Diabete: non esistono diete o pillole miracolose Gli esperti invitano i pazienti alla prudenza

Diabete: non esistono diete o pillole miracolose Gli esperti invitano i pazienti alla prudenza

 

di Redazione

Roma. 19 Febbraio 2020 – “AMD (Associazione Medici Diabetologi) e SID (Società Italiana di Diabetologia), società scientifiche storiche di riferimento nazionale per la ricerca e l’assistenza alle persone con diabete, invitano a diffidare di qualsiasi forma di terapia alternativa presentata sui diversi mezzi di comunicazione di massa (stampa, TV, social, web)”. A lanciare l’allarme è il dottor Paolo di Bartolo, presidente AMD e il professor Francesco Purrello, presidente SID. “Il nostro Servizio Sanitario Nazionale – ricordano gli esperti – è fra i pochi al mondo a prevedere una copertura assistenziale universalistica. Questo, ancora oggi, garantisce ai cittadini un’assistenza di qualità e sostenibile. Affidarsi a percorsi di ‘cura’ alternativi significa affidarsi a soluzioni terapeutiche che non sono state sottoposte al vaglio degli studi scientifici, né ai rigidi controlli da parte degli organi nazionali preposti, che precedono l’immissione sul mercato di qualsiasi terapia, nonché il costante monitoraggio durante la somministrazione”.

Liberarsi per sempre dal diabete. E chi non lo vorrebbe? Di certo quei 4 milioni di italiani che convivono con questa patologia che, se non ben controllata, se ne porta dietro tante altre. Sono tanti ormai i farmaci a disposizione del diabete di tipo 2 (per il tipo 1, l’unica possibilità è l’insulina), ma non si dispone ancora di una cura definitiva. Ma il diabete, al pari di altre condizioni croniche, come l’ipertensione e l’ipercolesterolemia si può trattare e tenere a bada, e in questo modo ci si protegge dalle conseguenze di una glicemia fuori controllo e dalle tante complicanze collegate a questa malattia. Convivere con una malattia cronica tuttavia è difficile, è psicologicamente pesante e possono esserci momenti di stanchezza e di depressione che di certo non giovano all’aderenza alle terapie e ad uno stile di vita sano. L’attività fisica e l’alimentazione sono colonne portanti della gestione del diabete e possono fare la differenza, insieme alle terapie, tra un diabete in buon compenso e uno fortemente scompensato. Ma pensare di poter ‘curare’, addirittura di far scomparire il diabete con la sola dieta e una manciata di integratori è un’altra storia. La rete e le pubblicità dei giornali sono purtroppo spesso un’insidiosa vetrina di ‘sirene’ e cattivi consiglieri. Ci sono quelli che promettono di ‘guarire’ il diabete in poche settimane con diete miracolose e le immancabili ‘pillole’ di supplementi. Magari fosse così, magari fosse vero. Scopo evidente di queste pubblicità è solo il profitto, che certo non rappresenta un reato. Purtroppo queste false promesse possono mettere a repentaglio la salute dei pazienti. Un soggetto con diabete che da un giorno all’altro decida di abbandonare le sue medicine e di imbottirsi di ‘supplementi’ o di seguire diete miracolose potrebbe trovarsi con un grave scompenso e finire in pronto soccorso.

Gli esperti delle società scientifiche di diabetologia invitano dunque alla prudenza e al buon senso. Le persone hanno tutto il diritto di navigare in rete e di informarsi, ma le fonti – raccomandano gli esperti della SID e dell’AMD – vanno sempre verificate (intanto si può cominciare col far caso se la pagina in questione riporta la dizione ‘informazione pubblicitaria’) e per testare la veridicità delle promesse di pillole e diete ‘magiche’ è sempre meglio consultare il proprio medico. Non è il caso insomma di fare esperimenti in autonomia. Potrebbero purtroppo costare davvero cari. “Invitiamo i cittadini – ammoniscono Francesco Purrello e Paolo Di Bartolo – a non sperimentare ‘trattamenti’ suggeriti su canali diversi da quelli ufficiali previsti dal nostro servizio sanitario e a fare sempre riferimento al proprio medico di famiglia per qualsiasi dubbio o approfondimento. A seconda delle situazioni, il medico saprà eventualmente indirizzare i suoi assistiti verso lo specialista e/o la struttura di riferimento della zona più in linea con il percorso di cura individuato. Suggeriamo infine – concludono gli esperti – di evitare cambi o integrazioni di terapia anche con prodotti da banco facilmente reperibili dal consumatore. Anche in questo caso, andrebbe sempre prima il medico di riferimento per evitare interferenze con il percorso terapeutico che potrebbero vanificare l’aderenza alla terapia”.

Consulcesi & Partners: così funziona per i medici il riscatto della laurea 2020

Consulcesi & Partners: così funziona per i medici il riscatto della laurea 2020

  

di Redazione

Roma. 19 Febbraio 2020 – “Boom di richieste da parte dei medici per il supporto nell’avvio dell’iter di riscatto della laurea in medicina e degli anni di specializzazione post universitaria”. Lo registra il network legale Consulcesi & Partners a seguito delle novità introdotte dall’Inps. A pochi giorni dall’entrata in vigore della circolare Inps, Consulcesi & Partners ha registrato “centinaia di richieste di medici sui termini e le modalità per il riscatto della laurea, segno del forte interesse da parte di questa categoria”. Secondo quanto riferisce l’AdnKronos Salute le nuove norme “potrebbero rappresentare un importante strumento per molti medici e operatori sanitari per programmare un ritiro dal lavoro in tempi congrui e dignitosi, che consentirebbero, qualora ci fossero i presupposti, di accedere alla pensione anticipatamente”, sottolinea Consulcesi & Partners in una nota. Con la circolare numero 6 del 22 gennaio 2020, l’Inps amplia considerevolmente la platea dei possibili beneficiari del riscatto di laurea: estende il diritto anche a coloro che hanno conseguito il titolo di studio prima del 1996, o a cavallo di quell’anno ed elimina i vecchi limiti d’età a 45 anni.

Facciamo chiarezza per i medici. “Se un medico che inizia a lavorare a trent’anni non riscatta la laurea, i 38 anni della quota 100 ma anche i 42 anni, li raggiunge oltre i 67 anni. Quindi – secondo Consulcesi & Partners – è del tutto evidente che, per chi ha una carriera lunga e vuole assicurarsi la possibilità di andare in pensione ad una età non troppo tarda, e programmare un’uscita dal lavoro che non sia intorno ai 70 anni, il riscatto della laurea è importante”.

Come funziona il riscatto della laurea per i medici? “È possibile riscattare fino a cinque anni di studi universitari, compresi gli anni di specializzazione medica, versando la somma di 5.260 euro per ciascun anno – rispondono gli esperti di Consulcesi & Partners – anche per coloro che abbiano conseguito il titolo di studi prima del 1996, ma a condizione che il medico abbia: meno di 18 anni di contributi versati prima del 31 dicembre 1995; almeno 15 anni di contributi complessivamente versati al momento della prestazione della domanda di riscatto; almeno 5 anni accantonati dopo il 1996 (con il sistema contributivo)”. L’Inps ha anche chiarito che la facoltà di riscatto agevolato potrà essere richiesta contestualmente alla domanda di pensione nel caso di accessi anticipati che comportino, anche indirettamente il ricalcolo contributivo dell’assegno. “Si deve ricordare che l’opzione per il calcolo contributivo della pensione deve intendersi irrevocabile sia se esercitata al momento del pensionamento, sia se esercitata nel corso della vita lavorativa quando produce effetti sostanziali. Il pagamento potrà essere liquidato in un’unica soluzione, oppure dilazionato fino a 120 rate mensili”, precisano gli esperti.

Come avviene il calcolo? “Condizione essenziale per poter accedere al sistema del riscatto agevolato è che il lavoratore, che voglia far considerare gli anni di studio antecedenti al 1996, opti per la liquidazione dell’assegnazione della pensione con il solo metodo contributivo. In altre parole, con i versamenti in misura fissa, indipendentemente dal livello di reddito o dallo stato occupazionale, si potranno coprire gli anni scoperti da contribuzione nel diritto, ma non anche nella misura – prosegue la nota – Fino al 31 dicembre 1995, infatti, il sistema di calcolo della pensione è retributivo, mentre dopo diventa contributivo. Ebbene, gli anni riscattati per motivi di studio ante 1996 saranno considerati dall’Inps ai fini pensionistici sono nel regime contributivo, in deroga al sistema di calcolo tradizionale”.

Il riscatto agevolato ed ‘opzione donna’. “La circolare si occupa anche delle lavoratrici che abbiamo maturato i requisiti per l’anticipo pensionistico ‘opzione donna’, che prevede comunque la conversione del metodo contributivo – conclude Consulcesi & Partners – Le lavoratrici che abbiano raggiunto il requisito anagrafico per accedere al pensionamento con l’’opzione donna’, ovvero 59 anni per le lavoratrici autonome a fronte dei 58 per quelle dipendenti, possono quindi incrementare l’altro requisito richiesto dei 35 anni di anzianità contributiva, eventualmente non ancora raggiunto, usufruendo del riscatto di laurea in forma agevolata calcolato con il metodo a percentuale”.

Gli infermieri Fnopi al ministro: “siamo troppo in ritardo su ospedali di comunità”

Gli infermieri Fnopi al ministro: “siamo troppo in ritardo su ospedali di comunità”

 

di Redazione

Roma. 19 Febbraio 2020 – Dare il via libera all’Intesa per la realizzazione degli ospedali di comunità, piccole strutture dove ricoverare i pazienti meno gravi ma che necessitano di monitoraggi. Questo l’appello che arriva dalla mozione approvata dal consiglio nazionale della Federazione degli ordini delle professioni Infermieristiche (Fnopi), che denuncia il ritardo nella realizzazione di un progetto pensato per alleggerire il carico di lavoro degli ospedali. Previsto dal Patto per la salute 2014-16, fermo per oltre un anno e mezzo, il progetto sugli ospedali di comunità tornerà sul tavolo della Conferenza Stato-Regioni il 20 febbraio. Prevede strutture sanitarie a bassa intensità di cura, con 15-20 posti letto, gestite da un infermiere e con la responsabilità clinica di un medico. Qui sarà possibile ricoverare malati con patologie non gravi, e già diagnosticate, che devono esser monitorati per alcuni giorni prima delle dimissioni. “L’ospedale di comunità fa bene al servizio sanitario e ai cittadini. In alcune regioni, come l’Emilia Romagna – precisa la presidente Fnopi Barbara Mangiacavalli – già esistono e hanno permesso di liberare posti letto negli ospedali per acuti, che sono più costosi da gestire e spesso troppo pochi, soprattutto in alcuni periodi dell’anno”.

L’intesa, sottolinea il portavoce Fnopi Tonino Aceti, “era stata esaminata dalle Regioni a luglio scorso, trovando quasi unanime consenso ma è bloccata per motivi politici, non organizzative.
Questo fa male al Paese”. Secondo quanto riferisce l’ANSA Salute la mozione approvata dal consiglio direttivo della Fnopi è stata presentata al ministro della Salute Roberto Speranza, e da lui simbolicamente sottoscritta. Tra gli altri punti, il problema della carenza di personale, la necessità di una maggior rappresentanza ai tavoli decisionali e di una formazione sempre più qualificata, la definizione di un ruolo diverso ma non subalterno ai medici e l’introduzione della figura dell’infermiere di famiglia.