Il diabete è una sorta di pandemia mondiale che in Italia colpisce 4 milioni di persone consapevoli della malattia ed un altro milione di persone che, pur essendone affette, non ne sono a conoscenza e quindi non fanno nulla per curarsi. Di questi circa 5 milioni di italiani con diabete oltre il 90% ha il tipo 2, associato ad uno stile di vita poco salutare ma fortemente condizionato da determinanti genetici.
Il diabete comporta un rischio circa doppio di incorrere in malattie cardiovascolari e di morire per malattie cardiovascolari, ma si complica spesso anche con retinopatia, nefropatia, neuropatia, piede diabetico e/o altre patologie a carico di ossa, articolazioni, cute, polmoni, apparato digerente, ecc. Il diabete aumenta anche il rischio di gravi infezioni e di tumori. Ogni anno in Italia il numero di persone che muoiono a causa o anche a causa del diabete non è molto distante dal numero di persone che muoiono per cancro.
La protezione cardiovascolare è uno dei principali obiettivi di cura nel diabete e per questo negli ultimi anni sono stati condotti numerosi studi che hanno testato la sicurezza o i benefici dei nuovi farmaci anti-iperglicemici resi disponibili per la sua terapia. Più frequentemente questi studi hanno esaminato soggetti con pregressa malattia cardiovascolare (prevenzione secondaria) ma in alcuni studi sono stati reclutati anche soggetti con elevato rischio ma senza eventi pregressi (prevenzione primaria). Negli studi condotti con inibitori DPP-4 si è documentata una sicurezza cardiovascolare di tali farmaci ma nessun beneficio.
Negli studi condotti con agonisti GLP-1 in alcuni casi è stata dimostrata solo sicurezza e in altri anche un beneficio cardiovascolare e renale. Risultati importanti sono stati osservati negli studi con inibitori SGLT-2, farmaci che hanno evidenziato una riduzione degli eventi cardiovascolari e renali ma anche in alcuni casi una riduzione della mortalità sia cardiovascolare che per tutte le cause. I risultati più eclatanti sono stati osservati nello studio EMPA-REG, condotto con empagliflozin in soggetti in prevenzione secondaria.
Questi risultati hanno portato le società scientifiche dell’area diabetologica a rivedere le linee guida nel trattamento del diabete tipo 2, soprattutto in presenza di malattia cardiovascolare.
Dal punto di vista dell’economia sanitaria va sottolineato che il diabete è una patologia estremamente costosa che in Italia rende conto di quasi il 15% della spesa sostenuta dal SSN. Circa il 90% di questa spesa è attribuibile al costo delle complicanze della malattia e solo il 10% alla gestione standard, fra cui la spesa per i farmaci anti-iperglicemizzanti, i dispositivi per monitoraggio e terapia, gli esami di laboratorio di ambito metabolico e gli accessi ai centri diabetologici.
La cost-effectiveness dei nuovi farmaci per la cura del diabete, in particolare quelli con provati benefici cardiovascolari, appare indiscutibile ma purtroppo esistono ancora barriere al loro più ampio utilizzo: impossibilità di prescrizione senza oneri a carico del cittadino in alcune tipologie di soggetti, accesso difficoltoso agli specialisti che al momento sono gli unici abilitati a prescrivere, considerazioni sulla spesa che tengono conto solo del prezzo del farmaco ma non del costo complessivo della malattia complicata da problematiche cardiovascolari (infarto, ictus, scompenso cardiaco).
Appare quindi importante portare all’attenzione dei politici e dei decisori in sanità gli aspetti cruciali della patologia diabetica e delle sue complicanze, soprattutto cardiovascolari, l’impatto economico presente e futuro della malattia, le principali strategie di prevenzione anche alla luce delle nuove opzioni terapeutiche disponibili.