Innovazione del SSN e la salute dei cittadini nel 2021: “Quale medicina lascerà nel nostro futuro la pandemia COVID-19?”

Innovazione del SSN

16 marzo 2021Sensoristica, micro/macro infusori, patologie aritmiche, coronariche e deficit muscolare cardiaco, teragnostica, radioterapia, radiologia, Xenobots (robot fatti di cellule viventi che introdotti nell’apparato vascolare permetteranno di ripulire le arterie e veicolare farmaci), CAR, medicina di precisione, analisi di Big Data e intelligenza artificiale. Questi alcuni delle novità che saranno disponibili nel prossimo biennio e che saranno tra gli argomenti chiave della prossima Winter School di MOTORE SANITÀ. Con l’obiettivo di esaminare potenzialità e ricadute dell’innovazione breakthrough sul SSN e sulla salute dei cittadini, Motore Sanità ha organizzato il Webinar ‘TWENTY/TWENTY-ONE. L’INNOVAZIONE DIROMPENTE NELL’ANNO 2021’ che si è svolto nell’arco di 2 giornate, realizzate grazie al contributo incondizionato di SHIONOGI e IT-MeD.

“Tra le tanti dolorose lezioni impartite da COVID-19 c’è anche l’incremento significativo del rischio di infezioni da opportunismo microbico all’interno delle aree di terapia intensiva dedicate. Le motivazioni che guidano tale aumento di incidenza sono molteplici, il sovraffollamento nelle terapie intensive, la necessità di impiegare infermieri senza un adeguato training, la necessità di misure comportamentali finalizzate a proteggere gli operatori sanitari hanno giocoforza ridotto l’attenzione sulla protezione dei pazienti, il ricorso a pressioni negative, normalmente non utilizzate in tale setting, l’utilizzo di farmaci immunosoppressori, una minore attenzione ai principi dell’antimicrobial stewardship. Tutto ciò ha generato più infezioni e maggiore circolazione di microrganismi resistenti, riproponendo con forza la grande necessità di farmaci innovativi. Rispetto a questi ultimi il mondo scientifico e gli Enti regolatori si trovano di fronte ad un dilemma di difficile soluzione: da un lato una necessità sempre più stringente, dall’altro una relativa carenza di evidenze, correlata alla estrema difficoltà a condurre trial clinici su casistiche di grandi dimensioni  in grado di arruolare pazienti in condizioni di estrema criticità e complessità. Appare quindi fortemente necessario aprire una nuova stagione di confronto tra clinici ed Enti regolatori al fine di identificare nuovi strumenti di valutazione dell’innovazione in terapia antimicrobica e di aumentare il livello di responsabilizzazione dei prescrittori”, ha detto Pierluigi Viale, Direttore unità Operativa di Malattie Infettive, Azienda Ospedaliero-Universitaria Policlinico S. Orsola-Malpighi, Università degli Studi di Bologna

“Innovazione dirompente si coniuga attraverso processi differenti ma con una matrice comune: pensare e progettare out of the box qualunque sia il settore di appartenenza. Che sia farmaco, o dispositivo medico,  o alta tecnologia o organizzazione, è dirompente ciò che muta completamente o trasforma la realtà attuale. La pandemia lascia macerie ma anche insegnamenti e capacità sino a prima impensabili basti pensare alla creazione di decine di vaccini in circa 12 mesi! La rincorsa della scienza ha aperto nuovi scenari impensabili con nuove terapie e nuove possibilità diagnostiche. Il Webinar analizzerà l’innovazione breakthrough del SSN del 2021 e degli anni a seguire”, ha spiegato Claudio Zanon, Direttore Scientifico Motore Sanità

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La prossima pandemia riguarderà le malattie neuro-degenerative

malattie neuro degenerative

Nel 2050 in Europa si prevedono quasi 14 milioni di pazienti.

Ecco le nuove strategie terapeutiche che cambieranno l’approccio della cura nei prossimi anni. Ma l’Italia non è pronta.

16 Marzo 2021 – Sarà una nuova strategia terapeutica a cambiare lo scenario in neurologia: si tratta di nuovi farmaci che potrebbero essere disponibili già nei prossimi anni, ma l’Italia non sarebbe ancora pronta ad accogliere questa grande rivoluzione, a causa di un inadeguato numero di neurologi, geriatri, neuropsicologi, di pet e poi non tutti i centri possono fare l’esame del liquor cerebrospinale.

Quella che prevedono i neurologi sarà una vera e propria pandemia che interesserà nei prossimi decenni le patologie neurodegenerative. Negli Stati Uniti come in Europa si assisterà ad una triplicazione dei casi di malattia di malattia di Alzheimer, quasi 14 milioni nel 2050, e ancora di più in quei paesi emergenti dove l’aspettativa di vita sta rapidamente crescendo.

Mentre per altre terapie contro tumori, malattie cardiache, ictus o l’Hiv sono state trovate terapie che hanno drasticamente ridotto la mortalità, per quanto riguarda l’Alzheimer la mortalità è in continua crescita perché i farmaci disponibili attualmente non vanno ad incidere o a bloccare l’evoluzione delle patologie. Per le patologie neurodegenerative in generale non si sono trovate terapie adeguate perché alla base c’è una morte progressiva di cellule.

Quale sarà il nuovo scenario in Neurologia e quale sarà l’impatto dei nuovi farmaci sulla salute delle persone e sui sistemi sanitari è stato il tema affrontato nel webinar intitolato TWENTY/TWENTY-ONE. L’INNOVAZIONE DIROMPENTE NELL’ANNO 2021” organizzato da Motore Sanità e con il contributo incondizionato di SHIONOGI e IT-MeD.

Per la malattia di Alzheimer l’ultimo ventennio ha visto una grossa mole di scoperte in ambito neurobiologico che hanno dimostrato che alla base della malattia c’è l’accumulo di una proteina chiamata betamiloide che si forma da una proteina più grossa che tende a cumularsi progressivamente nel cervello, fino a dare quel quadro già descritto nel secolo scorso di Alzheimer “placche senili”. Questa proteina a sua volta porta ad alterazione di altre proteine.

Le ricerche degli ultimi anni hanno inoltre dimostrato che questi accumuli si verificano anche vent’anni prima dall’esordio della malattia.

In particolare nel quadro intermedio di declino cognitivo lieve (MCI), che precede la demenza e in cui si evidenziano i primi disturbi di memoria neuropsicologici, grazie ai biomarcatori potremmo dimostrare la patologia nel cervello e quindi intervenire con l’aiuto di nuovi farmaci che bloccano l’accumulo di beta-amiloide, oppure con anticorpi monoclonali (vaccinazione) che rimuovono questa proteina dal cervello, oppure, a cascata, con altre molecole che agiscono sulla Tau e su altri meccanismi innescati dall’accumulo di amiloide – spiega Carlo Ferrarese, Direttore Centro di Neuroscienze di Milano, Università di Milano Bicocca e Direttore Clinica Neurologica, Ospedale San Gerardo di Monza -. Ci sono molti studi che sono arrivati in fase tre e che si sono anche conclusi. Potremmo anche prevedere che il prossimo anno questi farmaci possano essere disponibili per quei pazienti in fase preliminare, non già dementi”.

È stato calcolato l’impatto sui sistemi sanitari di queste nuove terapie biologiche che potrebbero essere disponibili nei prossimi anni. “Lo studio condotto dall’agenzia americana Rand Corporation, che ha calcolato l’impatto negli Stati Uniti e nei paesi europei, ha dimostrato che in Italia su 20,6 milioni di persone con età superiore ai 55 anni nel 2019, 16,4 milioni potrebbero richiedere uno screening presso uno studio medico richiedendo quei test che possono prevedere il rischio di demenza; dei 2,9 milioni che risultano positivi allo screening per MCI, 1,4 milioni potrebbero cercare uno specialista per una valutazione, 1,3 milioni potrebbero essere indirizzati per il test del biomarker, 0,6 milioni potrebbero risultare positivi ai biomarker e tornare dallo specialista per conoscere il trattamento, 0,5 milioni potrebbero essere raccomandati per la terapia infusionale”.

Se l’Italia sarà pronta ad accogliere queste terapie è un grande punto interrogativo.

Non siamo ancora pronti perché non abbiamo un adeguato numero di neurologi, geriatri, neuropsicologi, non ci sono pet a sufficienza, non tutti i centri possono fare il liquor cerebrospinale – ha rimarcato il Dottor Ferrarese -. Proprio per queste previsioni abbastanza catastrofiche, l’Aifa ha finanziato, circa due anni fa, lo studio Interceptor che ha già concluso l’arruolamento di 400 pazienti con un quadro di declino cognitivo lieve per studiarli nell’arco di tre anni con un insieme di biomarcatori per poter predire quali sono i soggetti più candidabili a queste terapie quando saranno disponibili. L’altra strategia riguarda l’investimento che si sta facendo in sanità a causa del Covid, che può aiutare a sostenere il progetto di mettere in rete i CDCD affinché siano in grado di affrontare la grande sfida delle nuove terapie”.

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