coloro che sviluppavano COVID-19 come valutato attraverso la reazione a catena della polimerasi (PCR) da un tampone naso-faringeo (guidato da uno dei sintomi o dal contatto con un caso positivo noto).
I risultati sono stati confrontati con quelli riportati per la popolazione generale italiana nello stesso periodo di tempo. Questo studio è stato approvato dal Comitato Etico dell’Istituto Nazionale delle Malattie Infettive Lazzaro Spallanzani.
Su 59.989 pazienti che hanno ricevuto un trattamento antitumorale tra il 15 gennaio 2020 e il 4 maggio 2020, 406 hanno sviluppato Covid-19 con un risultato del test PCR nasofaringeo positivo. L’età mediana dei pazienti infetti era di 68 anni. La maggior parte era sintomatica (83%) e il 77% ha richiesto il ricovero in ospedale. Il cancro del polmone era il tumore più comune (91 – 22%) e la chemioterapia il trattamento antitumorale più rappresentato (252 – 62%). Il tasso di infezione è stato più elevato rispetto alla popolazione generale italiana nello stesso periodo di tempo e variava tra le diverse aree geografiche.
“A nostra conoscenza, questo studio fornisce la prima stima del tasso di infezione da SARS-CoV-2 tra i pazienti che ricevono un trattamento antitumorale su una vasta popolazione di circa 60.000 pazienti trattati in più di 110 unità di oncologia – ha spiegato Livio Blasi, Presidente CIPOMO -. Da un punto di vista clinico, la bassa probabilità di infezione da SARS-CoV-2 tra questi pazienti (<1%) supporta il proseguimento della maggior parte dei trattamenti oncologici in ambito adiuvante e metastatico. Sulla base dei dati attuali, non dovrebbe essere raccomandato di routine di ritardare il trattamento antitumorale attivo per evitare la trasmissione di SARS-CoV-2”.
Il tasso di infezione dello 0,68% riscontrato è basso rispetto ai benefici ottenibili con la maggior parte dei trattamenti oncologici. “In particolare – ha concluso Livio Blasi – il tasso di infezione è rimasto al di sotto dell’1% anche nell’area con la maggiore diffusione del Covid-19, riflettendo in parte le misure di riorganizzazione attuate nelle unità di oncologia medica in Italia all’inizio di questo focolaio”. 
Testimonianze e proposte sono arrivate da regioni come la Sicilia, la Toscana, il Veneto, la Liguria.
“Abbiamo patito molto e abbiamo dovuto difendere i pazienti oncologici perché non finissero all’interno di percorsi non virtuosi che potessero portarli a trattamenti inadeguati – ha chiarito Livio Blasi parlando della Sicilia -. Le grandi sofferenze sono stati gli screening e le chirurgie, ma i nostri pazienti non sono mai stati privati delle cure. Abbiamo valutato chi avesse bisogno di fare follow up (e oggi sono convinto dobbiamo lavorare ancora molto proprio sul follow up), abbiamo dovuto riprogrammare tutte le visite, abbiamo aumentato chemioterapie e terapie orali perché non c’è stata migrazione sanitaria. Nessuno è stato lasciato indietro. Questa emergenza sta accelerando alcuni aspetti su cui insistere come il rapporto con il territorio che è fondamentale per allargare l’oncologia oltre i confini ospedalieri ed è necessario riconsiderare le risorse umane e quelle farmaceutiche”. 

“Credo che davanti all’esperienza Covid tutta la sanità pubblica una riflessione l’abbia fatta – ha sottolineato Gianni Amunni, Direttore Generale Istituto per lo Studio, la Prevenzione e la Rete Oncologica (ISPRO), Regione Toscana – o si potenzia il territorio o altrimenti questo modello di ospedale sempre più per acuti e il territorio non presidiato come un ospedale rischia di essere non solo un modello fallimentare nell’emergenza ma ergonomicamente non adatto ai bisogni dei pazienti cronici, che sono anche sanitari e sociali. Se questo vale per la sanità, in particolare vale per il mondo oncologico che sta lavorando per anticipare un passaggio che è ineludibile, il passaggio del paziente tra ospedale e territorio. Abbiamo 3,5 milioni e mezzo di pazienti oncologici e non è pensabile che abbiano come punto di riferimento l’ospedale soltanto. È necessario riscrivere il pdta ospedaliero e trasferirlo sul territorio, per davvero stabilire cosa c’è da fare meglio sia a livello di territorio sia a livello ospedaliero”.

“In Veneto abbiamo messo in campo un lavoro importante per proteggere i pazienti grazie alla organizzazione della Rete oncologica Veneta – ha spiegato Valentina Guarneri, Professore Ordinario Università di Padova, Oncologia 2 Istituto Oncologico Veneto Padova -. Oggi c’è bisogno di tirare fuori i numeri di quanto accaduto, che ci permetteranno di costruire un quadro completo di ciò che sta accadendo e ciò che ha provocato la pandemia dalla prima ondata, per portare ai pazienti oncologici messaggi non pericolosi. Abbiamo istituito un Registro dei pazienti oncologici colpiti dal Covid e oggi ne ha già raccolti 700, sui primi 170 pazienti abbiamo registrato una mortalità del 33% e 17% Covid correlati”.

“Non si può dimenticare che la storia del Covid ha messo in evidenza alcune patologie del nostro sistema – ha concluso Paolo Pronzato, Direttore Oncologia Medica IRCCS San Martino, Genova – Coordinatore DIAR Oncoematologia Regione Liguria -: una gravissima è la migrazione sanitaria, la seconda riguarda i troppi esami che vengono utilizzati dai marcatori tumorali circolanti nella fase di follow up (la policy del follow va completamente rivista perché nella pratica clinica troviamo troppo spesso fenomeni per cui i pazienti ripetono degli esami perfettamente inutili). La terza patologia di sistema è la concentrazione in ospedale di prestazioni oncologiche che non meritano l’ospedale. Queste tre patologie dovremmo cercare di rimediare negli anni prossimi”. 

La lettera-appello di Diabete Italia Onlus al Presidente del Consiglio Draghi: «Vaccinazione prioritaria per le persone con diabete contro il Coronavirus».

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30 aprile 2021 – “Le persone con diabete non possono aspettare, la vaccinazione è una priorità”. Nella lettera-appello del Presidente di DIABETE ITALIA Onlus Stefano Nervo, indirizzata al Governo è racchiuso un profondo senso di preoccupazione per la salute di coloro che hanno il diabete e che sono in attesa di essere vaccinati. Ma ostacoli si sono posti tra questi malati e la necessità di ottenere il vaccino, come ritardi, addirittura inapplicabilità del piano vaccinale in molte realtà regionali, inapplicabilità delle disposizioni contenute nel piano, modifiche dei criteri di fragilità, cancellazione dalle liste dei pazienti con diabete.
Il Presidente Nervo si rivolge al Presidente del Consiglio dei Ministri Mario Draghi, al Ministro della Salute Roberto Speranza, al Ministro degli Affari Regionali e Autonomie Mariastella Gelmini e al Commissario Straordinario, il Generale Francesco Paolo Figliuolo.

“Il piano vaccinazioni così come da Voi redatto risulta inapplicato in molte realtà regionali – scrive nella missiva il Presidente Nervo -. Urge inoltre segnalare che alcune regioni non stanno applicando le disposizioni contenute nel citato documento, mentre altre stanno cominciando solo ora a vaccinare le categorie dei pazienti fragili anteponendo altre priorità. In particolare, vogliamo portare alla Vostra attenzione una situazione intollerabile. La regione Sardegna ha addirittura modificato arbitrariamente i criteri relativi alle fragilità eliminando ufficialmente (con riferimenti riportati anche sui siti e documenti istituzionali) tutte le persone con diabete dalle liste motivando tale decisione con una singolare interpretazione circa la necessità di riscontrare un “danno d’organo” preesistente che limiterebbe il diritto alla vaccinazione a pochi casi. Questo, oltre a non rispettare le definizioni indicate esplicitamente in tabella 1, pagina 8 del Piano, pone a serio rischio la salute di tutte le persone con diabete che si vedono escluse dalla possibilità di accedere alla vaccinazione. Vi chiediamo di intervenire prontamente – è l’appello di Stefano Nervo – per evitare che questa scelta, che non trova alcuna giustificazione clinica, possa costituire un grave precedente seguito da altre regioni”. 

DIABETE ITALIA Onlus, che raggruppa Società scientifiche e le Associazioni dei pazienti sul territorio nazionale, ritiene inaccettabile che l’applicazione dei criteri disposti dal piano vaccinale non sia equa sul territorio e perciò inviata a sollecitare un immediato riallineamento alle regioni che non rispettano le disposizioni nazionali.
“Anche dalle realtà virtuose riceviamo quotidianamente segnalazioni di persone che, nonostante rientrino palesemente nelle definizioni delle fragilità, sfuggono alle liste vedendosi impossibilitate ad esservi inserite con motivazioni spesso ignote se non palesemente dissonanti dalle definizioni – prosegue Stefano Nervo -. Vi chiediamo quindi di sollecitare le regioni affinché attivino dei canali (numeri verdi, email o altro) per la segnalazione di tali casi, in modo da permetterne una pronta soluzione. Le persone che vi ricadono sono, il più delle volte, persone che oltre alla fragilità relativa alla propria salute, presentano fragilità anche relative alla situazione familiare o al contesto sociale in cui vivono e sono quindi le persone di cui dobbiamo maggiormente farci carico come società civile”.

Cancro al tempo del Covid-19: ‘Troppi ritardi, ridare massima attenzione a cura, diagnosi e prevenzione’

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30 aprile 2021 – La cura dei tumori ha subito un rallentamento a causa della pandemia Covid-19, molti interventi chirurgici sono stati rimandati e alcuni pazienti non sono andati negli ospedali per la chemioterapia per paura del virus e le liste d’attesa sono notevolmente aumentate a causa del carico di lavoro delle strutture ospedaliere. L’attenzione ai tumori deve tornare al centro dell’Agenda di Governo, dal momento che anche gli ultimi dati vedono per i prossimi anni  un aumento del 20% della mortalità dei pazienti colpiti da tumore a causa della pandemia. Per riportare l’attenzione sulla cura, diagnosi e prevenzione dei tumori, Mondosanità, in collaborazione con CIPOMO, ha organizzato il Talk Web ‘Cancro & Covid L’emergenza nell’emergenza’ con la partecipazione di tutti gli attori della Sanità: Istituzioni, medici specialisti e associazioni pazienti.

“Dall’inizio della pandemia il 70 per cento circa delle oncologie in Italia non ha avuto una effettiva riduzione di attività, se non in minima parte, e ciò dimostra lo straordinario impegno messo in campo da quanti operano in questo comparto medico strategico. Il 20 % dei pazienti oncologici hanno rinunciato di loro spontanea volontà a recarsi in ospedale per visite o terapie, disdicendo trattamenti o appuntamenti già fissati. La fiducia dei pazienti spesso è stata erosa dal clima generalizzato di una informazione gridata, troppe volte sensazionalistica, attorno al Coronavirus, ed ha messo in profondo disagio medici, personale sanitario, pazienti. La scienza e la coscienza medico-scientifica ogni giorno spostano le frontiere della guarigione e negli anni a venire dobbiamo riprendere questo cammino, rilanciare la spirale virtuosa tra ricerca, studi, profilassi e partecipazione attiva: la medicina, l’arte medica, l’assistenza socio-sanitaria non devono mai essere vittime degli effetti collaterali del Covid”, ha spiegato Roberto Ciambetti, Presidente Consiglio Regionale del Veneto

“Durante l’epidemia da SARS-COV 2 si è manifestato una riduzione delle prestazioni per i pazienti affetti da patologia tumorale. La maggiore emergenza è stata evidenziata nei processi di screening del tumore mammario, del tumore del colon-retto e della cervice uterina, con la riduzione se non la sospensione degli stessi in riferimento ai periodi di lockdown e alla regionalità delle prestazioni. Altra emergenza, la patologia oncologica necessaria di intervento chirurgico che ha avuto un arresto, specie durante il primo lockdown e in misura diversa nelle varie regioni d’Italia. Durante l’emergenza Covid-19 siamo riusciti a mantenere costanti, in molte realtà oncologiche, le prestazioni di chemioterapia e di terapie orali. Abbiamo solo rinviato i pazienti del follow-up, recuperandoli successivamente, sempre dopo la valutazione dell’oncologo se il controllo poteva essere differito o eseguito in altra modalità con l’utilizzo della telemedicina”, ha detto Livio Blasi, Presidente CIPOMO

“La pandemia da COVID-19 ha fortemente impattato sulle attività sanitarie, anche se per quanto possibile l’area oncologica  è stata  salvaguardata, così come le prestazioni urgenti e non differibili. Oggi, in base all’evoluzione dell’infezione a livello nazionale e regionale, è comunque fondamentale ripristinare in successione il livello erogativo e mettere in atto programmi per il recupero delle prestazioni”, ha dichiarato Franco Ripa, Dirigente Responsabile Programmazione Sanitaria e Socio-sanitaria, Vicario Direzione Sanità e Welfare Regione Piemonte

 

Women For Oncology – Italy si associa al grido d’allarme delle Associazioni europee Firmata la lettera appello rivolta a tutti i Governi

Women for Oncology Italy
30 aprile 2021 – Il Covid-19 ha avuto un forte impatto su tutti coloro che convivono con il cancro: la pandemia ha creato un’interruzione dei servizi di screening e prevenzione.
Gli ultimi dati riportano che il 2020 ha visto un calo di circa il 40% delle diagnosi di cancro.
Women for Oncology Italy si associa al grido di allarme delle Organizzazioni incentrate sul cancro per affermare che bisogna fare qualcosa e bisogna farlo immediatamente.
Proprio per questo motivo con convinzione firma la lettera appello per sostenere i Governi nello sforzo di aiutare i malati di cancro a livello globale.
Tutti noi impegnati nella lotta contro il Cancro crediamo che i Governi dovrebbero:
1) Garantire che i pazienti possano accedere alla diagnosi e al trattamento in modo sicuro
2) Identificare l’impatto della pandemia sui servizi contro il cancro e progettare servizi per mitigarlo
3) Fornire servizi per il cancro in modo appropriato e sicuro a lungo termine
“Condividiamo pienamente l’appello e siamo al fianco dei nostri pazienti e dei familiari che si prendono cura di loro nel chiedere con convinzione alle istituzioni politiche di tenere alta l’attenzione sui pazienti oncologici” – sottolinea Rossana Berardi, Presidente di Women for Oncology – Italy  “Dall’inizio della pandemia tutti gli sforzi delle istituzioni politiche sono stati principalmente indirizzati a contrastare l’infezione da COVID19, ma il cancro non si ferma, per cui ci faremo promotrici di queste importante richieste con i decisori politici a livello nazionale e regionale”.
Oggi vogliamo che tutti i governi facciano la differenza dicendo: “Mi impegno e investirò nella prevenzione, nella diagnosi precoce e nel trattamento del cancro”. Perché ciò avvenga, e avvenga in tempi rapidi, Women For Oncology – Italy si mette a disposizione con le sue competenze e la sua volontà di impegnarsi quotidianamente nella lotta contro il cancro. Prendendo spunto dalla pandemia occorre rafforzare il nostro SSN. Solo in questo modo potremo evitare che in caso di nuove pandemie o situazioni altamente critiche il sistema non imploda e nessun paziente venga lasciato solo.
In allegato il comunicato stampa e riportiamo qui di seguito il link per scaricare la “Joint letter on COVID19 and cancer
Confidando in una tua cortese pubblicazione e rimanendo a disposizione, inviamo i migliori saluti

 

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