Il dramma della pandemia: diminuzione di circa il 30% dell’attività di screening
e degli interventi chirurgici per tumore, che varia dal 20% al 24% al 30%.
Impatto significativo sul numero di nuove diagnosi e trattamenti, oltre che
sulle richieste di visite specialistiche ed esami. Gli oncologi visitano 25-30
pazienti in meno la settimana.
17 Aprile 2021 – Secondo una recente analisi delle attività svolta da AGENAS in tempo di
pandemia, emerge nel 2020 la diminuzione di circa il 30% dei volumi dei tre screening
(cervicale pari a -32,20%, mammografico, -30,32% e colon rettale, pari a -34,70%) e
una diminuzione dei volumi di attività degli interventi chirurgici per tumore che varia
dal 20% al 24% al 30%: per tumore alla mammella -22,05%, per tumore alla prostata -24,02%
, per tumore al colon -32,64%, per tumore al retto -13,86%, per tumore al polmone -18,25%,
per tumore all’utero -13,84%, per melanoma -21,47%, per tumore alla tiroide – 31,23%.
Dall’indagine IQVIA durante il 2020 il Covid 19 ha avuto un impatto significativo sul
numero di nuove diagnosi e trattamenti, oltre che sulle richieste di visite
specialistiche ed esami: -613.000 nuove diagnosi (-13%), -35.000 nuovi trattamenti (-10%),
-2.230.000 invii allo specialista (-31%), -2.860.000 richieste di esami (-23%). Questo si è
riflettuto soprattutto in ambito ospedaliero ad una drastica riduzione nel consumo di
farmaci. Inoltre emerge che a tutt’oggi gli oncologi visitano molti meno pazienti che
nel periodo antecedente la pandemia: 30% in meno da aprile 2020 a febbraio 2021, che
significa che in media vengono visitati circa 25-30 pazienti in meno la settimana.
La drammatica situazione emergenziale ha messo a dura prova il Sistema sanitario
nazionale ma ha anche permesso di mettere in luce punti di forza e di debolezza sui
quali è necessario intervenire per dare un nuovo volto all’oncologia italiana. Tutto
questo è stato affrontato nel corso del webinar organizzato da Motore Sanità in
collaborazione con FAVO – Federazione Italiana delle Associazioni di Volontariato
in Oncologia, dal titolo “CANCRO E COVID L’EMERGENZA NELL’EMERGENZA.
L’ONCOLOGIA NELL’ERA INTRA E POST PANDEMICA”.
“Serve un piano di investimenti sulla sanità pubblica molto rilevante – ha spiegato
Stefano Bonaccini, Presidente della Regione Emilia-Romagna – che tenga conto di
questi aspetti: strutture anche ospedaliere che siano sempre più moderne, digitalizzate
e al servizio delle necessità e delle richieste delle persone, una medicina sempre più di
territorio, perché più strutture nel territorio si hanno, più è facile convincere le persone
ad andare a fare test o diagnosi. Credo che il Governo debba investire molto su questo.
E poi c’è l’assistenza domiciliare: da un lato che c’è bisogno di sistemi sanitari pubblici
all’altezza e dall’altro c’è necessità di avere un rapporto anche con la domiciliarità che
diventi in percentuale quello che già alcuni Paesi occidentali hanno, il 9-10% di cittadini
complessivi. Oggi in Italia è solo il 4%. Le prospettive sono di salire al 6% ma sarebbe
ancora troppo poco”.
“Sono convinta che i finanziamenti debbano essere strutturali e non una tantum
per l’emergenza – ha sottolineato Manuela Lanzarin, Assessore alla Sanità e al
Sociale della Regione del Veneto – perché altrimenti è difficile creare dei percorsi
effettivi e risolutivi rispetto alle richieste dei pazienti. Quindi le grandi sfide sono un
rafforzamento dei sistemi e un lavoro di rete sempre più efficace tra i diversi luoghi di
cura proprio nell’ottica di dare risposte ai cittadini, di avere una maggiore qualità della
presa in carico degli assistiti e di una maggiore appropriatezza che vuol dire una cura
più mirata. Ci sarà ancora molto su cui lavorare”.
Nuova dimensione territoriale per una nuova vicinanza al paziente oncologico è un’altra
sfida, ma non bisogna dimenticare che mancano le risorse umane e che bisogna
ripensare il tema dell’equità nel riparto delle risorse. Questo è il commento di Pier Luigi
Lopalco, Assessore alla Sanità e benessere animale – Regione Puglia. “Non possiamo
fare solo affidamento sulle risorse, che speriamo che arriveranno, ma bisogna rendere
efficiente il sistema investendo in innovazione e potenziando le risorse umane perché
mancano i medici. Per la medicina territoriale investire in innovazione significa migliorarne
l’efficienza garantendo al paziente una “medicina a km 0”. Però dobbiamo anche ripensare
il tema dell’equità: nel riparto delle risorse il Sud è penalizzato, la mobilità passiva è un cane
che si mangia la coda, che impoverisce le sanità meridionale: sarà necessario ristabilire
l’equità delle risorse”.
“A causa della pandemia il Piemonte ha perso il 19% di ricoveri ordinari di pazienti
oncologici e ha visto una riduzione di attività di ricoveri chirurgici oncologi del 15%
– ha spiegato Alessandro Stecco, Presidente Commissione Sanità Regione Piemonte -.
Ma altre attività sono andate avanti come i trapianti di cellule staminali e la somministrazione
della terapia Car-T. Ci sono stati anche dei rilanci: siamo state tra le prime regioni italiane a
fare la delibera per sbloccare la telemedicina a livello regionale. A febbraio 2021 abbiamo
normato il Molecular Tumor Board regionale che sta per essere avviato e prossimamente
saranno identificati i centri di riferimento e i centri prescrittori. Stiamo riprogettando la
sanità territoriale per costruire insieme alla Rete oncologica la cosiddetta oncologia
di prossimità. Infine, grazie alla riforma dei medici di medicina generale metteremo in rete
la medicina di famiglia e le Case della salute con le 40 oncologie del Piemonte che fanno
parte dell’ossatura della Rete oncologica regionale. Proprio sul concetto di rete porteremo
avanti le nostre nuove sfide in campo oncologico”.
“Per il rilancio dell’attività oncologica credo che prima di un Piano oncologico nazionale
e di un Piano della prevenzione nazionale ci deve essere un Piano sanitario nazionale –
ha spiegato Domenico Mantoan, Direttore Generale Agenas – che vada a definire
finalmente qual è il modello della medicina del territorio, qual è il modello organizzativo
dell’integrazione ospedale-territorio da cui poi ne derivano anche i modelli organizzativi
e i fabbisogni sanitari e di personale. La grande occasione per fare questo, e che non
possiamo sprecare, è il Recovery fund, ma per evitare che questi soldi siano diffusi in
mille rivoli, credo che ci sia la necessità di andare a definire, insieme ad un Piano
oncologico nazionale, un livello di HTA nazionale che vada a precisare meglio quali
sono le tecnologie che il nostro Paese deve avere sia in termini di chirurgia oncologica
sia in termini di radioterapia, e dare le possibilità a tutte le regioni di avere lo stesso
livello di tecnologia. Ricordo che l’UE sta costruendo le reti degli ospedali di
accreditamento, la nostra oncologia in questa rete di centri di alta eccellenza
accreditati ci deve essere, altrimenti saremo una sanità di serie B”.