GALLERA: “IL 90% DEI PAZIENTI TRATTATI IN MANIERA DOMICILIARE, IL TEMA DELLE CURE TERRITORIALI È QUINDI CENTRALE NELLA LOTTA ALLA PANDEMIA”

Gallera

La seconda ondata di COVID-19 ha messo sotto fortissima pressione le terapie intensive e sub-intensive di tutta Italia. Le cure dei pazienti positivi però si svolge in gran parte sul territorio, per fare chiarezza sulla situazione attuale dal punto di vista territoriale Motore Sanità ha organizzato il webinar “Terapia e presa in carico domiciliare del paziente affetto da Covid-19”. Durante il panel in cui esperti clinici e della governance si sono confrontati sui punti di forza e di debolezza dei SSR è intervenuto Giulio Gallera, Assessore Welfare Regione Lombardia che ha fatto il punto della situazione nella sua Regione, una delle aree più colpite dalla pandemia.

“Questa seconda ondata ha colpito l’intera nazione – dichiara Gallera – diffondendosi in maniera omogenea su tutto il territorio”. “In Lombardia memori delle azioni intraprese durante la prima ondata – prosegue l’Assessore – abbiamo applicato delle ordinanze precedendo anche il governo nazionale riuscendo a ridurre la diffusione del contagio. Oggi, grazie alle azioni intraprese notiamo che l’RT è sceso intorno ad 1, questo evidentemente non comporta ancora una riduzione della pressione sugli ospedali e sulle terapie intensive. Il Covid – sottolinea Gallera – ha messo in luce la debolezza su alcune scelte politiche che nel tempo hanno valutato la sanità come un costo incidendo soprattutto sulla medicina territoriale”.

Una sanità territoriale che si sta dimostrando co-protagonista nel trattamento dei pazienti con Covid. “Il 90% dei pazienti viene gestito in maniera domiciliare – afferma Gallera – quindi il tema dell’assistenza sul territorio è centrale. Negli anni non ci sono stati investimenti atti a valorizzare la figura dell’MMG, anche i corsi di formazione messi a disposizione hanno raggiunto un numero ridotto di medici rispetto a quanto necessario”.

Secondo l’assessore quindi la soluzione al Covid non si può trovare soltanto aumentando i posti letto ma “La soluzione – spiega Gallera – si può trovare anche supportando gli MMG e dotandoli degli strumenti adatti mettendoli quindi nelle condizioni di lavorare al meglio ed essere così protagonisti proattivi della sanità territoriale del trattamento del paziente Covid”.

Attualmente in Lombardia per migliorare l’assistenza territoriale durante la pandemia sono state istituite le USCA ma è una soluzione che, secondo l’assessore, non può bastare per il miglioramento strutturale del sistema. “In Lombardia – prosegue Gallera – sono stati destinati 442 medici alle USCA, ma non si può in maniera strutturale pensare di trovare una risposta che non comprenda i medici di medicina generale. Per il futuro è quindi necessario creare una struttura normativa ed economica per gli MMG molto più forte di quella attuale – conclude Gallera – ed è possibile farlo”

TERAPIA DOMICILIARE: QUALI LE MIGLIORI

TERAPIA DOMICILIARE

Nella giornata di ieri si è svolto il webinar “Terapia e presa in carico domiciliare del paziente affetto da Covid-19”. Durante l’evento organizzato da Motore Sanità è stato fatto il punto della situazione delle cure domiciliari in Italia mettendo in luce punti di forza e criticità. Non si può parlare di cure domiciliare senza però parlare di terapie, attualmente non esiste un protocollo nazionale ed ogni Regione agisce come meglio crede, ma quali sono le best practices?

“Per quanto riguarda le terapie – dichiara Antonio Cascio, Direttore Unità Operativa Malattie Infettive Policlinico P. Giaccone, Palermo – raccomando di utilizzare il paracetamolo o l’acido acetilsalicilico qualora la temperatura superi i 38/38 e mezzo e a  maggior ragione se si manifestano anche dolori articolari e muscolari. Bisogna stare attenti a non esagerare, al massimo si  possono utilizzare 3 grammi di paracetamolo nelle 24 ore. Questo è raccomandato in qualsiasi fase della malattia”

“Per quanto riguarda gli antibiotici – continua il professor Cascio – io sono contrario al loro utilizzo come profilassi o da cominciare all’inizio della malattia non appena viene diagnosticata l’infezione da SARS-COV-2. Gli antibiotici dovranno essere utilizzati durante il decorso della malattia qualora il medico abbia contezza che c’è una sovra infezione batterica e questo potrà avvenire perché, ad esempio i globuli bianchi sono aumentati in maniera spropositata. In corso della malattia, tante volte, vediamo pazienti in cui i globuli bianchi aumentano; dobbiamo tenere conto però che i pazienti che fanno il cortisone presentano un valore non attendibile, perché il cortisone fa aumentare i globuli bianchi. Quindi non dobbiamo pensare che un paziente Covid, che ha i globuli bianchi aumentati abbia necessariamente un’infezione opportunistica solo perché i globuli bianchi sono aumentati; i globuli bianchi sono aumentati perché sta facendo terapia cortisonica. È molto importante nel paziente ospedalizzato valutare il valore della procalcitonina. Per i pazienti a domicilio non è necessario fare la terapia antibiotica a meno che il medico si rende conto che c’è una sovra infezione batterica oppure perché il paziente ha un’altra infezione. Per quanto riguarda il cortisone, non deve essere dato all’inizio della malattia perché durante le prime fasi della malattia, potrebbe favorire la replicazione del virus stesso. Il cortisone deve essere riservato quando la patologia assume una certa gravità. L’eparina è giusto darla se il paziente ha segni di polmonite”. Infine il professor Cascio consiglia: “Bisogna cercare di non stare a letto ma di muoversi il più possibile; se si è stanchi, bisogna stare seduti e non a letto; mangiare leggero, idratarsi per bene ed eventualmente andare a dormire in posizione prona”ha concluso Cascio. 

“Grazie ad un’ordinanza del 3 aprile 2020 – dichiara Barbara Rebesco, Direttore SC Politiche del Farmaco A.Li.Sa.  Regione Liguria – la Liguria ha creato un gruppo multidisciplinare per delineare le linee guida regionali per il trattamento farmacologico del paziente covid. In questi mesi siamo arrivati alla quinta versione di questo protocollo. Per decidere quali farmaci utilizzare ci siamo mossi all’interno di una cornice basata sulle indicazioni AIFA. Noi distinguiamo i pazienti a seconda della gravità del quadro patologico indicando che per i pazienti asintomatici non devono essere utilizzati farmaci; per i pazienti che hanno sintomatologia lieve (con febbre non superiore a 38°) l’indicazione è di utilizzare una terapia sintomatica a base di antiinfiammatori come paracetamolo o ibuprofene o Acido acetilsalicilico; per i pazienti con sintomi moderati come febbre persistente oltre i 38,5°, tosse e dispnea da sforzo l’indicazione è di associare alla terapia sintomatica detta prima con l’eparina a scopo profilattico. Per quanto riguarda gli antibiotici siamo d’accordo con l’idea che non possono essere utilizzati a scopo profilattico per il trattamento di un’infiammazione virale ma va utilizzato nel caso ci sia un sospetto sovrapposizione batterica ed infime per quanto riguarda i cortisonici l’indicazione per il loro utilizzato è non nelle prime fasi della patologia ma quando il paziente ha bisogno di una supplementazione di ossigeno”.

“Il protocollo per la cura domiciliare – afferma Matteo Bassetti, Direttore dell’Unità Operativa Clinica Malattie Infettive Ospedale Policlinico San Martino – deve essere il più semplice possibile. Fino ed oggi sono stati dati troppi farmaci ai pazienti a casa,  questo è frutto del fatto che manca una linea nazionale e quindi ognuno ha agito come ha voluto. Era stato per altro ampiamente raccomandato di fare un protocollo nazionale ma a livello centrale sono molto in ritardo. Deve essere chiaro che ai pazienti  asintomatici non va dato nessun farmaco – sottolinea Bassetti – mentre i lievemente sintomatici possono essere trattati con  l’aspirina o il paracetamolo, naturalmente con dosi maggiori rispetto al trattamento di una semplice febbre”. Nella presa in carico domiciliare del paziente Covid la Liguria è tra le più avanzate in Italia. “Quello che è stato fatto in Liguria è unico, c’è un approccio domiciliare fast-track direttamente con il reparto di malattie infettive quando la situazione si aggrava. Una collaborazione quindi  tra infettivologo e MMG per le cure domiciliari. Questo processo è iniziato da una settimana e abbiamo complessivamente 220 pazienti già trattati con questo sistema, e anche se non c’è ancora certezza c’è la percezione di una minore pressione sui pronto soccorso”.

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